Fallacia naturalistica

Aperto da Jacopus, 25 Luglio 2025, 22:42:32 PM

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daniele22

Citazione di: Alberto Knox il 02 Agosto 2025, 17:27:29 PMè una domanda interessante in quanto noi non accettiamo che la nostra vita abbia in se la sofferenza, non lo accettiamo, non ci piace. Allora medicine contro quello , iniezioni contro quell altro, droga per nascondere la vita che è accanto a sofferenza. Cerchiamo il piacere, il divertimento, l eccesso come cura per la nostra sofferenza . Ma questi divertimenti , questi piaceri sono una guarigione? no, la guarigione è la ricostituzione dell equilibrio. La cura relazionale di cui ho parlato può forse ricostituire l equilibrio vitale. Solo a questa condizione possiamo forse indicarla come fondativa della vita umana. e indicarla come fondamento etico.
La domanda può essere interessante quando vi sia data una risposta chiara, o una domanda di chiarimento.  Questo perché apre ad altre questioni ancora poco indagate, tipo quella linguistica accennata ad esempio da iano. 
Mi spiace Alberto, ma non mi interessa impelagarmi su di concetto, la "cura", per me ambiguo se non farraginoso. Non mi interessa più che altro perché ho fatto una domanda precisa. Saluti 

Alberto Knox

Citazione di: daniele22 il 03 Agosto 2025, 17:23:49 PMma non mi interessa impelagarmi su di concetto, la "cura",
sì, questo lo avevo capito da tempo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Citazione di: niko il 31 Luglio 2025, 13:00:04 PME' naturale, che quello che vale, sia decidere, che cosa, in generale valga. E implementare la decisione, e farla rispettare. La natura, comanda all'uomo, di creare l'artificio. L'uomo, creando l'artificio, non si emancipa dalla natura, ma vi precipita sempre piu'.

Accettare la realta', spesso e' piu' difficile, che cambiarla.
Concordo; così come con Phil sul rapporto dialettico tra descrizione e prescrizione, estendibile alle categorie natura/etica. Rapporto che decostruisce l'argomentata fallacia se stiracchiata a pretesa di artificio comportamentale "a prescindere dalla realtà naturale" fino ad antietiche come quelle visibili ora a Gaza, in rotta di collisione etica col femore guarito dell'ominide tanto tempo fa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#33
Citazione di: Ipazia il 21 Agosto 2025, 10:22:40 AMConcordo; così come con Phil sul rapporto dialettico tra descrizione e prescrizione, estendibile alle categorie natura/etica.
:) Ciao Ipazia.
Concordo anch'io, ma con una precisazione, che per chi fa la descrizione il rapporto dialettico si riduce banalmente ad una identità con la prescrizione, almeno nella misura in cui non sia un invasato e capisce ciò che scrive.
Questo in teoria, perchè poi come da mia firma, c'è sempre un rapporto dialettico non banale fra ciò che siamo e ciò che crediamo di essere.
Comunque, nella misura in cui una descrizione è soggettiva, sono i soggetti altri a dovervi certamente entrare in un rapporto dialettico non banale.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Ipazia

Citazione di: iano il 21 Agosto 2025, 12:01:28 PM:) Ciao Ipazia.
Concordo anch'io, ma con una precisazione, che per chi fa la descrizione il rapporto dialettico si riduce banalmente ad una identità con la prescrizione, almeno nella misura in cui non sia un invasato e capisce ciò che scrive.
Nella misura in cui una descrizione è soggettiva, sono i soggetti altri a dovervi entrare  in un rapporto dialettico non banale.

La non banalità dipende molto dal contenuto di conoscenza della "descrizione", ovvero dalla scienza che indaga i rischi per la vita umana di sostanze e processi tecnologici e sociali per addivenire a prescrizioni condivise, eticamente valide.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

fabriba

ho una domanda sul dualismo natura/cultura:

se sempre più studi recenti confermano l'esistenza di forme di cultura nel regno animale (dai dialetti di vari uccelli e mammiferi, alle mode e usanze locali delle scimmie, a elementi di conoscenza tramandati) che 20 anni fa tendavamo a ignorare, è ancora il caso di distinguere tra natura e cultura? 

Mi viene da dire che l'influenza dell'oriente nel mondo scientifico si stia iniziando a far sentire e forse c'è un po' di yin nell yang, ovvero, la descrizione dualistica potrebbe essere sorpassata.

iano

Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 15:14:53 PMho una domanda sul dualismo natura/cultura:

se sempre più studi recenti confermano l'esistenza di forme di cultura nel regno animale (dai dialetti di vari uccelli e mammiferi, alle mode e usanze locali delle scimmie, a elementi di conoscenza tramandati) che 20 anni fa tendavamo a ignorare, è ancora il caso di distinguere tra natura e cultura?

