Salve, non ho trovato la sezione dove ci si deve presentare, quindi lo farò qui. cogliendo l'occasione per parlare di qualcosa. Sono un amante del pensiero e della ricerca , tuttavia mi considero ancora un apprendista visto che la filosofia e le scienze in generale spaziano in enormi campi e io riesco ad andare sullo specifico di solo alcune parti , come tutti credo. Filosofia della natura e della natura umana sono , diciamo, i miei arogmenti di studio in primis. Mi interessano tematiche riguardo l origine della vita, di cosa è fatta e come ha potuto venire in essere , in cosa consiste la razionalità umana , l anima , lo spirito e , più recentemente, il Logos . grazie per avermi accolto.
E qui , comincerei col topic vero e propio. La prima cosa che mi ha colpito di questo forum è il nome infatti. Il quale è un termine a cui sono stati dati innumerevoli significati, basta vedere su wikipedia per rendersene conto. Logos come verbo, come ragione , come discorso , come legame , come relazione...e ce ne sono ancora altri... Nella Bibbia Giovanni lo utilizza per indicare l'origine di ogni cosa " In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio e Dio era il Logos .. In ambito Cristiano oggi come oggi Logos lo si traduce con "verbo" .
Ma Fu Sant'Agostino a indicare il significato di Logos come Relazione. E secondo me è il significato principale. Ma anche gli altri sono tutti veri. Nel senso che logos vuol dire Discorso perchè è il verbo che forma la parola e le parole relazionate insieme formano le frasi el frasi relazionate fra di loro formano il discorso e poi Logos vuol dire Ragione perchè è la ragione che mette insieme le parole per formare le frasi che formano il discorso. tutto questo, nel complesso, è relazione. Ma c'è un altro motivo per il quale penso che Logos significhi innanzitutto relazione.. approfondirò, ora mi fermo per non appesantire.
Logos, verbo, parola, è la forma di comunicazione, peculiare e archetipica, della natura umana. En archè en o logos, con cui inizia il vangelo giovanneo, è la formula che meglio descrive tale condizione. A prescindere dalla feticizzazione religiosa che segue.
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2022, 08:15:05 AMLogos, verbo, parola, è la forma di comunicazione, peculiare e archetipica, della natura umana. En archè en o logos, con cui inizia il vangelo giovanneo, è la formula che meglio descrive tale condizione. A prescindere dalla feticizzazione religiosa che segue.
Buongiorno Ipazia, la forma di comunicazione appunto è essa stessa formata da più relazioni , la relazione cognitiva "mente-corpo" che si relaziona con qualcu'antro all infuori di sè . Questo modo di comunicare lo abbiamo perchè siamo innanzitutto entrati in relazione con noi stessi, il prossimo e il mondo. Non solo, anche le parole devono essere in relazione in modo coerente e armonico per ottenere un discorso comprensibile. Ed è precisamente questa armonia che richiede la relazione che vado studiando. Perchè è importante? bhè, sapete dirmi se esiste un oggetto fisico che non entra in relazione ( o interazione) con nessun altra cosa? un oggetto che non trasmsette calore, che non si può toccare , che non occupa spazio , che non ha colore, sapore, insomma che non sia un sistema. Tutto ciò che esiste è un sistema le cui parti si relazionano in modo armonioso. l aria, l'acqua, i pianeti, l atomo, l'organismo vivente . Lo stesso termine organismo indica la cooperazione armoniosa di più organi. Quindi "en archè en o logos" è traducibile al meglio secondo questa indicazione " in principio era la relazione" . l'archè del mondo è la relazione, niente esiste, o meglio , le propietà di ogni cosa non sono altro che il modo in cui questa cosa influenza le altre.
Esistono solo nell interazione con altre cose. La conclusione è radicale , fa saltare l'idea che il mondo debba essere costituito da una sostanza che ha attributi e ci forza a pensare tutto in termini di relazioni .
Ciao Alberto e benvenuto,
sì, esiste solo la relazione. Ne sono convinto.
Difatti l'esistenza è comunicazione, pura comunicazione.
Nel senso che la comunicazione, che si manifesta attraverso la relazione, è tutto quello che c'è.
I poli che paiono comunicare, in realtà sono solo funzionali alla comunicazione.
Non esistono di per se stessi, ma solo nella loro relazione.
Persino il pensiero, altro non è che una comunicazione tra me e me.
Per pensare devo diventare bino, in modo da dialogare.
E pure rimanere uno, per l'unità del pensiero.
Ma sia quel uno sia quel bino sono creati dalla comunicazione, che in ultima istanza altro non è che ricerca della Verità.
Citazione di: Alberto Knox il 12 Marzo 2022, 00:58:59 AMSalve, non ho trovato la sezione dove ci si deve presentare, quindi lo farò qui. cogliendo l'occasione per parlare di qualcosa. Sono un amante del pensiero e della ricerca , tuttavia mi considero ancora un apprendista visto che la filosofia e le scienze in generale spaziano in enormi campi e io riesco ad andare sullo specifico di solo alcune parti , come tutti credo. Filosofia della natura e della natura umana sono , diciamo, i miei arogmenti di studio in primis. Mi interessano tematiche riguardo l origine della vita, di cosa è fatta e come ha potuto venire in essere , in cosa consiste la razionalità umana , l anima , lo spirito e , più recentemente, il Logos . grazie per avermi accolto.
E qui , comincerei col topic vero e propio. La prima cosa che mi ha colpito di questo forum è il nome infatti. Il quale è un termine a cui sono stati dati innumerevoli significati, basta vedere su wikipedia per rendersene conto. Logos come verbo, come ragione , come discorso , come legame , come relazione...e ce ne sono ancora altri... Nella Bibbia Giovanni lo utilizza per indicare l'origine di ogni cosa " In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio e Dio era il Logos .. In ambito Cristiano oggi come oggi Logos lo si traduce con "verbo" .
Ma Fu Sant'Agostino a indicare il significato di Logos come Relazione. E secondo me è il significato principale. Ma anche gli altri sono tutti veri. Nel senso che logos vuol dire Discorso perchè è il verbo che forma la parola e le parole relazionate insieme formano le frasi el frasi relazionate fra di loro formano il discorso e poi Logos vuol dire Ragione perchè è la ragione che mette insieme le parole per formare le frasi che formano il discorso. tutto questo, nel complesso, è relazione. Ma c'è un altro motivo per il quale penso che Logos significhi innanzitutto relazione.. approfondirò, ora mi fermo per non appesantire.
In realta' e' rivelatore il lapsus, non solo tuo ma di gran parte della metafisica occidentale, di descrivere la sequenza delle magnifiche sorti unitive e progressive del logos partendo dalla PAROLA, (come hai detto tu, in una maniera tradizionalmente "classica", per riassumere in tappe la vicenda unitive del logos, dalla PAROLA, alla frase, al discorso, ala ragione) e non dalla LETTERA.
Se volessimo rimettere "materialisticamente" la sequenza con i piedi per terra, la versione corretta sarebbe: dalla LETTERA, alla parola, alla frase, al discorso, alla ragione.
Ma affrontare la questione della lettera, (partendo da essa, come punto uno/o zero del "processo" unitivo, e non dalla parola, che e' gia' di per se' un qualcosa di complesso e derivato) e' affrontare la questione della convenzionalita'
-assoluta e non coscientemente fondata- del comunicare umano, e quindi anche del logos, da una parte, e anche, affrontare la questione di una possibile genesi grafo-logica, e non
logo-logica, della filosofia occidentale come fenomeno storicamente determinato, dall'altra.
Se l'atomismo e' il grande rimosso della filosofia occidentale antica come pensiero attualizzabile, e' celebre la metafora della combinatoria cosmogenica degli atomi come simile alla combinatoria delle lettere dell'alfabeto, e molti celebri interpreti moderni di Platone hanno analizzato il paragone e il nesso logoco tra teoria delle idee e combinatoria alfabetica.
Insomma un pensiero che ci porti a pensare come le singole cose "stiano insieme" ANCHE posizionalmente, epigraficamente e secondo l'ordine del tempo, (mantenendo una loro oggettivita' e convenzionalita' segnica da una parte, e una loro ineliminabile dipendenza da uno sfondo/contesto dall'altra) e non SOLO discosivamente e relazionalmente.
Per non parlare di Derrida, filosofo in cui e' piena la corrispondenza critica tra genesi della filosofia e riduzione arbitraria della lingua scritta alla mera funzione di rappresentare la lingua parlata, nell'oblio di tutte le possibili funzioni "uletriori" che sono state e possono (ancora) essere proprie della grafia e dell'epigrafia, riduzione funzionale che e' possibile solo nell'ambito di una scrittura alfabetica moderna.
Insomma, se: "in principio era il verbo", con cio' si assume come premessa teoretica che il verbo sia in-composito, non formato da parti piu' semplici, ma in realta' , a ben guardare, solo la lettera e' in-composita, e lo puo' essere solo in virtu' dell'oblio di tutti i precedenti sistemi sillabici o ideografici che alla lettera, prima che essa fosse tale, e cioe' lettera, erano associati.
Il logos eracliteo, prescindendo un momento da quello giovanneo, che storicamente viene molto dopo, e' un movimento di negazione reciproca tra soggettivo e intersoggettivo, il soggettivo si nega nell'intersoggettivo e viceversa, perche' solo la partecipazione dell'anima all'impersonalita' e all'universalita' del logos garantisce la veridicita' del discorso.
"ascoltando non me, ma il logos, e' necessario ammettere che tutto e' uno"
Questo vale in un certo senso, in un altro la tenzione nichilistica del tutto e della realta' verso il divenire e l'impermanenza fanno si' che la funzione "espressiva" prevalga su quella "analitica" del pensiero, e che la vita come pathos, come evento e vita vissuta, come effetto che al singolo vivente fa' il vivere, siano la miglior metafora di un cosmo altrimenti indescrivibile ed indicibile:
"...Le cose che sono, nascono e muoiono nello stesso momento"
O anche
"Il sole e' nuovo continuamente"
Insomma, Il mondo di Eraclito e' continuo, "infinitamente denso", impenetrabile e inconcusso nel divenire, proprio, e specularmente, come quello di Parmenide lo e' nell'essere.
In un mondo del genere, il parallelismo e la "comunicazione" tra il flusso temporale del pensiero del singolo essere pensante e il flusso del tempo stesso nel suo farsi, e' la chiave per comprendere la realta' ; e questo, questo movimento per cui la vita del "singolo" altro non e' che la vita stessa del "tempo", e' un movimento "uguale", e "contrario" , a quello che porta dall'opinione alla verita' adeguando le parole alle cose, dunque dissolvendo il dato originario e minimale del vissuto soggettivo nel piu' grande "mare" dell'intersoggettivo e dell'oggettivo, a cui l'anima "partecipa", e con cui tutti possono, potenzialmente, "concordare".
Alla base di tutto sembra esservi un non-senso, e una apertura a un insieme di piu', incompiute, possibilita' di senso, che e' piu' propria del reperimento, e dell'esperienza, in vita, di una singola lettera, che non di un'intera, e gia' formata, parola: la lettera non-significa, ma puo' significare, in un eventuale processo di unione e completamento; essa ha una maggiore dipendenza dal tempo, ed anche dallo spazio, come epi-grafia, nel suo "stare", all'interno di un piu' "vasto" universo oggettivo, di un possibile, e non gia' strettamente necrssario, discorso.
Il tempo domina e organizza tutto e finanche il pensiero umano stesso, che quindi non puo' esistere come pensiero "puro" , ma e' sempre un pensiero temporizzato e temporalizzato; sia che nel tempo, che inevitabilmente pervade e informa di se stesso anche il pensiero umano, si voglia vedere la tenzione alla sussistenza e il desiderio di eternita', insomma un desiderio conservativo e di durevolezza finanche di ogni pensato, sia che vi si voglia invece vedere l'invocazione della festa, del rovesciamento e del negativo, l'attesa liberatoria dell'alternanza tra opposti, in nome di un tempo non gia' eternizzante, ma trasformante, il reale.
Insomma il tempo, come cio' che ha il potere tanto di cristallizzare e far durare, quanto quello di distruggere, cambiare o innovare, tutto quello che "tocca", tutto quello che ingloba nel suo flusso, e' cio' che si cerca di catturare, di inseguire e di imitare con il pensiero e con la parola, che e' l'estrema tensione, sia eternizzante e conservatIva, che innovativa e fondativa, dell'uomo e del suo vivere.
Citazione di: bobmax il 12 Marzo 2022, 16:39:05 PMCiao Alberto e benvenuto,
sì, esiste solo la relazione. Ne sono convinto.
Difatti l'esistenza è comunicazione, pura comunicazione.
Nel senso che la comunicazione, che si manifesta attraverso la relazione, è tutto quello che c'è.
I poli che paiono comunicare, in realtà sono solo funzionali alla comunicazione.
Non esistono di per se stessi, ma solo nella loro relazione.
Persino il pensiero, altro non è che una comunicazione tra me e me.
Per pensare devo diventare bino, in modo da dialogare.
E pure rimanere uno, per l'unità del pensiero.
Ma sia quel uno sia quel bino sono creati dalla comunicazione, che in ultima istanza altro non è che ricerca della Verità.
il termine stesso "relazione" indica comunicare,trasmettere, condividere, informazione. in fisica avviene la trasmissione dell informazione. Pensate alla termodinamica, alla variazione di entropia, al principio della conservazione della quantità di moto ecc. La relazione è quindi quel velo, quella rete che tesse la realtà , qualsiasi cosa che esiste è in relazione continua , anche i sassi essendo un assemblamento compatto di atomi è in relazione con il resto del mondo . Ma l'informazione presente nel sasso è ricunducibile al solo tipo di atomi di cui è fatto . Un essere vivente no, quello che conta in questo caso è il particolare tipo di informazione che è immagazzinata nella materia. Più del fatto che siamo composti di atomi di un certo tipo , conta il fatto che questi atomi hanno ruoli ben precisi secondo il posto in cui si trovano. Perciò sulla rete di relazione che tesse la realtà abbiamo due tipi di comunicazione dell informazione , una sintattica e una semantica. in altre parole la natura si è servita di un certo tipo di informazione che ha significato legato al contesto. La parola "significato" ha connotazioni di intenzionalità che non sembrano collegate a variabilità e selezione.Il significato in termini fisici deve essere fondato su qualcos'altro...
L'incipit di Giovanni deriva dall'intuizione eraclitea, certamente. Ma penso che Eraclito lo pensasse come discorso, analogamente a Galileo, Bruno, etc. che intesero l'universo come un gran libro unitario da leggere e raccontare.
Non so quanto sia proficuo, filosoficamente e antropologicamente, ridurre il discorso all'analitica delle lettere e dei simboli. Il logos perderebbe così il suo carattere unitario, sintetico, che l'immaginario antico, da Eraclito a Galileo, passando per Giovanni, gli attribuiva.
Col senno antropologico di poi, non possiamo che inchinarci di fronte a questa intuizione che permane fondativa (archè) anche nelle forme moderne del linguaggio e della comunicazione.
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2022, 22:08:21 PML'incipit di Giovanni deriva dall'intuizione eraclitea, certamente. Ma penso che Eraclito lo pensasse come discorso, analogamente a Galileo, Bruno, etc. che intesero l'universo come un gran libro unitario da leggere e raccontare.
Non so quanto sia proficuo, filosoficamente e antropologicamente, ridurre il discorso all'analitica delle lettere e dei simboli. Il logos perderebbe così il suo carattere unitario, sintetico, che l'immaginario antico, da Eraclito a Galileo, passando per Giovanni, gli attribuiva.
Col senno antropologico di poi, non possiamo che inchinarci di fronte a questa intuizione che permane fondativa (archè) anche nelle forme moderne del linguaggio e della comunicazione.
l archè non è da ritenersi come principio inteso come l'inizio. Nel Logos vi troviamo un principio che non è solo l'inizio ma è il principio costitutivo dell essere . in principio era il logos dovrebbe essere letto come "il principio è nel logos" l'inizio è paragonato al suono di una campanella che indica l'inizio dell orario di lezione, essa però non ha più nulla a che vedere con la lezione se non averne avvisato l'inizio. con principio si intende causa e principio di tutte le cose, un principio che è in essere all evoluzione, che permane come fondamento e verso il quale l'uomo ripone la sua fede. Dicendo Logos si nomina così la sorgente e il porto dell'esistenza , nonchè la sorgente dell infomazione che consente all'energia di strutturarsi in materia organizzata così da diventare vita, vita intelligente , vita come spirito creativo . La religione è quindi da ritenersi vera e degna di essere celebrata nella misura in cui relaziona il singolo individuo a tale PRINCIPIO di tutte le cose. .. ancora una volta evidenzio il primato della relazione.
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2022, 22:08:21 PML'incipit di Giovanni deriva dall'intuizione eraclitea, certamente. Ma penso che Eraclito lo pensasse come discorso, analogamente a Galileo, Bruno, etc. che intesero l'universo come un gran libro unitario da leggere e raccontare.
Non so quanto sia proficuo, filosoficamente e antropologicamente, ridurre il discorso all'analitica delle lettere e dei simboli. Il logos perderebbe così il suo carattere unitario, sintetico, che l'immaginario antico, da Eraclito a Galileo, passando per Giovanni, gli attribuiva.
Col senno antropologico di poi, non possiamo che inchinarci di fronte a questa intuizione che permane fondativa (archè) anche nelle forme moderne del linguaggio e della comunicazione.
Quello che supera l'analitica delle lettere e dei simboli e' l'espressivita' stessa delle lettere e dei simboli: la scrittura non rappresenta la parola, non e' riducibile al mero compito di rappresentare la parola, ma vive di vita propria. Quantomeno come epi-grafia e calli-grafia, come traccia, come possibilita' di modificare il mondo che abbia valenza nel pre-nascita e nel post-morte.
