Mi sembra che nella sezione Filosofia, sotto varie forme e camuffamenti, non faccia altro che riproporsi in continuazione nient'altro che la contrapposizione tra relativisti e metafisici, scettici e realisti, o comunque li si voglia definire.
Mi sembra inoltre che ai nostri giorni sia gli uni che gli altri vantino, più o meno implicitamente, la loro posizione come la migliore affinché nel mondo si venga a creare un ambiente migliore, in particolare riguardo alle grandi potenze economiche, le banche, che oggi tengono tutti noi in pugno, il capitalismo, l'industria, l'uomo ridotto a massa di consumatori. Mi sembra chiaro ormai che non abbia senso continuare sulla linea "Se tutti la pensassero come me il mondo si salverebbe", e di conseguenza difendere a spada tratta la verità oppure lo scetticismo. Ricordo una frase di un prete sentita tantissimi anni fa in ambiente ecclesiale: "Mentre il mondo va in rovina noi litighiamo su chi deve tenere la candela"; qui potremmo dire "Mentre il mondo va in rovina noi litighiamo per stabilire se è tutto essere o tutto divenire, se esiste la verità oppure no".
Non sarebbe ora di rendersi conto di questo e sospettare che sia necessario fare filosofia diversamente, come minimo facendo in modo che nelle questioni teoretiche entrino di prepotenza le questioni sociali? In questo senso, proprio il fatto che per le questioni sociali e di attualità esistono in questo forum delle sezioni a parte può costituire un alibi per la sezione filosofia, per non sporcarsi le mani dei problemi del mondo. Ma ha senso oggi pensare ancora di poter fare filosofia in un modo così avulso dalle sofferenze del mondo?
Ovviamente non dovrà trattarsi di copiare o spostare qui le discussioni del forum che si trovano nelle sezioni sul sociale o sull'attualità; dovrà essere piuttosto un lavoro mirato a dimostrare che la filosofia è in grado di dare un suo serio contributo alle questioni di attualità, facendo tesoro di tutto il bagaglio specifico di ricerca che essa si trova alle spalle, indipendentemente dall'essere del singolo per lo scetticismo o per la verità, per il relativismo o per la metafisica.
Ma la filosofia se è tale non può dare risposte, né legiferare con prescrizioni. Al massimo, se è una buona filosofia, può mostrare la domanda vera e il senso che vi è in essa, affinché nella domanda stessa appaia da sé la risposta a ognuno degli intelocutori.
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Maggio 2017, 16:54:19 PM
in particolare riguardo alle grandi potenze economiche, le banche, che oggi tengono tutti noi in pugno, il capitalismo, l'industria, l'uomo ridotto a massa di consumatori.,.
Proviamo allora a sporcarci le mani, quelle di cui parti sono interpretazioni ontologiche dell'attualità, l'idea dietrologica, della quale la cultura Occidentale è succube da Marx in poi porta a ragionare spesso come se questo grande complotto, dei poteri finanziari, delle multinazionali, dei potenti del mercato, fosse una verità indubitabile.
Lo stesso Papa Francesco in un'enciclica dichiara: "Affamare i popoli per salvare la banche" non ponendosi il problema del se questa frase sia vera (mentre per me che me ne intendo è vero l'esatto contrario).
Io immagino, ad esempio, qualcosa come filosofia dell'azione, del coinvolgimento personale, della prassi, una filosofia che si sforzi al massimo di favorire l'agire, piuttosto che perdersi in infinite analisi teoriche.
In relazione al post di maral: dovrebbe essere una filosofia che, piuttosto che pensare ad individuare domande o risposte, cerchi di individuare il che cosa fare subito, o almeno aiutare, incoraggiare ad agire, proprio in contesti che sono a rischio di disperdersi nel ricercare quali sono le domande da porsi oppure se si debbano cercare le risposte. Già tener presente che possono esistere contesti in cui bisogna evitare di disperdersi in un riflettere infinito e inconcludente mi sembra un tentativo di fare filosofia dell'azione.
Penso qualcosa di simile anche riguardo al post di anthonyi: mi sembra improduttivo stare a dibattere se ci sono complotti oppure no; che ci siano o no, mi sembra più utile chiedersi che fare, come può il filosofo rendersi utile nelle maniere più rapide e concrete, piuttosto che passare il tempo a chiedersi se una frase è vera o falsa.
Citazione di: anthonyi il 01 Giugno 2017, 10:53:39 AM
CitazioneInnanzitutto sulla questione in generale mi sembra che esistano filosofi che non se ne stanno rinchiusi nella loro torre d' avorio ma combattono nella cultura e anche nella politica (non necessariamente militando in un determinato partito); e che dalla loro cultura e preparazione filosofica traggono forza anche nelle loro prese di posizione politiche.
Uno molto intelligente e interessante, anche se dissento profondamente sia da qualche sua tesi filosofica che politica, mi pare Diego Fusaro (come già il suo compianto maestro Costanzo Preve).
Altri con i quali in politica concordo moto di più sono Domenico Losurdo, Stefano Azzarà e pure in qualche non effimera misura Luciano Canfora.
Un altro é stato il mio venerato maestro e amico Sebastiano Timpanaro.
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Citazione di: Angelo Cannata il 31 Maggio 2017, 16:54:19 PM
in particolare riguardo alle grandi potenze economiche, le banche, che oggi tengono tutti noi in pugno, il capitalismo, l'industria, l'uomo ridotto a massa di consumatori.,.
Proviamo allora a sporcarci le mani, quelle di cui parti sono interpretazioni ontologiche dell'attualità, l'idea dietrologica, della quale la cultura Occidentale è succube da Marx in poi porta a ragionare spesso come se questo grande complotto, dei poteri finanziari, delle multinazionali, dei potenti del mercato, fosse una verità indubitabile.
Lo stesso Papa Francesco in un'enciclica dichiara: "Affamare i popoli per salvare la banche" non ponendosi il problema del se questa frase sia vera (mentre per me che me ne intendo è vero l'esatto contrario). (Anthony)
CitazioneTe ne "intenderai" pure, ma gli orrori del capitalismo contemporaneo (compreso il fatto che sta pericolosissimamente portando all' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità) non sono affatto ideologiche "interpretazioni ontologiche dell'attualità, o idee dietrologica", bensì dati di fatto reali sotto gli occhi di tutti coloro che non vogliano deliberatamente mettere delle spessissime (e rancide) fette di salame sugli occhi propri e (soprattutto) del popolo.
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Giugno 2017, 17:19:28 PM
In relazione al post di maral: dovrebbe essere una filosofia che, piuttosto che pensare ad individuare domande o risposte, cerchi di individuare il che cosa fare subito, o almeno aiutare, incoraggiare ad agire, proprio in contesti che sono a rischio di disperdersi nel ricercare quali sono le domande da porsi oppure se si debbano cercare le risposte. Già tener presente che possono esistere contesti in cui bisogna evitare di disperdersi in un riflettere infinito e inconcludente mi sembra un tentativo di fare filosofia dell'azione.
Dovrebbe essere allora una filosofia performativa volta a scuotere le coscienze scandalizzandole, come quella a suo tempo dei cinici che rivendicavano il coraggio della verità nell'agire in pubblico.
Penso che nel contesto di questa discussione non si possa trascurare che esiste un libro del 2014 dal titolo significativo: Diego Fusaro, Il futuro è nostro. Filosofia dell'azione. Purtroppo non l'ho ancora letto, ma, dopo aver avviato questa discussione, mi sento in dovere di farlo al più presto, altrimenti risulterei troppo incoerente con l'interesse che ho manifestato per quest'orientamento.
E' capace la filosofia di sporcarsi le mani con l' attualità?
X Angelo Cannata
Purtroppo, come ho già sottolineato altrove, il filosofo non appartiene e non può appartenere al tempo in cui vive. Il suo sguardo spazia non nell' attualità, che è solo un frammento della realtà, anche se è l' unico che si vive, ma in un orizzonte che racchiude secoli di Storia e che abbraccia tutti i futuri possibili che gli si presentano e che riesce a scorgere.
Altra cosa è se si intende comportarsi da intellettuali e grazie anche alla filosofia abbracciare il presente e studiarne le possibili evoluzioni e dare delle risposte che comunque non potrebbero essere che parziali. Gli aspetti sociali sono sempre in evoluzione ed è difficile per chiunque riuscire a studiare un presente e redimerlo dallo stato in cui è. Per altro, l' attuale è uno dei peggiori mondi possibili e migliorarlo mentre è in netto stato di imbarbarimento presenta problemi quasi irrisolvibili.
Inoltre, anche se si riuscisse a determinare una cura per la malattia che avvolge il nostro tempo, sarebbe sempre un palliativo, dal momento che qualsiasi cambiamento che si potesse ottenere sarebbe destinato ben presto a sparire se non sussistesse una reale consapevolezza di ciò che si intende ottenere e se in seguito non si riesca a trasmettere questo messaggio a chi verrà dopo.
Ciò non vuol dire che non si possa provare, ma se già sussistono tanti problemi nell' affrontare problemi filosofici di tipo classico, pensa a cosa si determinerebbe nello studio dell' attualità. E non è che sia necessario andare tanto lontano, visto che in ogni discussione si ci trova di fronte a posizioni lontane e contrastanti già nella stessa analisi del momento storico.
Un miglioramento sostanziale è possibile soltanto in un arco di tempo relativamente lungo, e senza dimenticare che il presente verrebbe ad essere molto più doloroso di come lo viviamo attualmente. Perché non è che ci si sporca e poi si rimane a guardare. O si prova e si agisce, o è molto meglio, e cioè senza fare la figura di chi tira il sasso e poi tira indietro la mano, anzi indispensabile tacere.
Garbino Vento di Tempesta.
Citazione di: sgiombo il 01 Giugno 2017, 17:58:24 PM
Citazione di: anthonyi il 01 Giugno 2017, 10:53:39 AM
CitazioneInnanzitutto sulla questione in generale mi sembra che esistano filosofi che non se ne stanno rinchiusi nella loro torre d' avorio ma combattono nella cultura e anche nella politica (non necessariamente militando in un determinato partito); e che dalla loro cultura e preparazione filosofica traggono forza anche nelle loro prese di posizione politiche.
Uno molto intelligente e interessante, anche se dissento profondamente sia da qualche sua tesi filosofica che politica, mi pare Diego Fusaro (come già il suo compianto maestro Costanzo Preve).
Altri con i quali in politica concordo moto di più sono Domenico Losurdo, Stefano Azzarà e pure in qualche non effimera misura Luciano Canfora.
Un altro é stato il mio venerato maestro e amico Sebastiano Timpanaro.
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Citazione di: Angelo Cannata il 31 Maggio 2017, 16:54:19 PM
in particolare riguardo alle grandi potenze economiche, le banche, che oggi tengono tutti noi in pugno, il capitalismo, l'industria, l'uomo ridotto a massa di consumatori.,.
Proviamo allora a sporcarci le mani, quelle di cui parti sono interpretazioni ontologiche dell'attualità, l'idea dietrologica, della quale la cultura Occidentale è succube da Marx in poi porta a ragionare spesso come se questo grande complotto, dei poteri finanziari, delle multinazionali, dei potenti del mercato, fosse una verità indubitabile.
Lo stesso Papa Francesco in un'enciclica dichiara: "Affamare i popoli per salvare la banche" non ponendosi il problema del se questa frase sia vera (mentre per me che me ne intendo è vero l'esatto contrario). (Anthony)
CitazioneTe ne "intenderai" pure, ma gli orrori del capitalismo contemporaneo (compreso il fatto che sta pericolosissimamente portando all' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità) non sono affatto ideologiche "interpretazioni ontologiche dell'attualità, o idee dietrologica", bensì dati di fatto reali sotto gli occhi di tutti coloro che non vogliano deliberatamente mettere delle spessissime (e rancide) fette di salame sugli occhi propri e (soprattutto) del popolo.
Il concetto di capitalismo nasce con Marx, poi nelle successive interpretazioni vetero-marxiste assume vari significati mai precisi. Io preferisco usare concetti più precisi come libero mercato, impresa, imprenditore. Sono tutte realtà che sono alla base dell'esplosione di benessere che ha avuto l'umanità negli ultimi due secoli (Perché è tutto cominciato due secoli fa in Germania e Inghilterra). Non lo so se l'umanità va verso l'estinzione, nucleare o per il surriscaldamento globale, quello che so è che fino al 1991 quando il blocco comunista crolla, quello stesso blocco che non riusciva a garantire benessere per i suoi cittadini, comunque riusciva a produrre bombe nucleari ed inquinamento come i paesi "capitalisti". Se l'umanità si estinguerà non sarà certo per il "capitalismo", il quale essendo per definizione egemone sull'umanità, non ha alcun interesse a distruggere il suo dominio.
Angelo hai ragione a sottolinearlo, però se mi immischio in battaglie da pollaio, schiamazzose e senza senso, è proprio perchè ritengo che il pensiero scettico o ingenuo che sia (costruttivismo vari), sia una chiara violazione del diritto alla filosofia.
E' una questione seria, che in tempi di laissez faire come i nostri, non ricevono la giusta attenzione.
Filosofi tosti come Cacciari come Sini e tanti altri ancora, sembrano invece cedere il passo alle nuove prassi, e ai cani della polizia intellettuale come ribattezzati da Cesare Preve. Gente che fa della stoltezza la sua arma principale.In vista di piaceri da settimana enigmistica.
Hanno completamente perso il valore della guerra intellettuale.
Siamo d'accordo che forse pecchiamo di ingenuità, perchè quelle guerre (analitici vs continentali, come la chiamo io) sono solo fumo negli occhi, di modo che non si ragioni più su problemi reali. (Uno su tutti il governo dei corpi)
Ma che ci vuoi fare....qua stiamo ancora discutendo se è meglio stare in Europa o no....problema ai miei occhi importante, ma del tutto periferico.
Per meglio comprendere uno deve capire di stare all'interno di certi meccanismi...è quindi impensabile pensare di passare direttamente all'azione, senza una minima idea delle strutture in cui siamo immersi, e che condizionano direttamente il nostro pensiero.
L'amarezza con cui chiudono la loro esistenza certi filosofi (mi viene subito in mente Preve) è testimone di quale esercizio di sopportazione i pochi filosofi critici ancora rimasti devono fare per poter andare avanti.
E comunque io dico No! bisogna farsi carico del fallimento delle ideologie, e il sociale, da un punto di vista filosofico va cautamente seguito nel suo iter di proposta. Ma va fatto!
E' sulle modalità di procedimento, che credo possa essere suscitato il maggior interesse, su questo forum almeno.
Procedere per via etica. O per via cognitiva. Uniti o Separati? etc.....
Ma se ovviamente si toglie persino l'idea che si possa procedere.....BEH qualche problemino io ce l'ho e mi batto per ogni iter possibile.
Siamo putroppo alle premesse per poi dire qualcosa dell'iter che comprenda anche il sociale.
Quindi volenti o nolenti, il faticoso, a volte detestabile, definire le questioni e confrontarle è necessario.
(Ma poi perchè lo sto dicendo a te. Visto che ne sei maestro ;) )
Sebbene non ancora legato alla questione sociale.
Va da sè che la filosofia sembra lavarsene le mani (anche se effettivamente se ne lava le mani, sia chiaro) perchè sta ancora organizzandosi nelle retrovie. ( eh sì lo so, non suona tanto bene, al saldatore dell'acciaieria!)
Diversa cosa è l'attualità, dove uno può proporre la sua idea politica o ideale, senza dover far eccessivo ricorso alle strutture della filosofia, che richiedono un approfondimento maggiore.
Così nella religione, posso proporre letture, a partire da un sentire, senza dover per forza passare per delle forme rigide di composizione.
Almeno nel secondo caso sò che sei d'accordo.
Nessuno ha mai detto che la filosia sia roba facile. Certo attira molti uditori, ma pochi comprendono veramente il suo carattere unitario e rivoluzionario.
Per questo filosofie spicciole come quelle dello scientismo o dello scetticismo: fanno più radical chic....e qui mi fermo.
O sennò la polemica impazza.
Citazione di: anthonyi il 02 Giugno 2017, 11:51:43 AM
Citazione di: sgiombo il 01 Giugno 2017, 17:58:24 PM
Citazione di: anthonyi il 01 Giugno 2017, 10:53:39 AM
CitazioneInnanzitutto sulla questione in generale mi sembra che esistano filosofi che non se ne stanno rinchiusi nella loro torre d' avorio ma combattono nella cultura e anche nella politica (non necessariamente militando in un determinato partito); e che dalla loro cultura e preparazione filosofica traggono forza anche nelle loro prese di posizione politiche.
Uno molto intelligente e interessante, anche se dissento profondamente sia da qualche sua tesi filosofica che politica, mi pare Diego Fusaro (come già il suo compianto maestro Costanzo Preve).
Altri con i quali in politica concordo moto di più sono Domenico Losurdo, Stefano Azzarà e pure in qualche non effimera misura Luciano Canfora.
Un altro é stato il mio venerato maestro e amico Sebastiano Timpanaro.
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Citazione di: Angelo Cannata il 31 Maggio 2017, 16:54:19 PM
in particolare riguardo alle grandi potenze economiche, le banche, che oggi tengono tutti noi in pugno, il capitalismo, l'industria, l'uomo ridotto a massa di consumatori.,.
Proviamo allora a sporcarci le mani, quelle di cui parti sono interpretazioni ontologiche dell'attualità, l'idea dietrologica, della quale la cultura Occidentale è succube da Marx in poi porta a ragionare spesso come se questo grande complotto, dei poteri finanziari, delle multinazionali, dei potenti del mercato, fosse una verità indubitabile.
Lo stesso Papa Francesco in un'enciclica dichiara: "Affamare i popoli per salvare la banche" non ponendosi il problema del se questa frase sia vera (mentre per me che me ne intendo è vero l'esatto contrario). (Anthony)
CitazioneTe ne "intenderai" pure, ma gli orrori del capitalismo contemporaneo (compreso il fatto che sta pericolosissimamente portando all' estinzione "prematura e di sua propria mano" dell' umanità) non sono affatto ideologiche "interpretazioni ontologiche dell'attualità, o idee dietrologica", bensì dati di fatto reali sotto gli occhi di tutti coloro che non vogliano deliberatamente mettere delle spessissime (e rancide) fette di salame sugli occhi propri e (soprattutto) del popolo.
Il concetto di capitalismo nasce con Marx, poi nelle successive interpretazioni vetero-marxiste assume vari significati mai precisi. Io preferisco usare concetti più precisi come libero mercato, impresa, imprenditore. Sono tutte realtà che sono alla base dell'esplosione di benessere che ha avuto l'umanità negli ultimi due secoli (Perché è tutto cominciato due secoli fa in Germania e Inghilterra). Non lo so se l'umanità va verso l'estinzione, nucleare o per il surriscaldamento globale, quello che so è che fino al 1991 quando il blocco comunista crolla, quello stesso blocco che non riusciva a garantire benessere per i suoi cittadini, comunque riusciva a produrre bombe nucleari ed inquinamento come i paesi "capitalisti". Se l'umanità si estinguerà non sarà certo per il "capitalismo", il quale essendo per definizione egemone sull'umanità, non ha alcun interesse a distruggere il suo dominio.
Ha ragione Sgiombo, nella maniera più assoluta.
Oggi come oggi, o si è liberali e si accetta il capitalismo, o si è contrari!
(non c'è tempo per inutili sottigliezze legali).
allora si cerca di ripensare (io), o di mantenere (sgiombo),
anche l'originalità del pensiero marxista. Che volenti o nolenti è stato un importante pezzo della storia recente. Le cui categorie valutative, per avere successo, non sono poi così totalmente pretestuose.
Citazione di: anthonyi il 02 Giugno 2017, 11:51:43 AM
Il concetto di capitalismo nasce con Marx, poi nelle successive interpretazioni vetero-marxiste assume vari significati mai precisi. Io preferisco usare concetti più precisi come libero mercato, impresa, imprenditore. Sono tutte realtà che sono alla base dell'esplosione di benessere che ha avuto l'umanità negli ultimi due secoli (Perché è tutto cominciato due secoli fa in Germania e Inghilterra). Non lo so se l'umanità va verso l'estinzione, nucleare o per il surriscaldamento globale, quello che so è che fino al 1991 quando il blocco comunista crolla, quello stesso blocco che non riusciva a garantire benessere per i suoi cittadini, comunque riusciva a produrre bombe nucleari ed inquinamento come i paesi "capitalisti". Se l'umanità si estinguerà non sarà certo per il "capitalismo", il quale essendo per definizione egemone sull'umanità, non ha alcun interesse a distruggere il suo dominio.