Mi viene da dire che l'influenza dell'oriente nel mondo scientifico si stia iniziando a far sentire e forse c'è un po' di yin nell yang, ovvero, la descrizione dualistica potrebbe essere sorpassata.
Secondo me la descrizione resta dualistica, per sua natura, ma si può cambiare, cioè non siamo obbligati a distinguere fra naturale e culturale all'infinito, e/ o possiamo allargare o restringere il campo che con tale distinzione descriviamo.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Ipazia

<@iano

aggiungerei che non essendoci uniformità tra descrizione e prescrizione quest'ultima può contraddire l'apparente "legge di natura" correggendo "culturalmente" i suoi esiti e modelli "naturali" su cui pasteggia la sociobiologia paradarwiniana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

fabriba

Citazione di: iano il 21 Agosto 2025, 17:46:33 PMSecondo me la descrizione resta dualistica, per sua natura, ma si può cambiare, cioè non siamo obbligati a distinguere fra naturale e culturale all'infinito, e/ o possiamo allargare o restringere il campo che con tale distinzione descriviamo.
Secondo te non ha senso considerare la cultura come un prodotto naturale "come gli altri" ?

Quando uno scimpanzè mette un filo d'erba nell'orecchio per moda (cosa che pare stia succedendo davvero, leggevo settimane fa), lo possiamo considerare un comportamento naturale?

Lo chiedo perché mi sembra ci sia ampio spazio di vederla diversamente, anche se chiaramente io sono tentato da rispondere si ad entrambe.

Mi sembra che se (se) si segue questa strada diventa impossibile tirare una riga netta per decidere dove inizia la cultura e finisce la natura

Ipazia

#39
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PMMi sembra che se (se) si segue questa strada diventa impossibile tirare una riga netta per decidere dove inizia la cultura e finisce la natura
La riga netta la porrei tra dna(biologia)/ambiente naturale e cure parentali(apprendimento)/ambiente sociale. Evitando di ricondurre ogni comportamento animale, homo incluso, a "natura" tout court.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#40
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PMSecondo te non ha senso considerare la cultura come un prodotto naturale "come gli altri" ?
Ha il senso di tronare indietro su una distinzione arbitraria, quella fra natura e cultura.
Come fa notare Ipazia ci sono punti dove tirare una retta divisoria sembra venire da se, però ciò non toglie carattere di arbitrarietà all'operazione.
l'arbitrarietà a sua volta non toglie necessariamente utilità all'operazione, ma ogni cosa utile, svolta la sua funzione, si può mettere da parte.
Ogni distinzione che facciamo a fini descrittivi ha in se un valore etico, cioè contiene già in se le prescrizioni su come agire, perchè noi agiamo in base al quadro che ci facciamo della realtà, e il quadro lo facciamo tracciando distinzioni.
Quando crediamo alle distinzioni che facciamo, ciò sostiene il nostro fare, perchè del fare è nemico il dubbio.
Il problema nasce solo quando arriva il momento di cambiare quadro, perchè non è facile abiurare le proprie fedi.
Mi pare che tu ti trovi in questa fase: avendo creduto alla distinzione fra cultura e natura, inizi a dubitarne.
Più che essere d'accordo con te, dico che è successo pure a me.
I quadri sono cambiati passando dalla natura matrigna, alla natura benigna, al tutto è natura , e quindi nulla lo è, segno che questa distinzione ha fatto il suo tempo.
Le descrizioni della realtà le facciamo noi, e quindi cambiano insieme a noi.
Le distinzioni che facciamo descrivono la realtà, ma anche noi stessi, essendone parte.
La descrizione riguarda la realtà, ma il modo di descriverla riguarda noi.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Alberto Knox

Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 18:35:21 PMSecondo te non ha senso considerare la cultura come un prodotto naturale "come gli altri" ?

Quando uno scimpanzè mette un filo d'erba nell'orecchio per moda
(cosa che pare stia succedendo davvero, leggevo settimane fa), lo possiamo considerare un comportamento naturale?

Lo chiedo perché mi sembra ci sia ampio spazio di vederla diversamente, anche se chiaramente io sono tentato da rispondere si ad entrambe.

Mi sembra che se (se) si segue questa strada diventa impossibile tirare una riga netta per decidere dove inizia la cultura e finisce la natura
Sì ma chi è che ha inserito un concetto puramento umano come la "moda" al comportamento dello scimpanzè ? noi. E siamo stati noi a dire che le orche fanno una cosa simile ad un funerale quando muore un membro della famiglia o che i delfini si passano il pesce palla come passarsi una canna. E così diciamo anche che gli elefanti vanno a trovare i propi defunti al cimitero ma non sempre quello che l uomo interpreta significa che è vero. Io non lo so se queste interpretazioni siano da considerarsi reali però se il loro comportamento nel tempo indica delle abitudini così particolari che si ripetono ed evolvono di generazione in generazione bisogna intenderli come comportamento sociale del tutto naturale(per quanto concerne un animale selvatico) e se il comportamento sociale naturale in homo ha portato a qualcosa come la "cultura" essa deve nascere da tale comportamento sociale naturale. Questo significa  che la cultura è un prodotto della natura , piu precisamente , della natura umana. Non vi è quindi alcuna riga netta da stabilire per il confine fra cultura e natura. A meno che si voglia dire che è il nostro sè a tenere il timone della nostra esistenza. Il che sarebbe del tutto illusorio visto che devi nascere con il bagaglio di pulsioni che la natura ti ha fornito, crescere, possibilmente riprodurti all età della giovinezza, invecchiare e poi morire secondo natura. Pensa a cosa succederebbe se tutti fossimo liberi di agire solamente spinti dalle nostre pulsioni . Allora per gestirle cosa si fa? si creano norme etiche e si giudicano azioni morali o immorali , tutto questo insieme all istruzione viene definito cultura. Ma questo non toglie che tu hai una soggettività che dice "io" e un altra soggettività che dice "natura".
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