Del resto, pur essendo storicamente falsi e falsificati tutti i nessi general-generici tra passaggio di una (qualsiasi) comunita' umana alla "fase della scrittura" in generale e filosofia occidentale, non e' ancora falsificato ne' falsificabile il nesso, (pesante come un macigno, se non lo si affronta) tra passaggio di una specifica comunita' umana a una forma di scrittura pienamente alfabetica e filosofia occidentale.
Il discorso unitario non è possibile in un mondo infinitamente diveniente, e ogni discorso si riduce alla combinatoria di due o piu' elementi semplici ricorrenti con cui noi stessi parlanti cerchiamo di agire la riduzione della complessita', quantomeno perche' quello che abita l'uno e' il molteplice, e la non esaustivita' di un discorso rimanda direttamente alla sua non unitarieta'.
In altre parole, tu ci stai dentro, nel grande libro della natura, e per di piu' in una posizione non privilegiata, come se fossi una parola di quel libro, non lo leggi da fuori, la tua posizione ti condiziona, sia nel rapporto possibile che potrai eventualmente instaurare con le altre parole, della cui prossimita' e lontananza sostanzialmente non decidi tu, sia nel rapporto con lo sfondo del libro.
Quindi, o assumi un linguaggio che partecipi IMMEDIATAMENTE della complessita' posizionale ed epigrafica del linguaggio stesso, come quello della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, o non progredisci, quantomeno non in senso filosofico, nella comprensione, perche' la vita non e' una parola, non inizia e non finisce col silenzio...
Tanto che la prima funzione della parola parlata, e' quella espressiva, (insomma il dire della vita, e non dell'essenza o dell'esistenza) che sopravanza il compito di imitare le cose, proprio come anche la parola scritta, se guardata senza pregiudizi, sopravanza il compito di imitare le parole.
Originariamente non c'e'niente da imitare, perche' quello che si vuole cogliere con la parola e' l'iniziare continuo del tempo, un iniziare di fatto, la cui risposta, riflessiva e "riflessa", puo' essere solo convenzionale e fondativa.
Non e' il mondo antropologico, che inizia col logos; ma il "patire" (come traduzione impropria di pathos) la vita e l'esserne effetto, la continua novita' per cui anche parole semanticamente identiche si relazionato alla loro posizione e si distinguono tra di loro per spazio e per il tempo, un qualcosa che potrebbe valere anche per la vita di tutti gli animali, se gli animali parlassero.
Originariamente non c'e' mimesi della parola o della cosa, c'e' il pathos della vita, perche' il tempo INIZIA sempre, o quantomeno sembra, iniziare sempre.
Citazione di: niko il 13 Marzo 2022, 12:31:46 PMQuello che supera l'analitica delle lettere e dei simboli e' l'espressivita' stessa delle lettere e dei simboli: la scrittura non rappresenta la parola, non e' riducibile al mero compito di rappresentare la parola, ma vive di vita propria. Quantomeno come epi-grafia e calli-grafia, come traccia, come possibilita' di modificare il mondo che abbia valenza nel pre-nascita e nel post-morte.
Certamente, ma rimanendo all'interno della triade semantica referente-significato-significante. Non esiste un significante grafico in assenza di un referente reale o concettuale. Nella letteratura e, soprattutto poesia, si intrecciano significati inediti veicolati dal segno ortografico, ma rimangono confinati nella sfera del simbolico, mentre la realtà mantiene la barra semantica. CitazioneDel resto, pur essendo storicamente falsi e falsificati tutti i nessi general-generici tra passaggio di una (qualsiasi) comunita' umana alla "fase della scrittura" in generale e filosofia occidentale, non e' ancora falsificato ne' falsificabile il nesso, (pesante come un macigno, se non lo si affronta) tra passaggio di una specifica comunita' umana a una forma di scrittura pienamente alfabetica e filosofia occidentale
La raffinatezza di una lingua e dei suoi simboli indubbiamente stimola lo sviluppo intellettale e la speculazione filosofica. Il "verba volant, scripta manent" non può essere sottovalutato, ma nemmeno sopravvalutato oltre la sua natura di espediente tecnico di registrazione. CitazioneIl discorso unitario non è possibile in un mondo infinitamente diveniente, e ogni discorso si riduce alla combinatoria di due o piu' elementi semplici ricorrenti con cui noi stessi parlanti cerchiamo di agire la riduzione della complessita', quantomeno perche' quello che abita l'uno e' il molteplice, e la non esaustivita' di un discorso rimanda direttamente alla sua non unitarieta'.
L'unità del logos implica pure la temporizzazione sintattica.CitazioneIn altre parole, tu ci stai dentro, nel grande libro della natura, e per di piu' in una posizione non privilegiata, come se fossi una parola di quel libro, non lo leggi da fuori, la tua posizione ti condiziona, sia nel rapporto possibile che potrai eventualmente instaurare con le altre parole, della cui prossimita' e lontananza sostanzialmente non decidi tu, sia nel rapporto con lo sfondo del libro.
Quindi, o assumi un linguaggio che partecipi IMMEDIATAMENTE della complessita' posizionale ed epigrafica del linguaggio stesso, come quello della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, o non progredisci, quantomeno non in senso filosofico, nella comprensione, perche' la vita non e' una parola, non inizia e non finisce col silenzio...
Indubbiamente il Logos necessita di espedienti tecnici per operare.CitazioneTanto che la prima funzione della parola parlata, e' quella espressiva, (insomma il dire della vita, e non dell'essenza o dell'esistenza) che sopravanza il compito di imitare le cose, proprio come anche la parola scritta, se guardata senza pregiudizi, sopravanza il compito di imitare le parole.
Originariamente non c'e'niente da imitare, perche' quello che si vuole cogliere con la parola e' l'iniziare continuo del tempo, un iniziare di fatto, la cui risposta, riflessiva e "riflessa", puo' essere solo convenzionale e fondativa.
Più che di espressione e imitazione mi pare che il Logos abbia a che fare con la comunicazione. CitazioneNon e' il mondo antropologico, che inizia col logos; ma il "patire" (come traduzione impropria di pathos) la vita e l'esserne effetto, la continua novita' per cui anche parole semanticamente identiche si relazionato alla loro posizione e si distinguono tra di loro per spazio e per il tempo, un qualcosa che potrebbe valere anche per la vita di tutti gli animali, se gli animali parlassero.
Originariamente non c'e' mimesi della parola o della cosa, c'e' il pathos della vita, perche' il tempo INIZIA sempre, o quantomeno sembra, iniziare sempre.
Il pathos della vita non mi pare una specificità antropologica assoluta. Anche gli animali a noi più prossimi mostrano di avere un loro pathos della vita.
Hai ragione ad evidenziare che il Logos, così come emerge naturalmente nel verso animale, non è ancora completamente fondamento specifico della condizione antropologica e necessita di una trascrizione grafica che lo fissi nel tempo, ma questa nasce fin da subito correlata biunivocamente al linguaggio.
immaginare un linguaggio significa immaginare una forma di vita .
ll significato della parola sta nel modo in cui è usata nel contesto. Per esempio la gente si scervella sulla natura di ciò che chiama "anima" e questo è possibile solo perchè confondono significati diversi della parola in relazioni a contesti diversi nei linguaggi su di essa. Le parole con le quali ci scambiamo informazioni vanno bene per la vita pratica ma quando si passa a temi più profondi e più complessi le persone si confondo, smettono di capirsi. Se il linguaggio ci darebbe veramente un quadro , un immagine , allora queste incomprensioni non dovrebbero esserci no?.. ad es. io non ho capito cosa intendete quando dite Archè. O se lo intendete non lo state usando secondo il suo vero significato mi pare.
Scienza e tecnologia dettano le mode filosofiche, così che tutto oggi è relazione, mentre appena ieri tutto era informazione.
Se queste mode filosofiche nel loro susseguirsi fossero state documentate da fotografie, a guardare quelle vecchie foto probabilmente oggi proveremmo un senso di ridicolo.
Così rivestiamo la realtà ogni volta con abiti diversi, nessuno dei quali però fa il monaco, perché l'abito in sé non sarà mai fondamentale, ma è l'apparenza con cui di volta in volta si presenta la realtà.
L'abito dice poco di chi lo indossa, se non che tende ad adeguarsi alle convenzioni, ma dice molto del sarto che ogni volta lancia la moda.
Da un punto di vista filosofico sarebbe arrivato il momento di smettere di dire che tutto è questo o quello, per dare un giudizio di insieme sul susseguirsi storico di questo e quello, possibilmente diverso dal solito mantra della ricerca della verità che viene sempre più approssimata, perché una sequenza finita di simboli, al di là del significato più o meno univoco che di volta in volta gli diamo, non potranno mai rappresentare la teoria del tutto.
Questa affermazione dovrebbe apparire banale, e significativo è il fatto che tale a più non appaia, per cui dovremmo riflettere se non porla consapevolmente a fondamento della riflessione filosofica.
Dovremmo indagare se nel susseguirsi delle mode vi sia una tendenza generale, e a me sembra di vederla in un crescente carattere astratto di ciò che ogni volta proponiamo come fondamentale, unita quindi ad una crescente difficoltà di comprensione, perché le analogie possibili alla nostra comprensione si fanno sempre più latitanti.
Emerge così vincente sempre più, come molti lamentano, il linguaggio principe dell'astrazione, la matematica, sfrondata nel tempo ormai da ogni riferimento al senso del reale.
Un linguaggio privo di un preciso significato, che si presta perciò ad ogni possibile significato, secondo le mode del momento, asseconda di come usiamo interagire con la realtà.
Citazione di: Alberto Knox il 13 Marzo 2022, 17:52:25 PMll significato della parola sta nel modo in cui è usata nel contesto. Per esempio la gente si scervella sulla natura di ciò che chiama "anima" e questo è possibile solo perchè confondono significati diversi della parola in relazioni a contesti diversi nei linguaggi su di essa. Le parole con le quali ci scambiamo informazioni vanno bene per la vita pratica ma quando si passa a temi più profondi e più complessi le persone si confondo, smettono di capirsi. Se il linguaggio ci darebbe veramente un quadro , un immagine , allora queste incomprensioni non dovrebbero esserci no?.. ad es. io non ho capito cosa intendete quando dite Archè. O se lo intendete non lo state usando secondo il suo vero significato mi pare.
Che il significato della parola risieda nel contesto in cui viene usta è cosa condivisa, ma allo stesso tempo è un affermazione forte quanto indimostrabile.
O meglio, è facile dimostrare il contrario.
Basti dire che il contesto in cui si inserisce la parola è a sua volta un insieme di parole, per cui ci ritroviamo con un affermazione circolare.
Ma, se è vero che la stessa parola non a tutti richiama lo stesso significato, mi sembra significativo invece notare che a volte sembra essere vero il contrario, e come ciò possa avvenire sembra un mistero.
A fondamento di un possibile significato direi che vi è una condivisione, una esperienza comune vissuta in diretta, o codificata in memoria ed ereditata.
Se così è c'è da aspettarsi che il significato delle parole cambi nel tempo e nello spazio.
Quindi perché si stabilisca un significato, inteso come cosa condivisa, occorre che vi sia una relazione, relazione che quando và a buon fine diventa significato.
Non è dunque nella relazione fra le parole che bisogna cercare il significato, ma nella relazione dei soggetti che usano il linguaggio per accordarsi. Ma che vi sia accordo lo si può dimostrare non in teoria, ma nei fatti, quando a quell'accordo segue una azione coordinata.
La conoscenza non è conoscenza della realtà , ma metodo possibile di un azione coordinata che ci rapporta coerentemente con la realtà.
Agiamo in modo coordinato se condividiamo la stessa visione, e la bontà della visione non è legata direttamente alla realtà, ma al possibile rapporto che insieme teniamo con essa.
Quindi se proprio devo sottostare alla moda filosofica, io direi che tutto è condivisione , la quale sottende la condizione necessaria di una relazione fattiva, che a posteriori può essere formalizzata, ma la formalizzazione in sé, fuori dal fattivo contesto di riferimento, non ha alcun significato.
Come tu ben dici senza una immagine non vi è significato, e io intendo per immagine ciò che si condivide al fine di un azione.
Non è importante se ciò che vediamo non corrisponde alla realtà, se questa apparenza, come suo succedaneo, ci permette di relazionarci con la realtà.
Però siccome il nostro rapporto con la realtà cambia, perciò confondendo le apparenze con la realtà, tendiamo ogni volta a porre a fondamento della realtà un sempre nuovo taglio di vestito, che tutti tendiamo per convenzione ad indossare.
Infine cosa è l'arche, ancora lo devo capire, ma sospetto sia una ammissione di ignoranza mascherata.
Quelle nobili istituzioni culturali che sono i dizionari si occupano di dare ad ogni parola il significato corrente e, i più accurati, pure il passato nell'uso.
I referenti materiali sono più condivisibili di quelli concettuali e questo non è un mistero, ma significa la funzione esatta della parola (logos). Se dico "gatto", tutti gli italofoni con un livello culturale basico capiscono di cosa si tratta e questa evidenza dimostra il successo della comunicazione. E pure della rappresentazione semantica, al netto di ogni nebbia metafisica.
Se dico "anima" la faccenda si complica, perché si passa dal materico al concettuale, laddove la meta-fisica imperversa, e i significati variano secondo gli orizzonti ideologici di riferimento. I quali vanno esplicitati al fine di evitare l'insuccesso della comunicazione.
Arkè è l'origine di un processo, naturale o storico. Che gli antichi sapienti abbiano posto il linguaggio all'origine dell'avventura evolutiva della nostra specie mi trova concorde. Certo, anche la tecnica. Ma una tecnica incomunicabile nasce già morta, non ha futuro. Ovvero non ha il suo necessario tempo evolutivo.
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 19:41:09 PMQuelle nobili istituzioni culturali che sono i dizionari si occupano di dare ad ogni parola il significato corrente e, i più accurati, pure il passato nell'uso.
I referenti materiali sono più condivisibili di quelli concettuali e questo non è un mistero, ma significa la funzione esatta della parola (logos). Se dico "gatto", tutti gli italofoni con un livello culturale basico capiscono di cosa si tratta e questa evidenza dimostra il successo della comunicazione. E pure della rappresentazione semantica, al netto di ogni nebbia metafisica.
Se dico "anima" la faccenda si complica, perché si passa dal materico al concettuale, laddove la meta-fisica imperversa, e i significati variano secondo gli orizzonti ideologici di riferimento. I quali vanno esplicitati al fine di evitare l'insuccesso della comunicazione.
Arkè è l'origine di un processo, naturale o storico. Che gli antichi sapienti abbiano posto il linguaggio all'origine dell'avventura evolutiva della nostra specie mi trova concorde. Certo, anche la tecnica. Ma una tecnica incomunicabile nasce già morta, non ha futuro. Ovvero non ha il suo necessario tempo evolutivo.
i dizionari si occuapano di esprimere il significato della parola ma non approfondiscono il significato antico da cui la parola deriva, non si occupano della ricerca etimologica della parola. Ed è per questo che confondi archè come principio inteso come inizio di un processo, ciò che ha dato il via. Non è così, l'archè di cui parlavano gli antichi si rferiva al principio costitutivo come fondamento permanente . Mentre per il materialista tale causa formale o legge cosmica ha dato inizio all'evoluzione cosmica fino ad arrivare alla coscienza per gli antichi essa era il principio di tale evoluzione. Un principio che è in essere all evoluzione, che permane come fondamento. L'aarchè veniva nominato per indicare un principio costitutivo fondamentale , non il principio di un processo
Per quanto riguarda il linguaggio esso funziona .
Gli antichi davano senz'altro un significato metafisico e mitico all'archè e al logos. Ma perché chiamarlo "logos" e non "xyz" ?
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 17:13:15 PMCitazione di: niko il 13 Marzo 2022, 12:31:46 PMQuello che supera l'analitica delle lettere e dei simboli e' l'espressivita' stessa delle lettere e dei simboli: la scrittura non rappresenta la parola, non e' riducibile al mero compito di rappresentare la parola, ma vive di vita propria. Quantomeno come epi-grafia e calli-grafia, come traccia, come possibilita' di modificare il mondo che abbia valenza nel pre-nascita e nel post-morte.
Certamente, ma rimanendo all'interno della triade semantica referente-significato-significante. Non esiste un significante grafico in assenza di un referente reale o concettuale. Nella letteratura e, soprattutto poesia, si intrecciano significati inediti veicolati dal segno ortografico, ma rimangono confinati nella sfera del simbolico, mentre la realtà mantiene la barra semantica.
CitazioneDel resto, pur essendo storicamente falsi e falsificati tutti i nessi general-generici tra passaggio di una (qualsiasi) comunita' umana alla "fase della scrittura" in generale e filosofia occidentale, non e' ancora falsificato ne' falsificabile il nesso, (pesante come un macigno, se non lo si affronta) tra passaggio di una specifica comunita' umana a una forma di scrittura pienamente alfabetica e filosofia occidentale
La raffinatezza di una lingua e dei suoi simboli indubbiamente stimola lo sviluppo intellettale e la speculazione filosofica. Il "verba volant, scripta manent" non può essere sottovalutato, ma nemmeno sopravvalutato oltre la sua natura di espediente tecnico di registrazione.
CitazioneIl discorso unitario non è possibile in un mondo infinitamente diveniente, e ogni discorso si riduce alla combinatoria di due o piu' elementi semplici ricorrenti con cui noi stessi parlanti cerchiamo di agire la riduzione della complessita', quantomeno perche' quello che abita l'uno e' il molteplice, e la non esaustivita' di un discorso rimanda direttamente alla sua non unitarieta'.
L'unità del logos implica pure la temporizzazione sintattica.