CitazioneNon mi risulta proprio che i paesi socialisti non riuscissero a garantire il benessere (casomai il consumismo all' occidentale, che é altra cosa) ai loro cittadini.
Infatti prima del crollo del muro di Berlino fuggivano da noi "alla ricerca della libertà (di conseguire illimitati, iniqui privilegi sulla pelle dei loro concittadini, N. d. R)" professionisti quali medici, avvocati, ingegneri (che avevano conseguito i loro titoli di studio e le loro competenze a totale carico di spesa dei rispettivi stati: salvo che fossero nati privilegiati, nell' occidente capitalistico avrebbero avuto possibilità ben più scarse di riuscirvi e di fatto per lo meno molti di loro di fatto non ci sarebbero riusciti proprio), oppure sportivi di successo o artisti (spesso imbrattatele o scribacchini da quattro soldi che automaticamente diventavano "pittori e scrittori eccelsi"); che venivano accolti a braccia aperte e anzi sollecitati a venire da quelli che ora vorrebbero gettare a mare -e spesso ci riescono!- gli attuali migranti per guerre e miserie procurate loro dai "nostri governi occidentali").
Ora invece, con l' "esplosione di benessere portatavi dal capitalismo" emigrano da noi (accolti dall' ostilità selvaggia e spesso decisamente razzistica di quelli che prima si commuovevano per le "vittime del muriciattolo -rispetto ai tanti altri ben più grossi e micidiali muri costruiti ovunque dopo- di Berlino") tanti onesti lavoratori che adesso in patria non riescono a sbracare onestamente il lunario.
Anche perché (anche a considerare solo gli aspetti quantitativi della produzione materiale, prescindendo dai suoi aspetti qualitativi e dalla distribuzione del benessere materiale stesso) dopo il "meraviglioso trionfo del benessere capitalistico" c' é voluto in media un decennio e più perché il PIL di quei paesi, precipitato abissalmente dall' '89 - '90, ritornasse sui livelli di allora.
E senza contare ciò che la restaurazione capitalistica in Europa orientale ha comportato per i paesi extraeuropei ed "exranordamericani e affini" (Giappone, Canada, Australia), ove la miseria é generalmente proliferata, in qualche caso esponenzialmente (in modo non generalizzato; e fra quelli "in controtendenza" spicca -guarda caso- la R P Cinese) e inoltre il capitalismo imperialistico, non più contenuto dall' URSS dagli altri paesi socialisti, vi ha portato terrorismo (autentico), violazione totale dei più elementari diritti civili (autentica), miseria (autentica; con conseguente emigrazione di massa, che comporta oggettivi problemi anche per le masse popolari occidentali; oltre al fatto che queste, sempre in evidente conseguenza del crollo del muro di Berlino e "annessi e connessi", hanno perso quasi completamente le conquiste dello "stato sociale" ed hanno visto più in generale precipitare le loro condizioni di vita e di sia pur relativo, limitato benessere, verso condizioni per molti importanti aspetti "ottocentesche").
Il capitalismo ha interesse solo alla realizzazione del max profitto possibile a qualsiasi costo e a breve termine da parte di imprese private in reciproca concorrenza.
Per questo non può tener conto della limitatezza delle risorse naturali e tende inevitabilmente a segare (e segherà, se non verrà superato per tempo) il ramo stesso sul quale é esso stesso appollaiato.
Di capitalismo e necessità di trasformazioni socialiste palavano, prima di Marx. vari socialisti utopisti, anche se non in termini scientifici (scientifici qui é da intendersi nel senso delle "scienze umane").
Dipende che cosa è la filosofia e che cosa sono i filosofi. Se essere filosofi vuol dire essere preparati in storia della filosofia e pretendere di insegnare materie specialistiche al mondo (come fa Fusaro con l'economia) allora è meglio che le mani vengano sporcate si, ma dalla terra e dalla zappa (io ho preso questo invito alla lettera, e ho lasciato un piccolo angolo di giardino a Fusaro). Il mondo si è specializzato e si è complicato dai tempi in cui il filosofo era il "tuttofare" della scienza. Se essere filosofi significa amare la conoscenza e approfondire i campi di cui si vuole parlare, ben venga, allora tutti gli specialisti sono già filosofi. L'importante è distinguere la filosofia da storia della filosofia, anche se quest'ultima di certo insegna a ragionare. Per esempio utilizzando il famoso rasoio posso affermare che l'ipotesi di un "complotto" è totalmente superflua nell'ipotesi che le banche e i capitalisti si stiano mangiando il mondo, lo possono fare tranquillamente senza nemmeno essersi mai visti.
Il problema è che la filosofia non potrà mai essere una sorta di specialismo da aggiungersi ad altri specialismi, ciascuno isolato nella sua competenza sempre più stretta, senza che sia possibile alcuna comprensione e proprio per questo la filosofia non può più essere la storiografia di se stessa (anche se c'è modo e modo di intenderne e farne la storia). Il problema è che la conoscenza è diventata solo questione analitica (facendosi questione di sola potenza) e così facendo ha perso il suo senso complessivo, il tronco della conoscenza si è spezzato e restano solo rami e rametti, certamente interessanti, ma incapaci di produrre alcun nutrimento. Il problema è che si vede solo il pezzettino, la parte di competenza e di quella parte ogni specialista si occupa come fosse il tutto e ne va pure orgoglioso con tutta la stupidità che gliene deriva.
Se allora sporcarsi le mani di attualità significa aderire a questo specialismo tecnico in cui si è tramutata la scienza attuale, è bene che almeno la filosofia mantenga le mani pulite, se invece significa trovare il senso che ci unisce a partire dalle prassi umane, dai modi di fare concreti nel mondo ben venga.
Quello che può mirare a saper fare un filosofo è pensare (ed è un'arte assai difficile, di cui pochi - sedicenti filosofi compresi - sono capaci) ed è proprio questo che deve continuare a fare sapendolo fare e persino, se ne è capace, a insegnarlo a fare (che non significa portare a pensarla come lui), ma non può isolarsi nell'autoreferenzialità analitica del suo pensare, tutto qui.
Per il resto, alla domanda a che serve la filosofia, che oggi spesso si pone, a seguito dell'estremo sviluppo specialistico delle tecnoscienze, resta per me (che ho una formazione tecnico scientifica) sempre valida la risposta di Severino: "La filosofia non serve perché non è una serva" e ben venga chiunque non è servo e non si sente in dovere di servire, oggi ne abbiamo più bisogno che mai.
Può essere utile prendere atto che il senso in cui stiamo intendendo l'attualità non è neutrale, ma riguarda un aspetto specifico dell'attualità, che definirei le sofferenze degli uomini, i problemi degli uomini. Si può ancora restringere il campo tenendo presente che ci stiamo occupando dei problemi causati da altri uomini: non mi sembra che qui intendiamo occuparci, per esempio, dei terremoti. A questo punto penso sia bene anche lasciare volutamente da parte ogni discussione sulla natura umana quanto a egoismo o altruismo: prendiamo soltanto atto che in concreto avviene che noi uomini facciamo sia del bene che del male. Si potrebbe anche sgomberare il campo da tutto ciò che riguarda la ricerca in grande delle cause e delle responsabilità umane, perché, come già è un po' emerso, ciò darebbe adito a disquisizioni teoriche infinite, che è proprio quello che credo si dovrebbe evitare in un filosofare per l'azione.
Rimane il piccolo, il poco bene che è possibile organizzare in piccoli gruppi oppure individualmente. Ne conseguirebbe una presa di coscienza del fatto che ciò che si chiama carità, beneficenza, opere di bene, risulterebbe essere una specie di imperativo pratico che la filosofia dovrebbe essere in grado per lo meno di favorire. Il che non sarebbe poco, perché significherebbe prendere le distanze da filosofie che teorizzano la cattiveria umana oppure l'indifferenza di ogni gesto quanto al suo significato e valore. Tutto questo dovrebbe basarsi filosoficamente non su princìpi teorici, che darebbero adito alle solite discussioni infinite, ma sulla sensibilità umana che abbiamo, la nostra capacità di prendere posizione, parteggiare, la decisione del filosofo di sentirsi responsabile del bene possibile che egli potrebbe fare come essere umano e non solo in quanto filosofo.
In altre parole, verrebbe fuori un'immagine del filosofo non come di uno che si ritiene in grado di dettare a tutti dei princìpi (devi fare il bene perché è così... oppure le scelte che devi fare si devono basare su questo e quest'altro e non sul tale o tal altro criterio), ma come di uno che fa le sue scelte, inizia di suo a compiere dei gesti pratici e in questo modo si rende non tanto soggetto pensante, ma piuttosto testimone di una filosofia sua propria, testimone nel senso che intende comunicarla più con le proprie azioni che con le proprie parole.
Ciò verrebbe a significare che, per esempio, le risposte filosofiche da dare ai kamikaze, agli attentatori, ai poteri economici, alle banche, al malaffare presente in politica, dovrebbero essere non tanto riflessioni, libri, ma azioni dimostrative. Il linguaggio fatto di parole, piuttosto che rimandare a se stesso, dovrebbe rinviare alle azioni compiute; il filosofo quindi dovrebbe dire: "Ti spiego a parole le mie idee, ma io stesso non faccio molto affidamento a queste parole, non considerarle come punto di riferimento: il punto di riferimento sono soprattutto le azioni che mi vedi compiere". Un'affermazione del genere costringerebbe il filosofo per lo meno ad interrogarsi su cosa egli fa di materiale nella società. Significa che il filosofo di oggi non pùo limitarsi a pensare, riflettere o scrivere libri.
Con questo non vorrei diventare già io stesso uno che detta legge: tutto ciò che ho scritto in questo post è da considerare soltanto ipotesi da sottoporre a discussioni e diversi punti di vista.
Citazione di: maral il 02 Giugno 2017, 22:25:08 PM
Il problema è che la filosofia non potrà mai essere una sorta di specialismo da aggiungersi ad altri specialismi, ciascuno isolato nella sua competenza sempre più stretta, senza che sia possibile alcuna comprensione e proprio per questo la filosofia non può più essere la storiografia di se stessa (anche se c'è modo e modo di intenderne e farne la storia). Il problema è che la conoscenza è diventata solo questione analitica (facendosi questione di sola potenza) e così facendo ha perso il suo senso complessivo, il tronco della conoscenza si è spezzato e restano solo rami e rametti, certamente interessanti, ma incapaci di produrre alcun nutrimento. Il problema è che si vede solo il pezzettino, la parte di competenza e di quella parte ogni specialista si occupa come fosse il tutto e ne va pure orgoglioso con tutta la stupidità che gliene deriva.
Se allora sporcarsi le mani di attualità significa aderire a questo specialismo tecnico in cui si è tramutata la scienza attuale, è bene che almeno la filosofia mantenga le mani pulite, se invece significa trovare il senso che ci unisce a partire dalle prassi umane, dai modi di fare concreti nel mondo ben venga.
Quello che può mirare a saper fare un filosofo è pensare (ed è un'arte assai difficile, di cui pochi - sedicenti filosofi compresi - sono capaci) ed è proprio questo che deve continuare a fare sapendolo fare e persino, se ne è capace, a insegnarlo a fare (che non significa portare a pensarla come lui), ma non può isolarsi nell'autoreferenzialità analitica del suo pensare, tutto qui.
Per il resto, alla domanda a che serve la filosofia, che oggi spesso si pone, a seguito dell'estremo sviluppo specialistico delle tecnoscienze, resta per me (che ho una formazione tecnico scientifica) sempre valida la risposta di Severino: "La filosofia non serve perché non è una serva" e ben venga chiunque non è servo e non si sente in dovere di servire, oggi ne abbiamo più bisogno che mai.
CitazioneCondivido pienamente, in particolare come obiezione a InVerno.
Al quale faccio notare che non é necessario essere iperspecialisti né di una qualche particolare scuola o tradizione di economia (anche perché esistono diverse teorie economiche, e quasi tutte scarsamente scientifiche e fortissimamente e scadentissimamente ideologiche) per criticarla intelligentemente, efficacemente e con competenza (e questo vale in generale, per lo meno in qualche misura, per qualsiasi materia di studio).
Se così non fosse ognuno dovrebbe pensare e agire autonomamente e con razionale senso critico unicamente nel suo campo professionale e la politica la deciderebbero (e governerebbero la società) a loro completa e insindacabile discrezione i "professionisti del governo", come nell' Ancien Régime (al quale peraltro ci stiamo obbrobriosamente riavvicinando dopo la caduta del muretto di Berlino).
In particolare Fusaro, lasciando per fortuna di tutti noi a InVerno stesso, che é sicuramente molto più atto all' uopo, la cura del suo pezzo di terra, critica molto intelligentemente e con competenza il pensiero unico politicamente corretto, anche circa la pretesa (in larga misura realizzata o in via di realizzazione; combattendo culturalmente per rovesciarla) di quest' ultimo di imporre il totale e assoluto dominio antidemocratico e umanamente disastroso dell' economia capitalistica su ogni aspetto della vita e della cultura umana.
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Giugno 2017, 23:34:33 PM. A questo punto penso sia bene anche lasciare volutamente da parte ogni discussione sulla natura umana quanto a egoismo o altruismo: prendiamo soltanto atto che in concreto avviene che noi uomini facciamo sia del bene che del male. Si potrebbe anche sgomberare il campo da tutto ciò che riguarda la ricerca in grande delle cause e delle responsabilità umane, perché, come già è un po' emerso, ciò darebbe adito a disquisizioni teoriche infinite, che è proprio quello che credo si dovrebbe evitare in un filosofare per l'azione.
CitazioneDissento.
Purtroppo l' azione per cambiare lo stato di cose presente, per essere efficace, richiede una adeguata comprensione teorica dello stato di cose presenti stesse, della sua genesi, delle sue tendenze evolutive oggettive, delle forze in campo nella lotta di classe.
E questo non é facile e richiede profonde elaborazioni e disquisizioni teoriche, assolutamente necessarie per filosofare efficacemente per l' azione.
Anche se questo espone inevitabilmente al rischio di perdersi in diatribe defatiganti e fuorvianti; rischio da correre (e ovviamente cercare di evitare o superare).
Ma da vecchio terzinternazionalista e grande ammiratore di Stalin (ma anche, a mio parere, in sostanziale accordo con filosofia stoica ed epicurea!) dirò di più:
Secondo me l' azione per cambiare lo stato di cose presente, per essere efficace, richiede anche la (ovviamente non illimitata e acritica) disponibilità a "sporcarsi le mani", a correre il rischio di commettere errori e relative ingiustizie, affrontando grandi difficoltà, terribili sacrifici, asprezze, sconfitte; e in particolare evitando un moralistico (ma in realtà a mio avviso immorale) rifiuto di usare tutti i mezzi e forme di lotta che fossero necessari, nelle varie circostanze concrete, a sconfiggere un nemico che per parte sua non si fa scrupolo alcuno di ricorrere a qualsiasi espediente, anche i più abbietti e disumani: non si sconfiggono i cannoni del nemico mettendo nei propri dei fiori, come cantava uno scadente complesso musicale circa mezzo secolo fa.
Non esiste nessuna "soluzione facile" degli immani problemi che l' umanità ha di fronte (e chi vorrebbe suggerircelo, in buona o mala fede, comunque ci sta miseramente ingannando).
Se non si é disposti ad affrontare grandi sacrifici, difficoltà, pericoli, sofferenze, errori in qualche misura inevitabili é inutile lamentarsi per il miserabile e ingravescente stato di cose presenti, perché vuol dire che non si é disposti a battersi per superarlo:
Hic Rhodus, hic salta!".
Ciò verrebbe a significare che, per esempio, le risposte filosofiche da dare ai kamikaze, agli attentatori, ai poteri economici, alle banche, al malaffare presente in politica, dovrebbero essere non tanto riflessioni, libri, ma azioni dimostrative. Il linguaggio fatto di parole, piuttosto che rimandare a se stesso, dovrebbe rinviare alle azioni compiute; il filosofo quindi dovrebbe dire: "Ti spiego a parole le mie idee, ma io stesso non faccio molto affidamento a queste parole, non considerarle come punto di riferimento: il punto di riferimento sono soprattutto le azioni che mi vedi compiere". Un'affermazione del genere costringerebbe il filosofo per lo meno ad interrogarsi su cosa egli fa di materiale nella società. Significa che il filosofo di oggi non pùo limitarsi a pensare, riflettere o scrivere libri.
CitazioneSecondo me i Kamikaze islamici si configgono cominciando a smettere da parte dell' occidente capitalistico di condurre sui paesi dai quali inevitabilmente sono reclutati i "kamikaze" (o da cittadini dei quali discendono i reclutati stessi) guerre e aggressioni mostruosamente terroristiche, nel disprezzo delle più elementari convenzioni internazionali sulla conduzione delle guerre e la tutela delle popolazioni civili, allo scopo di imporre loro governi-fantoccio che consentano all' imperialismo occidentale stesso di depredarli vandalicamente e ridurli alla miseria più nera; aggressioni, violenze, disumano terrorismo che inevitabilmente suscitano reazioni le più adeguate possibili (in condizioni di inferiorità militare pazzesche!) da parte di chi ne é vittima.
Se -"dio" non voglia!- io, mia moglie o mio figlio cadessimo vittime di attentati dell' ISIS o affini rifiuterei con sdegno qualsiasi funerale di Stato o comunque pelosa commemorazione da parte di politici, giornalisti, opinionisti, ecc. al servizio del pensiero unico politicamente corretto, che considererei i veri colpevoli (gli autentici assassini) di me stesso o dei miei familiari (esattamente come considero il governo italiano di allora l' autentico, reale assassino di mio nonno, caduto nella prima guerra mondiale).
Citazione di: sgiombo il 03 Giugno 2017, 09:58:31 AMPurtroppo l' azione per cambiare lo stato di cose presente, per essere efficace, richiede una adeguata comprensione teorica
È per questo che avevo scritto che "Rimane il piccolo, il poco bene che è possibile organizzare in piccoli gruppi oppure individualmente". È la scelta di affrontare le situazioni in grande a causare l'impasse delle infinite discussioni sulle teorie. Nella parabola del buon samaritano non è possibile rispondere al malcapitato "Non ti posso aiutare subito, prima devo costruirmi un'adeguata comprensione teorica della tua situazione". La ragione di quest'impossibilità, e quindi della forza provocatoria di quella parabola, sta nella piccolezza della situazione: la piccolezza di una situazione è in grado di mettere in crisi e perfino in ridicolo le discussioni teoriche.
Di conseguenza, si potrebbe sospettare che la filosofia, piuttosto che dedicarsi ad elaborare grandi sistemi, grandi teorie per riuscire ad interpretare globalmente i giganteschi problemi mondiali, potrebbe riservare maggiori attenzioni alla riflessione riguardante le situazioni piccole, locali, interpersonali, di quartiere; significherebbe lavorare, piuttosto che su filosofie universali, su filosofie di quartiere.
Angelo C.,
la tua è una domanda pregnante nel nostro tempo.
Il filosfo non può fare il cattedratico e chiudersi nella torre d'avorio del pensiero, prchè prima di tutto è uomo e vive la contraddizone spesso del suo pensiero con la quotidianità, con la mondanità del vivere. E vivere è l'incontro fra pensiero e pratiche.
Purtroppo il filosofo non è mediatico, nella misura in cui si pensa oggi il "fare mediatiicità", veloce quasi privo di pensiero, più immagini che parole,mentre la classe dirigente delle pratiche, nella economia nella politica soprattutto francamente non so se sono capaci ancora di pensare "in grande" e quindi in maniera non contingente al loro potere.
Il filosofo è sempre quindi più escluso dalla vita sociale e il pratico è sempre più avulso dal senso storico in cui vive.