#42
Che cultura e istinto siano contenuti dello stesso prodotto evolutivo non impedisce di cogliere le differenze esistenti tra le due categorie fenomenologiche. Zanne e artigli sono prodotti naturali, arco e frecce sono cultura. Accoppiamento e parto sono fenomeni naturali, le diverse istituzioni familiari no. Marmo e granito sono prodotti naturali,  piramidi e Partenone no.
La relazione dialettica consiste nel fatto che la buona cultura sottostà con perizia e onestà alle leggi naturali, altrimenti  i ponti crollano, i veleni e le radiazioni uccidono.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Se si tratta di ponti ancora riusciamo a tenere in piedi la connessione virtuosa fra natura e cultura ma già con i veleni rischiamo di complicarci la vita, visto che il veleno può essere un potente farmaco e viceversa. Ma la situazione si complica ancora di più quando, ad esempio, proviamo ad applicare questa connessione virtuosa in altre dimensioni come quella della diversità biologica tra i singoli individui che (è già accaduto) porta a giustificare le gerarchie, non solo individuali, ma persino sociali e nazionali.

E di fronte alle politiche migratorie la natura come può aiutarci? Rispetto al fine vita, all'aborto, al divorzio, al trattamento sanitario obbligatorio, ai diritti dei bambini e degli adolescenti, al sistema ereditario, alle politiche economiche, alla gestione del turismo. A mio parere siamo solo noi i responsabili di quanto agiamo e decidiamo socialmente. Altrimenti la natura rischia di essere una sorta di surrogato divino a cui ognuno fa dire quel che vuole (tipo l'omosessualità è innaturale, il che in natura non è vero - o che l'incesto è innaturale - altra realtà "naturalmente" piena di esempi morbosi, vedi alla voce "pesce pagliaccio").
E quindi? E quindi pur essendo ovviamente la cultura il frutto della natura (non può essere altrimenti visto che il cervello è un organo naturale), dai tempi di Lucy ad oggi (circa tre milioni di anni), gli ominidi si sono staccati dal giardino dell'Eden e fanno cose "innaturali". Sono riusciti a prendersi per il codino e volare come il barone di Munchausen. Tutto ciò implicherebbe una maggiore responsabilità dell'umano, ma questo è un discorso diverso, anche se collegato con la "fallacia naturalistica".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#44
Citazione di: Ipazia il 22 Agosto 2025, 08:30:38 AMChe cultura e istinto siano contenuti dello stesso prodotto evolutivo non impedisce di cogliere le differenze esistenti tra le due categorie fenomenologiche. Zanne e artigli sono prodotti naturali, arco e frecce sono cultura. Accoppiamento e parto sono fenomeni naturali, le diverse istituzioni familiari no. Marmo e granito sono prodotti naturali,  piramidi e Partenone no.
La relazione dialettica consiste nel fatto che la buona cultura sottostà con perizia e onestà alle leggi naturali, altrimenti  i ponti crollano, i veleni e le radiazioni uccidono.
Se arco e frecce non sottostanno a zanne e artigli, allora la cultura non sottosta alla natura.
Ciò che distinguiamo sono modi diversi di fare la stessa cosa, ad esempio dotarsi di una difesa personale.
Fra diversi modi di fare è improprio dire che ci sia rapporto dialettico, a meno che non li si personalizzi, mettendo la natura al posto di Dio, e la cultura al posto dell'uomo.
Il rischio quindi è che, come fa notare Jacopus,  alla natura, come a Dio, gli facciamo dire quel che vogliamo.
D'altra parte il tuo post è l'esemplificazione di quanto possa essere utile distinguere fra natura e cultura, ma se di un utile distinzione si tratta la si può sempre rivedere, dovendo però vincere le resistenze di chi alla distinzione ha posto fede.

La distinzione può essere funzionale ad un contesto limitato, e giungerà certamente a contraddizioni una volta che impropriamente lo si allarghi, e quindi è proprio quando avremo l'esigenza di ampliare il contesto, o quando, a parità di contesto, inizieremo a sperimentarne i contro, passato l'entusiasmo per i pro, che dovremo ridefinirla.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

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