CitazioneIn altre parole, tu ci stai dentro, nel grande libro della natura, e per di piu' in una posizione non privilegiata, come se fossi una parola di quel libro, non lo leggi da fuori, la tua posizione ti condiziona, sia nel rapporto possibile che potrai eventualmente instaurare con le altre parole, della cui prossimita' e lontananza sostanzialmente non decidi tu, sia nel rapporto con lo sfondo del libro.
Quindi, o assumi un linguaggio che partecipi IMMEDIATAMENTE della complessita' posizionale ed epigrafica del linguaggio stesso, come quello della scrittura, e in particolare della scrittura alfabetica, o non progredisci, quantomeno non in senso filosofico, nella comprensione, perche' la vita non e' una parola, non inizia e non finisce col silenzio...
Indubbiamente il Logos necessita di espedienti tecnici per operare.
CitazioneTanto che la prima funzione della parola parlata, e' quella espressiva, (insomma il dire della vita, e non dell'essenza o dell'esistenza) che sopravanza il compito di imitare le cose, proprio come anche la parola scritta, se guardata senza pregiudizi, sopravanza il compito di imitare le parole.
Originariamente non c'e'niente da imitare, perche' quello che si vuole cogliere con la parola e' l'iniziare continuo del tempo, un iniziare di fatto, la cui risposta, riflessiva e "riflessa", puo' essere solo convenzionale e fondativa.
Più che di espressione e imitazione mi pare che il Logos abbia a che fare con la comunicazione.
CitazioneNon e' il mondo antropologico, che inizia col logos; ma il "patire" (come traduzione impropria di pathos) la vita e l'esserne effetto, la continua novita' per cui anche parole semanticamente identiche si relazionato alla loro posizione e si distinguono tra di loro per spazio e per il tempo, un qualcosa che potrebbe valere anche per la vita di tutti gli animali, se gli animali parlassero.
Originariamente non c'e' mimesi della parola o della cosa, c'e' il pathos della vita, perche' il tempo INIZIA sempre, o quantomeno sembra, iniziare sempre.
Il pathos della vita non mi pare una specificità antropologica assoluta. Anche gli animali a noi più prossimi mostrano di avere un loro pathos della vita.
Hai ragione ad evidenziare che il Logos, così come emerge naturalmente nel verso animale, non è ancora completamente fondamento specifico della condizione antropologica e necessita di una trascrizione grafica che lo fissi nel tempo, ma questa nasce fin da subito correlata biunivocamente al linguaggio.
Ai fini di un discorso sul logos, non conta tanto la scrittura come strumento di registrazione, altrimenti, con ogni probabilita' , gli egizi e i babilonesi sarebbero stati storicamente i primi filosofi, nel senso occidentale del termine, e invece non lo sono stati, sono rimasti nell'ambito del mito e della religione, come molte altre grandi civilta' scriventi precedenti ai Greci.
Bisogna entrare nell'ordine di idee che, quello che conta, qui, e' specificamente la combinatoria delle lettere, infatti abbiamo, nella lingua greca, il primo linguaggio completamente alfabetico, emancipato da ogni forma di ideograficita', sillabicita' e tradizione non scritta della vocalizzazione, e, pochi decenni dopo, presso gli utilizzatori di quel primo linguaggio compiutamente e modernamente alfabetico, la nascita della filosofia: e' un dato su cui vale la pena riflettere...
la prassi umana relativamente nuova del combinare degli elementi insignificanti e puramente fonetici per ottenere un insieme di parole e un linguaggio, deve aver aperto possibilita' nuove nella mente umana.
E la dinamica antropologica a questo sottostante non e' solo poetico-calligrafica, ma anche di memoria e oblio dei modi culturalmente codificati e "solidamente" esistenti di interpretare gli ideogrammi e i sillabogrammi che, dopo alterne vicende e fluttuazioni nel grande mediterraneo, si erano trasformati in lettere pur rimanendo spesso graficamente identici alla loro "vecchia" versione, insomma si usava in modo nuovo un insieme di segni il cui significato "vecchio", diverso dalla lettera e trascendente la lettera, era quasi completamente perduto o in via di perdersi.
E questo determinava un gioco, appunto, di memoria e di oblio in cui la forzatura della lingua al compito di rappresentare la parola era, anche, qualcosa di molto pratico e reale, e legato alla sostituzione delle culture e delle tradizioni umane le une con le altre, e non solo un gioco idilliaco in cui ogni "poeta" comunica quello che vuole e che singolarmente sente e crea con la sua personale "calligrafia" che singolarmente "si inventa", anzi, al contrario, il gioco della calligrafia come strumento espressivo "personale", accenna all'atto e all'umano desiderio di sopperire all'oblio di un'interpretazione tradizionale perduta di ogni singolo segno, nel nuovo sistema incorporato e utilizzato.
Ridurre la complessita' alla combinatoria di un numero predefinito di forme semplici, posizionalmente significative e a grado variabile di complessita', e' chiaramente la strategia filosofica esplicativa del mondo degli atomisti (la metafora degli atomi come lettere, attribuita a Leucippo) ma anche di ogni pensatore post-parmenideo che abbia proposto la combinazione variabile di elementi eterni e incorruttibili per spiegare il mondo, quindi quantomeno Anassagora ed Empedocle, e lo stesso Platone, e' debitore di una concezione della combinatoria delle forme per spiegare il reale, forme che appunto come le lettete, sono sempre disponibili (disponibili in ogni senso, sia di omnitemporalita' di una disposizione che non esaurisce il "disposto" e la possibilita' del suo ripetersi, che di un significato solo relazionale ed eteroriferito del "disposto") per spiegare il reale.
E, in tutto questo, non c'e' la prassi in generale dello scrivere per registrare, ma dello scrivere utilizzando l'alfabeto, un movimento che piaccia o non piaccia, NON e' un movimento della combinatoria dei significanti, ma un movimento della combinatoria degli
in-significanti, delle pure fonazioni, al fine di ottenere i significanti come forma gia' dall'origine composita e secondaria.
E' forse qui che la tecnica utilizzata cambia la mente, e puo' iniziare una nuova riflessione su legge e natura, su natura della misura, su coscienza e conoscenza: l'astrazione propriamente filosofica, l'atopia del filosofo, il Socrate senza luogo e senza tempo e il Diogene nella botte, e' forse solo il
contro-movimento che consegue alla perdita di tutto l'antico corredo archeo-logico ed
epi-grafico che permetteva di interpretare la scrittura, e la prassi stessa dello scrivere, in modo standardizzato e topico; e piu' il linguaggio si fa' scrittura, piu' il linguaggio anche si fa' atopico, si fa' astrazione esso stesso.
Tu mi obbietti che il Logos non e' ne' imitazione ne' espressione, ma comunicazione, io sto appunto cercando di dire che un logos animico "comunicante" e' anche, necessariamente un logos animico perturbante, e "alienante", che ci restituisce la dimensione tragica dello "stare" nel tempo, anzi, del non poterci proprio stare, quantomeno non unitariamente, perche', come dice continuamente qualcuno qui ( bobmax...) la necessita' di comunicare con noi stessi, fa segno all'inesistenza dell'io:
se io devo comunicare per pensare, chi sono io?
Il logos Eracliteo e' nichilista nella misura in cui affermando l'ubiquita' del divenire, nega al vivente un tempo sufficiente per entificarsi e per esistere (stessa cosa il nascere e il perire...).
E' l'almeno due in cui il tempo ci divide proprio imponendoci il comunicare come unica forma possibile e necessaria per il nostro stesso "essere" , e facendoci ascoltare questa comunicazione con la voce non tacitabile del pensiero, del nostro, pensiero; pensiero che e' certamente un comunicare tra gli uomini, ma anche tra le dimensioni diversamente accessibili e manipolabili del tempo in ogni singolo uomo, come voce del passato, del presente e del futuro.
Quindi il logos e' certamente movimento dal soggettivo all'intersoggettivo, e' fuga dall'opinione e ricerca della verita', ma e' anche movimento dall'intersoggettivo al soggettivo, pathos della vita che comunica con se stessa, necessita' (perturbante) di trovare l'intersoggettivo gia' in noi, perche' e' gia' in noi, che piu' di una "voce" sta "parlando", e piu' di una voce sta parlando, proprio essendo impossibile l' Uno nel tempo, l'Uno come simultaneita'.
Il discorso e' il dis-corso di un tempo che e' percettibile soli perche' , e in quanto, non scorre uniformemente, quindi e' dialogo, interiore e intersoggettivo, ma anche approccio visivo e tattile con una scrittura, con un corso difforme la cui difformita' noi stessi significhiamo.
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 20:35:10 PMGli antichi davano senz'altro un significato metafisico e mitico all'archè e al logos. Ma perché chiamarlo "logos" e non "xyz" ?
significato filosofico Ipazia, non metafisico ne tanto meno mitico. Per Plotino , Parmedine . Platone , Cusano ed infine Hegel parlavano dell Archè come principio generatore, elemento fondamentale, legge cosmica , indicavano con archè quel principio generativo e costitutivo e lo indicavano precisamente nell uno di Plotino come il principio indicante la radice unitaria della totalità. Perchè dall uno si è passati a logos ? bhè innanzitutto logos ha come radice le lettere lg da cui legare, rilegare, legislativo e deriva dalla parola leghein (legare) fare una fascina di legni. questo indicava in origine. Logos non è solo una parola , è attiva, è dinamica ed è precisamente quel legare, mettere insieme, correlare, mettere in comunicazione, mettere in relazione.
E non m fermo, il legame-relazione è la legge costitutiva della vita . la Scienza ci insegna che le cose che vediamo attorno a noi ,siano esse animate o inanimate , risultano consistere solo in quanto associazione di elementi . E così Max Plank , uno dei padri della fisica quantistica scrive: E così a seguito delle mie ricerche sull atomo vi dico: la materia in sè non esiste . Ogni materia nasce e consiste solo mediante una forza , quella che porta le particelle a vibrare e che le tiene insieme come il più minuscolo sistema solare" . la materia...in sè...non..esiste.
Se però la materia viene all esistenza come di fatto accade. è perchè è iil risulatato di un legame che la tiene insieme , perchè viene di fatto legata. Ecco perchè insisto sul significato di logos come relazione. logos è una logica costitutiva ed anche una legge . Tale legge in fisica quantistica viene individuata nell unione di particella- materia detta fermione e la particella mediatrice della forza forte detta bosone. è interessante notare che questa logica relazionale venne già individuata nella grande filosofia classica , in particolare dallo stoicismo , mediante l'intuizione del lògos . Lògos da cui logica. Dalla filosofia Greca passo al cristianesimo dove gioca un ruolo altrettanto centrale "en archè en o Lògos". Il logòs o legame relazionale esprime dunque la grande legge che porta all esistenza i fenomeni in quanto relazioni ordinate , la legge che tiene insieme i minuscoli costituenti della materia (sia essi onde o particelle) facendo emergere dalla loro unione livelli di essere sempre più complessi e organizzati. Ognuno d noi esiste grazie a tale legge relazionale, ed pè quindi del tutto normale che gli esseri umani, da sempre, abbiano voluto relazionare se stessi alla logica complessiva del mondo, abbiano cioè, avuto da sempre una religione . il cui sostantivo religio deriva a sua volta dalla radice "lg" religione , significa legame.
Citazione di: Ipazia il 13 Marzo 2022, 19:41:09 PMQuelle nobili istituzioni culturali che sono i dizionari si occupano di dare ad ogni parola il significato corrente e, i più accurati, pure il passato nell'uso.
I referenti materiali sono più condivisibili di quelli concettuali e questo non è un mistero, ma significa la funzione esatta della parola (logos). Se dico "gatto", tutti gli italofoni con un livello culturale basico capiscono di cosa si tratta e questa evidenza dimostra il successo della comunicazione. E pure della rappresentazione semantica, al netto di ogni nebbia metafisica.
Se dico "anima" la faccenda si complica, perché si passa dal materico al concettuale, laddove la meta-fisica imperversa, e i significati variano secondo gli orizzonti ideologici di riferimento. I quali vanno esplicitati al fine di evitare l'insuccesso della comunicazione.
Arkè è l'origine di un processo, naturale o storico. Che gli antichi sapienti abbiano posto il linguaggio all'origine dell'avventura evolutiva della nostra specie mi trova concorde. Certo, anche la tecnica. Ma una tecnica incomunicabile nasce già morta, non ha futuro. Ovvero non ha il suo necessario tempo evolutivo.
Si, però quando io dico 'gatto', o più in genere 'animale' la comunicazione consiste nel richiamare una esperienza pregressa condivisa, e già codificata dentro un vocabolario. Se io non possiedo quella esperienza precisa, il vocabolario mi aiuta mettendo in relazione l'esperienza 'gatto' con esperienze simili che me la possono richiamare, e se non me la richiamano, il vocabolario resta per me lettera morta.
Non è questione di riferimenti materiali piuttosto che concettuali, ma di condividere esperienze che dopo perciò possono essere formalizzate, ad esempio dentro un vocabolario.
Ciò che caratterizza il simbolo, il verbo, prima ancora dell'aver un significato, è la sua pubblicità e la sua diffondibilità e quindi il poter essere condiviso in se' prima, e poi eventualmente come etichetta di riferimento apposta a qualcos'altro in modo convenzionale.
La materia è una esperienza condivisa ''consolidatasi'' nel tempo, della cui condivisione si è persa memoria, mentre della nascita del concetto di anima possiamo congetturare ancora la nascita in termini di storia recente relativamente documentabile, con una storia quindi ancora in divenire, meno 'consolidata'.
Se siamo umanità, e facciamo presto a capirci, è perché condividiamo una storia comune più o meno ''consolidata''.
La conoscenza ha un senso quando diventa condivisione che ci permette di agire insieme come un solo individuo, e in ciò consiste il vero potere della scienza, alla cui base è bene precisare non stanno propriamente i fatti, come si dice per amor di semplicità, ma la loro ripetibilità, e quindi la possibilità di condividerli.
Il logos è solo uno strumento di condivisione.
Quando impropriamente lo esaltiamo oltre il dovuto, affascinati dai simboli, ricadiamo nel pensiero magico. a dimostrazione che esso non ci ha mai del tutto abbandonati.
Come si dovrebbe sennò interpretare la convinzione di poter trovare la teoria del tutto, la quale non sarebbe altro che una sequenza finita di simboli a cui la realtà dovrebbe obbedire?
Ma quella sequenza ha un senso solo se ha un corrispondente operativo, e non possiamo mettere su un piatto della bilancia la nostra operatività limitata sulla realtà, e sull'altro l'intera realtà nella sua ''verità''.
Non basta pronunciare una presunta verità, perché la realtà si prostri ai nostri piedi.
Il logos come principio è l'inizio di una nuova storia, quella documentabile, ma non l'inizio della storia in assoluto, e forse ciò che chiamiamo arche è ciò che ci trasciniamo della vecchia storia, di impronunciabile , perché in quella storia il logos ancora non c'era, e siccome quella storia non è documentata è come se non fosse mai stata, e che l'arche non abbia una nascita.
La filosofia è costituita su metafisiche che a lungo andare si rivelano essere mitologie. L'Uno, la cosa in sé, l'iperuranio, il mondo dietro il mondo,...e pure il logos e la sua archè.
Tornando al logos-linguaggio, mi convince poco la riduzione del sapere all'analitica alfabetica, e altrettanto alla sintetica numerologica (l'Uno relazionale). Sono più propensa a credere che la diffusione del pensiero greco sia dovuta a fattori quali le falangi dell'allievo di Aristotele e, successivamente, alle legioni di un impero che, pur avendo una scrittura alfabetica, non ha certo brillato in produzione filosofica originale.
La Cina lo ha fatto, pur avendo una scrittura ideografica. Insomma la tesi di iano è altamente controversa. Il pensiero umano si nutre di analisi e sintesi e i due tipi di scrittura esemplificano il duplice approccio al logos.
Relazionandosi tra loro e rendendosi traducibili in una supersintesi logica che è sapere libero, indeterminabile secondo una archè fissa e immutabile, ma piuttosto evolventesi nel suo tempo, per nulla nichilistico, ma creativo. Come si conviene alle creature del logos, qualunque cosa lo abbia generato ed esso sia.
Risponderò secondo la mia chiave di lettura, che ovviamente non ne esclude altre e che mi sembra avere anche delle sostanziali similitudini con altre precedenti interpretazioni. Il logos è un continuum che è attribuibile a tutti gli esseri viventi, dal batterio ad homo sapiens. La distinzione non è qualitativa fra le varie forme viventi, ma semplicemente quantitativa. Se si sviluppano aree calde e fredde sul vetrino di una colonia di batteri, i batteri si sposteranno verso le aree migliori per la loro sopravvivenza. Vi è già in questa azione "razionale" del logos? Forse sì, forse la ricerca della sopravvivenza fu il primo motore, l'archè di ogni processo successivo. Facendo un salto di qualche miliardo di anni, i grugniti dei primi homo sapiens per coordinare le loro azioni erano logos? E la costruzione dei primi strumenti litici, i primi archi, i primi riti di sepoltura, che celebravano anche i Neanderthal? Come sono connesse le emozioni umane al logos? Sarebbe possibile il logos senza le forme di cura mammaliane che ci distinguono, o senza quel processo tipico dell'uomo che si chiama pianto?
Per quanto il cervello/cultura umana è un sistema che non ha precedenti nella storia del pianeta terra, esso affonda le sue radici in strutture biologiche e processi che ci accomunano a tutte le specie viventi. La stessa relazionalità, posta come elemento fondante del logos, è condivisa da migliaia di specie viventi, dalle api ai lupi.