Oggi, faccio un esempio, non so cosa insegnino nelle scuole di partito, nelle scuole sindacali, come formino la classe dirignete imprenditoriale e di coloro che appunto dirigono economicamente.
Ho visto che hai inserito Diego Fusaro nel tuo post, e green ha inserito Costanzo Preve.
Preve ha avuto un forte ascendente su Fusaro.Allora faccio un esempio.
Costanzo Preve è stato marxista, boicottato dalla classe dirigente accademica e alla fine dagli stessi marxisti.
A mio parere ha fatto un serio ragionamento essendo stato attivista politico.
Si ì accorto, diciamo così, che le teorie politiche non erano più confacenti al tempo sociale mutato.
Invitava lo stesso Fusaro a ritornare alla teoria della prassi studiando Fichte, essendo Preve un idealista hegeliano e marxista ideologicamente.
Ma addirittura a tornare Platone e Aristotele. Ma stiamo parlando di Preve, un attivista politico con alle spalle una formazione filosofica non da poco, o se vogliamo un filosofo prestato alla politica.
A mio modesto parere ha ragione, a prescindere dalle fedi filosofiche o politiche.
Quello che manca oggi è ripensare il pensiero e saperlo reintepretarlo nelle chiavi che le prassi attuali richiedono:questo è un compito se non il compito di un filosofo. dare la chiave di lettura del mondo invitando i praticanti a riflettere nel pensiero e i pensatori a dare signifcati nelle pratiche.
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Giugno 2017, 10:59:59 AM
Citazione di: sgiombo il 03 Giugno 2017, 09:58:31 AMPurtroppo l' azione per cambiare lo stato di cose presente, per essere efficace, richiede una adeguata comprensione teorica
È per questo che avevo scritto che "Rimane il piccolo, il poco bene che è possibile organizzare in piccoli gruppi oppure individualmente". È la scelta di affrontare le situazioni in grande a causare l'impasse delle infinite discussioni sulle teorie. Nella parabola del buon samaritano non è possibile rispondere al malcapitato "Non ti posso aiutare subito, prima devo costruirmi un'adeguata comprensione teorica della tua situazione". La ragione di quest'impossibilità, e quindi della forza provocatoria di quella parabola, sta nella piccolezza della situazione: la piccolezza di una situazione è in grado di mettere in crisi e perfino in ridicolo le discussioni teoriche.
Di conseguenza, si potrebbe sospettare che la filosofia, piuttosto che dedicarsi ad elaborare grandi sistemi, grandi teorie per riuscire ad interpretare globalmente i giganteschi problemi mondiali, potrebbe riservare maggiori attenzioni alla riflessione riguardante le situazioni piccole, locali, interpersonali, di quartiere; significherebbe lavorare, piuttosto che su filosofie universali, su filosofie di quartiere.
CitazioneNelle situazioni particolari della vita credo che sia giusto comportarsi come il buon samaritano, e personalmente cerco di farlo.
Ma (per parte mia) credo che per cambiare il mondo non basti certo una mera somma di singole "buone azioni da buon samaritano": secondo me ci vuole ben altro, compreso un difficile, faticoso studio del mondo stesso e delle sue dinamiche oggettive nel loro complesso e nelle loro articolazioni, nonché durissime lotte di massa, popolari.
Non esistono botti piene unitamente a mogli ubriache!
Non esistono soluzioni facili a problemi difficilissimi!
Non esistono cure omeopatiche o comunque indolori per tumori maligni: occorrono comunque dolorose e mutilanti operazioni chirurgiche e pesanti chemioterapie!
cit inverno
"Dipende che cosa è la filosofia e che cosa sono i filosofi. Se essere filosofi vuol dire essere preparati in storia della filosofia e pretendere di insegnare materie specialistiche al mondo (come fa Fusaro con l'economia) allora è meglio che le mani vengano sporcate si, ma dalla terra e dalla zappa (io ho preso questo invito alla lettera, e ho lasciato un piccolo angolo di giardino a Fusaro"
Lasciando da parte il caso Fusaro, secondo te all'economista sta a cuore l'interesse della gente?
Secondo te non dico il filosofo, ma proprio il cittadino, non deve informarsi di quale economia si decida di usare?
O siccome non è uno specialista deve stare zitto?
Le tue argomentazioni sfiorano il fascismo >:( , e non è un caso. Da bravo liberale quale sei. ;)
Ma ti dico una novità: siamo ancora in democrazia! 8)
Casomai starà all'economista sapersi spiegare per il pubblico non addetto ai lavori.
ma poi perchè uno con la tua spiritualità (ottima) deve farsi carico di queste istanze....è spiacevole. :'(
x angelo p1
cit angelo
Con questo non vorrei diventare già io stesso uno che detta legge: tutto ciò che ho scritto in questo post è da considerare soltanto ipotesi da sottoporre a discussioni e diversi punti di vista.
basterebbe indicare nella democrazia la risposta, la democrazia cosa è?
E' garanzia di diritto sociale, all'istruzione, al lavoro, alla sanità, alla integrità fisica, alla famiglia.
Il filosofo non dovrebbe spiegare ciò che è già patrimonio della storia delle prassi umane.
Non esiste proprio che la domanda ripetuta come un mantra, che ascolto onerosamente da 30 anni, sia " e chi li dà i soldi?"
Strano perchè cosa sia il signoraggio monetario, lo aveva già spiegato Goethe, poi ripreso da Kant fin su a Steiner.
Il problema del filosofo è perchè l'opinione pubblica non sia consapevole di questo trucchetto ridicolo. (lo sterco di satana, lo chiamavano i medievali, che videro il sorgere degli imperi)
la risposta è dopo secoli di cecità: che l'uomo è cattivo ossia è liberale, ossia vuole il bene altrui.
(gli oggetti altrui).
Capire l'individualismo contemporaneo, e il suo scudo (il liberalismo), e poi analizzarne le sue mimesi, le sue mutazioni, questo è ancora compito del filosofo. E di chi altro sennò? (le scienze della psi- si occupano della famiglia e della società, non del soggetto libero, ma del soggetto schiavo, all'interno di prassi, a difesa delle prassi esistenti).
Le azioni invece sono compito del politico, del prendere posizione. Contro qualcuno. (C.Schmitt, Nietzche)
(ed è lì che ci si sporca le mani, che si rischia).
Si tratta di unire la filosofia con la politica, ma da che mondo e mondo è sempre stato così (anche quando la filosofia si chiamava religione, o mito).
L'impedimento dell'azione è d'altronde parallelo al principio di conservazione del soggetto, che poi diventa comunità.
(e questo è il problema ancora da risolvere, che io chiamo il problema della comunità, o dell'altro: come posso riattivare il soggetto da passivo ad attivo? E certo non sapere i vari fallimenti susseguitisi nella storia è un bel problema, perciò lo studio nelle retrovie della storia della filosofia è necessaria ad ogni futura strategia)
cit sgiombo
"rifiuto di usare tutti i mezzi e forme di lotta che fossero necessari, nelle varie circostanze concrete, a sconfiggere un nemico che per parte sua non si fa scrupolo alcuno di ricorrere a qualsiasi espediente, anche i più abbietti e disumani: non si sconfiggono i cannoni del nemico mettendo nei propri dei fiori, come cantava uno scadente complesso musicale circa mezzo secolo fa."
Il problema della lotta di classe è che è vittima della propaganda, e quindi insiste su alcuni temi come quello della libera accoglienza, senza fare vera lotta contro i potenti.
E la lotta non viene fatta, perchè alla prima minaccia, la gente si spaventa.
Lo stato di terrore e di orrore a cui ci tengono legati a doppia-mandata con i mass media, crea individui spaventati.
E quindi le politiche guardinghe sono diventate pagliacciate.
Tenere una dimensione democratica, e intelligente sembra essere una ipotesi tramontata.
La dimensione sociale è ormai mera finzione. Come diceva Leopardi, una società fatta di individui infelici non può essere felice.
Bisogna tornare a interrogarsi sulla singolarità.
Anche se il potere medico sta tentando di togliere anche quella.
Mi chiedevo cosa ne pensi. (tranne l'ultimo punto che ovviamente rigetterai ;) )
La gente tornerò mai a rischiare qualcosa (proposta badiou)?
x angelo p2cit
"Nella parabola del buon samaritano non è possibile rispondere al malcapitato "Non ti posso aiutare subito, prima devo costruirmi un'adeguata comprensione teorica della tua situazione"."
la parabola del samaritano consiste al giorno d'oggi, che lui non vuol essere aiutato! 8) Vabbè è ora che ne dica qualcosa in più:
Per capire perchè non lo vuol essere ci vuole una adeguata comprensione teorica.
Che conduce a visioni apocalittiche.
(del tipo "aiutami e poi vedi di toglierti di mezzo(che non ti sopporto)", scene di vita quotidiana, dal mio periodo di volontariato).
Quanta innocenza nell'idea di principio di reciprocità!!! Non rimane che affidarsi veramente all'atto gratuito e insensato. il dovere per il dovere kantiano (fin che dura, io ho mollato).
Proposta pratica e analisi teorica della stessaO formare un contropotere mediatico, cosa che i filosofi contemporanei cercano di fare, senza riuscirvi, perchè insistono colla dimensione sociale, quando l'uomo VUOLE essere individuale.
Sposare la dimensione personale con quella sociale è da sempre il grave problema della filosofia ognitempo.
patteggiare per una sola di esse significa fallire..... non capisco proprio come si fa non capirlo!
Ma ovviamente bisogna ripartire dal singolo. Il globalismo si combatte con il localismo. non per una questione sociale, ma per una personale. ovviamente se il localismo si sposa ad una visione sociale, allora il globalismo vincerà sempre.(questione di numeri e mezzi)
questo le sinistre mondiali, o le catechesi religiose, non lo riescono a capire.il singolo va reso felice nella sua produzione nel sociale, ossia il singolo va reso felice nel sociale, e non nella sua produzione.la produzione è solo uno strumento.ma il singolo non è mai felice nel sociale, perchè fino ad oggi la morale dice esattamente il contrario di ciò che siamo.
l'incredibile ammontare di odio, è frutto di questo stato di auto-avvelenamento.
ma la morale nasce come la legge del più forte sul più debole.
ossia sull'opportunità di avere più oggetti.
lo spiega molto bene marx (il feticcio e la tecnica).
pensiamo ora alla donna come oggetto, e abbiamo a domino tutto quanto vediamo sotto gli occhi.lo spiega molto bene max reich.(certo non li ho letti quegli autori, meriterebbero una analisi approfondita, e non dispero che lo farò).
a mio parere la sessuofobia è la mimesi del dominio patriarcale dell'uomo sulla donna.
il grande poema epico ramayana, una delle fonti sacre induiste, apre così, poichè tu devi stare lontanto dal potere, così devi stare lontano dalle donne. perchè il potere e la donna sono la stessa cosa.
il nostro caro berlusconi è stato attaccato globalmente per i suoi festini. documentari severi anche in giappone a redarguire.
L'intera morale universale si basa dunque su una mera presunzione formale. (quando il reale ciascuno lo sa è l'esatto opposto, l'uomo desidera la donna).
Il rapporto padrone-servo, sta tutto là, in una dimensione di dominio biologica camuffata.
ma l'uomo non ha alcun diritto sulla donna.questa continua ostinazione è la spiegazione razionale di tutte le nefandezze a seguire.
che portano l'altro al rifiuto d'aiuto perchè lui vuole mantenere i suoi oggetti, il suo patrimonio, se non pecuniario, morale, di identificazione con una certa idea di virilità.
(mi spiace essere così apodittico, ma vorrei darne uno schizzo illustratorio il più possibile sintetico :P)
EPPURESe la si smette di avere presunzione di diritti particolari su chiunque, si vive MOLTO MEGLIO.
Le relazioni nella loro semplicità si basano sull'ospitalità, l'ultima grande lezione di Derrida, è infatti proprio questa.
L'Altro è la capacità linguistica, di poter accettare l'altro, ossia il linguaggio che mi unisce al mio prossimo.
Esige una grande cultura, un grande animo, un grande sacrificio per poter creare questo linguaggio.
(la malefica eredità della storia è ancora da sorpassare, o meglio da lasciare)
Che per Derrida consiste nel dialogo. Saper dialogare ospitando.....ogni maledetta metafisica mille volte maledetta allora cesserà.
Quanti secoli dovranno passare perchè l'individuo se ne accorga, e aprendosi alla comunità si decida della sua lealtà a se stesso.
Come uomo fra gli uomini. Che poi non è forse la lezione del Cristo? (okkei visione molto riduzionista, ma affascinante)
La filosofia è tale, credo, in quanto si distacca dal particolare e riflette sui concetti, che sono generalizzazioni del particolare. Nell'attualità si discute di casi contingenti che sono però il riflesso dell'epoca in cui viviamo, e secondo me ciò che manca è un'esauriente e profonda riflessione sui nostri tempi forse troppo frenetici - o addirittura schizofrenici - per essere approfonditi. Appena cerchi di andare in profondità rimani indietro, perché vieni travolto dall'ondata dei cambiamenti sempre più rapidi. È lo spirito della modernità. Mordere, masticare e sputare. Poco o niente lascia il segno. Ieri una bomba ad un concerto rock, oggi ad un funerale, un quindicenne che spara ad un altro quindicenne... Come spiegare eventi che ci sconvolgono per un istante e poi vengono dimenticati e sovrastati da altri ancora più sconvolgenti? Il divenire è sempre stato, il problema è che ora scorre così rapido che non lascia neanche un segno se non, forse, a livello subliminale. Il problema della filosofia è come conciliare filosofia e modernità.
Citazione di: green demetr il 03 Giugno 2017, 16:25:36 PM
cit inverno
"Dipende che cosa è la filosofia e che cosa sono i filosofi. Se essere filosofi vuol dire essere preparati in storia della filosofia e pretendere di insegnare materie specialistiche al mondo (come fa Fusaro con l'economia) allora è meglio che le mani vengano sporcate si, ma dalla terra e dalla zappa (io ho preso questo invito alla lettera, e ho lasciato un piccolo angolo di giardino a Fusaro"
Lasciando da parte il caso Fusaro, secondo te all'economista sta a cuore l'interesse della gente?
Secondo te non dico il filosofo, ma proprio il cittadino, non deve informarsi di quale economia si decida di usare?
O siccome non è uno specialista deve stare zitto?
Le tue argomentazioni sfiorano il fascismo >:( , e non è un caso. Da bravo liberale quale sei. ;)
Ma ti dico una novità: siamo ancora in democrazia! 8)
Casomai starà all'economista sapersi spiegare per il pubblico non addetto ai lavori.
ma poi perchè uno con la tua spiritualità (ottima) deve farsi carico di queste istanze....è spiacevole. :'(
Ti sbagli io non sono un liberale, questo non significa che devo appiattirmi su idee opposte. Non sono mai intervenuto in zona euro per parlare di tassi di sconto anzi quelle che poche che sono intervenuto ho invitato alla discussione politica, perchè credo nel primato della politica e specialmente in quello che hai detto tu, che la filosofia debba fondersi alla politica. Non ho mai intimato il silenzio a nessuno. Solo facendo il gioco di una democrazia capitalista si può pensare che travestendosi da economisti si guadagni in autorità e credibilità, è cosi che nella prassi si subordina il discorso politico al discorso economico. Preferisco che di economia parlino gli economisti e che rimanga una tecnica, non una teologia di massa. L'esatto opposto del liberalismo ;).
Citazione di: sgiombo il 03 Giugno 2017, 12:48:33 PM
Nelle situazioni particolari della vita credo che sia giusto comportarsi come il buon samaritano, e personalmente cerco di farlo.
Ma (per parte mia) credo che per cambiare il mondo non basti certo una mera somma di singole "buone azioni da buon samaritano": secondo me ci vuole ben altro, compreso un difficile, faticoso studio del mondo stesso e delle sue dinamiche oggettive nel loro complesso e nelle loro articolazioni, nonché durissime lotte di massa, popolari.
Non esistono botti piene unitamente a mogli ubriache!
Non esistono soluzioni facili a problemi difficilissimi!
Non esistono cure omeopatiche o comunque indolori per tumori maligni: occorrono comunque dolorose e mutilanti operazioni chirurgiche e pesanti chemioterapie!
Credo che già sia tanto tentare di occuparsi delle situazioni particolari, piuttosto che partire per cambiare il mondo, non c'è altro da fare ed è già un'impresa riuscire a farlo. Non siamo noi a cambiare il mondo, a creare mondi nuovi, prima viene il mondo che ci cambia ed è questo mondo che dispone i nostri modi di pensare, di raccontarcela e di sognare.
E' solo nell'acquisita consapevolezza delle nostre prassi quotidiane e limitate che qualcosa può accadere, non nell'utopia dei grandi disegni per i quali ogni mezzo è lecito, perché
non è vero che ogni mezzo è lecito in vista della fede nel fine, perché è il mezzo che si usa che rende il fine degno e non il contrario e le prassi hanno sempre la precedenza sull'ideale, fosse pure l'ideale migliore che si possa immaginare.
Una prassi che nei fatti contraddica l'ideale, per quanto in certe situazioni possa apparire inevitabile, annienta l'ideale e quanto più esso si proclama giusto, tanto più manifesterà la sua ipocrisia in modo nauseabondo. E allora non resterà che la propaganda più becera a fare da maschera ancora per un po', come sempre è accaduto, finché la maschera stessa con tutto il suo oneroso armamentario tecnico di seduzione andrà in polvere svelando il cadavere in putrefazione che ci sta sotto, pullulante di vermi e di poveri illusi.
La difficoltà sta proprio tutta qui e a volte può apparire insormontabile e riguarda la dignità coerente della prassi quotidiana, nient'altro.
Citazione di: green demetr il 03 Giugno 2017, 16:31:14 PM
cit sgiombo
"rifiuto di usare tutti i mezzi e forme di lotta che fossero necessari, nelle varie circostanze concrete, a sconfiggere un nemico che per parte sua non si fa scrupolo alcuno di ricorrere a qualsiasi espediente, anche i più abbietti e disumani: non si sconfiggono i cannoni del nemico mettendo nei propri dei fiori, come cantava uno scadente complesso musicale circa mezzo secolo fa."
Il problema della lotta di classe è che è vittima della propaganda, e quindi insiste su alcuni temi come quello della libera accoglienza, senza fare vera lotta contro i potenti.
E la lotta non viene fatta, perchè alla prima minaccia, la gente si spaventa.
Lo stato di terrore e di orrore a cui ci tengono legati a doppia-mandata con i mass media, crea individui spaventati.
E quindi le politiche guardinghe sono diventate pagliacciate.
Tenere una dimensione democratica, e intelligente sembra essere una ipotesi tramontata.
La dimensione sociale è ormai mera finzione. Come diceva Leopardi, una società fatta di individui infelici non può essere felice.
Bisogna tornare a interrogarsi sulla singolarità.
Anche se il potere medico sta tentando di togliere anche quella.
Mi chiedevo cosa ne pensi. (tranne l'ultimo punto che ovviamente rigetterai ;) )
La gente tornerò mai a rischiare qualcosa (proposta badiou)?
CitazioneSono sostanzialmente d' accordo.
Sul "potere medico penso" che sia ben scarso e comunque sostanzialmente subalterno a quello delle oligarchie finanziarie transnazionali (che comprendono anche "specialisti della medicina", ma non nei "posti di comando" dove si trovano soprattutto ideologi da quattro soldi tipo economisti "bocconiani" o della "London school of economy" e via sparando gran cazzate e non imbroccandone mai una che é una, nemmeno per isbaglio; mi scuso, non tanto con te quanto con i benpensanti, per questo lingiuaggio non ipocrita - politicamente corretto).
Comunque personalmente sono un medico anticonformista, del tutto "fuori da questo circuito" (non per niente non sono mai diventato primario e ho subito varie angherie ed ingiustizie, dovendo anche ricorrere alle vie legali, da qualche primario e leccaculo di primari; ora per fortuna sono in pensione).
Quanto alla lotta di classe, penso che inevitabilmente in qualche misura sia fatta anche di propaganda.
