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Messaggi - iano

#46
Il racconto della Bibbia inizia con la creazione, ma come si può fare un racconto se non creando il suo inizio?
La realtà potrebbe non avere quell'inizio e quella fine che non può non avere il suo racconto.
#47
Se il movimento è relativo nulla gira in assoluto attorno a nulla, perchè girare è muoversi.
Fare centro sul sole o sulla terra equivale a descrizioni alternative parimenti valide, perchè logicamente equivalenti.
Si può cioè partire da una e approdare all'altra  con semplici ( si fa per dire) passaggi logici.
A noi resta solo da scegliere quale sia la più semplice e/o la più opportuna da assumere in base al contesto.
La libertà di scelta fra descrizioni alternative è quella che abbiamo acquisito perdendo il vincolo della verità.
Con la ragione e con la logica non si può giungere ad alcuna verità, ma solo arricchire le nostre descrizioni della realtà, e nel farlo siamo partiti dalla sola descrizione che inizialmente possedevamo, quella dell'evidenza, anche se non è stato subito evidente che di una narrazione si trattasse, per la momentanea mancanza di una narrazione alternativa con cui potersi confrontare.

#48
Anche perchè, per vincere, avrebbero dovuto convincerci di non servirci più della ''falsità'' del mondo come ci appare, cioè nella sua evidenza appunto.
Noi invece continuiamo a farlo, e dovremmo considerare la scienza un racconto alternativo, ma in continuità sia storica che fattiva, col racconto della realtà che diciamo evidenza.

Si consideri dunque quanta ricchezza il diavolo ci ha dato in cambio della verità.
 La resistenza alla tentazione è stata tanta, ma alla fine abbiamo ceduto, epilogo inevitabile dell'aver mangiato i frutti dell'albero della conoscenza.
C'è solo un adeguamento, se non una correzione, da apportare al testo biblico, il quale non racconta la storia nella sua continuità, cosa che anche un Dio, se non io :), ha difficoltà a fare.
L'uscita dal paradiso, dove la realtà appare evidente senza sudore della fronte, è ancora in corso.
Qualcuno prova a tornare indietro sui suoi passi, ma nessuno nella storia, comunque la si racconti, è mai tornato indietro, e alla fine tutto si è risolto sempre in un saggio andar piano, per andar lontano.
L'uomo e la scienza sembrano come Peppone e Don Camillo, corrono per superarsi, ma se uno tarda troppo, l'altro si ferma ad aspettarlo, che è, fra l'altro, la più bella descrizione che uno scrittore abbia fatto della nostra Italia, senza dover scendere troppo nei particolari di un racconto potenzialmente infinito.
#49
Citazione di: Phil il 19 Agosto 2025, 00:52:36 AMIn fondo è il solito esempio del sole: è evidente allo sguardo che sia il Sole a muoversi, ma tutte le evidenze con cui la scienza ci spiega che in realtà è la Terra a muoversi rispetto al Sole, non sono forse evidenze... più evidenti? Per giungere a tale conclusione la scienza non si è forse basata su evidenze?
Hai ragione, scienza ed evidenza sono arrivate a divergere, ma generandosi una dall'altra in continuità, perchè non ci sono discontinuità nella storia umana, anche se così la raccontiamo di solito, e cosi' anch'io l'ho raccontata.
 