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
Citazione di: Jacopus il 14 Marzo 2022, 08:33:06 AMRisponderò secondo la mia chiave di lettura, che ovviamente non ne esclude altre e che mi sembra avere anche delle sostanziali similitudini con altre precedenti interpretazioni. Il logos è un continuum che è attribuibile a tutti gli esseri viventi, dal batterio ad homo sapiens. La distinzione non è qualitativa fra le varie forme viventi, ma semplicemente quantitativa. Se si sviluppano aree calde e fredde sul vetrino di una colonia di batteri, i batteri si sposteranno verso le aree migliori per la loro sopravvivenza. Vi è già in questa azione "razionale" del logos? Forse sì, forse la ricerca della sopravvivenza fu il primo motore, l'archè di ogni processo successivo. Facendo un salto di qualche miliardo di anni, i grugniti dei primi homo sapiens per coordinare le loro azioni erano logos? E la costruzione dei primi strumenti litici, i primi archi, i primi riti di sepoltura, che celebravano anche i Neanderthal? Come sono connesse le emozioni umane al logos? Sarebbe possibile il logos senza le forme di cura mammaliane che ci distinguono, o senza quel processo tipico dell'uomo che si chiama pianto?
Per quanto il cervello/cultura umana è un sistema che non ha precedenti nella storia del pianeta terra, esso affonda le sue radici in strutture biologiche e processi che ci accomunano a tutte le specie viventi. La stessa relazionalità, posta come elemento fondante del logos, è condivisa da migliaia di specie viventi, dalle api ai lupi.
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
Concordo senz'altro.
Ma allora perché limitare il logos ai soli viventi e non estenderlo invece a ogni cosa?
Il biologico non si fonda forse, come ben descritto nel "Il caso e la necessità" di Jaques Monod, su meccanismi insiti nella stessa materia? A prescindere dalla vita?
@Bobmax
Occorre un criterio ben definito, per quanto stabilito in modo arbitrario, per distinguere fra vita e materia, e il logos è un buon candidato in tal senso.
Alle cause materiali è relativo un orizzonte temporale limitato, che la fisica si impegna a definire mentre il logos amplia questo orizzonte senza che se ne possa precisare bene il limite.
Ciò fa' si che, anche se il libero arbitrio non fosse tale, sarebbe impossibile determinare le cause di una scelta, di modo che essa ci appaia comunque arbitraria, e questo effetto di fatto è cosa da non trascurare. Il libero arbitrio potrebbe non esistere, ma agisce come se esistesse a tutti gli effetti, allo stesso modo che il lancio di un dado non è casuale, ma i risultati del lancio a tutti gli effetti come tale ci appaiono.
Una guida sicura per chi, pur con evidenti limiti cerca di capire, è sicuramente quella indicata da Jacopus, di non spacciare faziosamente la quantità per qualità.
Il fatto stesso che, come a me pare, non ci si impegni a stabilire un criterio, per quanto ripeto arbitrario, al fine di distinguere fra vita e materia in modo operativo, è indice di questa faziosità, che ha come contraltare una discriminazione verso la materia.
A volte non si sà bene di cosa stiamo parlando perché ci rifiutiamo di definire bene, per quanto in modo arbitrario, di cosa stiamo parlando, preferendo darlo per scontato.
Ma di scontato, di ovvio, di evidente, per quanto questa percezione possediamo, non vi è nulla.
Riassumendo, non è una buona idea, che aiuti capire, distinguere fra vita e materia senza precisare un criterio operativo di distinzione.
Tendenzialmente penso alla realtà come una continuità in cui si possono introdurre arbitrarie discontinuità, ma queste vanno precisate quando introdotte, e cercate quando le si è inconsapevolmente introdotte.
Quale discontinuità abbiamo introdotto, senza sapere, se la realtà unica sembra così divisa fra materia e vita?
Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2022, 08:27:11 AMLa filosofia è costituita su metafisiche che a lungo andare si rivelano essere mitologie. L'Uno, la cosa in sé, l'iperuranio, il mondo dietro il mondo,...e pure il logos e la sua archè.
Tornando al logos-linguaggio, mi convince poco la riduzione del sapere all'analitica alfabetica, e altrettanto alla sintetica numerologica (l'Uno relazionale). Sono più propensa a credere che la diffusione del pensiero greco sia dovuta a fattori quali le falangi dell'allievo di Aristotele e, successivamente, alle legioni di un impero che, pur avendo una scrittura alfabetica, non ha certo brillato in produzione filosofica originale.
La Cina lo ha fatto, pur avendo una scrittura ideografica. Insomma la tesi di iano è altamente controversa. Il pensiero umano si nutre di analisi e sintesi e i due tipi di scrittura esemplificano il duplice approccio al logos.
Relazionandosi tra loro e rendendosi traducibili in una supersintesi logica che è sapere libero, indeterminabile secondo una archè fissa e immutabile, ma piuttosto evolventesi nel suo tempo, per nulla nichilistico, ma creativo. Come si conviene alle creature del logos, qualunque cosa lo abbia generato ed esso sia.
Ovviamente, la tesi alfabetocentrica, il cui piu' illustre sostenitore e' Eric Havelock, NON si propone di collegare IL SAPERE umano in generale all'analitica alfabetica (del resto, come si potrebbe, sostenere una cosa cosi' palesemente falsa ed etnocentrica?), ma "solo", molto piu' limitatamente, di collegare la genesi della filosofia occidentale greco-classica come fenomeno storicamente determinato, all'analitica alfabetica.
Per questo tale idea, in gran parte non mia, mi e' sembrata interessante nel contesto di un discorso sul logos, e probabilmente non mi sarebbe sembrata altrettanto interessante, o pertinente, in un discorso sul sapere umano in generale.
Naturalmente, anche una volta compreso nei suoi termini corretti il problema, si puo' continuare a non essere d'accordo, ma vale la pena di rilevare che
* c'e' una bella differenza, di metodo e di merito, tra la filosofia
greco-occidentale e quella cinese
* una volta inquadrato correttamente il problema nella sua geografia e cronologia, appare immediatamente ovvio, che Aristotele e Alessandro Magno sono cronologicamente troppo tardi per entrarci qualcosa.
Io parlo, e qui si parla, dell'origine, della filosofia, non del suo consolidamento imperiale o comunitario.
E all'origine per quanto mi riguarda non puo' che esserci il male di vivere, e dunque la funzione espressiva, e non analitica, del linguaggio: molti sono allergici, alla parola NICHILISMO, ma qui voglio dire solo che il nichilismo, soprattutto antico piuttosto che moderno, di cui troviamo gia' tracce in Eraclito, in quanto istanza che nega l'essere, e' falso analiticamente; quindi, se e' valido o interessante, e' valido o interessante solo espressivamente, come lamento e meraviglia della condizione umana.
Che non ci sia tempo, di essere o di esistere, che in quanto viventi si sia condannati ad "iniziare all'infinito", non puo' essere vero, su un piano analitico, eppure il pathos della vita, l'effetto che fa' vivere, e' proprio questo.
La mistica unitaria, si da' sempre su un piano di desiderio, perche' il tempo e' sia l'elemento divisivo, che l'elemento sovversivo o innovativo, di tutto l'esistente, da cui il pensiero umano, nella forma principalmente di speranza, che il tempo possa sovvertire e innovare la divisione "comunicante" tra gli enti operata dal tempo stesso.
Ma il desiderio non e' la realta'. Per questo anche la forza unificatrice del logos e' sempre un incompiuto, un dis-corso posizionale in cui la posizione conta, e il senso emerge dalla combinatoria di piu' non-sensi.
Ciao Knox,
la mia visione è metafisica, per cui diametralmente opposta alla tua, che rimane ancorata alla vecchia idea cartesiana della mente-corpo.
Credere che il mondo sia una copia di una equazione matematica, perde di significato nel momento stesso in cui mi affaccio a prendere sole, o meglio a respirare smog e nebbia, in quanto di Milano.
Ciò che sento, non è ciò che sono, un vecchio destinato a morire.
Cosa è il logos? Distinguo tra quello di Parmenide ed Eraclito e quello del loro assassino Platone.
Io sono con i padri della filosofia, presto dimenticati.
Il logos è il discorso che si pone sull'originario: chi sono io?
Dunque è il discorso sull'originario.
Poiché si relaziona ad un "punto" è ovviamente una relazione, quindi bizzarramente siamo d'accordo su quello (ma solo su quello).
Nella tradizione Platonica invece diventa il dialogo, che fa emergere la verità.
La verità diventa scientifica. E perciò mortale. Ovvero Heidegger, che è il filosofo a me più vicino.
L'amicizia con Cartesio è quindi superficiale.
Alias:
Potremmo dire certo che la materia non esiste, ma quando tocco un oggetto, sono certo che è un oggetto.
Ben vengano l'invito al panteismo di bobmax e la componente sinistra evocata da Jacopus riguardo al logos, direi di Giovanni piuttosto che di Eraclito, su cui il post di green fa chiarezza.
Il logos di Giovanni risente di neoplatonismo greco e teologia ebraica, che intermediano dalla divinità la supremazia dell'uomo sul resto del creato. Antropocentrismo deleterio, di una mitologia che si sta rivolgendo contro se stessa nella nemesi robotizzante.
Magari Dio non giocherà a dadi, ma ha uno spiccato senso dell'humor nero.
Citazione di: Ipazia il 14 Marzo 2022, 14:12:39 PMBen vengano l'invito al panteismo di bobmax e la componente sinistra evocata da Jacopus riguardo al logos, direi di Giovanni piuttosto che di Eraclito, su cui il post di green fa chiarezza.
Il logos di Giovanni risente di neoplatonismo greco e teologia ebraica, che intermediano dalla divinità la supremazia dell'uomo sul resto del creato. Antropocentrismo deleterio, di una mitologia che si sta rivolgendo contro se stessa nella nemesi robotizzante.
Magari Dio non giocherà a dadi, ma ha uno spiccato senso dell'humor nero.
E' vero che il vangelo di Giovanni ha delle componenti gnostiche evidenti, che poi sfociano nella gnosi e nelle massonerie, ma molto più semplicemente nella teologia politica.
Eppure quando lo leggo vi sono passaggi bellissimi trasudanti una umanità gentile persino sublime.
Solo per spezzare una lancia ;)
D'altronde Ipazia per gli gnostici Dio è il male, piuttosto che il bene, e dunque scopo loro è distruggere il mondo: cosa che gli sta riuscendo piuttosto bene. :D
(spezzo una lancia per gli gnostici: è il solito problema di prendere troppo alla lettera le parole, e non capire che si tratterebbe di metafore, ma vabbè ;) )
Benvenuto Alberto in questo piccolo mondo di chi cerca di pensare.
Io ritengo che si debbano porre dei limiti ai pensieri, nel senso che si debba evitare che ci portino troppo in giro lasciandoci sempre un dubbio inutile.
Non significa che io consideri il dubbio negativo, anzi ritengo che il dubbio stimoli il pensiero ed è alla base del progresso in tutti i campi.
Tornando però a "Logos" (perché con la maiuscola?) ho sempre pensato che significhi "parola" e mi sembra che etimologicamente così venga definito nei vocabolari italiani; e la parola logos, usata in italiano come sinonimo di parola è alla base dello scambio di pensiero,del ragionamento: tutti gli studi su qualsiasi materia vengono definiti come ......logia.
Indagare su come sia stata utilizzata "logos" nei millenni di storia lo paragono a chi fa l'esegesi di antichi scritti ricorrendo alle varie traduzioni o addirittura allo scritto che si ritiene "originario" : le interpretazioni si susseguono all'infinito così come si potrebbe fare anche con il termine "parola".
Suggerirei usare il termine "relazione" quando si vuole parlare di relazione : aiuterebbe la compressione per i semplici. :)
Per Mariano: "tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile ma non semplice". Questa frase (deliziosa) di Einstein può aiutarci ad inquadrare il problema. Siamo di fronte ad una parola che ha attraversato i secoli, che si è caricata di significati disparati diventando polisemantica. Probabilmente la sua interpretazione serve più per interpretare il tempo degli esegeti che la parola in sè. Eppure il fascino è tutto lì. Una parola che concentra dentro di sè una specie di distillato della conoscenza e della riflessione filosofica. Le parole dell'antica Grecia hanno ancora questo potere, basti pensare a Kratos o a psiche. Solo il tedesco, fra le lingue che conosco, si prende così sul serio come il greco antico.
Insomma affrontare il termine logos con semplicità senza farla semplice mi sembra il metodo adatto a contrastare questi tempi dove la semplicità diventa il terreno adatto per l'appiattimento e la semplificazione analfabetizzante. Essere semplici è un processo a cui serve un enorme mole di complessità.
ho letto molte obiezioni brillanti riguardo il mio discorso e me ne compiaccio, siete tutti degli ottimi pensatori .
Io sento che c'è bisogno di tornare alle origini dei significati antichi per dare respiro di aria nuova ai significati di oggi. E ho scoperto che più le parole sono antiche più sono un riflesso della realtà . guardate, le parole non mentono, le frasi mentono, e siamo tempestati da frasi che mentono , ma le parole no. Ecco ad es. la parola "cosmo" deriva da cosmetico e che cos'è la cosmetica? riguarda la bellezza . Che cos'è quindi il cosmo? un esplosione di bellezza.
un altra parola Natura , deriva da nascitura , è ciò che sempre deve nascere . Dal greco abbiamo il termine "physiká" ( fisica) che vuol dire "natura" . E poi abbiamo "materia" come "Mather" come madre, noi siamo figli della materia . Più c'è unità tra il nomen e la res e più sono veritiere , (la Res è la realtà e il nomen è il nome che attribuiamo a una specifica realtà) il lavoro dell etimologia è propio quello di mostrare questo collegamento tra nomen e res. Bisogna chiedersi ; quali realtà vanno a toccare queste parole? "anima" che verità va a toccare questa parola? anima come vita, anima come farfalla, perchè farfalla, e poi anima come psiché cioè vita psitica , come mai da vita a vita psitica e poi "farfalla" ? tutti voi lo sapete è inutile che sto a spiagare, ma insomma è propio questo il lavoro , talvolta divertente che si fa con le parole. le parole sono punti cardinali per orientarsi nel sentiero della vita. Come nascono le parole? ...
Ciao Alberto e benvenuto nel logos.
Se calchi con la relazione, il motivo sarà quasi certamente di natura psichica.
Facciamo pure una distinzione tra vivo e morto, ma solo per evitare scandali. Per me il logos consiste nel riconoscere (da parte di un organismo) una causa la quale genera un effetto recepito dall'organismo. A quel punto, per tramite dell'organismo stesso, produrrebbe a sua volta altra causa. In altre parole il logos coincide con l'essere. Gli esseri umani, che a torto si reputano più intelligenti di altri, sono in realtà più stupidi poiché in errore logico nelle loro speculazioni sui massimi sistemi.
Siccome tutti i disorsi dovrebbero riferirsi infine ad un'etica, evidenzio a questo punto quel che dice Jacopus al proposito:
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
Come nascono dunque le parole?
Citazione di: daniele22 il 14 Marzo 2022, 23:35:28 PMCiao Alberto e benvenuto nel logos.
Se calchi con la relazione, il motivo sarà quasi certamente di natura psichica.
Poi vedremo come anche la psiche è coinvolta in questa rete di relazioni . Ma Per ora sto parlando della relazione in termini fisici. IL termine corretto in questo caso sarebbe "interazione" che vuol dire entrare (inter -agire) entrare in, in cosa, in relazione . Il significato che tento di consegnarvi è strutturale , è ciò che permette alle particelle di legarsi insieme per formare atomi, e poi rete di atomi a formare una molecola, che a loro volta si legano per formare organelli , che a loro volta si legano a formare sistemi di organi che ha loro volta entrano in relazione con altri organi a formare l organismo. notate il lavoro che c'è ? niente è gratis, tutto è frutto di lavoro. tutto consiste grazie a questa forza lavoro che è la forza nucleare debole, la forza nucleare forte, il magnetismo , l elettromagnetismo, la gravità, l'energia..queste forze riflettono esattamente il significato che la parola logos ci vuole consegnare. Perciò Logos vuol dire parola, e vuol dire discorso, e vuol dire ragione e vuol dire logica ma ogni cosa che ho elencato non ha esistenza autonoma , ma è solo perchè è in relazione che possiamo avere la ragione da cui proviene il discorso che lega le frasi le quali legano le parole.
Citazione di: daniele22 il 14 Marzo 2022, 23:35:28 PMSiccome tutti i disorsi dovrebbero riferirsi infine ad un'etica, evidenzio a questo punto quel che dice Jacopus al proposito:
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
Come nascono dunque le parole?
Non capisco se la domanda è retorica per via di quello che ha scritto Jacopus , o se me lo stai semplicemente chiedendo.
Citazione di: Alberto Knox il 15 Marzo 2022, 15:21:38 PMCitazione di: daniele22 il 14 Marzo 2022, 23:35:28 PMSiccome tutti i disorsi dovrebbero riferirsi infine ad un'etica, evidenzio a questo punto quel che dice Jacopus al proposito:
Pertanto, da questa prospettiva, il logos tradizionalmente inteso, come percorso esclusivamente umano, assume i sinistri connotati di una ideologia che agisce su due livelli. Come legittimazione dello sfruttamento della natura da parte dell'uomo e come legittimazione dello sfruttamento degli "oratores" sui "laboratores".
Come nascono dunque le parole?
Non capisco se la domanda è retorica per via di quello che ha scritto Jacopus , o se me lo stai semplicemente chiedendo.