La "libera accoglienza" degli ideologi al servizio del potere (soprattutto di quelli sedicenti "di sinistra", come l' orrenda Boldrini; ma anche quella di Papa Francesco) é per me un' insopportabile professione di ipocrisia.
Certo, contro Salvini, la Meloni, la Le Pen e nazisti analoghi affermo il sacrosanto diritto di chi é immiserito e condannato alla morte per fame e/o quotidianamente sottoposto a disumane, terroristicissime violenze belliche da parte dell' imperialismo occidentale a cercare di sfuggire a questa sorte disumana emigrando da noi anche se così di fatto crea oggettivamente (ma per colpa non sua, bensì dell' imperialismo! E un po' anche "nostra", nella misura in cui non siamo in grado di impedire di perpetrare i loro crimini contro l' umanità ai nostri governanti) problemi non lievi per i non sfruttati dei nostri paesi.
Ma rifiuto le miserabili balle ideologiche su "scafisti", "trafficanti di esseri umani" (che non vengono affatto catturati con la forza alla maniera degli schiavi nei secoli scorsi ma sono invece costretti a rivolgersi a loro del tutto "liberamente" a causa dei trattati, come Shengen, che in occidente violano palesemente il diritto umano alla mobilità e alla emigrazione), ecc.: costoro sono semplici malavitosi paragonabili a contrabbandieri che prosperano ovviamente sul proibizionismo legale verso il diritto all' emigrazione: se non ci fossero leggi incivili e disumane approvate dai vostri parlamenti, "care" boldrine, i migranti africani e orientali viaggerebbero molto più economicamente e in sicurezza in terza classe come facevano (e di nuovo fanno, sempre più numerosi!) i nostri migranti italiani!
Inoltre mi fa schifo la pseudopietas per i migranti che rischiano la morte e molto spesso la trovano da parte di chi é connivente con il potere che li costringe a emigrare e non fa nulla per eliminare il dominio e la rapina imperialistica che é la causa della loro emigrazione (in queste condizioni di fatto sacrosanta, ci costi quel che ci costi!), e anzi fa di tutto per conservarne e rafforzarne le cause.
Citazione di: maral il 04 Giugno 2017, 08:38:46 AM
Credo che già sia tanto tentare di occuparsi delle situazioni particolari, piuttosto che partire per cambiare il mondo, non c'è altro da fare ed è già un'impresa riuscire a farlo. Non siamo noi a cambiare il mondo, a creare mondi nuovi, prima viene il mondo che ci cambia ed è questo mondo che dispone i nostri modi di pensare, di raccontarcela e di sognare.
E' solo nell'acquisita consapevolezza delle nostre prassi quotidiane e limitate che qualcosa può accadere, non nell'utopia dei grandi disegni per i quali ogni mezzo è lecito, perché non è vero che ogni mezzo è lecito in vista della fede nel fine, perché è il mezzo che si usa che rende il fine degno e non il contrario e le prassi hanno sempre la precedenza sull'ideale, fosse pure l'ideale migliore che si possa immaginare.
Una prassi che nei fatti contraddica l'ideale, per quanto in certe situazioni possa apparire inevitabile, annienta l'ideale e quanto più esso si proclama giusto, tanto più manifesterà la sua ipocrisia in modo nauseabondo. E allora non resterà che la propaganda più becera a fare da maschera ancora per un po', come sempre è accaduto, finché la maschera stessa con tutto il suo oneroso armamentario tecnico di seduzione andrà in polvere svelando il cadavere in putrefazione che ci sta sotto, pullulante di vermi e di poveri illusi.
La difficoltà sta proprio tutta qui e a volte può apparire insormontabile e riguarda la dignità coerente della prassi quotidiana, nient'altro.
CitazioneNon posso che ribadire il mio dissenso e la mia ammirazione per Machiavelli e per Stalin.
Anche perché cerco di essere stoico ed epicureo e un po' leopardiano e di avere sempre presente il senso del limite; e inoltre non sono credente in alcuna provvidenza divina o meno, né in alcuna forma di inevitabili e trionfali magnifiche sorti e progressive dell' umanità.
Sono divergenze profondissime, che non si superano con una discussione ma casomai con l' esperienza di una vita (o comunque con reiterate, profonde discussioni, riflessioni, letture, esperienze di vita; solo raramente e in casi molto fortunati attraverso subitanee "folgorazioni sulla via di Damasco").
Condivido solo la considerazione che prima che noi si possa cambiare il mondo viene il mondo che cambia noi (e per sperare di cambiarlo bisogna tenerne ben conto); ma credo in un rapporto di "reciprocità dialettica" fra condizionamenti del mondo su di noi e (possibile) azione nostra per (tentare di) cambiare il mondo.
Sicuramente questo è un tema che, nella sua attualità, andrebbe filosoficamente esplorato: come i mezzi incidono sul fine?
Io ritengo che siano i mezzi a determinare il senso effettivo dei fini, mentre dell'utopia originaria resta solo un guscio vuoto a uso propagandistico. A tale proposito vorrei richiamare un vecchio thread, il primo che aprii in "Riflessioni" in cui l'argomento, grazie agli interventi a cui diede luogo, si trova collegato al tema filosofico fondamentale della verità (a dimostrazione che anche per una filosofia che si sporchi le mani i grandi temi filosofici restano imprescindibili):
https://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14145-la-verita-ovvero-il-potere-dei-senza-potere.htmlCitazione... ma credo in un rapporto di "reciprocità dialettica" fra condizionamenti del mondo su di noi e (possibile) azione nostra per (tentare di) cambiare il mondo.
Sì sono d'accordo, ma i risultati non saranno mai corrispondenti a quelli del disegno originario, la volontà non è sufficiente nei suoi intenti pianificanti, anche per questo è bene mantenersi su una scala pragmaticamente ridotta.
Citazione di: green demetr il 03 Giugno 2017, 16:25:36 PM
Lasciando da parte il caso Fusaro, secondo te all'economista sta a cuore l'interesse della gente?
Secondo te non dico il filosofo, ma proprio il cittadino, non deve informarsi di quale economia si decida di usare?
O siccome non è uno specialista deve stare zitto?
Le tue argomentazioni sfiorano il fascismo >:( , e non è un caso. Da bravo liberale quale sei. ;)
Ma ti dico una novità: siamo ancora in democrazia! 8)
Il problema non è se l'economista ha a cuore l'interesse della gente, il problema è che spesso la gente si lascia catturare da fake news che la portano a volere cose contro il proprio interesse (Tipo l'uscita dall'Euro).
L'associazione liberalismo-fascismo poi mi sconcerta, in generale io non considero il liberalismo neanche di destra, perché ve ne sono versioni spostate a sinistra.
Essere a sinistra è stata anzi la vocazione originaria del liberalismo, almeno fino a quando una cultura egemone e antidemocratica come quella marxista lo ha scacciato verso la destra.
Citazione di: anthonyi il 04 Giugno 2017, 14:33:21 PM
Il problema non è se l'economista ha a cuore l'interesse della gente, il problema è che spesso la gente si lascia catturare da fake news che la portano a volere cose contro il proprio interesse (Tipo l'uscita dall'Euro).
CitazioneMi piacerebbe proprio sapere se qualcuno in Italia che non sia un banchiere, un grande imprenditore, un giornalista, un economista o magari un ladro dichiarato, che ammette candidamente di esserlo (diciamo: qualcuno che sia un onesto lavoratore), e che non abbia magari vinto la lotteria di Capodanno, stia meglio ora di quando c' era la lira (a proposito di "fake news" e di "volere cose contro il proprio interesse").
Citazione di: maral il 04 Giugno 2017, 13:48:27 PM
Sicuramente questo è un tema che, nella sua attualità, andrebbe filosoficamente esplorato: come i mezzi incidono sul fine?
Io ritengo che siano i mezzi a determinare il senso effettivo dei fini, mentre dell'utopia originaria resta solo un guscio vuoto a uso propagandistico. A tale proposito vorrei richiamare un vecchio thread, il primo che aprii in "Riflessioni" in cui l'argomento, grazie agli interventi a cui diede luogo, si trova collegato al tema filosofico fondamentale della verità (a dimostrazione che anche per una filosofia che si sporchi le mani i grandi temi filosofici restano imprescindibili): https://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14145-la-verita-ovvero-il-potere-dei-senza-potere.html
Citazione... ma credo in un rapporto di "reciprocità dialettica" fra condizionamenti del mondo su di noi e (possibile) azione nostra per (tentare di) cambiare il mondo.
Sì sono d'accordo, ma i risultati non saranno mai corrispondenti a quelli del disegno originario, la volontà non è sufficiente nei suoi intenti pianificanti, anche per questo è bene mantenersi su una scala pragmaticamente ridotta.
Andiamo al punto ieri e l'altro ieri stavo riflettendo sulle questioni politiche.
https://www.youtube.com/watch?v=82FALICcLRE
Ma quale sarebbe stato il background di questi due pensieri?
https://www.youtube.com/watch?v=v4j41lmuJ74
Caro vecchio povero Preve, già lo compiango pur non avendo ben presente la sua intera architettura.
Ecco due visioni dialettiche opposte, quella di negri che riguarda la dissolvenza dell'impero, e quella più classica di resistenza all'impero di Preve.
E' interessante perchè Preve distingue tra lui che è allievo di Hegel e Marx, e Negri che è allievo di focault-deleuze, ossia del nietzche post moderno.
La mixerei con quella di de Benoist, che mi pare la più sensata.
https://www.youtube.com/watch?v=3Avx4j2l4TE
Lui che è allievo di Heidegger e Nietzche non post moderno.
E' bizzarro sopratutto per me, che sono allievo di tutti questi!
Mi sento allievo di Hegle di Marx di Nietzche di Heidegger e di Focault.
(ma non sopporto Deleuze, sebbene sia lui ad aver scritto capitalismo e schizofrenia, il cui titolo è per me TUTTO quello che c'è da dire oggi)
Mi è piaciuto sopratutto come Preve veda una sostanziale differenza tra chi vuole superare la morale tramite l'etica, e chi tramite l'accellerazione del suo dissolvimento.
In effetti è anche lo stesso dilemma in cui mi trovo io.
A cui però CREDO che esista una sintesi.
Andiamo con ordine. Rispetto anche quanto dici Maral ( e dicevi, complimenti per la coerenza di pensiero!)
Il problema è come entrambi ammettiamo il rapporto individuo stato.
O meglio per te è individuo prassi (diciamo che ti sei evoluto seguendo sini)
Ma politicamente in fin dei conti, in questo momento storico (per lo meno) non cambia nulla.
Dal punto di vista filosofico, però entra senza dubbio il processo dialettico.
Ossia le modalità storiche del soggetto rispetto alla sua alterità.
https://www.youtube.com/watch?v=rW3SXnxfUwE
Ossia come dice Preve sul diritto della filosofia di esprimere un giudizio qualitativo sul generale discorsivo di una comunità.
(noto che abbiamo idee molto simili)
Ma è proprio il giudizio qualitativo che rischia di saltare, non tanto per quanto riguarda il problema delle prassi, che essendo paranoiche impediscono persino il giudizio. (Preve nel video si scaglia contro i cani/cinici imperiali)
Il giudizio qualitativo è il giudizio del soggetto, ma il soggetto è sua volta vittima delle pratiche.
Ora in un momento storico di gravissimo stato identitario (individualismo), la filosofia ha fallito l'intero obiettivo.
Quando si parla di morte della filosofia io intendo non tanto il suo principio paranoico del cinismo dilagante. ossia non del suo inverarsi sociale.
Quanto proprio di quello che intende Preve. L'incapacità di giudizio sul sociale.
Se il sociale deve essere borghese, come lo è in Marx e in Hegel, è finita.
Non tanto per la lotta al mercato unico, lì sarei d'accordo, ma quanto sul lato morale.
E' il lato morale che la filosofia ha dimenticato completamente di controllare.
Ossia quello che vuole il verduraio rispetto all'esito di resistenza al mercato globale.
Io sarei per la dissoluzione di questa morale. non il suo controllo etico, che è fallimentare per necessità (comunismo classico).
Voglio dire l'individualismo nasce non per cattiveria umana, a meno che non vogliamo dire che l'uomo è cattivo di suo.
Ma nasce dal cortocircuito tra ciò che vorrebbe essere e ciò che lo stato gli nega di essere (in quanto morale attenzione, non in quanto doveri diritti, che è solo una conseguenza storica di una menzogna originaria)
Il punto è che la morale non è nelle prassi, ma nel linguaggio stesso identitario dell'uomo.
Ossia è nel linguaggio che consiste il problema.
A mio parere la filsofia deve accellerrare su quella questione.
Se la morale è l'esito di una cristallizzazione del linguaggio, allora va destrutturato anzitutto come legame sociale originario.
La famiglia va destrutturata. E' quello che meritevolmente il capitalismo sta facendo.
Vi vedo una chiara manovra, e la ritengo necessaria.(ossia per me è ovvio che se il soggetto è diverso da quello che dice, il flusso dei soggetti che dicono il falso non può far altro che condurli ad eccedere la propria menzogna fino a farla cadere).
Il capitalismo occidentale farà collassare le strutture intere mondiali.
(in quanto i soggetti che più hanno mentito, sanno che anche gli altri mentono)
E' necessario, perchè l'uomo, è un uomo desiderante.
Ci vorrebbe un collante.Per questo non butto niente della resistenza, la resistenza è il collante.la politica è il collante.
Nella sua accezione più illuminata dovrebbe capire la necessità di rottamare definitivamente la filosofia metafisica, ossia la morale, rimanendo una etica.
Rimanere etici distuggendo la morale del sistema parentale, è questo il compito della filosofia.
L'eticità ovviamente è il comunitario. (hegel marx etc...)
Ecco che forse l'enigma nietzche e l'enigma heidegger e l'enigma Hegel sarebbero già meno enigmi.
La mancanza odierna di una etica all'altezza dei tempi, ossia all'altezza di quello che sta combinando il capitalismo è la cosa peggiore.
O si capisce e si apprezza cosa sta facendo il capitalismo, o è impossibile fare una etica.
Alla fine sono d'accordo con Negri, cioè il negri spiegato da preve, il punto è a chi spetterà la plusvalenza.
Se spetterà a tutti, necessità di una etica VERA, che sappia dire il vero.
Se sarà come è oggi una etica falsa, allora il surplus sarà di pochi.
Bè è esattamente come vanno le cose, da moooolto tempo.
Probabilmente da prima che nascesse la storia.
Ecco perchè la dissoluzione, il dissolvimento, il potere invisibile siniano.
VANNO CAPITI!!! PER ESSERE REINDIRIZZATI ALLA COMUNITA'.
UNA COMUNITA' POSSIBILE, RICHIAMATA DAL LIMBO SCHIZOFRENICO IN CUI PER ORA SI E' ECLISSATA. POSSIBILE PERCHE' VERA.
Probabilmente una buona filosofia dell'azione, oltre rivolgere l'attenzione al sociale, farebbe bene ad andare per lo meno di pari passo con una filosofia del miglioramento di sé, altrimenti cadremo nel solito problema in cui s'incorre quando si critica lo Stato, il governo, dimenticando che essi sono specchio di ciascuno di noi. Questa cosa può valere anche a livello mondiale: se nel mondo ci sono tanti problemi, ciò dev'essere necessariamente dovuto, in buona misura, anche al fatto che ciascuno di noi porta in sé dei problemi, i quali provocano quelli della società mondiale.
Da questo punto di vista, si potrebbe sospettare che il buon samaritano soccorra il malcapitato anche perché riconosce di essere egli stesso causa di quella violenza che si è venuta a verificare; quindi la sua azione è anche un tentativo di riparare a un male in cui egli è coinvolto, non importa quanto direttamente o indirettamente; egli si sospetta complice; più o meno complice, ma comunque complice. Naturalmente verrebbe fuori l'obiezione: come posso io sentirmi complice, per esempio, di un attentato come quest'ultimo che si è verificato a Londra? Quest'obiezione penso che ormai sia da considerare alquanto ingenua e superficiale: mi sembra ormai diffusa la consapevolezza che siamo tutti impiastricciati dei mali del mondo, siamo tutti collegati nel villaggio globale. Tutt'al più si tratterà di comprendere che ciò che sarà d'aiuto non sarà certo un inutile senso di colpa, ma una progettualità positiva che tenti di porre in essere la propria parte costruttiva.
Citazione di: sgiombo il 04 Giugno 2017, 15:04:45 PM
Citazione di: anthonyi il 04 Giugno 2017, 14:33:21 PM
Il problema non è se l'economista ha a cuore l'interesse della gente, il problema è che spesso la gente si lascia catturare da fake news che la portano a volere cose contro il proprio interesse (Tipo l'uscita dall'Euro).
CitazioneMi piacerebbe proprio sapere se qualcuno in Italia che non sia un banchiere, un grande imprenditore, un giornalista, un economista o magari un ladro dichiarato, che ammette candidamente di esserlo (diciamo: qualcuno che sia un onesto lavoratore), e che non abbia magari vinto la lotteria di Capodanno, stia meglio ora di quando c' era la lira (a proposito di "fake news" e di "volere cose contro il proprio interesse").
Giusto per precisazione (E' inutile discutere le posizioni sono troppo distanti), il problema non è il confronto tra l'Euro di oggi e la lira di 20 anni fa, ma il confronto tra l'Euro oggi e una nuova moneta sovrana oggi.
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Giugno 2017, 19:52:27 PM
Probabilmente una buona filosofia dell'azione, oltre rivolgere l'attenzione al sociale, farebbe bene ad andare per lo meno di pari passo con una filosofia del miglioramento di sé, altrimenti cadremo nel solito problema in cui s'incorre quando si critica lo Stato, il governo, dimenticando che essi sono specchio di ciascuno di noi. Questa cosa può valere anche a livello mondiale: se nel mondo ci sono tanti problemi, ciò dev'essere necessariamente dovuto, in buona misura, anche al fatto che ciascuno di noi porta in sé dei problemi, i quali provocano quelli della società mondiale.
Da questo punto di vista, si potrebbe sospettare che il buon samaritano soccorra il malcapitato anche perché riconosce di essere egli stesso causa di quella violenza che si è venuta a verificare; quindi la sua azione è anche un tentativo di riparare a un male in cui egli è coinvolto, non importa quanto direttamente o indirettamente; egli si sospetta complice; più o meno complice, ma comunque complice. Naturalmente verrebbe fuori l'obiezione: come posso io sentirmi complice, per esempio, di un attentato come quest'ultimo che si è verificato a Londra? Quest'obiezione penso che ormai sia da considerare alquanto ingenua e superficiale: mi sembra ormai diffusa la consapevolezza che siamo tutti impiastricciati dei mali del mondo, siamo tutti collegati nel villaggio globale. Tutt'al più si tratterà di comprendere che ciò che sarà d'aiuto non sarà certo un inutile senso di colpa, ma una progettualità positiva che tenti di porre in essere la propria parte costruttiva.
Angelo, ho difficoltà a schematizzare il tuo ragionamento. L'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:16:25 AM
Citazione di: sgiombo il 04 Giugno 2017, 15:04:45 PM
Citazione di: anthonyi il 04 Giugno 2017, 14:33:21 PM
Il problema non è se l'economista ha a cuore l'interesse della gente, il problema è che spesso la gente si lascia catturare da fake news che la portano a volere cose contro il proprio interesse (Tipo l'uscita dall'Euro).
CitazioneMi piacerebbe proprio sapere se qualcuno in Italia che non sia un banchiere, un grande imprenditore, un giornalista, un economista o magari un ladro dichiarato, che ammette candidamente di esserlo (diciamo: qualcuno che sia un onesto lavoratore), e che non abbia magari vinto la lotteria di Capodanno, stia meglio ora di quando c' era la lira (a proposito di "fake news" e di "volere cose contro il proprio interesse").
Giusto per precisazione (E' inutile discutere le posizioni sono troppo distanti), il problema non è il confronto tra l'Euro di oggi e la lira di 20 anni fa, ma il confronto tra l'Euro oggi e una nuova moneta sovrana oggi.
CitazioneInfatti, ammesso e non concesso che si tratti di un salto nel buio, meglio il buio che la merda attuale (mal che vada si cadrebbe dalla padella -che sia quella sul fornello in cui si frigge oppure quella "da ospedale" sul letto dell' immobilizzato-nella brace: né meglio né peggio di ora).