Non è evidente che sia la terra a girare intorno al sole, ma occorre provarlo, e per quanto possano essere stringenti le prove, possono non essere condivise. L'evidenza invece è comprensiva della condivisione, è cioè intersoggetiva.
Quello che ha perso l'evidenza in questo passaggio è l'esser prova di verità, senza che una nuova verità ne abbia preso il posto.
Possiamo ancora descrivere il passaggio come il passaggio da una illusione che sembrava vera, ad una reale verità, ma la novità  che a ''prima vista'' sfugge è che possiamo descrivere il passaggio senza chiamare in causa la verità.
Quindi al quesito se sia vero che la terra a girare attorno al sole, o che sia invece vero che sia il sole a girare intorno alla terra, possiamo rispondere che nessuna delle due cose è vera.
Nulla gira intorno a nulla in realtà. cioè dire che qualcosa gira intorno ad una altra è una possibile descrizione della realtà che, come tutte le descrizioni, non coincide con la realtà.
A noi resta solo da scegliere fra due possibili descrizioni la più conveniente in base al contesto.
Fino a un certo punto per noi il contesto era obbligato, la terra.
Quando ci siamo spinti oltre con lo sguardo grazie alla tecnica, si è presentano a noi un contesto alternativo che ha consentito/ richiesto descrizioni alternative, ma logicamente equivalenti.
Ora abbiamo due descrizioni fra le quali poter scegliere la più conveniente in base al conteso.
La maggior parte di noi, le cui azioni sono limitate all'ambito terrestre, continuano adire che il sole gira attorno alla terra, perchè trovano conveniente descrivere la realtà che li circonda in tal modo, anche se sanno che ciò non è vero.
Se ci spostiamo nell'ambito del sistema solare diremo che è la terra a girare attorno al sole, e, ormai ammaestrati dal caso precedente, dovremmo aggiungere, ''anche se sappiamo che ciò non è vero'', però questa aggiunta spesso ancora manca.
Se una descrizione, in quanto tale, non è vera, non è però neanche falsa, e se non è falsa siamo liberi di usarla.
Questa è la libertà che abbiamo acquisito prendendo il vincolo della verità.
Il passaggio però non è ancora completato, per via della sua continuità, come dicevamo sopra, e nella verità siamo ancora invischiati, come eredità di un mondo che sembrava coincidere con l'evidenza che ne avevamo, e continuiamo ad avere.
Oggi a quella evidenza abbiamo delle alternative, quelle che ci propone la scienza, che evidenti non sono... o che, rendendo onore alla continuità del processo, lo sono sempre meno... senno che alternative sarebbero? :)

La conoscenza non è un accumulo di evidenze, se l'evidenza è una forma di conoscenza.
Una forma che finché era unica potevamo dire vera, perchè la verità è unica e non ammette alternative.
Le nuove forme di conoscenza, essendo alternative, non potevano dichiararsi uniche, e quindi vere.
E' ''vero'' che hanno provato a prendere in un primo momento a prendere il posto dell'evidenza, ma poi si sono arrese, o meglio sono ancora in fase di resa.
 
#50
Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 23:16:03 PMMi pare restino valide le perplessità logiche sollevate nel mio post precedente, con la semplice sostituzione dei termini; ossia, parafrasando: se prendiamo per buona l'equazione «coscienza=non evidenza» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo coscienza di ciò di cui (se è possibile) abbiamo evidenza (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) ed eventualmente abbiamo evidenza di ciò di cui non abbiamo coscienza (-a→b; oppure b=-a); ma è davvero così?

Diciamo che se è davvero così, tutto il resto del tuo post possiamo ignorarlo.
Se invece non è così dovrò sforzarmi meglio di capirlo, perchè mi appare difficile.
L'affermazione coscienza=non evidenza non possiede alcuna evidenza, ma è una ipotesi che facciamo coscientemente.
Se serve a inquadrare ogni altro discorso dentro un quadro semplificativo, sempre che alla semplicità vogliamo tendere, bene.
Diversamente con la stessa coscienza con cui abbiamo fatto l'ipotesi la scarteremo.
Se il discorso invece funziona, potremo smettere di sbattere la testa per cercare d comprendere cose che sembrano impossibili da comprendere, e magari lo sono solo perchè non occorre comprenderle.
L'evidenza fa rima con comprensione.
Aprendo gli occhi comprendo la realtà siccome mi appare.
Il tentativo di comprendere i mondi disegnati dalla scienza equivale a dargli una evidenza che non gli è propria, perchè l'evidenza è parte di un altro disegno, alternativo a quello della scienza, che a quello corre in parallelo, senza incontrarlo mai, senza punti di convergenza.
Semplicemente corrono paralleli verso lo stesso scopo, e non occorre rinunciare ad alcuno di essi, solo perchè sembrano contraddittori. Se non debbono escludersi a vicenda, perchè solo uno dei due è possibile, possono ben contraddirsi.