La domanda non è retorica. Riprendeva la stessa domanda che avevi fatto tu in un post precedente (ieri alle 19.59). Premesso quindi che l'etica è importante e che sono d'accordo con l'affermazione di Jacopus, pure mi va bene quel che sostieni nell'ultimo post. Chiedevo pertanto di passare oltre, cioè a come si forma una parola, dato che per me questo è il nocciolo della faccenda che dovrebbe svelare infine la consistenza di termini come
essere,
logos, o tutte le parole che si vuole
Citazione di: daniele22 il 15 Marzo 2022, 22:00:15 PMLa domanda non è retorica. Riprendeva la stessa domanda che avevi fatto tu in un post precedente (ieri alle 19.59). Premesso quindi che l'etica è importante e che sono d'accordo con l'affermazione di Jacopus, pure mi va bene quel che sostieni nell'ultimo post. Chiedevo pertanto di passare oltre, cioè a come si forma una parola, dato che per me questo è il nocciolo della faccenda che dovrebbe svelare infine la consistenza di termini come essere, logos, o tutte le parole che si vuole
va bene daniele, esprimo il mio pensiero. La parola nasce dalla "pressione" che la vita genera sulla coscienza umana, questa pressione genera "impressione" la quale poi genera "espressione" mediante la parola , la parola è dunque un archetipo che la res ci consegna. E nota che quando la res non è "contenta" del nomen assegnato , avviene una sorta di disagio che porta col tempo a cambiare il nome. ad esepio "antico testamento" poi "vecchio testamento" e ultimamente "primo testamento" perchè cambiamo le parole o i nomi a volte? propio perchè sentiamo che non collimano con la realtà che la vita ci consegna. parole come "dottore" invece sono solide nel tempo, soddisfa chi la riceve e soddisfa chi la pronuncia. Voglio dire , il linguaggio è un attrezzo, uno strumento ed è prettamente un affare publico.
Noi diciamo quello che diciamo in realzione a ciò che siamo. Se una parola ci soddisfa la usiamo se no non la usiano. Quello che siamo e che facciamo, questo è il linguaggio. E le parole nascono dall esigenza di esprimere quello che la vita preme su di noi. Le cose si complicano quando la parola non trasmette un immagine definita. Se dico parole come "cane" tutti abbiamo nella mente l'immagine di un cane, un cane di qualsiasi razza . Ma se dico parole come "salve" o "forse" o "alla malora" ..che tipo di immagine ci danno? .. Per questo quando si tratta di parlare di cose pratiche e familiari come oggetti , macchine , cilindrata, meccanica, ci intendiamo bene, è quando si tratta di parlare di cose astratte che le cose si complicano? Per concetti astratti ed empirici come "essere" "esistere" o accadere nella cosa stessa o della cosa stessa. Le persone si confondo, e smettono di capirsi. L'incomprensione sulla natura dell anima è dovuta al fatto che si pensa che l anima viene dall alto e non dal basso, finchè si pensa che l anima venga data dall alto è chiaro che allora le domande saranno " da dove viene? quando si da l anima? in che momento ? e prima dov'era? tutte domande che smettono di avere senso se si capirebbe che l anima è un emergentismo che procede dal basso , è un lavoro , è un procedere per gradi. di queste cose ne ho parlato , se volete si può discutere ma adesso chiudo che è meglio .
Citazione di: Alberto Knox il 15 Marzo 2022, 22:39:28 PMCitazione di: daniele22 il 15 Marzo 2022, 22:00:15 PMLa domanda non è retorica. Riprendeva la stessa domanda che avevi fatto tu in un post precedente (ieri alle 19.59). Premesso quindi che l'etica è importante e che sono d'accordo con l'affermazione di Jacopus, pure mi va bene quel che sostieni nell'ultimo post. Chiedevo pertanto di passare oltre, cioè a come si forma una parola, dato che per me questo è il nocciolo della faccenda che dovrebbe svelare infine la consistenza di termini come essere, logos, o tutte le parole che si vuole
va bene daniele, esprimo il mio pensiero. La parola nasce dalla "pressione" che la vita genera sulla coscienza umana, questa pressione genera "impressione" la quale poi genera "espressione" mediante la parola , la parola è dunque un archetipo che la res ci consegna. E nota che quando la res non è "contenta" del nomen assegnato , avviene una sorta di disagio che porta col tempo a cambiare il nome. ad esepio "antico testamento" poi "vecchio testamento" e ultimamente "primo testamento" perchè cambiamo le parole o i nomi a volte? propio perchè sentiamo che non collimano con la realtà che la vita ci consegna. parole come "dottore" invece sono solide nel tempo, soddisfa chi la riceve e soddisfa chi la pronuncia. Voglio dire , il linguaggio è un attrezzo, uno strumento ed è prettamente un affare publico.
Noi diciamo quello che diciamo in realzione a ciò che siamo. Se una parola ci soddisfa la usiamo se no non la usiano. Quello che siamo e che facciamo, questo è il linguaggio. E le parole nascono dall esigenza di esprimere quello che la vita preme su di noi. Le cose si complicano quando la parola non trasmette un immagine definita. Se dico parole come "cane" tutti abbiamo nella mente l'immagine di un cane, un cane di qualsiasi razza . Ma se dico parole come "salve" o "forse" o "alla malora" ..che tipo di immagine ci danno? .. Per questo quando si tratta di parlare di cose pratiche e familiari come oggetti , macchine , cilindrata, meccanica, ci intendiamo bene, è quando si tratta di parlare di cose astratte che le cose si complicano? Per concetti astratti ed empirici come "essere" "esistere" o accadere nella cosa stessa o della cosa stessa. Le persone si confondo, e smettono di capirsi. L'incomprensione sulla natura dell anima è dovuta al fatto che si pensa che l anima viene dall alto e non dal basso, finchè si pensa che l anima venga data dall alto è chiaro che allora le domande saranno " da dove viene? quando si da l anima? in che momento ? e prima dov'era? tutte domande che smettono di avere senso se si capirebbe che l anima è un emergentismo che procede dal basso , è un lavoro , è un procedere per gradi. di queste cose ne ho parlato , se volete si può discutere ma adesso chiudo che è meglio .
In questo tuo intervento vi sono cose con cui sono d'accordo e altre in cui in certa misura dissento. Senza intervenire quindi nel merito dell'intervento, vorrei inquadrare il mio pensiero in generale poiché mi sembra trovarsi sulla stessa tua posizione. Mi è sembrato cioè che tu voglia esprimere, in contrasto col darwinismo accademico, l'idea che l'essere umano sia divenuto tale solo interagendo coll'ambiente. Ciò mi troverebbe in sintonia col tuo pensare per come l'ho inteso. Di mio aggiungo che le parole, nel loro generarsi, non possano intendersi come risultanza di una convenzione
I concetti astratti sono più difficili da definire, più storicamente volatili, ma non del tutto arbitrari se si ha l'onestà intellettuale di esplicitare accuratamente l'orizzonte ideale e ideologico di riferimento.
Una convenzione, e una equilibrata convinzione, sono necessarie tanto per concordare sul lemma "cane" che sul lemma "giustizia". Posta l'ovvietà che il secondo richiede qualche parola in più.
La discussione tende a disperdersi in sentieri ingannevoli di heideggeriana memoria, lasciando il logos, sornione, a farsi un pisolino nell'assolata radura che lo ha visto nascere.
Il logos, verbo, parola - pensato, detto, scritto, inciso, digitato,... - è all'origine della specificità antropologica, perché senza di esso staremmo ancora nelle savane africane appollaiati sugli alberi. Si gioca la partita con techne, ma:
no logos, no techne.
Citazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 08:44:26 AMDi mio aggiungo che le parole, nel loro generarsi, non possano intendersi come risultanza di una convenzione
è una traduzione da un mondo all altro, il lavoro di traduzione consiste in qualcosa di nuovo che prima non c'era e che si chiama idea. le parole esprimono un modello della realtà in cui viviamo. Ma non è detto che quello che l'uomo pensa esista . Perchè per parlare di modello della realtà l'uomo lo deve creare , deve creare cioè delle analogie . Ma Il vedere le relazioni tra diversi aspetti della realta (come vado raccontando) e chiamare questo Logos è una prerogativa dell'uomo ma non significa che quello che l'uomo pensa esista perchè anche in questo caso l'uomo per parlare di analogia deve crearla per vederla.
quindi la prossima domanda potrebbe essere: come nascono le idee? ::)
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 13:20:47 PMquindi la prossima domanda potrebbe essere: come nascono le idee? ::)
Premetto che ho già dato una definizione dicendo che secondo me il logos coincide con l'essere.
Citandoti:
" Ma non è detto che quello che l'uomo pensa esista"Ti dirò che all'interno di questo forum penso di essere forse, e sottolineo forse, ancora l'unico a pensarlo.
Col valore che ciascuno può dare del termine
solipsista io mi definirei un solipsista perfettamente consapevole. Non so se la tua citazione sottintenda una cosa del genere, ma penso che bisognerebbe pur sapere cosa pensino gli altri in relazione a come nascano le parole.
Citando quindi Ipazia:
"Una convenzione, e una equilibrata convinzione, sono necessarie tanto per concordare sul lemma "cane" che sul lemma "giustizia". Posta l'ovvietà che il secondo richiede qualche parola in più."E' evidente che in questa affermazione c'è all'apparenza almeno qualcosa che stride col mio pensiero e forse anche col tuo.
Comunque ti dirò che tempo fa definii una "cosa" come qualsiasi cosa che la tua mente riesca ad imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera fino a un certo punto
Citazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 14:09:49 PMCitazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 13:20:47 PMquindi la prossima domanda potrebbe essere: come nascono le idee? ::)
Premetto che ho già dato una definizione dicendo che secondo me il logos coincide con l'essere.
Citandoti:
" Ma non è detto che quello che l'uomo pensa esista"
Ti dirò che all'interno di questo forum penso di essere forse, e sottolineo forse, ancora l'unico a pensarlo.
Col valore che ciascuno può dare del termine solipsista io mi definirei un solipsista perfettamente consapevole. Non so se la tua citazione sottintenda una cosa del genere, ma penso che bisognerebbe pur sapere cosa pensino gli altri in relazione a come nascano le parole.
Citando quindi Ipazia:
"Una convenzione, e una equilibrata convinzione, sono necessarie tanto per concordare sul lemma "cane" che sul lemma "giustizia". Posta l'ovvietà che il secondo richiede qualche parola in più."
E' evidente che in questa affermazione c'è all'apparenza almeno qualcosa che stride col mio pensiero e forse anche col tuo.
Comunque ti dirò che tempo fa definii una "cosa" come qualsiasi cosa che la tua mente riesca ad imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera fino a un certo punto
Concordo con Ipazia che sia necessaria una certa convenzione dei significati per ottenere dei risultati concordanti in una discussione. Ma quante cose , nella storia, si tramandavano come vere e convenzionalmente riconosciute dai più? che poi invece si sono dimostrate errate? è questo che intendo quando dico " non è detto che quello che l'uomo pensa esista" . I progressi della scinza e della tecnica ci offrono delle solide basi su cui strutturare il discorso. Ma dipende sempre dall oggetto del discorso , se parliamo di spazio, di stelle , di buchi neri, di quasar allora non è che possiamo essere certi al 100% che quello che l astronomia ci dice sia esatta. Perchè è territorio in fase di esplorazione da poco tutto sommato, e la Mq? ancora peggio, e le questioni di carattere di senso? e le religioni? qui la semplice nozione di convenzione dei significati non basta. Non possiamo avere la presunzione di pensare che il linguaggio offra un metodo scientifico. Il linguaggio è quello che siamo e quello che facciamo. Una pianta ha un suo centro di elaborazione delle informazioni, ha il suo linguaggio? sì e un cane? sì. Perchè un cane può aspettare il suo padrone ma non può aspettare che torni il prossimo mercoledì?
un cane ha un linguaggio in relazione a ciò che è, e questo vale per tutti gli altri esseri viventi. Io penso che se ci fosse vita intelligente su una stella neutronica troverebbe molta difficoltà a concepire quello che noi diciamo essere un argomentazione razionale . Perchè? perchè non può conoscere il senso del mondo che vivono i terrestri. come posso conoscere il linguaggio che usa un cane, o un leone o una tigre se non posso avere accesso a quello che è il suo senso del mondo? è peccato di presunzione credere che col nostro linguaggio ogni cosa verrà spiegata condivisa perchè non sarà mai una conoscenza universale. è la nostra conoscenza , di quello che possiamo dire del mondo. . E non è detta che sia esatta
E comunque, sono sicuro che l'essere umano abbia potenzialemnte la capacità di spiegare l'origine della propia esistenza grazie alla ragione che deriva, in ultima istanza, dal modo in cui l'esitenza stessa è stata possibile. l esistenza di organismi coscienti in grado di svelare le leggi cosmiche non può essere un dettaglio banale, siamo iscritti in una maniera molto intima e profonda ed è un aspetto fondamentale dell universo. Nelle leggi naturali noi siamo iscritti in un modo profondamente significativo. in altre parole la nostra esistenza ha letteralmente un significato cosmico.
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 14:37:10 PM... Non possiamo avere la presunzione di pensare che il linguaggio offra un metodo scientifico...
Ma possiamo avere la presunzione di affermare che senza linguaggio, logos, non vi sarebbe alcun metodo scientifico, alcuna -logia. E si torna all'archè.
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 14:37:10 PMCitazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 14:09:49 PMCitazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 13:20:47 PMquindi la prossima domanda potrebbe essere: come nascono le idee? ::)
Premetto che ho già dato una definizione dicendo che secondo me il logos coincide con l'essere.
Citandoti:
" Ma non è detto che quello che l'uomo pensa esista"
Ti dirò che all'interno di questo forum penso di essere forse, e sottolineo forse, ancora l'unico a pensarlo.
Col valore che ciascuno può dare del termine solipsista io mi definirei un solipsista perfettamente consapevole. Non so se la tua citazione sottintenda una cosa del genere, ma penso che bisognerebbe pur sapere cosa pensino gli altri in relazione a come nascano le parole.
Citando quindi Ipazia:
"Una convenzione, e una equilibrata convinzione, sono necessarie tanto per concordare sul lemma "cane" che sul lemma "giustizia". Posta l'ovvietà che il secondo richiede qualche parola in più."
E' evidente che in questa affermazione c'è all'apparenza almeno qualcosa che stride col mio pensiero e forse anche col tuo.
Comunque ti dirò che tempo fa definii una "cosa" come qualsiasi cosa che la tua mente riesca ad imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera fino a un certo punto
Concordo con Ipazia che sia necessaria una certa convenzione dei significati per ottenere dei risultati concordanti in una discussione. Ma quante cose , nella storia, si tramandavano come vere e convenzionalmente riconosciute dai più? che poi invece si sono dimostrate errate? è questo che intendo quando dico " non è detto che quello che l'uomo pensa esista" . I progressi della scinza e della tecnica ci offrono delle solide basi su cui strutturare il discorso. Ma dipende sempre dall oggetto del discorso , se parliamo di spazio, di stelle , di buchi neri, di quasar allora non è che possiamo essere certi al 100% che quello che l astronomia ci dice sia esatta. Perchè è territorio in fase di esplorazione da poco tutto sommato, e la Mq? ancora peggio, e le questioni di carattere di senso? e le religioni? qui la semplice nozione di convenzione dei significati non basta. Non possiamo avere la presunzione di pensare che il linguaggio offra un metodo scientifico. Il linguaggio è quello che siamo e quello che facciamo. Una pianta ha un suo centro di elaborazione delle informazioni, ha il suo linguaggio? sì e un cane? sì. Perchè un cane può aspettare il suo padrone ma non può aspettare che torni il prossimo mercoledì?
un cane ha un linguaggio in relazione a ciò che è, e questo vale per tutti gli altri esseri viventi. Io penso che se ci fosse vita intelligente su una stella neutronica troverebbe molta difficoltà a concepire quello che noi diciamo essere un argomentazione razionale . Perchè? perchè non può conoscere il senso del mondo che vivono i terrestri. come posso conoscere il linguaggio che usa un cane, o un leone o una tigre se non posso avere accesso a quello che è il suo senso del mondo? è peccato di presunzione credere che col nostro linguaggio ogni cosa verrà spiegata condivisa perchè non sarà mai una conoscenza universale. è la nostra conoscenza , di quello che possiamo dire del mondo. . E non è detta che sia esatta
Allora prendo atto che il mio pensiero stride con tutti e due i vostri.
Dico questo: se io invento un verestone, io possiedo un'idea che tutti non hanno, o meglio magari ce l'hanno, ma non l'hanno mai fatto ... e allora magari ne parlano con giri di parole, magari gli affibbiano pure un nome. Ma sarà spesso un individuo l'agente il quale azzarda un nome per la novità, e qui è ancora un po' in aria un'ipotetica convenzionalità del nome, piuttosto debole però, almeno a mio giudizio.
Ora però, se io vado da uno e gli dico che ho inventato una macchina che serve a fare una determinata cosa, è chiaro che gli dirò pure come l'ho chiamata. Questi potrà pure non essere d'accordo, però insomma .... Va bene, potrebbe accadere che ci si metta d'accordo, e allora si tratterebbe di una convenzione.
Ma il fatto importante sarebbe, a livello fenomenologico, che io possiedo un'idea in più rispetto a colui che riceve la nuova informazione sull'esistenza del prodotto. In un certo senso quindi io impongo una cosa all'altro e lo faccio tramite il nome. L'altro accetta quindi il nome in virtù del fatto che l'idea è buona e il prodotto pure. Questo fa sì che il prodotto entri nella società. Ma il suo nome deve essere imparato, accettato, quindi in questo caso non vi sarebbe convenzione, ma accettazione
Questa è una differenza sottilissima, ma al tempo stesso fondamentale
Citazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 15:24:27 PMMa il suo nome deve essere imparato, accettato, quindi in questo caso non vi sarebbe convenzione, ma accettazione
Questa è una differenza sottilissima, ma al tempo stesso fondamentale
Mi limito a ripetere , per evidenziare il tuo ragionamento, che il linguaggio, l uso di nomi, la formulazione di concetti linguistici dipende da ciò che siamo e cosa facciamo . Le persone usano e fanno cose con le parole in modo diverso. Differenti modi di vedere le cose e di dire le cose in modo diverso. Non tutti sono collegati insieme.