Comunque se entrando nell' euro siamo arrivati al disastro attuale in ulteriore peggioramento senza alcuna luce in fondo al tunnel (vedi la Grecia, che é il nostro futuro), buon senso per lo meno consiglierebbe di prendere in considerazione l' ipotesi di fare qualche passo indietro.
O vorresti ancora raccontare che per più di 50 anni -sic!- saremmo "vissuti al di sopra delle nostre possibilità", inoltre permettendoci anche finti ciechi, finti invalidi, "pensionati baby" e altri sprechi e ruberie (comunque infinitamente più modeste che le attuali "euriste")?
Peggio che credere a Babbo natale e alla Befana!
Comunque per tornare dal faceto al serio ti propongo questa lettura (da una rivista non certo "bolscevica" ma del tutto politicamente corretta):
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-debito-pubblico-italiano-la-truffa-e-servita/
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AM
Angelo, ho difficoltà a schematizzare il tuo ragionamento. L'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
CitazioneHa invece qualcosa (anzi: moltissimo!) a che farci il fatto che "democraticamente" eleggiamo governi che seminano il più disumano terrorismo stragistico in mezzo mondo e lo depredano vandalicamente.
Il fatto che, come dice anche la nauseabonda retorica politicamente corretta post-attentati (solo quelli, relativamente "minori", subiti da noi, naturalmente!) "siamo in guerra"; omettendo però di dire che questa guerra l' hanno iniziata i "nostri" governi occidentali (in molti casi senza nemmeno dichiararla, in barba alle convenzioni internazionali sulle guerre) conducendola nella maniera più barbaricamente terroristica e disumana possibile.
E che non si risponde con mazzi di fiori ai bombardamenti indiscriminati sui civili e all' uso do armi chimiche (l' uso autentico, documentato, cioé quello dell' imperialismo occidentale e dei suoi scagnozzi periferici, non quello vergognosamente inventato di sana pianta "di Gheddafi" o "di Assad").
Citazione di: sgiombo il 05 Giugno 2017, 08:29:12 AM
Comunque se entrando nell' euro siamo arrivati al disastro attuale in ulteriore peggioramento senza alcuna luce in fondo al tunnel (vedi la Grecia, che é il nostro futuro), buon senso per lo meno consiglierebbe di prendere in considerazione l' ipotesi di fare qualche passo indietro.
O vorresti ancora raccontare che per più di 50 anni -sic!- saremmo "vissuti al di sopra delle nostre possibilità", inoltre permettendoci anche finti ciechi, finti invalidi, "pensionati baby" e altri sprechi e ruberie (comunque infinitamente più modeste che le attuali "euriste")?
Peggio che credere a Babbo natale e alla Befana!
Comunque per tornare dal faceto al serio ti propongo questa lettura (da una rivista non certo "bolscevica" ma del tutto politicamente corretta):
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-debito-pubblico-italiano-la-truffa-e-servita/
Commento ai margini del tema.
Uno Stato serio si finanzia normalmente con le imposte (col debito per le spese di investimento), uno Stato faceto con la moneta (la tesi di sottofondo di quell'articolo) e col debito.
Non mi sento di proporre ai filosofi professionisti o dilettanti di impegnarsi sui problemi sociali, preferisco la loro libertà di ricerca, di indagine, anche perché non considero i filosofi particolarmente preparati ad affrontare questi problemi.
Per esempio sulla povertà la teoria di Malthus è più rilevante, significativa, della maggioranza delle teorie dei filosofi.
Se poi per affrontare problemi di caratteri economico si comincia dal fatto che l'economia non è una scienza e la tecnica è nociva non vedo alcuno spazio per la prassi.
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AML'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
Mi sembra che quest'obiezione sia molto importante per tutta questa discussione, anche per tentare di mantenerci nel filosofico ed evitare di trasformare il discorso in una discussione generica sull'attualità o su problematiche specialistiche da economisti.
Per quanto riguarda una visione di come stanno le cose, in merito a questa questione della corresponsabilità, mi sembra che non sarebbe difficile trovare argomentazioni sia per sostenerla che per smentirla; significa che su questa linea andremmo a finire nelle discussioni infinite che sin dall'inizio ho indicato come rischio da evitare affinché si realizzi un filosofare dell'azione, piuttosto che un filosofare dell'esclusivo discutere, sospettabile di tendere a proteggere se stesso dal coinvolgimento nei problemi del mondo.
Di conseguenza, trovo più efficace un discutere basato sul confronto in merito alle scelte personali, piuttosto che in merito a come interpretare la situazione del mondo. Come scelta mia personale, io trovo più fruttuoso considerarmi corresponsabile di tutti i mali del mondo, indipendentemente da quanto ciò possa essere vero o oggettivo. Questa coscienza di corresponsabilità è sterile se pensata come senso di colpa oppure come giustificazione per dire che non possiamo farci niente, essendo tutti immersi nel male. La trovo invece fruttuosa se pensata come contesto per lavorare, progettare, costruire. Essa mi permette di non colpevolizzare né i poveri (quando si sostiene che essi sono causa dei loro mali), né i poteri economici (tenendo presente che questi poteri non sono calati su di noi da altri pianeti, ma li ha creati quella stessa società che ne soffre l'oppressione).
Sentirmi corresponsabile del terrorismo mi consente di dedurre che io posso fare qualcosa per contrastarlo, senza bisogno di dover essere un capo di stato o avere in mano grandi poteri: mi è sufficiente progettare miglioramenti di me stesso, intervenire in favore di chi soffre, cominciando dai miei conoscenti. Inoltre mi consente di considerare le mie azioni in favore della società come dovute, piuttosto che come sovrappiù per cui mi si dovrebbe ringraziare o che, in quanto sovrappiù, posso tranquillamente anche astenermi dal compiere.
Questa linea può essere accusata di sostenere un semplicistico "vogliamoci bene"; credo ne sia differente perché essa, autoconcependosi come filosofica, si autoconcepisce come problematica, critica e autocritica, disincantata, ma non per questo pessimista.
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Giugno 2017, 13:43:24 PM
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AML'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
Mi sembra che quest'obiezione sia molto importante per tutta questa discussione, anche per tentare di mantenerci nel filosofico ed evitare di trasformare il discorso in una discussione generica sull'attualità o su problematiche specialistiche da economisti.
Per quanto riguarda una visione di come stanno le cose, in merito a questa questione della corresponsabilità, mi sembra che non sarebbe difficile trovare argomentazioni sia per sostenerla che per smentirla; significa che su questa linea andremmo a finire nelle discussioni infinite che sin dall'inizio ho indicato come rischio da evitare affinché si realizzi un filosofare dell'azione, piuttosto che un filosofare dell'esclusivo discutere, sospettabile di tendere a proteggere se stesso dal coinvolgimento nei problemi del mondo.
Di conseguenza, trovo più efficace un discutere basato sul confronto in merito alle scelte personali, piuttosto che in merito a come interpretare la situazione del mondo. Come scelta mia personale, io trovo più fruttuoso considerarmi corresponsabile di tutti i mali del mondo, indipendentemente da quanto ciò possa essere vero o oggettivo. Questa coscienza di corresponsabilità è sterile se pensata come senso di colpa oppure come giustificazione per dire che non possiamo farci niente, essendo tutti immersi nel male. La trovo invece fruttuosa se pensata come contesto per lavorare, progettare, costruire. Essa mi permette di non colpevolizzare né i poveri (quando si sostiene che essi sono causa dei loro mali), né i poteri economici (tenendo presente che questi poteri non sono calati su di noi da altri pianeti, ma li ha creati quella stessa società che ne soffre l'oppressione).
Sentirmi corresponsabile del terrorismo mi consente di dedurre che io posso fare qualcosa per contrastarlo, senza bisogno di dover essere un capo di stato o avere in mano grandi poteri: mi è sufficiente progettare miglioramenti di me stesso, intervenire in favore di chi soffre, cominciando dai miei conoscenti. Inoltre mi consente di considerare le mie azioni in favore della società come dovute, piuttosto che come sovrappiù per cui mi si dovrebbe ringraziare o che, in quanto sovrappiù, posso tranquillamente anche astenermi dal compiere.
Questa linea può essere accusata di sostenere un semplicistico "vogliamoci bene"; credo ne sia differente perché essa, autoconcependosi come filosofica, si autoconcepisce come problematica, critica e autocritica, disincantata, ma non per questo pessimista.
Probabilmente è per la stessa ragione che la chiesa ha inventato il peccato originale. Io però sono dell'idea che il senso di colpa alteri l'interpretazione razionale dei problemi, interpretazione che a volte può essere utile per rispondere a questi in maniera razionale. Per me il caso emblematico è il caso dell'immigrazione, abbiamo dei sistemi culturali talmente ingabbiati nel senso di colpa che non riescono a pianificare una risposta adeguata per cui ci ritroviamo a importare, a caro prezzo, i problemi dell'Africa, e a finanziarne la criminalità e probabilmente le organizzazioni terroristiche.
Citazione di: green demetr il 04 Giugno 2017, 16:16:24 PM
Citazione di: maral il 04 Giugno 2017, 13:48:27 PM
Sicuramente questo è un tema che, nella sua attualità, andrebbe filosoficamente esplorato: come i mezzi incidono sul fine?
Io ritengo che siano i mezzi a determinare il senso effettivo dei fini, mentre dell'utopia originaria resta solo un guscio vuoto a uso propagandistico. A tale proposito vorrei richiamare un vecchio thread, il primo che aprii in "Riflessioni" in cui l'argomento, grazie agli interventi a cui diede luogo, si trova collegato al tema filosofico fondamentale della verità (a dimostrazione che anche per una filosofia che si sporchi le mani i grandi temi filosofici restano imprescindibili): https://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14145-la-verita-ovvero-il-potere-dei-senza-potere.html
Citazione... ma credo in un rapporto di "reciprocità dialettica" fra condizionamenti del mondo su di noi e (possibile) azione nostra per (tentare di) cambiare il mondo.
Sì sono d'accordo, ma i risultati non saranno mai corrispondenti a quelli del disegno originario, la volontà non è sufficiente nei suoi intenti pianificanti, anche per questo è bene mantenersi su una scala pragmaticamente ridotta.
Andiamo al punto ieri e l'altro ieri stavo riflettendo sulle questioni politiche.
https://www.youtube.com/watch?v=82FALICcLRE
Ma quale sarebbe stato il background di questi due pensieri?
https://www.youtube.com/watch?v=v4j41lmuJ74
Caro vecchio povero Preve, già lo compiango pur non avendo ben presente la sua intera architettura.
Ecco due visioni dialettiche opposte, quella di negri che riguarda la dissolvenza dell'impero, e quella più classica di resistenza all'impero di Preve.
E' interessante perchè Preve distingue tra lui che è allievo di Hegel e Marx, e Negri che è allievo di focault-deleuze, ossia del nietzche post moderno.
La mixerei con quella di de Benoist, che mi pare la più sensata.
https://www.youtube.com/watch?v=3Avx4j2l4TE
Lui che è allievo di Heidegger e Nietzche non post moderno.
E' bizzarro sopratutto per me, che sono allievo di tutti questi!
Mi sento allievo di Hegle di Marx di Nietzche di Heidegger e di Focault.
(ma non sopporto Deleuze, sebbene sia lui ad aver scritto capitalismo e schizofrenia, il cui titolo è per me TUTTO quello che c'è da dire oggi)
Mi è piaciuto sopratutto come Preve veda una sostanziale differenza tra chi vuole superare la morale tramite l'etica, e chi tramite l'accellerazione del suo dissolvimento.
In effetti è anche lo stesso dilemma in cui mi trovo io.
A cui però CREDO che esista una sintesi.
Andiamo con ordine. Rispetto anche quanto dici Maral ( e dicevi, complimenti per la coerenza di pensiero!)
Il problema è come entrambi ammettiamo il rapporto individuo stato.
O meglio per te è individuo prassi (diciamo che ti sei evoluto seguendo sini)
Ma politicamente in fin dei conti, in questo momento storico (per lo meno) non cambia nulla.
Dal punto di vista filosofico, però entra senza dubbio il processo dialettico.
Ossia le modalità storiche del soggetto rispetto alla sua alterità.
https://www.youtube.com/watch?v=rW3SXnxfUwE
Ossia come dice Preve sul diritto della filosofia di esprimere un giudizio qualitativo sul generale discorsivo di una comunità.
(noto che abbiamo idee molto simili)
Ma è proprio il giudizio qualitativo che rischia di saltare, non tanto per quanto riguarda il problema delle prassi, che essendo paranoiche impediscono persino il giudizio. (Preve nel video si scaglia contro i cani/cinici imperiali)
Il giudizio qualitativo è il giudizio del soggetto, ma il soggetto è sua volta vittima delle pratiche.
Ora in un momento storico di gravissimo stato identitario (individualismo), la filosofia ha fallito l'intero obiettivo.
Quando si parla di morte della filosofia io intendo non tanto il suo principio paranoico del cinismo dilagante. ossia non del suo inverarsi sociale.
Quanto proprio di quello che intende Preve. L'incapacità di giudizio sul sociale.
Se il sociale deve essere borghese, come lo è in Marx e in Hegel, è finita.
Non tanto per la lotta al mercato unico, lì sarei d'accordo, ma quanto sul lato morale.
E' il lato morale che la filosofia ha dimenticato completamente di controllare.
Ossia quello che vuole il verduraio rispetto all'esito di resistenza al mercato globale.
Io sarei per la dissoluzione di questa morale. non il suo controllo etico, che è fallimentare per necessità (comunismo classico).
Voglio dire l'individualismo nasce non per cattiveria umana, a meno che non vogliamo dire che l'uomo è cattivo di suo.
Ma nasce dal cortocircuito tra ciò che vorrebbe essere e ciò che lo stato gli nega di essere (in quanto morale attenzione, non in quanto doveri diritti, che è solo una conseguenza storica di una menzogna originaria)
Il punto è che la morale non è nelle prassi, ma nel linguaggio stesso identitario dell'uomo.
Ossia è nel linguaggio che consiste il problema.
A mio parere la filsofia deve accellerrare su quella questione.
Se la morale è l'esito di una cristallizzazione del linguaggio, allora va destrutturato anzitutto come legame sociale originario.
La famiglia va destrutturata. E' quello che meritevolmente il capitalismo sta facendo.
Vi vedo una chiara manovra, e la ritengo necessaria.(ossia per me è ovvio che se il soggetto è diverso da quello che dice, il flusso dei soggetti che dicono il falso non può far altro che condurli ad eccedere la propria menzogna fino a farla cadere).
Il capitalismo occidentale farà collassare le strutture intere mondiali.
(in quanto i soggetti che più hanno mentito, sanno che anche gli altri mentono)
E' necessario, perchè l'uomo, è un uomo desiderante.
Ci vorrebbe un collante.
Per questo non butto niente della resistenza, la resistenza è il collante.
la politica è il collante.
Nella sua accezione più illuminata dovrebbe capire la necessità di rottamare definitivamente la filosofia metafisica, ossia la morale, rimanendo una etica.
Rimanere etici distuggendo la morale del sistema parentale, è questo il compito della filosofia.
L'eticità ovviamente è il comunitario. (hegel marx etc...)
Ecco che forse l'enigma nietzche e l'enigma heidegger e l'enigma Hegel sarebbero già meno enigmi.
La mancanza odierna di una etica all'altezza dei tempi, ossia all'altezza di quello che sta combinando il capitalismo è la cosa peggiore.
O si capisce e si apprezza cosa sta facendo il capitalismo, o è impossibile fare una etica.
Alla fine sono d'accordo con Negri, cioè il negri spiegato da preve, il punto è a chi spetterà la plusvalenza.
Se spetterà a tutti, necessità di una etica VERA, che sappia dire il vero.
Se sarà come è oggi una etica falsa, allora il surplus sarà di pochi.
Bè è esattamente come vanno le cose, da moooolto tempo.
Probabilmente da prima che nascesse la storia.
Ecco perchè la dissoluzione, il dissolvimento, il potere invisibile siniano.
VANNO CAPITI!!! PER ESSERE REINDIRIZZATI ALLA COMUNITA'.
UNA COMUNITA' POSSIBILE, RICHIAMATA DAL LIMBO SCHIZOFRENICO IN CUI PER ORA SI E' ECLISSATA. POSSIBILE PERCHE' VERA.
.......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......
Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici
Citazione di: paul11 il 05 Giugno 2017, 15:45:13 PM
Citazione di: green demetr il 04 Giugno 2017, 16:16:24 PM
Citazione di: maral il 04 Giugno 2017, 13:48:27 PM
Sicuramente questo è un tema che, nella sua attualità, andrebbe filosoficamente esplorato: come i mezzi incidono sul fine?
Io ritengo che siano i mezzi a determinare il senso effettivo dei fini, mentre dell'utopia originaria resta solo un guscio vuoto a uso propagandistico. A tale proposito vorrei richiamare un vecchio thread, il primo che aprii in "Riflessioni" in cui l'argomento, grazie agli interventi a cui diede luogo, si trova collegato al tema filosofico fondamentale della verità (a dimostrazione che anche per una filosofia che si sporchi le mani i grandi temi filosofici restano imprescindibili): https://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14145-la-verita-ovvero-il-potere-dei-senza-potere.html
Citazione... ma credo in un rapporto di "reciprocità dialettica" fra condizionamenti del mondo su di noi e (possibile) azione nostra per (tentare di) cambiare il mondo.
Sì sono d'accordo, ma i risultati non saranno mai corrispondenti a quelli del disegno originario, la volontà non è sufficiente nei suoi intenti pianificanti, anche per questo è bene mantenersi su una scala pragmaticamente ridotta.
Andiamo al punto ieri e l'altro ieri stavo riflettendo sulle questioni politiche.
https://www.youtube.com/watch?v=82FALICcLRE
Ma quale sarebbe stato il background di questi due pensieri?
https://www.youtube.com/watch?v=v4j41lmuJ74
Caro vecchio povero Preve, già lo compiango pur non avendo ben presente la sua intera architettura.
Ecco due visioni dialettiche opposte, quella di negri che riguarda la dissolvenza dell'impero, e quella più classica di resistenza all'impero di Preve.
E' interessante perchè Preve distingue tra lui che è allievo di Hegel e Marx, e Negri che è allievo di focault-deleuze, ossia del nietzche post moderno.
La mixerei con quella di de Benoist, che mi pare la più sensata.
https://www.youtube.com/watch?v=3Avx4j2l4TE
Lui che è allievo di Heidegger e Nietzche non post moderno.
E' bizzarro sopratutto per me, che sono allievo di tutti questi!
Mi sento allievo di Hegle di Marx di Nietzche di Heidegger e di Focault.
(ma non sopporto Deleuze, sebbene sia lui ad aver scritto capitalismo e schizofrenia, il cui titolo è per me TUTTO quello che c'è da dire oggi)
Mi è piaciuto sopratutto come Preve veda una sostanziale differenza tra chi vuole superare la morale tramite l'etica, e chi tramite l'accellerazione del suo dissolvimento.
In effetti è anche lo stesso dilemma in cui mi trovo io.
A cui però CREDO che esista una sintesi.
Andiamo con ordine. Rispetto anche quanto dici Maral ( e dicevi, complimenti per la coerenza di pensiero!)
Il problema è come entrambi ammettiamo il rapporto individuo stato.
O meglio per te è individuo prassi (diciamo che ti sei evoluto seguendo sini)
Ma politicamente in fin dei conti, in questo momento storico (per lo meno) non cambia nulla.
Dal punto di vista filosofico, però entra senza dubbio il processo dialettico.
Ossia le modalità storiche del soggetto rispetto alla sua alterità.
https://www.youtube.com/watch?v=rW3SXnxfUwE
Ossia come dice Preve sul diritto della filosofia di esprimere un giudizio qualitativo sul generale discorsivo di una comunità.
(noto che abbiamo idee molto simili)
Ma è proprio il giudizio qualitativo che rischia di saltare, non tanto per quanto riguarda il problema delle prassi, che essendo paranoiche impediscono persino il giudizio. (Preve nel video si scaglia contro i cani/cinici imperiali)
Il giudizio qualitativo è il giudizio del soggetto, ma il soggetto è sua volta vittima delle pratiche.