Magari può giovare non intendere il termine ''evidente'' come sinonimo del termine ''ovvio'', sebbene spesso usiamo l'uno per l'altro.
#51
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 23:25:42 PM
Citazione di: Alberto Knox il 18 Agosto 2025, 22:12:33 PMDobbiamo chiederci a questo punto, a che cosa serve il caso?
Serve a descrivere la realtà, e a volte lo fa  insieme ad altri termini che sembrano contraddirsi , come hai ben detto.
Ma una descrizione può pure contenere contraddizioni , se la realtà descritta non coincide con alcuna delle sue possibili descrizioni.
La stessa realtà, come ci appare, contiene contraddizioni, che nello specifico diciamo illusioni, il che può ben farci sospettare che questa apparenza  valga una descrizione, ''scritta'', come mi piace dire, in linguaggio immaginifico, che contenga contraddizioni.
Per quanto riguarda poi l'evoluzione , non è neanche necessario secondo me chiamare in causa il puro caso, bastando solo che la natura lo simuli, come noi stessi sappiamo fare.
Se invece la meccanica quantistica chiama in causa il puro caso, immagino che ciò si ritenga strettamente necessario, ma non sono in grado di confermare ne di smentire ciò. 
#52
Mi rendo conto che l'uguaglianza
comprensione= non controllo
sembri arbitraria.
Forse lo sembrerà meno
coscienza= non evidenza
che ho meno difficoltà a giustificare, notando che i mondi proposti dalla scienza, del tutto sotto il controllo della coscienza, non posseggono alcuna evidenza, se non posticcia, ricavata da analogie la cui utilità è discutibile, perchè è un modo improprio di dare a un mondo fatto di non evidenza, un evidenza surrogata.
Si tratta infatti di una evidenza surrogata che fa apparire un mondo così ''strano'' da provocare indirettamente un rigetto verso la scienza.
Una scienza che genera assurde sovrapposizioni di stato, le quali però sono inessenziali alla teoria e alla sua applicazione, e sono solo tentativi di farci comprendere ciò che prima che per difficolta, sono incomprensibili per loro natura, in quanto...del tutto sotto sotto il nostro controllo cosciente.
In altri termini, esse non sono comprensibili perchè non necessitano di comprensione, e la ''natura'' aborre tutto ciò che non è strettamente necessario in un ottica di sostenibilità rivolta alla sopravvivenza, essendo la comprensione un processo che anche quando fosse a attuabile a comando, ha un costo.
Ma se poi si dimostra non strettamente necessaria, perchè la natura dovrebbe acconsentire ad allentare i cordoni della borsa?