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 18:16:12 PMCitazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 15:24:27 PMMa il suo nome deve essere imparato, accettato, quindi in questo caso non vi sarebbe convenzione, ma accettazione
Questa è una differenza sottilissima, ma al tempo stesso fondamentale
Mi limito a ripetere , per evidenziare il tuo ragionamento, che il linguaggio, l uso di nomi, la formulazione di concetti linguistici dipende da ciò che siamo e cosa facciamo . Le persone usano e fanno cose con le parole in modo diverso. Differenti modi di vedere le cose e di dire le cose in modo diverso. Non tutti sono collegati insieme.
Questo che dici Albert costituisce per me una ovvietà. Sono perfettamente d'accordo. Dipende appunto da ciò che siamo e ciò che facciamo. Ecco, per me tutto questo si rappresenta oggi nel culto alla professione, professione in opposizione specialmente alla classe operaia-impiegatizia e alla classe agricola.
Allora qui ci troviamo di fronte ad un bivio.
Per conto mio, se seguiamo la strada che scegli tu ci andiamo ad impaludare su cose trite e ritrite. Questo accadrebbe per il semplice motivo che la via che segui si snoda attorno ad un concetto, quello della convenzionalità dei termini, che tiene in piedi teorie del linguaggio che si attagliano a qualsiasi discorso che tu possa fare senza uscirne. Troveresti cioè critiche insormontabili.
La via che seguo io parte dal concetto di accettazione del significato e può produrre la via di uscita dalla palude. Proprio perché mina il concetto di conoscenza come associazione di parole e concetti. In che modo vada a minarlo eventualmente lo vedremo.
Pertanto, o parliamo del problema "accettazione vs. convenzione" e di quel che possa derivarne, e senza magari aprire altri topic, oppure è perfettamente inutile continuare il dialogo. A meno che tu non dica qualcosa di più convincente per la strada che proponi
Citazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 22:19:26 PMA meno che tu non dica qualcosa di più convincente per la strada che proponi
ma accettazione dei signficati e significati convenionalmente riconosciuti e condivisi vanno a braccetto. Se una persona ti fa un gestaccio tu interpreti il gesto come un gesto che indica disprezzo ,non scegli di accettare il suo significato, ti limiti a considerare il fatto che convenzionalmente quel gesto indica disprezzo, o offesa. Non capisco questa tua necessità di dire che le parole sono solo accettazione dei significati, non c'è un solo modo di parlare , ma molti, molti modi di rispondere in modo diverso, non puoi metterli tutti insieme in un sistema , non puoi usare quella razionalità che dice, ti dimostro che quel gesto non indica disprezzo. dietro le parole c'è anche l'intenzione ricordalo. E se ti faccio un gesto lo faccio perchè ti sto mandando a quel paese non è che puoi dire:"ah no quel gesto non signfica niente."
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 22:41:02 PMCitazione di: daniele22 il 16 Marzo 2022, 22:19:26 PMA meno che tu non dica qualcosa di più convincente per la strada che proponi
ma accettazione dei signficati e significati convenionalmente riconosciuti e condivisi vanno a braccetto. Se una persona ti fa un gestaccio tu interpreti il gesto come un gesto che indica disprezzo ,non scegli di accettare il suo significato, ti limiti a considerare il fatto che convenzionalmente quel gesto indica disprezzo, o offesa. Non capisco questa tua necessità di dire che le parole sono solo accettazione dei significati, non c'è un solo modo di parlare , ma molti, molti modi di rispondere in modo diverso, non puoi metterli tutti insieme in un sistema , non puoi usare quella razionalità che dice, ti dimostro che quel gesto non indica disprezzo. dietro le parole c'è anche l'intenzione ricordalo. E se ti faccio un gesto lo faccio perchè ti sto mandando a quel paese non è che puoi dire:"ah no quel gesto non signfica niente."
Non mi convince proprio quel che dici. L'accettazione e la convenzione vanno a braccetto per modo di dire. Prendiamo ad esempio il meridiano terrestre. Convenzionalmente si è stabilito come il meridiano di Greenwich dovesse essere (fosse, potesse essere) il meridiano di riferimento per la longitudine. A parte che io vorrei proporre il meridiano dell'Etna ... tra le altre ... ma mi andrebbe pure bene il meridiano del Kyber pass. Quel che a me sembrerebbe è che pure in quella che noi a volte chiamiamo convenzione vi sia in realtà un'accettazione. Come dire: chi ha stabilito ciò? Una convenzione o una certa autorità? Naturalmente opto per la seconda.
Per quel che riguarda i gesti di disprezzo o di che altro, pensi proprio che siano convenzionali? Per me questi gesti sono riflessi di gesti atavici di cui s'è persa la memoria, i quali si sono evoluti in tempi e modi diversi. Non v'è alcuna convenzione in quei gesti! li riconosci d'istinto e li accetti di fatto. Chiaro è che se vai per luoghi ignoti o semi-ignoti l'istinto può salvarti, ma se non conosci, e rimarco il conoscere, bene l'ambiente in cui ti muovi, specialmente per quel che attiene all'ambiente degli animali a due gambe, rischi grosso anche se c'hai l'istinto.
Per quel che riguarda infine la mia necessità dell'accettazione, mi sembra che più che una mia necessità, questa corrisponda ad un semplice dato di fatto. Il mondo è fatto di imposizione e accettazione, altro che di convenzioni su disquisizioni paritetiche. Solo su questo ci sarebbe da discutere e non sul fatto che logos sia relazione o interazione o discorso o verbo o tutto quel che di lui s'è detto
L'accettazione di un significato per autorità e non per convenzione mi sa di dogmatismo . Preferisco sbagliare l intendere significati che avere un esplicito divieto di pensare.
Per convenzione diciamo che una batteria ha un polo positivo e un polo negativo , per convenzione abbiamo stabilito che il polo negativo è nero e il polo positivo è rosso, per convenzione diciamo che la corrente ha un verso che va dal polo positivo al polo negativo. Per convenzione indichiamo i colori dei fli elettrici attribuendooli alla fase, al neutro e alla terra. Tutto questo è accettazione di dati convenzionali. Quello che bisogna chiedersi e se questi significati convenzionali funzionano, funzionano? prova a invertire i poli della batteria .
Suggerisco la lettura del topic "Che cose sono le parole" ( nel precedente Forum - tematiche filosofiche - aperto da maral nel 2014) ed ancorpiù lo splendido libro di Ivo Nardi sul senso della vita, la cui seconda edizione è uscita lo scorso febbraio.
Da questo libro si può verificare come il significato di dieci importantissime parole, espresso da cento personaggi della cultura, sia discordante !
Citazione di: Mariano il 17 Marzo 2022, 18:51:33 PMSuggerisco la lettura del topic "Che cose sono le parole" ( nel precedente Forum - tematiche filosofiche - aperto da maral nel 2014)
questo il link
Che cose significano le parole?
Citazione di: Mariano il 17 Marzo 2022, 18:51:33 PMSuggerisco la lettura del topic "Che cose sono le parole" ( nel precedente Forum - tematiche filosofiche - aperto da maral nel 2014) ed ancorpiù lo splendido libro di Ivo Nardi sul senso della vita, la cui seconda edizione è uscita lo scorso febbraio.
Da questo libro si può verificare come il significato di dieci importantissime parole, espresso da cento personaggi della cultura, sia discordante !
Ho letto, ho notato che ci si è un pò di più concentrati sui modi del linguaggio, la forma e la relazione fra linguaggio e qualche cenno ai significati arcaici come sorgente delle parole primordiali ma mi è piaciuto questa domanda di questa ragazza e molto la risposta che ha ricevuto, la copio qui:
Originalmente inviato da maralSi potrebbe dire che la verità è proprietà di contesto che si trova esemplificata nelle relazioni tra gli oggetti in quel contesto presenti e che se questo vale per qualsiasi contesto, questa è la verità in sé?Mymind risponde:
Si ed il significato delle parole nel linguaggio ha un peso solo all'interno del cerchio semantico e sintattico, non una verità in modo assoluto quindi ma la verità del significato.mi trovo perfettamente in sintonia con la risposta e trovo molto interessante la domanda .
Citazione di: Mariano il 17 Marzo 2022, 18:51:33 PMSuggerisco la lettura del topic "Che cose sono le parole" ( nel precedente Forum - tematiche filosofiche - aperto da maral nel 2014) ed ancorpiù lo splendido libro di Ivo Nardi sul senso della vita, la cui seconda edizione è uscita lo scorso febbraio.
Da questo libro si può verificare come il significato di dieci importantissime parole, espresso da cento personaggi della cultura, sia discordante !
Non mi sembra difficile stabilire la natura delle parole : strumenti di comunicazione i quali possono venir utilizzati a seconda delle intenzioni di chi le pronuncia o scrive (e, incidentalmente, a seconda delle competenze o dell'ignoranza lessicale di chi le ode o le legge)................per chiarire, oppure per confondere, mentire, mistificare.
A parole tutto può venir detto o contraddetto..........l'unico indicibile essendo rappresentato dalla Verità assoluta.
Certo, se a questo punto qualcuno non ha ancora capito che le parole sono l'evoluzione delle sonorità animali, cioè di una delle sole due possibilità di comunicazione sensoriale A DISTANZA tra gli individui (l'altra è costituita dalla gestualità)................. Saluti.
Citazione di: viator il 17 Marzo 2022, 19:28:05 PMCerto, se a questo punto qualcuno non ha ancora capito che le parole sono l'evoluzione delle sonorità animali, cioè di una delle sole due possibilità di comunicazione sensoriale A DISTANZA tra gli individui (l'altra è costituita dalla gestualità)................. Saluti.
no, a questo ci eravamo arrivati anche noi
Ho fatto una ricerca e se vogliamo approfondire possiamo individuare l'origine delle parole. potremmo dire che le parole si suddividono almeno in tre elementi fondamentali che sono la parola, il termine e il vocabolo. da dove vengono?
L' etimologia, cioè lo studio del significato intimo, quello che è alla fonte dell origine ,e se voi non andate alla fonte , all origine di un fenomeno di un qualche cosa voi quella cosa ,come potete capirla ? parola dunque da dove arriva ? in latino si dice "verbum" e allora da dove arriva , bhè arriva da " parabolè" che in Greco designa una determinata forma del discorso che non arriva direttamente ma arriva in maniera parabolica , così voi potete concepire , afferrare , com-prendere un concetto in maniera diretta oppure la potete com-prendere in maniera parabolica, girando attorno al concetto , attraverso le similitudini, le analogie e da dove viene "parabolè"? dai discorsi più importanti di Gesù, che erano sottoforma di similtudini, ovvero le "parabole" E così , nel medioevo, si è cominciato ad abbandonare "verbum" sostituendolo con "pa-ra-bo-la" da cui "pa-ro-la".
"Termine" invece viene direttamente dal latino , dal Dio Terminus, ed era il Dio che salvaguardava i confini. IL confine che cosa fa, tira una linea , ti fa capire dove finisce e quindi in un certo senso la "de-finisce" e una volta così definita ho la possibilità di capirla, di carpirla, comprenderla , tutte parole che indicano un azione, prenderla , prenderla dentro di se, assimilarla, catturarla nella mia mente. c'è sempre questo aspetto bellicoso nella comprensione della realtà , di catturarla , prenderla nella mente. Ma va bene, il terzo è più semplice "vocabolo" vocabolo è formato da voce "voca-vocis" e "bolo" e viene dal verbo greco "ballein" che significa "gettare" per cui vocabolo è ciò che getta la voce e la voce cosa getta vocali e con-sonanti, sonanti perchè? provate a fare un suono prolungato con la lettera "P" e poi provate a farlo con la lettera "a" la vocale suona e fa con-sonare le consonanti solo se unite insieme e abbiamo una canzone la p ha bisogno di qualcosa che getta e che introduce la voce per essere con-sonante . E questi vocali e consonanti primordiali si mettono insieme per formare un fonema, una sillaba elementi che formano la parola. La parola è dunque un sistema , il risultato di un aggregazione . Tutto quello che vediamo e che tocchiamo o che pensiamo è il risultato di un aggregazione di elementi primordiali . è tutto un salire , e quello che è curioso che il termine che dicevo "logos" signfica parola, significa frase, significa discorso e si significa ragione , intendondo la ragione come il sistema logico che fa si che una parola possa costituire una frase e una frase possa costituire un discorso e un discorso possa costituire qualcosa di ragionevole. Tutto ha questo tipo di logica, il DNA, le triplette di nucleotidi, che si chimano codoni, che codificano gli aminoacidi , i quali poi codificano le proteine che sono la base della vita ecc ecc tutto è così. L'aria che resperiamo è un isieme di gas, un sistema. Siamo fatti di sistemi e anche la comunicazione mediata dalle parole è un sistema e anche le parole sono esse stesse un sistema . Questi sistemi entrano in una relazione armoniosa fra noi e il mondo esterno , fra il mondo delle idee e il mondo della materia , la relazione armoniosa che si crea fra mondo delle idee platonico e mondo sensibile dell esperienza è ciò che esattamente io defenisco con logos. E questa logica relazionale è all origine delle parole all origine delle relazioni fra atomi a formare sistemi di atomi e delle relazioni fra le leggi fisiche e i fenomeni naturali. Tutto questo è sostenuto da una logica armoniosa di aggregazione relazionale . grazie
Perdona Alberto, noi umani, a livello teorico manchiamo dei fondamenti della nostra conoscenza. Uno può dire: no il fondamento è la parola, uno dice no è il logos, l'altro dice che è l'essere, un altro ancora dice che a me non interessa. Per i motivi espressi nel post di ieri sera alle 22.19 a me invece interessa e per me tutte le altre sono chiacchiere inutili. Questa mancanza, che non solo io denuncio, corrisponde a mettere in evidenza che tutto quel che noi sappiamo è fondato dalla lingua. Tutta la nostra conoscenza è fatta di parole. Il che non è vero. Noi sappiamo molte altre cose senza che vi sia l'intervento della lingua. La lingua mette cioè in scena solo il suo proprio essere pubblica, mette in scena la conoscenza pubblica, anche quando parla di conoscenza privata. Sempre pubblica sarà, perché udita o letta da chi può udirla e leggerla.
Forse sono proprio queste altre cose che si sanno, e non quindi altre ipotesi, ad agitare tutto il fenomeno della comunicazione verbale fino ai livelli della reciproca incomprensione senza che si possa scorgere una via d'uscita dall'impasse. Dopo aver preso coscienza di questo cane che si morde la coda e che ci mette un pochino in crisi ci si potrà chiedere quale ragione si possa infine conseguire con le parole se manca un'idea chiara di cosa sia una parola. Tu dici che l'accettazione di un significato per autorità ti sa di dogmatico. In un certo senso hai ragione, ma non nel senso che intendi tu. E' dogmatico nel senso che il significato lo cogli al volo, sei tu cioè in un certo senso a sottostare al suo dogma, che dogma non è se non intendendolo come sottomissione ad una seduzione. Ricorda comunque che esistono primati che riconoscono e ripetono segnali tra loro per quel che riguarda determinate faccende. Pensi che si siano messi d'accordo? Tutto può essere, ma almeno un dubbio che porti ad indagare meglio ci sta tutto. Non è forse questo un lavoro da potersi fare per un buon filosofo?
La batteria. O il magnete. Intanto qualcuno l'ha scoperto con i suoi poli senza nome e poi l'avrà pure dotato di un nome. Ovvio che poi procedi per convenzione, negativo positivo, rosso nero .... Ma il termine "convenzione" possiede in questo caso natura colloquiale e non filosofica ... sì insoma, i se gà meso d'acordo. Fenomenologicamente, voglio dire, c'è sempre uno che decide e gli altri che accettano, spesso di buon grado, altrettanto spesso loro malgrado, dipende dall'articolo. Il decisore sarà di volta in volta vuoi l'inventore, lo scopritore, il più autorevole, o il più forte, il più furbo, il più meritevole (difficilmente)
ma certo che le parole non sono tutto, c'è il pensiero, c'è il silenzio , la meditazione, il linguaggio del corpo. Anche il nostro corpo parla e ci parla. Il mio era un discorso relativo ora alle parole, ma quante forme di comunicazioni di modi di parlare ci sono? anche in biologia si dice che i cromosomi capiscono l alfaeto delle basi degli acidi nucleici, avviene una codificazione di un messaggio e una codificazione . Per farlo c'è bisogno di un interprete che sia bi-lingue. Capisco che tu hai intraperso un percorso di conoscenza personale a cui tieni e che ti porta risultati , è questo va bene. Però ognuno di noi fa i propi percorsi, a volte ci si incontra , si condivide un pensiero e a volte no. Non pretendo che il mio pensiero modifichi il percorso conoscitivo degli altri . Perchè ogni percorso a un suo perchè. non esiste un punto di vista privilegiato , nemmeno in fisica esiste, figurati per i pensieri. Questo mio intervento conclude , da parte mia, il nostro argomentare, quello che volevo dire , lo detto e di questo ne sono grato a voi che mi avete letto, volenti o non volenti siamo in relazione ;) come dicevo
Citazione di: Alberto Knox il 17 Marzo 2022, 23:16:09 PMma certo che le parole non sono tutto, c'è il pensiero, c'è il silenzio , la meditazione, il linguaggio del corpo. Anche il nostro corpo parla e ci parla. Il mio era un discorso relativo ora alle parole, ma quante forme di comunicazioni di modi di parlare ci sono? anche in biologia si dice che i cromosomi capiscono l alfaeto delle basi degli acidi nucleici, avviene una codificazione di un messaggio e una codificazione . Per farlo c'è bisogno di un interprete che sia bi-lingue. Capisco che tu hai intraperso un percorso di conoscenza personale a cui tieni e che ti porta risultati , è questo va bene. Però ognuno di noi fa i propi percorsi, a volte ci si incontra , si condivide un pensiero e a volte no. Non pretendo che il mio pensiero modifichi il percorso conoscitivo degli altri . Perchè ogni percorso a un suo perchè. non esiste un punto di vista privilegiato , nemmeno in fisica esiste, figurati per i pensieri. Questo mio intervento conclude , da parte mia, il nostro argomentare, quello che volevo dire , lo detto e di questo ne sono grato a voi che mi avete letto, volenti o non volenti siamo in relazione ;) come dicevo
Oltre al silenzio, al pensiero, al linguaggio del corpo c'è anche il sopruso delle parole, che spesso percepisco.