Ora in un momento storico di gravissimo stato identitario (individualismo), la filosofia ha fallito l'intero obiettivo.
Quando si parla di morte della filosofia io intendo non tanto il suo principio paranoico del cinismo dilagante. ossia non del suo inverarsi sociale.
Quanto proprio di quello che intende Preve. L'incapacità di giudizio sul sociale.
Se il sociale deve essere borghese, come lo è in Marx e in Hegel, è finita.
Non tanto per la lotta al mercato unico, lì sarei d'accordo, ma quanto sul lato morale.
E' il lato morale che la filosofia ha dimenticato completamente di controllare.
Ossia quello che vuole il verduraio rispetto all'esito di resistenza al mercato globale.
Io sarei per la dissoluzione di questa morale. non il suo controllo etico, che è fallimentare per necessità (comunismo classico).
Voglio dire l'individualismo nasce non per cattiveria umana, a meno che non vogliamo dire che l'uomo è cattivo di suo.
Ma nasce dal cortocircuito tra ciò che vorrebbe essere e ciò che lo stato gli nega di essere (in quanto morale attenzione, non in quanto doveri diritti, che è solo una conseguenza storica di una menzogna originaria)
Il punto è che la morale non è nelle prassi, ma nel linguaggio stesso identitario dell'uomo.
Ossia è nel linguaggio che consiste il problema.
A mio parere la filsofia deve accellerrare su quella questione.
Se la morale è l'esito di una cristallizzazione del linguaggio, allora va destrutturato anzitutto come legame sociale originario.
La famiglia va destrutturata. E' quello che meritevolmente il capitalismo sta facendo.
Vi vedo una chiara manovra, e la ritengo necessaria.(ossia per me è ovvio che se il soggetto è diverso da quello che dice, il flusso dei soggetti che dicono il falso non può far altro che condurli ad eccedere la propria menzogna fino a farla cadere).
Il capitalismo occidentale farà collassare le strutture intere mondiali.
(in quanto i soggetti che più hanno mentito, sanno che anche gli altri mentono)
E' necessario, perchè l'uomo, è un uomo desiderante.
Ci vorrebbe un collante.
Per questo non butto niente della resistenza, la resistenza è il collante.
la politica è il collante.
Nella sua accezione più illuminata dovrebbe capire la necessità di rottamare definitivamente la filosofia metafisica, ossia la morale, rimanendo una etica.
Rimanere etici distuggendo la morale del sistema parentale, è questo il compito della filosofia.
L'eticità ovviamente è il comunitario. (hegel marx etc...)
Ecco che forse l'enigma nietzche e l'enigma heidegger e l'enigma Hegel sarebbero già meno enigmi.
La mancanza odierna di una etica all'altezza dei tempi, ossia all'altezza di quello che sta combinando il capitalismo è la cosa peggiore.
O si capisce e si apprezza cosa sta facendo il capitalismo, o è impossibile fare una etica.
Alla fine sono d'accordo con Negri, cioè il negri spiegato da preve, il punto è a chi spetterà la plusvalenza.
Se spetterà a tutti, necessità di una etica VERA, che sappia dire il vero.
Se sarà come è oggi una etica falsa, allora il surplus sarà di pochi.
Bè è esattamente come vanno le cose, da moooolto tempo.
Probabilmente da prima che nascesse la storia.
Ecco perchè la dissoluzione, il dissolvimento, il potere invisibile siniano.
VANNO CAPITI!!! PER ESSERE REINDIRIZZATI ALLA COMUNITA'.
UNA COMUNITA' POSSIBILE, RICHIAMATA DAL LIMBO SCHIZOFRENICO IN CUI PER ORA SI E' ECLISSATA. POSSIBILE PERCHE' VERA.
.......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......
Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici
Sono d'accordo, anche se non capisco la parte iniziale del ragionamento. Cos'è che relaziona il passaggio dagli scienziati politici ai filosofi (e qui bisognerebbe discutere la differenza) con un pensiero Politico-filosofico indipendente dal potere. In ogni caso, poi c'è sempre il problema della professionalità, sia scienziati politici che filosofi, quando sono competenti (o reputati tali) sono comunque detentori di potere e scelti da sistemi accademici che gestiscono potere: Come possiamo pensare siano indipendenti?
Citazione di: baylham il 05 Giugno 2017, 10:42:08 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Giugno 2017, 08:29:12 AM
Comunque se entrando nell' euro siamo arrivati al disastro attuale in ulteriore peggioramento senza alcuna luce in fondo al tunnel (vedi la Grecia, che é il nostro futuro), buon senso per lo meno consiglierebbe di prendere in considerazione l' ipotesi di fare qualche passo indietro.
O vorresti ancora raccontare che per più di 50 anni -sic!- saremmo "vissuti al di sopra delle nostre possibilità", inoltre permettendoci anche finti ciechi, finti invalidi, "pensionati baby" e altri sprechi e ruberie (comunque infinitamente più modeste che le attuali "euriste")?
Peggio che credere a Babbo natale e alla Befana!
Comunque per tornare dal faceto al serio ti propongo questa lettura (da una rivista non certo "bolscevica" ma del tutto politicamente corretta):
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-debito-pubblico-italiano-la-truffa-e-servita/
Commento ai margini del tema.
Uno Stato serio si finanzia normalmente con le imposte (col debito per le spese di investimento), uno Stato faceto con la moneta (la tesi di sottofondo di quell'articolo) e col debito.
CitazioneVeramente l' articolo di cui sopra non sostiene che si possa stampare tutta la moneta che si vuole pretendendo che abbia il valore reale che si vuole.
Dimostra invece (con un linguaggio più "educato" e politicamente corretto del mio) che il debito pubblico del nostro paese non dipende affatto dalla ridicola pretesa che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità per l' "inezia" di mezzo secolo abbondante (sic!), bensì dagli interessi da usura che dobbiamo pagare agli strozzini legalizzati della finanza "eurista" in seguito ai provvedimenti disastrosi presi dai "nostri" governi nell' ambito delle politiche di integrazione nell' "eurozona" e dell' adozione dell' euro come moneta in comune fra paesi dai sistemi (e interessi) economici fra loro ben diversi e in larga misura conflittuali.
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 14:26:31 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Giugno 2017, 13:43:24 PM
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AML'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
Mi sembra che quest'obiezione sia molto importante per tutta questa discussione, anche per tentare di mantenerci nel filosofico ed evitare di trasformare il discorso in una discussione generica sull'attualità o su problematiche specialistiche da economisti.
Per quanto riguarda una visione di come stanno le cose, in merito a questa questione della corresponsabilità, mi sembra che non sarebbe difficile trovare argomentazioni sia per sostenerla che per smentirla; significa che su questa linea andremmo a finire nelle discussioni infinite che sin dall'inizio ho indicato come rischio da evitare affinché si realizzi un filosofare dell'azione, piuttosto che un filosofare dell'esclusivo discutere, sospettabile di tendere a proteggere se stesso dal coinvolgimento nei problemi del mondo.
Di conseguenza, trovo più efficace un discutere basato sul confronto in merito alle scelte personali, piuttosto che in merito a come interpretare la situazione del mondo. Come scelta mia personale, io trovo più fruttuoso considerarmi corresponsabile di tutti i mali del mondo, indipendentemente da quanto ciò possa essere vero o oggettivo. Questa coscienza di corresponsabilità è sterile se pensata come senso di colpa oppure come giustificazione per dire che non possiamo farci niente, essendo tutti immersi nel male. La trovo invece fruttuosa se pensata come contesto per lavorare, progettare, costruire. Essa mi permette di non colpevolizzare né i poveri (quando si sostiene che essi sono causa dei loro mali), né i poteri economici (tenendo presente che questi poteri non sono calati su di noi da altri pianeti, ma li ha creati quella stessa società che ne soffre l'oppressione).
Sentirmi corresponsabile del terrorismo mi consente di dedurre che io posso fare qualcosa per contrastarlo, senza bisogno di dover essere un capo di stato o avere in mano grandi poteri: mi è sufficiente progettare miglioramenti di me stesso, intervenire in favore di chi soffre, cominciando dai miei conoscenti. Inoltre mi consente di considerare le mie azioni in favore della società come dovute, piuttosto che come sovrappiù per cui mi si dovrebbe ringraziare o che, in quanto sovrappiù, posso tranquillamente anche astenermi dal compiere.
Questa linea può essere accusata di sostenere un semplicistico "vogliamoci bene"; credo ne sia differente perché essa, autoconcependosi come filosofica, si autoconcepisce come problematica, critica e autocritica, disincantata, ma non per questo pessimista.
Probabilmente è per la stessa ragione che la chiesa ha inventato il peccato originale. Io però sono dell'idea che il senso di colpa alteri l'interpretazione razionale dei problemi, interpretazione che a volte può essere utile per rispondere a questi in maniera razionale. Per me il caso emblematico è il caso dell'immigrazione, abbiamo dei sistemi culturali talmente ingabbiati nel senso di colpa che non riescono a pianificare una risposta adeguata per cui ci ritroviamo a importare, a caro prezzo, i problemi dell'Africa, e a finanziarne la criminalità e probabilmente le organizzazioni terroristiche.
Citazione"Importiamo", come "effetti collaterali" per lo meno in gran parte "inevitabil" delle "nostre" (anzi: dell' imperialismo occidentale) rapine e delle inaudite violenze terroristiche che imponiamo (anzi: vedi sopra) loro, solo una minima parte dei danni che arrechiamo (idem) loro.
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Giugno 2017, 13:43:24 PM
Sentirmi corresponsabile del terrorismo mi consente di dedurre che io posso fare qualcosa per contrastarlo, senza bisogno di dover essere un capo di stato o avere in mano grandi poteri: mi è sufficiente progettare miglioramenti di me stesso, intervenire in favore di chi soffre, cominciando dai miei conoscenti. Inoltre mi consente di considerare le mie azioni in favore della società come dovute, piuttosto che come sovrappiù per cui mi si dovrebbe ringraziare o che, in quanto sovrappiù, posso tranquillamente anche astenermi dal compiere.
CitazioneNon vedo (purtroppo) come un simile atteggiamento (peraltro apprezzabile, e che io stesso cerco di seguire) possa in qualche modo contrastare il terrorismo.
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 16:36:06 PM
Citazione di: paul11 il 05 Giugno 2017, 15:45:13 PM
.......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......
Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici
Sono d'accordo, anche se non capisco la parte iniziale del ragionamento. Cos'è che relaziona il passaggio dagli scienziati politici ai filosofi (e qui bisognerebbe discutere la differenza) con un pensiero Politico-filosofico indipendente dal potere. In ogni caso, poi c'è sempre il problema della professionalità, sia scienziati politici che filosofi, quando sono competenti (o reputati tali) sono comunque detentori di potere e scelti da sistemi accademici che gestiscono potere: Come possiamo pensare siano indipendenti?
La filosofia ha discipline interne che la politica non ha. La filosofia politica prende la forma dalla filosofia stessa ed è abituata a mettere in discussione se stessa e i primitivi, questo è a mio parere la vera importanza dell'attualità del ruolo della filosofia rispetto alle discipline scientifiche umanistiche o naturali, la capacità di porsi "fuori" pur essendo all'"interno", di pensarsi. e più profondamente.
La scienza politica ha come corollari, antropologia, sociologia, storia delle dottrine,ecc. ma non mette in discussione i postulati ad esempio del liberalismo, del comunismo, della necessità e storia delle nazioni, semmai esistano. Discute di governi ,di sistemi elettorali, ma non si pone la domanda ad esempio di democrazia come può chiedersela la filosofia; l'una non esclude l'altra,Ma la filosofia può aiutare nell'analisi dei postulati su cui sono costituiti i principi politici ed economici, perchè è dalla filosofia comunque che nascono i modi di pensare e fare politica ed economica, così come la scienza.
Vedo i festival di filosofia ,vedo filosofi invitati a convegni: la gente non è stupida . la instupidiscono, C'è una domanda , una richiesta diffusa di capire, di approfondire, i filosofi fanno bene a confrontarsi a uscire dal guscio.
Vedo anche siti in internet dove scienziati si scambiano liberamente informazioni nelle più varie discipline, pubblicano e rendono pubblicamente a tutti la possibilità quanto meno di avere un abstract, perchè devono campare scienziati e filosofi. ,ma vale come nei sistemi software, vale come i peer to peer, le licenze commons free, bisogna trovare strade innovative in cui le informazioni che i media non passeranno mai siano date da persone autorevoli nei loro campi.Bisogna togliere il filtro del political correct che ha unito media e potere e dall'altra informazioni "bufale".
Ci sono parecchi siti filosofici, ma rimangono "attentamente" al di fuori dalla realtà attuale, come se temessero di intervenire.
Discutere sui generis, va bene, ma fino ad un certo punto, perchè le richieste alla fine sono pratiche: ha senso ancora uno stato? ha senso la democrazia? cosa significa oggi sovranità? oppure il tema dei rifiuti e del riciclo e il giro di soldi camorristico sull'ambiente; il diritto sociale all'asilo nido, il diritto alla sanità ,alla scuola pubblica,ecc. temi che via via ci toccano dal generale al particolare che potrebbero anche far presa i molti che non hanno proprio voglia di sentire di filosofia, politica, economia, ecc. Io dico che la vita è fatta di tentativi.....
la filosofia, proprio in quanto tale, ha un rapporto privilegiato con l'attualità, in quanto rivolta a cogliere gli aspetti della realtà che restano stabili al di là del divenire temporale, coglie i princìpi primi, le verità sovratemporali e universali, che proprio perché non dipendenti dalla contingenza temporale, sono perennemente attuali. Un discorso avvero filosofico è sempre necessariamente attuale. L'accezione di "attualità" a cui si ci riferisce non è evidentemente quello della cronaca, della notizia del giorno, e tuttavia anche questa accezione non è affatto tagliata fuori dal discorso filosofico, perché la catena di eventi storica non è un caotico divenire, ma risponde a un complesso di leggi a priori, che sono appunto l'oggetto della filosofia, che le permette di occuparsi anche in un certo senso del divenire. Non si tratta di "sporcarsi le mani" (espressione che non mi è mai piaciuta per nulla, che trovo retorica e demagogica, ma è solo un mio gusto...), ma di essere, per la filosofia, fedele a se stessa, al suo cogliere le essenze, il senso universale dei concetti e delle categorie da utilizzare per interpretare e ordinare i fatti in una visione coerente e razionale, costituita da un sistema di relazioni logiche, lavoro che non può essere alla portata del giornalismo, che si limita a raccogliere empiristicamente i dati senza ricondurli davvero a una visione globale. In questo senso, il ruolo della filosofia per la conoscenza dell'attualità diviene indispensabile e fondativo, in quanto l'individuazione dell'essenza, del senso universale dei concetti, che resta tal al di là delle forme in cui il concetto si storicizza nelle situazioni contingenti, è fattore necessario per l'utilizzo di tali concetti nel lavoro di intepretazione e sistematizzazione dei dati particolari nella visione globale. Ruolo necessario ma non sufficiente, in quanto la raccolta del "materiale" su cui applicare la concettualizzazione deve pur sempre essere svolto in virtù di una efficace applicazione del metodo delle scienze induttive-sperimentali, che osservano la realtà nel particolare, e che affiancano il giornalismo, mentre il metodo filosofico è di tipo deduttivo-dialettico; i due livelli vanno integrati. Per semplificare, rifacendosi alla gnoseologia kantiana, si potrebbe dire che la filosofia elabora le forme a priori della conoscenza dell'attualità, i saperi empirici, insieme al giornalismo, mettono disposizione il materiale da ordinare tramite le forme, fermo restando che, fintanto che si resta sul piano della filosofia, quel complesso di "forme", diviene a tutti gli effetti "materia", peculiare contenuto di ricerca, la cui modalità di apprensione è specifica, e distinta da quella empirica, invece adeguata a raccogliere il materiale degli eventi particolari e storici
x tutti e per nessuno :P
cit paul
".......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......
Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici"
No Paul, non ho scritto quello ;) Perdonami se non mi rapporto dialetticamente per una volta con te.
Ci tengo a ri-sottolineare qualche punto, magari mi servirà a me stesso, come achtung futuro!
Ho scritto che il compito della filosofia è quello anzitutto di tornare a dare giudizi sulla questione generale dello stato.
Il ruolo della filosofia è quello critico, lo sporcarsi le mani, si intende a livello di quello che si sta parlando (che sia concreto e non astratto).
I problemi da affrontare non sono relativi a chi debba andare il potere (economia. politica o filosofia), ma al ruolo dello stato.
Ossia facendo una genealogia delle pratiche a come si è costituito uno stato.
Ora lo stato si costituisce come garante della pace interna a fronte di un nemico e in nome di un qualcosa che chiamiamo morale.
La filosofia si è battuta per abbattere la concezione di nemico e per la costituzione di una etica universale (a sinistra per lo meno).
Ma ha fallito.
Ha fallito perchè non esiste una etica che controlli una morale, perchè la morale è sempre stata falsa. (e dunque tutte le etiche costruite finora sono false).
Solo grazie al postrutturalismo francese, ci si è accorti, che il problema è eminentemente psicologico.
A questo punto la questione è intendibile solo da pochi.
E' per questo che sono più ottimista che lo stato sia autodissolva in sè, in favore di una visione ultraconsumistica americana. Dove in nome del consumo, l'uomo può desiderare quello che vuole.
Il problema è che tutto sarà legato in nome del consumo, e cioè a chi può consumare rispetto a chi non può. (a chi invera i propri desideri: i ricchi).
La filosofia che ormai è diventata di nicchia rischia di sparire come pratica.
Anzi per Sini è già sparita come l'abbiamo sempre intesa fin'ora.
Lo ripeto la filosofia ha firmato la sua condanna, di sua mano.
Ma rimane come capacità critica, la filosofia ha dato nella sua storia (300a.c-1900dc) una miriade di spunti che vengono oggi ricondotti a storia della filosofia.
La filosofia è ormai monumento, non ha più nulla di vivo.
Rimane cosa sarà del pensiero di pratica (l'utopia) della filosofia.
Nel corso degli anni tra entusiasmi e attacchi paranoici stordenti, sono giunto alla conclusione che l'utopia si può solo inverare (come pensiero) nella comunità degli amici della filosofia.
Ossia una compagnia per pochi visto l'andazzo e utopicamente per molti.
L'altra strada di cui parli è quella politica.
Ma io ci tengo a distinguere. Per tutto quello che ho scritto sopra (e ancora meglio nel mio penultimo intervento. ( https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-filosofia-e-capace-di-sporcarsi-le-mani-di-attualita/msg12622/#msg12622)
La filosofia che resiste, la resistenza deve essere SOLO politica.
Non deve essere economia, non deve essere morale, non deve essere scienza.
Il suo unico intento è di resistere (inutilmente), gratutitamente, acriticamente, come forza che frena il capitalismo. Il suo unico nemico è il capitalismo.
Questo è per dare tempo alla comunità degli amici di poter formarsi.
Ed è quello che intuì l'ultimo grande filosofo: Heidegger.
La svolta non è mai stata una svolta, ma un sussulto, un prendere atto, che l'amico non era più disponibile, perchè non era più disponibile la sua carica positiva di giudizio.
La lunga agonia del pensiero novecentesco (ma appunto la filosofia muore con la morte di Nietzche 1900) è stata questo prendere atto sempre più vivido, fino alle forme di pura astrazione formale, piena di dolore, e di sgomento, che è il post-strutturalismo francese.
La filosofia analitica (i cani dell'impero) l'ha attaccatto a lungo, fino a rendersi conto ultimamente che forse ma forse, qualcosa di buono c'era.
Ma sono solo fuochi fatui, per chi come me ha vissuto quello stesso sgomento. Per chi si rende conto di quanto è sola e senza amici la filosofia.
La lotta di classe, non ha senso, perchè dovrebbe essere in nome di qualcosa.
E il nome di qualcosa si chiama capitalismo, questa paradosso non l'hanno capito ancora!
Fare qualcosa in nome di qualcos'altro. (è il grande insegnamento di freud e lacan).