Oggi l'I.A, sembra avere costi insostenibili.
Domani vedremo.
Se però ci aiuterà a costruire centrali a fusione, può ben valere la spesa.
Al momento ci ha già aiutati a trovare un vaccino riducendo i tempi a un quarto, salvando vite umane, cioè non poco.
Siamo allora proprio sicuri che la mancanza di controllo che ne abbiamo debba stare in testa alle nostre preoccupazioni?
#53
Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 21:07:00 PMSe prendiamo per buona l'equazione «comprensione=mancanza di controllo» (a=-b), dovremmo concludere che non abbiamo comprensione di ciò che controlliamo (b→-a; oppure -a=--b; da cui -a=b) e controlliamo ciò che non comprendiamo (-a→b; oppure b=-a); è davvero così? Per questo ho declinato i vari casi combinatori possibili.
Io parto dall'idea che ci sono diversi modi di rapportarsi con la realtà, nessuno dei quali ha un privilegio, compreso quello di essere appunto unico.
Ogni modo si può rappresentare come uno spazio delle azioni, che costituisce attuti gli effetti un mondo che viviamo, o un modo indiretto (diretti non ve ne sono) di vivere la realtà.
Fra questi diversi mondi possiamo provare ad individuare elementi corrispondenti, che svolgono cioè la stessa funzione nei diversi mondi.
Nel mondo ''naturale'' ( le virgolette indicano che di non naturali non ve ne sono, ma giusto per usare terminologie a tutti comprensibili) ipotizzo che la comprensione tenga il posto del controllo nei mondi disegnati dalla scienza.
Poi forse dire disegnati è improprio, perchè questi mondi non sono immaginabili, se non in forma residuale quando troviamo un analogia col mondo naturale, fatto appunto di immagini, o come preferisco dire, descritto in linguaggio immaginifico.
Che queste analogie non sempre si trovino, poi, è tutto sommato  una fortuna, considerando quanto possano portarci fuori strada.
Visualizzare ciò che per sua natura non è visualizzatile, non può infatti che portare fuori strada.
#54
Citazione di: Phil il 18 Agosto 2025, 18:33:25 PM- comprensione (si) e mancanza di controllo (si): ossia capiamo come funziona, ma non possiamo controllarlo; ad esempio il moto dei pianeti.
non parlo di un controllo che ci consenta di intervenire, ma di convalidare o cestinare il processo, tipo il controllo su una dimostrazione matematica che ci consente di dire che è corretta oppure errata.
Non avendo questo controllo non abbiamo modo di approvare o cestinare le sentenze della I.A.
La favola della volpe e dell'uva, c'entra, ma ha un epilogo inatteso.
La volpe dovendo rinunciare all'uva, a posteriori verifica che effettivamente non gli era indispensabile, e successivamente può decidere di rinunciarvi anche quando vi arrivi, se ha qualcosa di meglio da fare.
Una volta messa da parte l'errata convinzione che dimostrare un teorema in prima persona equivalga a comprenderlo, posso affidare il compito ad una macchina incapace di comprenderlo, dedicandomi ad altro compito indelegabile, almeno al momento.
Noi consideriamo la comprensione importante quanto lo è per la volpe l'uva, ma una volta che siamo costretti a rinunciarvi, vediamo che ciò non comporta veri problemi, così la prossima volta potremo rinunciarvi volontariamente.
Tutti crediamo di avere il controllo sulla nostra intelligenza, ma basta rifletterci un attimo per capire che non è vero.

Tutti i casi che fai io ho suggerito che si riducano ad uno: comprensione=mancanza di controllo.
Ma è più un invito alla riflessione, che un inappellabile sentenza, come quelle dell'intelligenza artificiale.
#55
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 15:24:44 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 23:02:14 PMl risultato di una misurazione di un osservabile, ossia le quantità fisiche misurabili di un sistema,  è casuale, l'unica informazione
disponibile è la distribuzione di probabilità del risultato, ottenuta dalla seguente
legge:
ℙ(𝑋 ∈ 𝐴) = ‖𝜉𝑋(𝐴)Ψ‖,