Citandoti:
"L' etimologia, cioè lo studio del significato intimo, quello che è alla fonte dell origine ,e se voi non andate alla fonte , all origine di un fenomeno di un qualche cosa voi quella cosa ,come potete capirla ? parola dunque da dove arriva ? in latino si dice "verbum" e allora da dove arriva , bhè arriva da " parabolè" ... etc."Secondo quel che tu dici, come possiamo capire il fenomeno "lingua" se non andiamo all'origine di quel fenomeno?
A mio vedere c'è solo una via per comprendere verbalmente un fenomeno ed è quella della corretta dialettica, non del sopruso linguistico. Nella dialettica ci si deve ricordare di ciò che si è detto e di quel che si è sentito. Altrimenti diventa sopruso. Ritorno pertanto a chiedere quello che chiedevi tu. Come nascono dunque le parole?
Le parole nascono da due organi umani o insiemi di organi. Il primo è il sistema laringe, bocca, palato o sistema oro-laringeo. Il secondo è il cervello. Se non avessimo la laringe e la bocca fatta in un certo modo, non saremmo in grado di parlare con la complessità che ci contraddistingue. Una complessità simile è stata scoperta solo fra certi cetacei come le orche, che attraverso i loro fischi sottomarini hanno creato un vocabolario molto articolato e addirittura suddivisibile in vari idiomi, per cui è possibile identificare un orca come appartenente ad un gruppo in base al tipo di fischi che emette, come per gli esseri umani. La specie umana però ha affinato l'uso delle parole in virtù di dell'ingombrante contenuto della ns scatola cranica. Dai primi grugniti che avvisavano del pericolo o coordinavano la caccia di gruppo, ad un certo punto e progressivamente abbiamo iniziato a nominare le cose e gli animali, esattamente come fa Dio in Genesi. La domanda quindi diventa in realtà: "perché abbiamo, come specie, sentito il bisogno di nominare il mondo?". Continuerò il discorso appena possibile.
Citazione di: Jacopus il 18 Marzo 2022, 09:09:57 AM...Dai primi grugniti che avvisavano del pericolo o coordinavano la caccia di gruppo, ad un certo punto e progressivamente abbiamo iniziato a nominare le cose e gli animali, esattamente come fa Dio in Genesi. La domanda quindi diventa in realtà: "perché abbiamo, come specie, sentito il bisogno di nominare il mondo?". Continuerò il discorso appena possibile.
Perché è il nostro modo elettivo di comprendere, comunicare e dominare il mondo. Anche ora, anche qui.
Di Eraclito purtroppo sono rimasti solo frammenti neppure originali, ma riportati da altre fonti. Il suo logos è però certamente correlato al linguaggio e alla ratio (umana). Così come il logos di Giovanni posto a fondamento di tutto.
Ci azzeccano entrambi, ma riguarda solo l'archè della nostra specie, l'inizio del nostro specifico destino evolutivo, antropocentricamente, ovvero metafisicamente, esteso all'intero universo.
Se retrocediamo nella scala delle pretese evolutive, diciamo correttamente che il logos è l'archè, l'alfa, e pure l'omega coi suoi sviluppi epistemici, della specie umana.
Penso che la domanda finale di Jacopus sia buona.
La risposta di Ipazia, quando dice ... "Ci azzeccano entrambi, ma riguarda solo l'archè della nostra specie, l'inizio del nostro specifico destino evolutivo, antropocentricamente, ovvero metafisicamente, esteso all'intero universo" penso sia buona pure.
Qual è dunque l'esigenza che ci ha fatto nominare il mondo?
Secondo me l'esigenza deriva simultaneamente da ciò che ci sia consentito di poter conoscere come specie e da ciò che ci fa esternare la nostra conoscenza in parola. Ovvio resta il fatto che il fuoco eracliteo ci fece entrare di fatto in un nuovo regno, il regno del sogno fatto materia, o della materia fatta sogno. Tra le due mentalità quella attuale, rispetto ad una più antica che poteva rappresentarsi come sogno fatto materia, rappresenterebbe senz'altro la materia fatta sogno
Citazione di: daniele22 il 18 Marzo 2022, 08:23:33 AMCome nascono dunque le parole?
ma tu non hai neanche provato a rispondere a questa domanda , che fra l'altro avevo fatto io per primo. Io lo detto, non mi ripeto. Non sono d'accordo con quello che hai detto, mi suona male l'intendere i significati per accettazione , per sottomissione ad una autorità ecc. ma che sottomissione? ma cosa stai dicendo? bisogna trovarli i significati, e guardare da prospettive diverse se si vuole veramente conoscere il significato. Trovo strano che tu essendo interessato alle parole e al linguaggio non trovi che l'etimologia sia qualcosa di fondamentale per proseguire un studio simile. Etimo-logia, étymos, il significato intimo
della parola e logia , λόγος, lógos, che in questo caso significa "studio" quindi cos'è l etimologia? lo studio del significato intimo delle parole . lo studio che indaga l'origine e l'evoluzione fonetica, morfologica, semantica delle parole. Particolare non degno di nota per te.
Caspita! Mi pare di parlare con iano Alberto. Il tuo pensiero è un pensiero ciarlatano come molti altri pensieri all'interno del forum. Io avevo detto: "Nella dialettica ci si deve ricordare di ciò che si è detto e di quel che si è sentito. Altrimenti diventa sopruso. Ritorno pertanto a chiedere quello che chiedevi tu. Come nascono dunque le parole?"
Te lo dico quindi più per ammonirti, ché altrimenti non avrei dovuto nemmeno risponderti: il senso, tanto quanto il significato, non sarebbero per me cose che si trovano nel senso che li si cerca o che li si costruisce, bensì ti verrebbero addosso, li esperiresti costituendosi da sé senza cercarli e pure in certo senso cercandoli, ma precipuamente senza cercarli cioè cogliendoli al volo come opportunità di vita sia per il tuo bene che per il tuo male. Proprio come accade ad un buon ricercatore che coglie i segni là dove uno meno bravo nel suo stesso campo non li vede.
Citazione di: daniele22 il 18 Marzo 2022, 16:21:28 PMCaspita! Mi pare di parlare con iano Alberto. Il tuo pensiero è un pensiero ciarlatano come molti altri pensieri all'interno del forum. Io avevo detto: "Nella dialettica ci si deve ricordare di ciò che si è detto e di quel che si è sentito. Altrimenti diventa sopruso. Ritorno pertanto a chiedere quello che chiedevi tu. Come nascono dunque le parole?"
Te lo dico quindi più per ammonirti, ché altrimenti non avrei dovuto nemmeno risponderti: il senso, tanto quanto il significato, non sarebbero per me cose che si trovano nel senso che li si cerca o che li si costruisce, bensì ti verrebbero addosso, li esperiresti costituendosi da sé senza cercarli e pure in certo senso cercandoli, ma precipuamente senza cercarli cioè cogliendoli al volo come opportunità di vita sia per il tuo bene che per il tuo male. Proprio come accade ad un buon ricercatore che coglie i segni là dove uno meno bravo nel suo stesso campo non li vede.
la tua premessa su come per te si trovano i significati sono affari tuoi, Non la vedo così è inutile che continui sulla medesima riga. Invece di ammonire me , comincia a leggere prima di postare così magari correggi gli errori che anche in altri post sono stati imbarazzanti. Ho detto che non ho altro da dire!!
Bypassando l'ultimo post e proseguendo quindi, ritorno momentaneamente al discorso circa la convenzionalità delle parole della lingua. Sarei propenso a dire che l'unica convenzione che si pone in essere senza però manifestarsi esplicitamente sarebbe quella che stabilisce che parlando tra italiani ci si debba capire. Partendo da questo inaudito quanto ovvio fatto si potrebbe immaginare il trabocchetto in cui si possa eventualmente cadere quando si affermi il carattere convenzionale dei significati delle parole. Accettato ciò si potrebbe cominciare a discutere su come nasca una parola
Il carattere convenzionali dei lemmi è stabilito dai venerabili monumenti del logos denominati dizionari che permettono anche la traduzione tra lingue diverse e sono stati ulteriormente perfezionati e potenziati dalla rivoluzione informatica.
L'etimologia è importante soprattutto nel linguaggio rigoroso di scienza, tecnica e discipline umanistiche inclusa la filosofia.
Nel linguaggio comune conta più l'evolversi della lingua secondo il mutare delle consuetudini, perché il logos ha una vitalità non pietrificabile. Nemmeno dalla medusa dei padroni del mondo e delle loro neolingue postveritative.
Sono uno sbadato Ipazia, non avevo pensato ai dizionari (stai attenta! potrebbe essere disinformatia occidentale - capitolo b come blandire). Cmq mi sembra che il mio discorso tenga in modo più corretto dopo la tua correzione. O svaldo?
Condivido pure il resto che dici a parte quel "non pietrificabile" che attribuisci al logos, la qual cosa però sarebbe meglio tenere in sospeso almeno per ora. Oppure dimmi tu.
Per quel che riguarda il dizionario o vocabolario che sia, mi sembra che esso corrisponda ad una tecnica di gestione della lingua. Nel caso di un nuovo nome cioè, il suo ingresso nel vocabolario si porrebbe temporalmente a valle rispetto a quando questo nome entra nel mondo attraverso la voce di un individuo. Prova pensare alla parola "buonista". Prova ad immaginare il momento in cui venne pronunciata la prima volta in un determinato contesto sociale. Prova a scegliere tra convenzione ed accettazione
Per nostra fortuna il logos non progredisce sui lemmi ideologici, ma parte dai concreti, poi gli astratti ed infine gli ideologici. Una schiuma , talvolta rappresa da sembrare più densa di quello che è. Ed, in ogni caso, circostanziabile nelle varie accezioni e fenomenologie, da ogni buon critico dell'ideologia e compilatore di dizionari. Enciclopedici, se del caso.
Confesso Ipazia che il senso delle tue parole non mi è chiaro. Non mi è chiaro cioè cosa vorrebbe sottintendere, dato che ci troviamo all'interno di un dialogo
"Buonismo" è un concetto ideologico, non esemplificativo della funzione complessiva e complessa del logos. Il quale si sostanzia soprattutto di concretezza, per quanto la si possa nascondere sotto le cortine fumogene delle ideologie. Le quali si reggono a loro volta su concretissimi interessi vitali, più o meno mistificati e coperti.
"Buonismo", nello specifico, andrebbe decostruito nelle sue componenti ideologiche assai variegate che vanno da acefale omologazioni a ben calcolate operazioni finanziarie dette, nell'apologetica occidentale, filantropia.
La non condivisibilità universale dei concetti ideologici è intrinseca alla loro natura, appunto ideologica.
La condivisibilità di concetti concreti tipo "albero" ha ben poco a che vedere con la natura dell'albero. E lo si vede nelle nostre etiche con cui ci si approccia agli alberi, le quali si sviluppano spesso in subordine alle ideologie sottese dai vari concetti ideologici dominanti nella società. O svaldo?
L'importante è che quando Tizio dice "albero", Caio non capisca "casa". Poi possiamo farci metafisica a piacere. Il logos ha già fatto quello che gli compete.
Sappiamo benissimo che tutto il nostro filosofare gira sempre intorno ad un unico problema. Che in modo sconsiderato si manifesta di fatto nel ritenere il problema della comprensione delle cose secondario a quello di porre in atto un'etica. Ma dove dovrebbe appoggiarsi quest'etica se non nell'aver compreso qualcosa che ti fa procedere in quel dato modo coerentemente con quel che conosci? Tanto per prendere questa cazzo di guerra che ci è giunta da chissà dove, come fai ad avere un metro per giudicarla in termini di ragione conciliandola coi tuoi sentimenti? Innanzi tutto e per lo più il sentimento si offende di fronte alla violenza, giustamente, ma la nostra mente quali mezzi ha in uso per determinare le ragioni dell'uno o dell'altro? Se uno sostiene le ragioni della Russia lo fa perché trova motivi sufficienti a sostenere la sua azione. Altrettanto fa quello che agisce dall'altra riva. Tutteddue lo fanno in base alla loro comprensione del fenomeno. Tutto ciò si può fare in malafede (mentendo), ma pure no. Ma a prescindere dal fenomeno della menzogna, si tratta infine sempre e solo di fede. Chi può garantire che i russi si stiano solo difendendo? Nessuno può dirlo. Nessuno può dirlo con una ragione inoppugnabile. La via giusta può derivare quindi solo da una critica di se stessi. La mia critica è che noi inviamo armi agli ucraini e questo, se si vuole il dialogo, è inequivocabilmente sbagliato a prescindere dalle ragioni dei russi. Non si sta col culo su due sedie e si vis pacem para bellum vale in tempo di pace, non quando la guerra è alle porte (altro gesto sconsiderato, tra molti altri, dell'Europa). E allora se la critica di se stessi è la via giusta, perché ostinatamente ci si oppone a non criticare le fondamenta sulle quali si muove la nostra zoppa ragione (chissà se c'entra con la Sfinge), ovvero criticare la parola stessa? Se non si abbatte questo tabù andremo certamente incontro alla rovina. Il cane esiste perché conviene in senso convenzionale oppure perché se ne accetta semplicemente l'esistenza? Le parole inaccettabili di Lavrov nei confronti di Guerini sono accettabili o no secondo la ragione da me sostenuta? Sì, sono accettabili. Allora le vie sono due. O si affronta il toro per le corna, oppure si parla dei motivi per cui non si debba parlare dell'ultimo totem. In termini filosofici naturalmente, ovvero non intimamente personali. Ipazia, mi raccomando
Siamo passati , da dove nascono le parole, al significato delle parole e infine sul giudizio etico del significato delle parole? Non abbiamo che andare alla ragione del fenomeno umano inteso come quella ragione che vuole vedere tutto, non solo quello che le fa comodo e la ragione che vuole vedere tutto dice esattamente una cosa :
"Contradictio est regula veri, non contradictio falsi", la contraddizione è la regola del vero, la non contraddizione del falso. la veduta di insieme di Hegel ci rimanda propio a quella ragione che non vuole vedere solo la tesi ma vuole vedere anche l antitesi come parti totalitarie della visione di insieme e la visione di inseme vede esattamente quell antinomia che impasta l esistenza di pace e di guerra, di odio e di amore, di amicizia e inimicizia, di sincerità e falsità. Questa ..è la ragione che vede l'insieme di hegel.
. In quanto il giudizio etico sulla guerra , poi, essa non viene dalla ragione. Viene dai sentimenti. Ma la ragione , e vado a concludere, non è esaustiva nemmeno riguardo alla domanda kantiana di "cosa posso sapere" cioè la conoscenza . Naturalmente la ragione fornisce dati, esattezze. Ma quando si tratta poi di pensare a queste esattezze, e di dare un significato complessivo a loro, Per giungere esattamente al significato complessivo della natura dell universo , dove solo all interno del quale può prendere ragione e consistenza la domanda sul senso dell esistenza dal quele poi trarne un giudizio complessivo. Il senso della mia vita, me lo posso forse costruire io?
ebbene, quando si tratta di capire il significato ultimo della natura , ecco che le esattezze che la ragione consegna , vengono interpretate diversamente dagli stessi che la producono, dagli stessi scienziati.
Gli elementi che la ragione fornisce, all elaborazione della costruzione intellettuale , non possono essere sintetizzati in una visione complessiva in un sistema. Non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che dio c'è" laddove dimostrare l'esistenza di dio significa chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere , l alfa e l' omega perchè questo è in gioco nel concetto di dio. e ve bene..
Citazione di: Ipazia il 20 Marzo 2022, 09:21:56 AMLa non condivisibilità universale dei concetti ideologici è intrinseca alla loro natura, appunto ideologica.
Devo citare me stessa per rispondere. Ben prima di Hegel, Eraclito pose nella figura metafisica di
polemos il carattere dialettico delle relazioni umane. Il logos nasce dialettico, irriducibile ad ogni semplificazione manichea tra bene e male. Che esistono, ma vanno storicizzati, contestualizzati. E lasciano sempre un residuo di bene nel male e viceversa.
L'ideologia, anche la più onesta intellettualmente, esprime solo una parte della complessità delle relazioni umane, cui sempre si contrappongono interessi di natura diversa.
Quando suona la campana non sempre è un funerale. Talvolta è una festa.
Ipazia, non avendo letto il post che si è infiltrato immagino che quest'ultimo tuo intervento sia la tua risposta al mio punto di domanda. Per conto mio l'errore che compi è di considerare diversa la natura delle ideologie dei massimi sistemi dalla natura dell'idea di un albero. Sono tutte idee. Sarebbe per me questa la decostruzione alla quale tu ti appelli che si deve compiere. Non per nulla in quello stralcio di dialogo farlocco che ho pubblicato l'anno scorso definii la cosa come qualsiasi cosa che la tua mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare. Per finire, dall'albero a Dio, nella nostra civiltà, tutto è in funzione della nostra professione. Non professione di fede, ma professione a scopo di lucro. Chiaro è che è lecito assimilare il lucro ad una fede. Personalmente però io non penso che tu sia così sciocca come vorresti farmi credere. O svaldo?