Il grande altro, il grande fratello, il grande inquisitore, sono figure dell'inconscio che partono dalla cortocircuitazione dell'impossibilità umana.
(dall'assenza di amicizia)
I grandi romanzi di Dostoevskj sono un testamento imperituro a questa verità.
(una lunga carrellata di personaggi votati al nichilismo, all'autodistruzione).
Per non parlare di quelli enigmatici Kafkiani. In cui la scepsi è evidente.
Il castello da una parte e il villaggio dall'altra.
Ma il villaggio vive IN NOME del castello, non parlano d'altro che del CASTELLO, ma nessuno va al castello.
La condizioni di limbo schizoide in cui versano tutti mi terrorizza.
Perchè se tutti la abitano alla fine la abitiamo anche noi.
E già! il castello della filosofia è diventato l'episteme.
Bizzarro, perchè la firma di condanna a morte della filosofia è proprio la scienza.
Ma la scienza non pensa.
Cari Davintro e Paul....NON PENSA!!! ma voi fate pure quello che volete ;)
Citazione di: green demetr il 04 Giugno 2017, 16:16:24 PM
Caro vecchio povero Preve, già lo compiango pur non avendo ben presente la sua intera architettura.
Ecco due visioni dialettiche opposte, quella di negri che riguarda la dissolvenza dell'impero, e quella più classica di resistenza all'impero di Preve.
E' interessante perchè Preve distingue tra lui che è allievo di Hegel e Marx, e Negri che è allievo di focault-deleuze, ossia del nietzche post moderno.
La mixerei con quella di de Benoist, che mi pare la più sensata...
Lui che è allievo di Heidegger e Nietzche non post moderno.
Mi sento sempre a disagio a sentire Preve, soprattutto se intervistato da Fusaro, non capisco dove intenda andare a parare. Prima attacca Negri perché troppo globalista, poi Benoist per il motivo opposto. Mi sembra la caricatura di un egocentrismo filosofico stratosferico. La mia è solo una sensazione beninteso e sarà pure errata e ingiusta, ma resta il fatto che questa impressione non mi consente di prendere in considerazione Preve. Anche se Negri è ancor peggio. Questi post marxisti (pseudo sinistra della post sinistra) li trovo così insopportabili!
CitazioneO meglio per te è individuo prassi (diciamo che ti sei evoluto seguendo sini)
Direi che l'individuo è il prodotto singolare di prassi collettive, una differenziazione minima, ma proprio per questo non può essere semplicemente riassorbito nelle prassi collettive, dunque le perturba con la sua minima presenza stabilita in rapporto a un altro che mi determina negandomi. E' da questo rapporto che sorge il problema morale che diventa etico nel momento in cui tra me e l'altro, compare un altro ancora, l'altro del mio altro che non sono io. Solo a questo punto il problema morale diventa etico, ossia sociale. Bisogna essere almeno in tre per entrare in società: io, l'altro, l'altro del mio altro (e tra gli altri del mio altro ci sono anch'io, uno dei tanti oggetti-soggetti).
Il problema che il filosofo a questo punto dovrebbe cominciare a porsi è in quale posizione viene a collocarsi con le sue pratiche (che ovviamente sono pratiche, ossia metodi, di pensiero ereditati da una tradizione immensa). La filosofia può ancora avere una funzione educativa verso la comunità, o serve solo a intrattenerci? E verso chi può e deve esercitare questa funzione educativa? Con quali strumenti può risultare ancora credibile in un mondo dominato dal pensiero scientifico che ha ovviamente intenti ben diversi da quello filosofico? E quindi si misura in modo ben diverso?
Certo, è accattivante l'idea del diritto della filosofia al giudizio qualitativo sul "generale discorsivo di una comunità", ma in che modo può rendere oggi credibile questo diritto agli occhi della comunità stessa, fuori dal suo ambito sempre più ristretto e in disfacimento, nonostante la grandezza seducente e mirabile del tramonto? O certi filosofi pensano di potersi prendere questo diritto punto e basta? Erano domande già problematiche ai tempi di Platone, il fondatore insuperato della filosofia politica (ammesso che la filosofia sia mai uscita dalla questione della polis, della comunità umana), figuriamoci oggi.
Perché a questo punto le prassi le sentiamo paranoiche? qual è la responsabilità proprio della filosofia in questo? Della sua pretesa educatrice fallita fino a rendere "impossibile pensare"? Ma pensare, ovvero pensare in un certo modo? In quel modo che ci illude di essere padroni di pensieri e giudizi tanto limpidi e trasparenti?
Di sicuro il problema morale e soprattutto etico (quello del
menage a troi) sta nel linguaggio, almeno il verduraio di cui parla Havel il senso del linguaggio (il senso tradito di quel cartello che metteva sul suo banchetto) ancora lo aveva, sentiva ancora la verità in tutta evidenza e sentire la verità era il suo reale potere. Ci vorrebbe una filosofia che fosse ancora capace di farcela sentire questa verità che conferisce potere ai senza potere, di mostrarla, senza predicarla però. Ci vorrebbe più che altro La capacità di un gesto filosofico, più che di una teoresi. Chissà, forse una conquista del gesto potrebbe ancora riscattare la filosofia dal suo fallimento epocale, un gesto che sappia solo indicare la postura per la verità che può reggere una comunità di individui diversi nella loro uguaglianza; riuscire a convivere per vivere meglio, malgrado tutto quello che ci somministrano i nuovi verdurai, quelli che hanno potere.
Citazione di: green demetr il 06 Giugno 2017, 14:59:34 PM
x tutti e per nessuno :P
cit paul
".......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......
Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici"
No Paul, non ho scritto quello ;) Perdonami se non mi rapporto dialetticamente per una volta con te.
Ci tengo a ri-sottolineare qualche punto, magari mi servirà a me stesso, come achtung futuro!
Ho scritto che il compito della filosofia è quello anzitutto di tornare a dare giudizi sulla questione generale dello stato.
Il ruolo della filosofia è quello critico, lo sporcarsi le mani, si intende a livello di quello che si sta parlando (che sia concreto e non astratto).
I problemi da affrontare non sono relativi a chi debba andare il potere (economia. politica o filosofia), ma al ruolo dello stato.
Ossia facendo una genealogia delle pratiche a come si è costituito uno stato.
Ora lo stato si costituisce come garante della pace interna a fronte di un nemico e in nome di un qualcosa che chiamiamo morale.
La filosofia si è battuta per abbattere la concezione di nemico e per la costituzione di una etica universale (a sinistra per lo meno).
Ma ha fallito.
Ha fallito perchè non esiste una etica che controlli una morale, perchè la morale è sempre stata falsa. (e dunque tutte le etiche costruite finora sono false).
Solo grazie al postrutturalismo francese, ci si è accorti, che il problema è eminentemente psicologico.
A questo punto la questione è intendibile solo da pochi.
E' per questo che sono più ottimista che lo stato sia autodissolva in sè, in favore di una visione ultraconsumistica americana. Dove in nome del consumo, l'uomo può desiderare quello che vuole.
Il problema è che tutto sarà legato in nome del consumo, e cioè a chi può consumare rispetto a chi non può. (a chi invera i propri desideri: i ricchi).
La filosofia che ormai è diventata di nicchia rischia di sparire come pratica.
Anzi per Sini è già sparita come l'abbiamo sempre intesa fin'ora.
Lo ripeto la filosofia ha firmato la sua condanna, di sua mano.
Ma rimane come capacità critica, la filosofia ha dato nella sua storia (300a.c-1900dc) una miriade di spunti che vengono oggi ricondotti a storia della filosofia.
La filosofia è ormai monumento, non ha più nulla di vivo.
Rimane cosa sarà del pensiero di pratica (l'utopia) della filosofia.
Nel corso degli anni tra entusiasmi e attacchi paranoici stordenti, sono giunto alla conclusione che l'utopia si può solo inverare (come pensiero) nella comunità degli amici della filosofia.
Ossia una compagnia per pochi visto l'andazzo e utopicamente per molti.
L'altra strada di cui parli è quella politica.
Ma io ci tengo a distinguere. Per tutto quello che ho scritto sopra (e ancora meglio nel mio penultimo intervento. ( https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-filosofia-e-capace-di-sporcarsi-le-mani-di-attualita/msg12622/#msg12622)
La filosofia che resiste, la resistenza deve essere SOLO politica.
Non deve essere economia, non deve essere morale, non deve essere scienza.
Il suo unico intento è di resistere (inutilmente), gratutitamente, acriticamente, come forza che frena il capitalismo. Il suo unico nemico è il capitalismo.
Questo è per dare tempo alla comunità degli amici di poter formarsi.
Ed è quello che intuì l'ultimo grande filosofo: Heidegger.
La svolta non è mai stata una svolta, ma un sussulto, un prendere atto, che l'amico non era più disponibile, perchè non era più disponibile la sua carica positiva di giudizio.
La lunga agonia del pensiero novecentesco (ma appunto la filosofia muore con la morte di Nietzche 1900) è stata questo prendere atto sempre più vivido, fino alle forme di pura astrazione formale, piena di dolore, e di sgomento, che è il post-strutturalismo francese.
La filosofia analitica (i cani dell'impero) l'ha attaccatto a lungo, fino a rendersi conto ultimamente che forse ma forse, qualcosa di buono c'era.
Ma sono solo fuochi fatui, per chi come me ha vissuto quello stesso sgomento. Per chi si rende conto di quanto è sola e senza amici la filosofia.
La lotta di classe, non ha senso, perchè dovrebbe essere in nome di qualcosa.
E il nome di qualcosa si chiama capitalismo, questa paradosso non l'hanno capito ancora!
Fare qualcosa in nome di qualcos'altro. (è il grande insegnamento di freud e lacan).
Il grande altro, il grande fratello, il grande inquisitore, sono figure dell'inconscio che partono dalla cortocircuitazione dell'impossibilità umana.
(dall'assenza di amicizia)
I grandi romanzi di Dostoevskj sono un testamento imperituro a questa verità.
(una lunga carrellata di personaggi votati al nichilismo, all'autodistruzione).
Per non parlare di quelli enigmatici Kafkiani. In cui la scepsi è evidente.
Il castello da una parte e il villaggio dall'altra.
Ma il villaggio vive IN NOME del castello, non parlano d'altro che del CASTELLO, ma nessuno va al castello.
La condizioni di limbo schizoide in cui versano tutti mi terrorizza.
Perchè se tutti la abitano alla fine la abitiamo anche noi.
E già! il castello della filosofia è diventato l'episteme.
Bizzarro, perchè la firma di condanna a morte della filosofia è proprio la scienza.
Ma la scienza non pensa.
Cari Davintro e Paul....NON PENSA!!! ma voi fate pure quello che volete ;)
ciao Green,
Se mi è un poco chiaro ciò che interpreti della filosofia del passato non mi è chiaro come interpreteresti una filosofia attuale o del futuro:con quali chiavi di lettura?
La politica in sè e per sè non è filosofia, così come la pratica non è la teoretica.
La prassi può agire in assenza di pensiero, ma con il fiato corto e senza punti di riferimento.
Qualunque "grande pensiero" anche politico ha quanto meno un'analisi,Tutte le ideologie le hanno,giuste o sbagliate o che ciascuno ritenga,
Quando Marx ed Engels, ad esempio analizzano l'operaismo tradeunionita inglese di metà Ottocento, oltre ad avere alle spalle una loro analisi materialistica e di prassi, hanno costruito una chiave di lettura per analizzare i diversi fatti storici ,e così hanno fatto.
Quando ascolto oggi un pensatore politico sulla lotta di classe, mi vine in mente l'analisi di centocinquanta anni fa di Marx ed Engels, e capisco il "nulla" della sinistra mondiale, sia parlamentare che extra-parlamentare. Già allora avevano capito che nonostante l'operaio inglese(è un esempio) fosse nel capitalismo più avanzato e imperialistico di quel tempo, la sua cultura è tipicamente opportunistica e filo piccolo-borghese:non potevano essere rivoltosi e rivoluzionari. La storia ha dato loro ragione. Se non c'è alle spalle una seria analisi sulle strutture sociali che la compongono e come le dinamiche agiscono sugli strati e formazioni delle classi sociali e sul gradi di coscienza di classe, se non c'è ripeto questa analisi è inutile fare pratiche inutili .Non basta come dice T,Negri che il numero degli sfruttati è elevato che se gli indvidui non socializzano fra loro i problemi e identificano le loro individualità in classe sociale con necessità e bisogni.Mancano le condizioni e la coscienza sociale.
Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali. oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa: nulla di più. I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu.
va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi.
Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero.
Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg
Oggi tutto ha un prezzo.
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AM
Angelo, ho difficoltà a schematizzare il tuo ragionamento. L'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
Probabilmente è per la stessa ragione che la chiesa ha inventato il peccato originale. Io però sono dell'idea che il senso di colpa alteri l'interpretazione razionale dei problemi, interpretazione che a volte può essere utile per rispondere a questi in maniera razionale. Per me il caso emblematico è il caso dell'immigrazione, abbiamo dei sistemi culturali talmente ingabbiati nel senso di colpa che non riescono a pianificare una risposta adeguata per cui ci ritroviamo a importare, a caro prezzo, i problemi dell'Africa, e a finanziarne la criminalità e probabilmente le organizzazioni terroristiche.
Non è il senso di colpa, ma proprio il tentativo di dare una risposta razionale ai problemi che dovrebbe portarci verso il riconoscimento di un percorso storico che ci vede attori di quello stesso terrore che vorremmo inutilmente esorcizzare.
Il discorso dello starsene tranquilli e buoni a casa propria non può più avere nessun senso oggi, in questo mondo globalizzato sotto il segno dello sfruttamento economico più crudele e ingiusto. Noi piangiamo e celebriamo i nostri morti, come se fossero i soli morti, le sole vittime del terrore, ma i loro morti? I morti ben più numerosi causati dallo sfruttamento che il nostro benessere esige e dalle nostre bombe che fanno crescere il PIL chi li piange? Chi li celebra?
A noi va benissimo il terrore se è opera nostra a casa loro, siamo i primi a finanziarlo, da secoli e oggi ancora di più. Cosa significa il sovvenzionamento in armi da parte di Trump all'Arabia Saudita contro lo Yemen devastato da bombardamenti continui? Cosa hanno significato l'invasione prima dell'Iraq, poi dell'Afghanistan, poi la disintegrazione libica e ora la messa sotto accusa dell'Iran scita da parte degli USA, quando tutte le recenti azioni terroristiche più recenti in Occidente e non solo sono state di marca sunnita? A che serve chiuderci in casa per il paura dei migranti, quando il terrore è proprio in casa nostra che nasce? Quando basta un demente che salga su un camion o faccia bum con un petardo in mezzo alla folla dimostrando tutta la nostra sconfitta? A che servono per metterci in pace con noi stessi le nostre pretese di superiorità civile, scientifica, tecnica e culturale quando le periferie delle nostre città sembrano costruite apposta per alimentare odio, alienazione, sfruttamento e violenza?
C'è come una cappa soffocante di ottusità continuamente alimentate le une contro le altre per garantire una gestione sempre più perversa e iniqua del potere. Ed è questo che si dovrebbe insieme cominciare a capire anziché corrersi a barricarsi in preda alla paura, pensando di salvarsi dietro a un muro (e chi saranno i prigionieri del muro?).
Occorre coraggio e fede, fede nei nostri morti, fede nei loro morti e il coraggio di cominciare a capirsi gli uni con gli altri, per quello che siamo, affinché non ci siano altre colpe a urlare vendetta bestemmiando Allah, bestemmiando l'uomo in nome del profitto.
Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM
Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali. oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa: nulla di più. I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu.
va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi.
Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero.
Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg
Oggi tutto ha un prezzo.
E questo è il terrorismo che tanto ci affanna.
La metafisica è morta, perché è morto quell'Occidente che l'aveva pensata, illudendosi. E' morta perché aveva già la sua morte in sé fin dall'inizio. Non si può rimettere un cadavere sul trono sperando che ci salvi. E' morta prima in Occidente dove era nata e noi stessi l'abbiamo uccisa e indietro non si torna.
Occorre ricominciare da quello che siamo per poter essere quello che siamo.
Citazione di: maral il 06 Giugno 2017, 20:32:46 PM
Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM
Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali. oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa: nulla di più. I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu.
va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi.
Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero.
Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg
Oggi tutto ha un prezzo.
E questo è il terrorismo che tanto ci affanna.
La metafisica è morta, perché è morto quell'Occidente che l'aveva pensata, illudendosi. E' morta perché aveva già la sua morte in sé fin dall'inizio. Non si può rimettere un cadavere sul trono sperando che ci salvi. E' morta prima in Occidente dove era nata e noi stessi l'abbiamo uccisa e indietro non si torna.
Occorre ricominciare da quello che siamo per poter essere quello che siamo.
ciao Maral,
oltre alle sentenze i giudici danno le motivazioni, quindi:
chi sarebbe colpevole di terrorismo?
la colpa attuale è della metafisica? Chi sarebbero gli autori/o?
Chi avrebbe dato un concetto di morte e chi di vita?
Mi pare tu dica che sia morta come idea e poi noi (plurale maiestatico ) l'abbiamo uccisa.
Vorrei capire questa anamnesiRitengo, ai fini di una filosfia che dovrebbe "sporcarsi le mani", capire le diverse fiosfie e l'incontro/scontro con le discipline scientifiche che sono più pratiche; perchè il problema è quì O troviamo i responsabili dell'inazione, della contemplazione ombelicale priva di prassi, e quindi il motivo per cui la filosofia non si sporca le mani, per dirla in breve se ci sono problemi soggettivi, oppure se ci sono anche o solo problemi oggettiv, cioè di una cultura che non essendo più permeata dalla filosofia è esclusivamente pratica e capire come si muove, quale sia il senso di marcia.Senza cadere in generalismi che non servono a nulla. quando si passa dalla teoretica lla pratica, si passa dagli universali ai particolari.Raggiunti i particolari o si definiscono le responsabilità o diventa un minestrone dove tutto e tutti sono colpevoli, quindi alla fine si risoleve nel rito del tutti assolti per mancanza di prove...............non so se sono chiaro.Maral ,personalmente ho tutt'altri responsabili culturali a cui imputare la decadenza attuale e basta vedere chi influisce e come nella costruzione formativa delle dirigenze economiche e politiche da almeno un secolo a questa parte. Non è certo Platone o Aristotele, e nemmeno la cripto tesi severiniana della tecnica imputata a Platone. Quì hanno seriamente sbagliato Nietzsche,Heidegger e Severino stesso. che infatti non ci hanno dato nessuna chiave di lettura concreta sul "fare",se non sbagliando loro stessi.
Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
La vita, la sopravvivenza della vita sulla terra, ti sembra una buona chiave di lettura universale? L'economia è servita per riprodurre le logiche di scarsità\abbondanza dei meccanismi naturali una volta che gli ultimi erano superati. Presto non ci sarà alcun bisogno di simulare scarsità in astrusi meccanismi di autocontrollo,la sopravvivenza all'ambiente tornerà la nostra morale materiale. Scopriamo che oltre ad esserci un pavimento su cui sbattere la faccia c'è anche un soffitto, un limite inderogabile alle nostre ambizioni. Forse invece di trovare valori nel nostro innato li troveremo nell'inderogabilità della nostra morte. Le grandi tematiche globali hanno insite in loro un elemento di novità, fallire non significherà più solo guerre povertà e carestie, siamo arrivati al punto dove la sopravvivenza della specie è a grave rischio. Non è morto Dio, è morto l'Homo-Deus, l'uomo infallibile, l'uomo che non doveva pagare il conto, l'uomo che "non doveva chiedere mai" . Oggi l'uomo deve chiedere, oggi l'uomo deve essere scettico per poter chiedere, e proprio perchè è pieno di domande avrebbe bisogno di risposte. Non è morta la filosofia, sono morti i filosofi super-star, la liquefazione della società ha liquefatto le loro cadreghe, ma gli esseri umani non hanno perso la loro voglia di conoscere il mondo, di averne una visione e di perseguire un progetto. La democrazia, è l'unica speranza di distillare questo sapere diffuso in un concentrato politico. Demetr ha detto che la filosofia è un "monumento senza vita", aggiungo io "in un giardino privato, di alcuni variamente educati cittadini borghesi che chiedono il biglietto per la visita.". Dico io: Aprite al pubblico, tanto il biglietto non lo paga più nessuno. La filosofia dovrebbe essere uno stile di vita, non una facoltà di chiaccheroni.