Ho estratto il terzo assioma della m.q. perchè lo ritengo inerente al discorso sul caso , è a questo che si riferisce Iano quando dice "quello che chiama in causa la m.q . è autentico caso". Tuttavia è il risultato di una misurazione su un osservabile ad essere casuale, non la particella stessa. Allo stesso modo posso tirare un dado e vedere risulato 6 , lo ritiro ed esce 4 e chiamo questi due risultati differenti "casuali". Ma il dado in se stesso è un oggetto casuale? è un oggetto che manifesta casualità nei suoi risultati allo stesso modo di una particella elementare. i due esempi ovviamente non si equivalgono perchè nel caso dei dadi il caso è il risultato di una nostra ingnoranza riguardo le condizioni inziali e le condizioni durante l evolversi del lancio. Nel caso della particella no, il risulato è casuale per sua natura , non si tratta diconoscere in modo piu prociso le condizioni iniziali e l' evolversi nel tempo. Ma questo non basta per dire che ad essere casuale è la particella stessa. In più i diversi risulati delle osservabili sono pur sempre deterministici in quanto dipendono dall onda di probabilità . PEr anaologia con i dadi pensiamo che il risultato del lancio di un dado abbia un onda di probabilità spalamata da 1 a 6 . I vari risultati sono determinati da questa ampiezza di probabilità.
Qualche giorno fa ho aperto una discussione intitolata abitudine, laddove affermo l'abitudine essere ciò che ci fa apparire le cose normali, laddove dunque la normalità non è una caratteristica delle cose, ma ciò che noi gli attribuiamo in ragione della ''intimità'' che sviluppiamo con esse.
Certamente quindi a noi sembrerà normale il paradigma della fisica classica, quello per cui note le condizioni iniziali etc...etc...., ma forse è solo per l'abitudine che abbiamo nell'applicarlo.
Le relative equazioni inoltre richiedono  conoscenze matematiche basilari, e questo fa si che possiamo sentirle relativamente più nostre.
Io credo però che se proviamo ad uscire fuori dalle nostre consolidate abitudini, di ogni cosa sparirà la sua normalità, e la fisica classica potrà apparirci allora non meno strana di quella quantistica.
Questo significa equipararle in negativo, laddove non ci riusciamo in positivo, ma possiamo comunque riuscire ad equipararle.
Se non possiamo considerare tutto normale, potremo considerare in alternativa tutto strano, non lasciando che le nostre abitudini interferiscano col nostro giudizio.
#56
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 15:04:10 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 21:45:32 PMp.s.
è stato il rendersi conto di una molteplicità di stati che ha portato gli scienziati a dire che il calcolo matematico per stabilire posizione e veloità poteva e doveva essere descritto da un calcolo probabilistico.
Cosa del tutto non richiesta fin quando si era potuti calcolare l evoluzione nel tempo e nello spazio di un oggetto che portava ad unico risulato finale  matematicamente calcolabile.
Questo non l'avevo letto, e adesso intendo meglio cosa volevi dire.
Però non è che gli scienziati a un certo punto si sono resi conto dell'esistenza di una molteplicità di stati possibili, perchè questo a loro è sempre stato presente.
La novità è quella di interpretare le equazioni della meccanica quantistica come una sovrapposizione di stati contemporaneamente possibile, non separati nello spazio tempo.
Però un interpretazione serve solo a farci comprendere, ma questa comprensione delle equazioni della meccanica quantistica non è necessaria strettamente alla loro applicazione.
Le equazioni richiedono solo di essere risolte, e la risoluzione può essere affidata a una macchina priva di comprensione, a dimostrazione del fatto che la comprensione non è strettamente richiesta.
Questo significa, nel bene e nel male, togliere il grosso del lavoro ai fisici, perchè il difficile sta nel risolvere le equazioni, non nel comprenderle, cosa solo relativamente difficile.
Noi comprendiamo le frasi del linguaggio italiano, perchè conosciamo il linguaggio.
<Similmente per comprendere le equazioni della fisica bisogna conoscere il linguaggio matematico, cosa difficile, ma non impossibile.
Per quanto riguarda la risoluzione delle equazioni questa difficoltà si mostra spesso insuperabile.
Trovare una sola soluzione potrebbe impegnare l'intera vita di un fisico.
Capisci quindi perchè la tentazione di farsi sostituire dalle macchine non è poca per chi in quelle difficoltà è impelagato.
Facile criticare per noi che dentro a quelle difficoltà non vi siamo.
#57
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 14:36:37 PM
Detto in altro modo, considerando l'analogia del dado, come abbiamo detto, è una analogia forzata, in quanto il dado possiede sempre uno stato, cioè una faccia rivolta verso l'alto, in quanto possiede sempre una posizione.
L'analogia funziona quindi se astraiamo il fatto che il dado possieda una posizione, talchè potremo dire che possiede sei stati in perfetta sovrapposizione.
Ma una posizione, e una sovrapposizione di stati si escludono cioè a vicenda.
Se c'è una non c'è l'altra e viceversa.
In sostanza ci sono diversi elettroni, e con ciò intendiamo che siano realtà individuali, non sovrapponibili cioè una all'altra, e che questa individualità si esprime come posizione all'atto del rilevamento.
Nella misura in cui intendiamo la realtà come fatta di cose distinte, cioè non sovrapponibili una all'altra, ci apparirà allora come irreale una particella che possieda in se cose distinte ma sovrapposte.