Quindi la condivisibilità dei concetti c'è, quel che invece non c'è è di sicuro la condivisibilità dell'etica. Quella la darà il numero di seguaci della nuova concettualità, consapevolezza da condividere per accettazione
Citazione di: daniele22 il 22 Marzo 2022, 08:42:42 AMQuindi la condivisibilità dei concetti c'è, quel che invece non c'è è di sicuro la condivisibilità dell'etica. Quella la darà il numero di seguaci della nuova concettualità, consapevolezza da condividere per accettazione
Dal momento che questo è il mio argomento posso intervenire senza essere tacciato per infiltrato.
Detto questo , Se dici che la condivisibilità dei concetti c'è . Devi anche spiegarne le regole su cui si basa, questa condivisibilità. Ovviamente si ritorna sui significati , ma i significati delle parole non possono essere soggettive, e il significato di un concetto,poi, prende forma in base al contesto . Per quanto riguarda l'etica essa è ben diversa dai soli significati e dalla comprensione concettuale. Poichè per la logica, può essere molto conveniente uccidere una persona, o dichiarare guerra a un popolo per trarne i numerosi vantaggi. Allora che cosa fa L' etica di un uomo? Pensate quando kant , riprendo sempre lui, il quale volle giungere a fondare un etica non più solo eteronoma (bisogna fare il bene perchè lo dice il papa , perchè lo dice il genitore , perchè lo dice chissa chi) ma autonoma , bisogna fare il bene per il bene stesso che si impone, per rispetto verso il dovere che costruisce queso tipo di ragioen. Ebbene , kant, nella morale autonoma non può che fondare questa morale su due cose che non hanno a che fare con la ragione , 1 "il sentimento2 e secondo "l'imperativo categorico" non c'è etica , e ripeto, non c'è etica, senza l'emozione vitale di un uomo di trovarsi al cospetto di qualcosa di più grande e di importante di sè. L'etica nasce da questa percezione di dovere , imperativo categorico. tanto la morale eteronama tanto la morale autonoma sono sotto questa dimensione imperativa. L'etica dunque ha che fare con la ragione o col sentimento?
"bonum facendum male evitandum" Questo gerundivo di Tommaso D'Aquino rivive nella morale kantiana.
Salve Alberto. Citandoti : " L'etica nasce da questa percezione di dovere , imperativo categorico............la percezione del dovere (in ambito etico, cioè relativamente ai comportamenti INDIVIDUALI), è frutto della esigenza interiore di scegliere appunto comportamenti che soddisfino la propria personale coscienza, quindi il proprio modo di sentire, quindi il nostro modo poco o tanto originale di credere vero ciò in cui crediamo. Hai mai visto qualcuno scegliere dei comportamenti personali, di coscienza, che siano in contrasto con ciò che egli stesso crede essere vero??.
..............tanto la morale eteronoama tanto la morale autonoma sono sotto questa dimensione imperativa..................la morale è cosa del tutto diversa dall'etica. La morale è l'insieme dei comportamenti collettivi dati come ammessi e SOCIALMENTE utili, positivi, indipendentemente dall'etica personale del singolo.
Hai mai udito l'espressione "morale ipocrita" ? Come mai la morale di una società può predicare che la morte di una certa categoria di umani (esempio, i nemici in guerra oppure i grandi criminali), possa o debba venir considerata un bene, una utilità, una necessità mentre la vita di altre persone deve venir difesa e sacralizzata ? Pertanto la MORALE non corrisponde affatto ad un imperativo categorico !!.................... L'etica dunque ha a che fare con la ragione o col sentimento?.................. Tornando quindi all'ETICA depurata da ciò che con essa non c'entra (la morale), è ovvio che essa etica sia fondata sul sentimento (dimensione psichica evolutivamente anteriore e quindi archetipicamente infinitamente più fondante, più importante, rispetto alla dimensione mentale, intellettuale, razionale, sociale, morale..........".
Citazione di: Jacopus il 18 Marzo 2022, 09:09:57 AMLe parole nascono da due organi umani o insiemi di organi. Il primo è il sistema laringe, bocca, palato o sistema oro-laringeo. Il secondo è il cervello. Se non avessimo la laringe e la bocca fatta in un certo modo, non saremmo in grado di parlare con la complessità che ci contraddistingue. Una complessità simile è stata scoperta solo fra certi cetacei come le orche, che attraverso i loro fischi sottomarini hanno creato un vocabolario molto articolato e addirittura suddivisibile in vari idiomi, per cui è possibile identificare un orca come appartenente ad un gruppo in base al tipo di fischi che emette, come per gli esseri umani. La specie umana però ha affinato l'uso delle parole in virtù di dell'ingombrante contenuto della ns scatola cranica. Dai primi grugniti che avvisavano del pericolo o coordinavano la caccia di gruppo, ad un certo punto e progressivamente abbiamo iniziato a nominare le cose e gli animali, esattamente come fa Dio in Genesi. La domanda quindi diventa in realtà: "perché abbiamo, come specie, sentito il bisogno di nominare il mondo?". Continuerò il discorso appena possibile.
Discorso interessante e attendo la sua continuazione.Per intanto direi che abbiamo usato e sviluppato ciò di cui l'evoluzione ci ha accidentalmente dotati, che se non ricordo male è una conseguenza dell'aver assunto una posizione eretta, la quale, come si dice in altra discussione sul forum, ha pure i suoi inconvenienti.
Non credo quindi che si sia seguito un bisogno, e credo che anche un grugnito animalesco equivalga a nominare a suo modo il mondo.
Come qualcuno ha detto in altra discussione, forse tu stesso, non bisogna confondere la quantità con la qualità.
Parlando di logos mi sembra fondamentale distinguere fra la sua versione orale e scritta, e quest'ultima versione, non grugnita, mi sembra maggiormente fondativa dell'umanità, producendo testi ai quali, a distanza di millenni si fà ancora sostanziale riferimento, come a testi sacri alla cui stesura noi abbiamo fatto solo da tramite.
E' come se il logos, in quanto scritto, e quindi esternalizzato, abbia iniziato ad assumere una sua autonomia, dotandosi di attributi magici e sacri, e comunque come altro da noi. in una progressione di alterità che si coniuga oggi in termini di intelligenza artificiale.
Ma il logos, nella sua più alta espressione attuale, quella matematica, si sta progressivamente spogliando di ogni significato predeterminato, potendo assumere così ogni possibile significato.
Il modo in cui viene attribuito un significato al logos oggi ce lo mostrano gli scienziati con li loro lavoro.
Riassumendo, il logos, esternalizzando, in una progressione che sembra inarrestabile, i nostri processi mentali, sembra un potenziale veicolo di alienazione, ma sta solo a noi decidere se ciò che sembra diventare sempre più altro da noi, siamo ancora noi.
Non è un decisione facile perché comporta una riconsiderazione dell'io, il quale forse è stato sopravvalutato.
Parlando di intelligenza ad esempio noto che ''IO'' non controllo la mia intelligenza più di quanto non controlli quella artificiale, senza che perciò mi senta alienato.
In che senso quindi io sono intelligente? Non è ben chiaro.
In principio era il logos e il logos era alienazione.
Per ricomporre questa alienazione che viene da lontano, occorre ridefinire l'io, cosa per niente facile, perché è quella cosa che più di ogni altra diamo per scontata, tanto che alcuni testi sacri ne prefigurano l'eternità.
Il logos però sembra minacciare questa eterna unità, con il suo farsi altro da noi.
Premesso che morale è la traduzione dal greco al latino di etica, e viceversa, il logos viene prima di tutti i concetti etico/morali quali: imperativo categorico, bene, giustizia, ... offrendo a tali concetti il linguaggio che permette loro di incarnarsi nella ragione ed agire, collettivamente e individualmente.
Ragione & sentimento sono una coppia indissolubile nell'ethos antropologico, declinanti il logos in una dialettica su cui si costituisce il processo evolutivo umano comprensivo di più o meno idonei contenuti etico/morali alla luce, e alle ombre, della gnosi dominante. La consapevolezza di ciò evita di feticizzare la scienza in un super imperativo categorico ancora più infernale di quello religioso ancora, in subordine, vigente.
Tutte fanfalucche ben disposte con linguaggio accademico. Il vostro errore, o mia cara filosofia, l'abbiamo visto sul passaggio dalla cosa in sé alla cosa per noi. Dovevano emergere delle critiche più accurate in seno a questo delicato passaggio. Voi però non accettate.
Il logos è una capacità che pertiene al vivente, senza scomodare la ferraglia. E' la capacità di un organismo di riconoscere una causa, di valorizzarla, e, per forza di cose di produrre poi un effetto. Tale capacità di riconoscimento di una causa è trasmissibile pure senza il bisogno della lingua umana la quale invece intorbida spesso le acque anche fraudolentemente. La gnosi dominante, data soprattutto la capraggine degli intellettuali, non riesce ad uscire dal ristagno di due tesi non decidibili, nonostante che tu dica che questa gnosi odierna eviti di feticizzare la scienza ... date pure le molte evidenze in proposito dico io.
Insomma Ipazia, dobbiamo aprire un topic donna vs uomo per parlare un po' di voi o che altro? Donne ce ne sono poche in questo forum. Debbo forse dedurne che solo tu riesci a sopportare l'arroganza tout court di molti maschi? Guarda, io ho provato a metterti il sonaglio intorno al collo, però non ho visto bene se ci sono riuscito. Erabbuio! ... e so' scappato in fretta.
Ps: Per quel che riguarda etica e morale ho sempre fatto confusione, ma mi sembra ora di aver compreso grazie a te.
Esiste il tempo. Quello che viene dal passato forma la morale, la quale produce l'etica nel presente rivolgendosi al futuro specchiato sulla morale che viene dal passato. Giusto?
Le ombre ci sono e finiscono col pesare più della luce, posto che grande è l'ignoranza sotto il cielo. È la consapevolezza dell'ignoranza il farmaco che permette di non feticizzare alcuna forma di gnosi/episteme. Che ci salva dall'insuperata bestemmia del feticismo umano, oggi imperversante nauseabonda più che mai: "lo dice la scienza !"
La dialettica maschile-femminile è certamente argomento interessante, ma rischia di essare già datato, inghiottito dal feticcio alla moda: il gender.
Sulla spiegazione etica/morale un grazie anche da parte mia a Ipazia. :)
Citazione di: daniele22 il 23 Marzo 2022, 15:55:12 PMTutte fanfalucche ben disposte con linguaggio accademico. Il vostro errore, o mia cara filosofia, l'abbiamo visto sul passaggio dalla cosa in sé alla cosa per noi. Dovevano emergere delle critiche più accurate in seno a questo delicato passaggio. Voi però non accettate.
...............omissis................ Giusto?
Giusto,purtroppo.
La filosofia, ormai da due secoli, ha prodotto strumenti critici adeguati per superare la cosa in sé in cosa per noi. Riconoscendo con ciò la natura antropologicamente immanente del logos.
La filosofia, confermando quanto detto nella primavera scorsa, da un bel po' di tempo si è venduta l'anima al diavolo. Ha retto il palco della demenza umana ponendosi all'opposizione dei pensieri liberali. Naturalmente si vedono i risultati oggi. Del resto cosa avrebbe mai potuto ottenere dopo che ha tradito il pensiero, già limitato ancor prima dall'invaghimento degli umani per la forza delle parole. Cosa poteva ottenere se non quello di informare gli spiriti più intraprendenti che della filosofia se ne fregano anche se la usano. E informò, partendo dalle sue menzogne di poco più di cent'anni fa, le menti intraprendenti che al balzo colsero i frutti della cultura della menzogna. E ora si pone in pieno spirito liberal a non accettare verità evidenti opponendosi non nei modi della repressione russa, tanto per dirne una a caso, bensì usando il più ben subdolo muro di gomma delle democrazie. Da una parte si difende il capitale e dall'altra l'egemonia della cultura della falsità.
Anche te Ipazia sei complice, pur sostenendo l'esatto opposto di quel che sostiene l'altra cricca, pensa un po'
Il logos è imperfetto, ma non ci sono alternative. Eccetto il rigoroso rigor mortis.
Certo Ipazia, il logos è imperfetto fintanto che non lo si faccia coincidere con l'essere. Ieri un mio amico mi ha segnalato un articolo sul Rasputin di Putin apparso nei media. Non ne avevo mai sentito parlare, ovviamente. Si tratta di un certo Alexandre Dugin. Ho dato un occhiata su wikipedia e, tra tanta intricata sabiduria a me quasi incomprensibile, vi ho scorto dei tratti del mio pensiero. Prova ad illuminarmi tu che sei di sicuro accademicamente più ferrata di altri, detto naturalmente senza ironia alcuna
Citazione di: daniele22 il 24 Marzo 2022, 07:59:23 AMCerto Ipazia, il logos è imperfetto fintanto che non lo si faccia coincidere con l'essere.
Ovvero mai, in assoluto. In relativo ciascuno può cercare il suo gradus ad Parnassum, diventando artefice del proprio relativissimo e transeunte essere. Io ci provo da una vita. A tal proposito trovo illuminante una riflessione dell'anziano Messner dopo essersi rotto una gamba: se il mio limite non è più l'Everest ma l'Ortles, vada per l'Ortles.
CitazioneIeri un mio amico mi ha segnalato un articolo sul Rasputin di Putin apparso nei media. Non ne avevo mai sentito parlare, ovviamente. Si tratta di un certo Alexandre Dugin. Ho dato un occhiata su wikipedia e, tra tanta intricata sabiduria a me quasi incomprensibile, vi ho scorto dei tratti del mio pensiero. Prova ad illuminarmi tu che sei di sicuro accademicamente più ferrata di altri, detto naturalmente senza ironia alcuna
Ignoro del tutto questo signore, ma la putinrussofobia occidentale è giunta a livelli tali di isteria che dovrò occuparmi pure di lui. Grazie per l'assist.
Citazione di: Ipazia il 25 Marzo 2022, 10:03:40 AMCitazione di: daniele22 il 24 Marzo 2022, 07:59:23 AMCerto Ipazia, il logos è imperfetto fintanto che non lo si faccia coincidere con l'essere.
Ovvero mai, in assoluto. In relativo ciascuno può cercare il suo gradus ad Parnassum, diventando artefice del proprio relativissimo e transeunte essere. Io ci provo da una vita. A tal proposito trovo illuminante una riflessione dell'anziano Messner dopo essersi rotto una gamba: se il mio limite non è più l'Everest ma l'Ortles, vada per l'Ortles.
CitazioneIeri un mio amico mi ha segnalato un articolo sul Rasputin di Putin apparso nei media. Non ne avevo mai sentito parlare, ovviamente. Si tratta di un certo Alexandre Dugin. Ho dato un occhiata su wikipedia e, tra tanta intricata sabiduria a me quasi incomprensibile, vi ho scorto dei tratti del mio pensiero. Prova ad illuminarmi tu che sei di sicuro accademicamente più ferrata di altri, detto naturalmente senza ironia alcuna
Ignoro del tutto questo signore, ma la putinrussofobia occidentale è giunta a livelli tali di isteria che dovrò occuparmi pure di lui. Grazie per l'assist.
"Ovvero mai, in assoluto". Dato che l'assoluto sembra non esistere, nel senso che non ho dati sensibili, avverbio o aggettivo a parte, possiamo quindi proseguire. Io penso di essere stato sull'Everest, anche se non sarebbe quello il suo nome asiatico. Però forse ho sbagliato montagna, oppure non mi sono accorto che c'era forse un sasso leggermente più alto che mi è sfuggito. Oppure ancora: non è detto che sia una montagna il punto più in alto, ma stando coi piedi in terra sembra non vi siano dubbi in merito. Esserci andato da solo comunque non mi soddisfa molto, anche perché i momenti migliori della mia vita, a parte qualche buona eccezione, si son manifestati assieme a qualcun altro. Intanto che sto scendendo da questa asperità spero quindi che qualcuno possa aiutarmi nel caso mi rompessi una gamba. Altrimenti ciao, come si suol dire. Una volta a casa con la mia compagna e i miei amici e amiche mi accontento di una gita in montagna, oppure di un lungo mare a Rosapineta, tra i nudi tronchi marini rozzamente accatastati a foggia di strutture reggenti. Mi piacerebbe pure andare nella vecchia Novgorod, in macchina.
Circa Dugin, su wpedia mi ha colpito che tra le sue opere ve ne sia una in ventotto volumi. Caspita!!
Ho trovato affascinante il passo dedicato ai logos di Apollo, Dioniso e Cibele.
Per finire Ipazia, tu sei una donna. O almeno, a me sembra che tu sia una donna. Penso sia la terza volta che lo dico. Essendo che io propugno che la realtà, ovvero la nostra coscienza, sia la risultanza delle nostre problematiche più intime, sono indotto a pensare che in voi donne sia presente una coscienza collettiva pubblica fino ad un certo punto. Partendo quindi dalla diffidenza che certamente è prerogativa del maschio e della femmina si può di lì facilmente giungere alla supponenza. Personalmente accetto un po' di supponenza nella donna per i motivi di cui sopra, ma nell'uomo no. L'uomo è guerriero per sua abitudine anche quotidiana ammessane la necessità di esserlo, e la supponenza è per lui chiaro sintomo di insicurezza quand'anche di viltà. Le quali cose mettono solitamente in scena la mendicanza tra le schiere dei diffidenti. Sarà quest'uomo certamente un guerriero debole proprio perché di vile lega. Stile attuale capo ucraino.
Ci provi da una vita a fare che? Se è quel che ho inteso tre sono le strade penso. O critichi la donna, o provi a far finta di essere un uomo, o metti in dubbio quel che ognuno di noi singoli si da per scontato senza mai averci riflettuto sopra proprio perché ovvio. Poi d'incanto scopri che non era così