Ma, quando per affermare la realtà non troviamo modo migliore che negarla, allora c'è qualcosa nel nostro modo di esprimerci da rivedere.
Allo stesso tempo, quando ciò avviene possiamo star certi di trovarci di fronte ad una rivoluzione nel nostro modo di vedere la realtà, se col vecchio linguaggio non riusciamo più ad esprimerla senza cadere in contraddizione.
#58
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
18 Agosto 2025, 13:56:58 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Agosto 2025, 21:37:29 PMLa differenza è che dopo il lancio dei dadi è possibile vedere il risultato ottenuto, ma con le particelle, che risultato ottieni? cioè, mentre con i dadi il risultato "collassa" in un unico risultato possibile la teoria delle particelle suggerisce che la particella non collassa in un unico risultato possibile ma  manifesta, invece,  una molteplicità di stati.
Perchè dici questo?
Gli stati di un dado sono sei, non uno.
Nell'analogia è il lancio del dado a farlo collassare in uno dei suoi sei stati.
Prima del lancio il dado non ha uno stato, ma sei contemporaneamente,o, come si dice con immagine di dubbia efficacia, in sovrapposizione.
Si tratta di un analogia, perchè in effetti un dado ha sempre uno stato, cioè una faccia rivolta superiormente.
Le particelle invece non ce l'hanno, prima di essere ''lanciate''.
Dire che una particella possiede più stati in sovrapposizione equivale a dire, secondo me, che non ha ''uno'' stato, che la posizione non è cioè uno stato che la caratterizza.
Dunque, se quando noi rileviamo una particella constatiamo invece che ha una  posizione, forse la posizione, se coerentemente continua a non essere una sua  caratteristica, potrebbe allora essere una caratteristica della nostra rilevazione.
Cioè in altri termini, rilevare una particella potrebbe equivalere ad assegnargli una posizione, secondo una diversa analogia.
E' come mettere un etichetta a qualcosa per poterla riconoscere.
E' proprio quest'ultima analogia a farmi dire che quella dei stati sovrapposti non sia un immagine efficace, nel senso che io preferisco questa come analogia.
Quindi la particella non ha alcuna posizione, ne tantomeno diverse sovrapposte, ma siamo noi ad assegnargliene una misurandola.

Le particelle, ad esempio gli elettroni, non c'è altro modo di distinguerle, se non per la diversa posizione.
Questo dovrebbe essere elemento di riflessione per noi. Misurare un elettrone significa individuarlo, isolandolo da tanti elettroni potenzialmente indistinguibili uno dall'altro.
Quindi, rilevare un preciso elettrone ( quello e non altri) e essegniargli una posizione che lo distingua dagli altri, potrebbero essere la stessa cosa.
#59
Citazione di: iano il 18 Agosto 2025, 12:23:43 PM...e questa mancanza di controllo caratteriale il processo di comprensione...
Errara corrige:
...e questa mancanza di controllo caratterizza il processo di comprensione...
Per quanto detto, se l'I.A. ci preoccupa perchè non comprendiamo come opera (compresi quelli che la programmano), non deve risiedere nella nostra mancanza di controllo la vera causa.
Credo quindi che l'intelligenza artificiale metta sotto la lente di ingrandimento un altro problema di carattere generale. Lo stesso effetto, perchè lenti con potere di ingrandimento minore, non hanno ottenuto frullatori e frigoriferi, come fa notare sagaciamente Phill.

La scienza e la tecnologia ad esso associata non riescono  a riprodurre il processo che porta alla comprensione.
Apparentemente sembra sufficiente aprire gli occhi per comprendere la realtà, ma evidentemente il processo di comprensione non è così semplice come appare, se la scienza, pur coi potenti mezzi che gli riconosciamo, non è in grado di riprodurlo, e non è banale notare la coincodenza che la scienza è un processo su cui abbiamo il controllo.
Comprensione e mancanza di controllo sembrano essere due facce della stessa medaglia, diversamente da quel che crediamo.
La realtà appare come immediata, perchè abbiamo rinunciato al controllo sul processo che media  la produzione della sua apparenza.
Mantenere quel controllo avrebbe significato dover ''ridipingere ogni volta la realtà'', cosa che siamo in grado di fare, ma non con quella immediatezza che l'operazione richiede, perchè non arrivo a dipingere un pelo della tigre dai denti di sciabola, che la pittura per una triste evenienza, la mia morte, viene interrotta.

Povera la tigre coi denti a sciabola che si è estinta...e povero anche il pittore.
A beh, si beh...:)
#60
Citazione di: Phil il 17 Agosto 2025, 23:39:11 PMA conti fatti la perdita di "intelligibilità di massa" a favore dell'efficacia d'uso (anch'essa di massa) è il comun denominatore di tutti gli sviluppi tecnici, almeno negli ultimi secoli:
Per tacere di quanto noi viventi siamo inintelligibili a noi stessi, almeno negli ultimi miliardi di anni.
Quindi qual'è la vera natura dell'allarme che lancia Fabriba, trovandosi in buona e numerosa compagnia?
Qualunque sia la natura del problema, siamo solo certi del problema, per il quale mi pare hai ben dimostrato non essere l'inintelligibilità la sua causa.

Credo noi si abbia la tendenza a controllare i nostri processi, tanto da arrivare ad identificare il processo col controllo che ne abbiamo, ma quando il processo si evolve il controllo diventa impossibile, perchè insostenibile.
A quel punto ci troviamo a dover decidere, se rinunciare all'intero processo, o non rinunciarvi, rinunciando solo suo controllo, personale, perchè poi come fai ben notare il controllo permane, almeno ancora in parte, ma spalmato su più individui.
Quello che si perde è il controllo personale del processo, controllo personale che io credo inoltre impropriamente associamo alla nostra personale comprensione.
Cosa intendiamo dire esattamente quando affermiamo di comprendere qualcosa?
Questo per noi a ben vedere resta un mistero, e questo detto in altro modo, per chiudere il cerchio, significa che noi non abbiamo il controllo sul processo di comprensione.
A partire da ciò che comprendiamo possiamo comunque dimostrare ciò che non comprendiamo, ma che resta comunque incomprensibile, o possiede una comprensione indiretta, di seconda mano.
Avere il controllo su tutti i passaggi coi quali dimostro il teorema di Pitagora, significa che io posso certificarne la verità, ma questa certificazione non vale la sua comprensione.
Controllare un processo non equivale dunque a comprenderlo.
La comprensione è dunque qualcosa di fondamentale sul cui processo non ho controllo, e questa mancanza di controllo caratteriale il processo di comprensione, al punto tale che quando il controllo interviene esso non incrementa il nostro grado di comprensione.
Io posso dimostrare un teorema a partire da ipotesi a me comprensibili, ma la dimostrazione non è un processo ereditario, per cui la tesi dimostrata erediti la comprensibilità delle ipotesi..