Citazione di: maral il 06 Giugno 2017, 20:22:53 PM
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AM
Angelo, ho difficoltà a schematizzare il tuo ragionamento. L'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista
Probabilmente è per la stessa ragione che la chiesa ha inventato il peccato originale. Io però sono dell'idea che il senso di colpa alteri l'interpretazione razionale dei problemi, interpretazione che a volte può essere utile per rispondere a questi in maniera razionale. Per me il caso emblematico è il caso dell'immigrazione, abbiamo dei sistemi culturali talmente ingabbiati nel senso di colpa che non riescono a pianificare una risposta adeguata per cui ci ritroviamo a importare, a caro prezzo, i problemi dell'Africa, e a finanziarne la criminalità e probabilmente le organizzazioni terroristiche.
Non è il senso di colpa, ma proprio il tentativo di dare una risposta razionale ai problemi che dovrebbe portarci verso il riconoscimento di un percorso storico che ci vede attori di quello stesso terrore che vorremmo inutilmente esorcizzare.
Il discorso dello starsene tranquilli e buoni a casa propria non può più avere nessun senso oggi, in questo mondo globalizzato sotto il segno dello sfruttamento economico più crudele e ingiusto. Noi piangiamo e celebriamo i nostri morti, come se fossero i soli morti, le sole vittime del terrore, ma i loro morti? I morti ben più numerosi causati dallo sfruttamento che il nostro benessere esige e dalle nostre bombe che fanno crescere il PIL chi li piange? Chi li celebra?
A noi va benissimo il terrore se è opera nostra a casa loro, siamo i primi a finanziarlo, da secoli e oggi ancora di più. Cosa significa il sovvenzionamento in armi da parte di Trump all'Arabia Saudita contro lo Yemen devastato da bombardamenti continui? Cosa hanno significato l'invasione prima dell'Iraq, poi dell'Afghanistan, poi la disintegrazione libica e ora la messa sotto accusa dell'Iran scita da parte degli USA, quando tutte le recenti azioni terroristiche più recenti in Occidente e non solo sono state di marca sunnita? A che serve chiuderci in casa per il paura dei migranti, quando il terrore è proprio in casa nostra che nasce? Quando basta un demente che salga su un camion o faccia bum con un petardo in mezzo alla folla dimostrando tutta la nostra sconfitta? A che servono per metterci in pace con noi stessi le nostre pretese di superiorità civile, scientifica, tecnica e culturale quando le periferie delle nostre città sembrano costruite apposta per alimentare odio, alienazione, sfruttamento e violenza?
C'è come una cappa soffocante di ottusità continuamente alimentate le une contro le altre per garantire una gestione sempre più perversa e iniqua del potere. Ed è questo che si dovrebbe insieme cominciare a capire anziché corrersi a barricarsi in preda alla paura, pensando di salvarsi dietro a un muro (e chi saranno i prigionieri del muro?).
Occorre coraggio e fede, fede nei nostri morti, fede nei loro morti e il coraggio di cominciare a capirsi gli uni con gli altri, per quello che siamo, affinché non ci siano altre colpe a urlare vendetta bestemmiando Allah, bestemmiando l'uomo in nome del profitto.
Maral, io dicevo che per me il senso di colpa alterava la visione della realtà, ma anche l'ideologia lo fa. La leggerezza con la quale ti vedo associare la guerra, la violenza, con i meccanismi del mercato (Che tu chiami sfruttamento) mi sconcerta.
Anch'io come te sono sconcertato da tanti degli atteggiamenti di Trump e meno che meno li sento miei. D'altronde proprio analizzando le bizzarrie di questo nuovo presidente si vede quella contraddizione che lo vede antitetico a una intellighentia economico-finanziaria, non solo statunitense, e che dimostra come le strategie di questa intellighentia possano essere sconfessate dal voto popolare.
Tu parli di riconoscere un percorso storico, ma questo percorso va descritto. Ci sono responsabilità del colonialismo Anglo-francese, della propaganda nazista, del neocolonialismo americano. Poi c'è una tendenza, di quei popoli, ad elaborare facilmente risposte violente (L'inghilterra ha colonizzato un quarto delle terre emerse, ma solo li si è ritrovata con queste rogne). Una volta esaurito comunque questo discorso, non capisco cosa c'entra con le logiche di mercato che normalmente sono indifferenti a questi conflitti, le guerre e le violenze di quei posti non si fondano su logiche economiche, e neanche l'azione folle dei terroristi che agiscono in casa nostra.
Citazione di: InVerno il 07 Giugno 2017, 17:27:02 PM
Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
La vita, la sopravvivenza della vita sulla terra, ti sembra una buona chiave di lettura universale? L'economia è servita per riprodurre le logiche di scarsità\abbondanza dei meccanismi naturali una volta che gli ultimi erano superati. Presto non ci sarà alcun bisogno di simulare scarsità in astrusi meccanismi di autocontrollo,la sopravvivenza all'ambiente tornerà la nostra morale materiale. Scopriamo che oltre ad esserci un pavimento su cui sbattere la faccia c'è anche un soffitto, un limite inderogabile alle nostre ambizioni. Forse invece di trovare valori nel nostro innato li troveremo nell'inderogabilità della nostra morte. Le grandi tematiche globali hanno insite in loro un elemento di novità, fallire non significherà più solo guerre povertà e carestie, siamo arrivati al punto dove la sopravvivenza della specie è a grave rischio. Non è morto Dio, è morto l'Homo-Deus, l'uomo infallibile, l'uomo che non doveva pagare il conto, l'uomo che "non doveva chiedere mai" . Oggi l'uomo deve chiedere, oggi l'uomo deve essere scettico per poter chiedere, e proprio perchè è pieno di domande avrebbe bisogno di risposte. Non è morta la filosofia, sono morti i filosofi super-star, la liquefazione della società ha liquefatto le loro cadreghe, ma gli esseri umani non hanno perso la loro voglia di conoscere il mondo, di averne una visione e di perseguire un progetto. La democrazia, è l'unica speranza di distillare questo sapere diffuso in un concentrato politico. Demetr ha detto che la filosofia è un "monumento senza vita", aggiungo io "in un giardino privato, di alcuni variamente educati cittadini borghesi che chiedono il biglietto per la visita.". Dico io: Aprite al pubblico, tanto il biglietto non lo paga più nessuno. La filosofia dovrebbe essere uno stile di vita, non una facoltà di chiaccheroni.
ciao Inverno,
ok, va bene, ma siamo, a mio parere ancora nel generalismo. Sono d'accordo che la filosofia dovrebbe essere uno stile di vita e non chiacchiera
fra narcisisti.Manca, a mio parere, ma anche da mie esperienze personali nel sociale di circa quarant'anni fa, riprese vent'anni fa, quella parte sociale direi avanguardista ( è un termine che non mi piace molto, ma che fa capire). Ho visto almeno tre generazioni, ovviamente riferito
all'Italia, e con climi, qualità sempre più mediocri.Il livello delle classi dirigenti a me pare lampante.
Il distacco fra politica e società è probabilmente simile fra cultura e società. Il rapporto fra teoretica e pratica si è sfilacciato e in più è peggiorato
in qualità. la mia impressione è che anche chi vorrebbe fare,a meno che sia semplice volontariato,,non trova spazi.
o un gruppo sociale coagula le individualità, oppure anche stili di vita individuali si perdono nel crogiolo del sociale
Sono d'accordo con anthony,vanno definite e le responsabilità nella pratica se si vuole arrivare a capire gli intrecci della pratica e quale cultura è veramente operativa-
quello che penso è che continua ad essere vincente la filosofia neo-positivista nelle sue varie sfaccettature.
Lo scontro fra i continentali e gli analitici è stato vinto da questi ultimi che è la cultura statunitense collegata al pragmatismo che a sua volta deriva dall'empirismo inglese dall'università di Oxford (Frege-Russell-primo Wittgenstein) e dall'altra si è suicidata la grande tradizione tedesca,
Lo vedo da come vengono istruite le dirigenze politiche ed economiche nelle ultime generazioni, come insegnano politica, economia, come applicano le teorie mediatiche, la teoria dei giochi, le teorie psicologiche, da come testano. Il processo chiave non è porsi la domanda se la politica o l'economia abbiano teorie fondate,non si tratta di porsi problemi teoretici,ma di verificare se una strategia è vincente in funzione dei risultati richiesti dagli scopi. Il pragmatismo non si chiede da dove viene, è proiettato sui risultati del domani.
Paul, io non mi considero giudice di nulla, semplicemente credo che si possa constatare già da diverso tempo la fine di quel pensiero metafisico greco cristiano che aveva posto in se stesso l'unico episteme possibile e vedeva nella propria storia etica sociale e politica l'unica forma di civiltà del pianeta da estendere doverosamente a tutti i popoli del mondo intero. Questa forma di pensiero, che è stata grandissima, è defunta e non è defunta perché da qualche altra parte del mondo sia sorta un'altra forma di pensiero a contrastarla, ma è defunta per causa propria. Questo significa quel "noi l'abbiamo uccisa" e mi si perdoni se ho parafrasato la formula nicciana dell'annuncio della morte di Dio, non è stato per creare effetti speciali, ma perché è proprio così: noi europei, occidentali abbiamo ucciso quell'episteme di cui fummo autori, come Greci prima e come cristiani poi. Dirò di più, anche la scienza, come forma di pensiero prettamente occidentale, sta tramontando, soppiantata inesorabilmente dalla tecnica. Non esiste più di fatto un pensiero scientifico che non sia un pensiero tecnico, ma non di una tecnica che rappresenta l'essenza dell'uomo, ma di una tecnica che, a partire dall'era industriale è divenuta da essenza alienazione dell'uomo (e in primo luogo proprio l'economia anthonyi, che è la forma tecnica dominante, in cui va a cercare riferimento e giustificazione ogni tecnica e ogni politica residuale).
E anche questa è opera nostra, è il lascito dell'Occidente al mondo che lo abbraccia entusiasta, perché questa tecnica, fondamentalmente nichilistica nel suo totale autoriferimento, è la forma più alta di potenza che l'umanità abbia mai conosciuto e quindi ha una forza di seduzione irresistibile e chi pensa di poter resistere in realtà ne viene assorbito, oppure finisce con l'essere spazzato via. Senza che questo significhi che si debba rinunciare a resistere, anzi, perché un conto è lo sguardo obiettivo, un altro è il sentimento con cui in questa obiettività ci si sente posti. Un conto è il filosofo che vede l'ineluttabilità della catastrofe e un conto l'uomo che la vive patendola e dunque ribellandosi, oltre e prima di ogni filosofare. E la "filosofia che si sporca le mani" è per me soprattutto la filosofia che sa riconoscere la irriducibile singolarità di ogni essere umano nel suo modo di sentire e sentirsi, una filosofia che patisce con ogni singolo soggetto senza assoggettarlo ai suoi schemi strutturanti.
Tu mi chiedi chi è colpevole di terrorismo. Chiunque usi l'arma del terrore e l'arma del terrore è stata quella più sviluppata nel secolo ventesimo proprio in Occidente e dall'Occidente esportata con successo in tutto il mondo. E' una diretta conseguenza dello sviluppo tecnico nichilista del nostro modo di pensare.
E' terroristico il nostro principale armamentario bellico che va a colpire in primo luogo le popolazioni civili inermi (fin dai bombardamenti delle aviazioni nella seconda guerra mondiale: quelli su Londra da parte dei tedeschi e poi sulle città tedesche e dell'Asse da parte degli alleati), è terroristico il modo di fare le guerre da allora in avanti, è arma del terrore per eccellenza la bomba atomica ed è terrorista chiuque la tenga nei suoi arsenali, ma è terroristico anche il ricatto economico finanziario con cui si minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni mentre si gioca alle scommesse trasferendo masse enormi di denaro virtuale, è terroristica la gestione del debito e dei prestiti da parte degli organismi internazionali, è terroristica la politica delle multinazionali nei paesi più poveri del pianeta con cui li si continua a depredare di ogni risorsa a mezzo di corruzione e violenze. Tutto questo è terrorismo, giusto o sbagliato che lo si trovi ad applicarlo, come è terroristico lo zainetto pieno di esplosivo e chiodi lasciato nel bidone della spazzatura, il demente esaltato da Allah che, dopo essere cresciuto tra espedienti, alcol e droghe nelle periferie delle capitali occidentali, si mette a sparare su una folla inerme a un concerto rock e crepa sentendosi l'euforico angelo sterminatore piovuto dal Cielo per il martirio. Anche lui è il frutto di un nichilismo maturato proprio qui che ha preso marchi piazzati dalla propaganda religiosa di sapor medio orientale, ma sotto c'è il risultato finale della nostra millenaria e gloriosa ricerca metafisica finita nel calcolo meticoloso di bilanci comunque sempre in perdita.
Non è la filosofia moderna o contemporanea in contrapposizione alla tanto più sana filosofia antica o ai valori cristiani del buon tempo andato ad aver prodotto questo. Si è semplicemente preso atto di un tramonto in cui le tenebre sono sempre più fitte e non si capisce come ci si possa porre in questa situazione. La situazione è questa e il filosofo deve poterlo dire, senza illudere. Poi magari nuove illusioni matureranno, rinascerà un senso, forse dalla storia di prassi comuni che ci restituiscano il senso di una comunità umana, come dice Sini, forse invece dal percorrere la strada nichilistica fino in fondo perché si mostri tutta l'assurda follia in cui si pone fede, come dice Severino, forse da un nuovo linguaggio o da un Dio che ci possa salvare come conclude Heidegger senza poterci più credere. Ma tornare indietro resta impossibile.
Citazione di: green demetr il 06 Giugno 2017, 14:59:34 PMx tutti e per nessuno :P cit paul ".......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve. Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero. Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, ....... Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici" No Paul, non ho scritto quello ;) Perdonami se non mi rapporto dialetticamente per una volta con te. Ci tengo a ri-sottolineare qualche punto, magari mi servirà a me stesso, come achtung futuro! Ho scritto che il compito della filosofia è quello anzitutto di tornare a dare giudizi sulla questione generale dello stato. Il ruolo della filosofia è quello critico, lo sporcarsi le mani, si intende a livello di quello che si sta parlando (che sia concreto e non astratto). I problemi da affrontare non sono relativi a chi debba andare il potere (economia. politica o filosofia), ma al ruolo dello stato. Ossia facendo una genealogia delle pratiche a come si è costituito uno stato. Ora lo stato si costituisce come garante della pace interna a fronte di un nemico e in nome di un qualcosa che chiamiamo morale. La filosofia si è battuta per abbattere la concezione di nemico e per la costituzione di una etica universale (a sinistra per lo meno). Ma ha fallito. Ha fallito perchè non esiste una etica che controlli una morale, perchè la morale è sempre stata falsa. (e dunque tutte le etiche costruite finora sono false). Solo grazie al postrutturalismo francese, ci si è accorti, che il problema è eminentemente psicologico. A questo punto la questione è intendibile solo da pochi. E' per questo che sono più ottimista che lo stato sia autodissolva in sè, in favore di una visione ultraconsumistica americana. Dove in nome del consumo, l'uomo può desiderare quello che vuole. Il problema è che tutto sarà legato in nome del consumo, e cioè a chi può consumare rispetto a chi non può. (a chi invera i propri desideri: i ricchi). La filosofia che ormai è diventata di nicchia rischia di sparire come pratica. Anzi per Sini è già sparita come l'abbiamo sempre intesa fin'ora. Lo ripeto la filosofia ha firmato la sua condanna, di sua mano. Ma rimane come capacità critica, la filosofia ha dato nella sua storia (300a.c-1900dc) una miriade di spunti che vengono oggi ricondotti a storia della filosofia. La filosofia è ormai monumento, non ha più nulla di vivo. Rimane cosa sarà del pensiero di pratica (l'utopia) della filosofia. Nel corso degli anni tra entusiasmi e attacchi paranoici stordenti, sono giunto alla conclusione che l'utopia si può solo inverare (come pensiero) nella comunità degli amici della filosofia. Ossia una compagnia per pochi visto l'andazzo e utopicamente per molti. L'altra strada di cui parli è quella politica. Ma io ci tengo a distinguere. Per tutto quello che ho scritto sopra (e ancora meglio nel mio penultimo intervento. ( https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-filosofia-e-capace-di-sporcarsi-le-mani-di-attualita/msg12622/#msg12622) La filosofia che resiste, la resistenza deve essere SOLO politica. Non deve essere economia, non deve essere morale, non deve essere scienza. Il suo unico intento è di resistere (inutilmente), gratutitamente, acriticamente, come forza che frena il capitalismo. Il suo unico nemico è il capitalismo. Questo è per dare tempo alla comunità degli amici di poter formarsi. Ed è quello che intuì l'ultimo grande filosofo: Heidegger. La svolta non è mai stata una svolta, ma un sussulto, un prendere atto, che l'amico non era più disponibile, perchè non era più disponibile la sua carica positiva di giudizio. La lunga agonia del pensiero novecentesco (ma appunto la filosofia muore con la morte di Nietzche 1900) è stata questo prendere atto sempre più vivido, fino alle forme di pura astrazione formale, piena di dolore, e di sgomento, che è il post-strutturalismo francese. La filosofia analitica (i cani dell'impero) l'ha attaccatto a lungo, fino a rendersi conto ultimamente che forse ma forse, qualcosa di buono c'era. Ma sono solo fuochi fatui, per chi come me ha vissuto quello stesso sgomento. Per chi si rende conto di quanto è sola e senza amici la filosofia. La lotta di classe, non ha senso, perchè dovrebbe essere in nome di qualcosa. E il nome di qualcosa si chiama capitalismo, questa paradosso non l'hanno capito ancora! Fare qualcosa in nome di qualcos'altro. (è il grande insegnamento di freud e lacan). Il grande altro, il grande fratello, il grande inquisitore, sono figure dell'inconscio che partono dalla cortocircuitazione dell'impossibilità umana. (dall'assenza di amicizia) I grandi romanzi di Dostoevskj sono un testamento imperituro a questa verità. (una lunga carrellata di personaggi votati al nichilismo, all'autodistruzione). Per non parlare di quelli enigmatici Kafkiani. In cui la scepsi è evidente. Il castello da una parte e il villaggio dall'altra. Ma il villaggio vive IN NOME del castello, non parlano d'altro che del CASTELLO, ma nessuno va al castello. La condizioni di limbo schizoide in cui versano tutti mi terrorizza. Perchè se tutti la abitano alla fine la abitiamo anche noi. E già! il castello della filosofia è diventato l'episteme. Bizzarro, perchè la firma di condanna a morte della filosofia è proprio la scienza. Ma la scienza non pensa. Cari Davintro e Paul....NON PENSA!!! ma voi fate pure quello che volete ;)
Io direi che la filosofia, quando coltivata in modo serio e rigoroso, è una scienza, e una scienza che pensa, e lo fa in modo radicale. "Pensa" perché in grado di fare autocritica, mettere in discussione, stabilire i fondamenti, della conoscenza, della validità dei suoi metodi, dei limiti e possibilità di un certo metodo nell'elaborare una visione razionale della realtà. "Pensa" nel senso che mira a individuare i fondamenti, le strutture apriori e necessarie della mente soggettiva della conoscenza, e ciò permette di criticare e rendersi conto degli aspetti dei fenomeni del mondo oggettivo riferibili alla nostra particolarità soggettiva, quindi non razionalmente fondati. Tale consapevolezza presuppone un approccio riflessivo, nel quale il soggetto della conoscenza riflette su se stesso, distaccandosi dal flusso dell'esperienza esteriore, esperienza esteriore, che delimita invece l'ambito delle scienze empiriche (compresa la psicologia, quando non segue un approccio fenomenologico, ma mutua i modelli epistemici delle scienze fisicaliste) e che impedisce loro di prenderne le distanze e valutarne criticamente i presupposti, che quindi impedisce loro di godere della radicalità del pensare. La riflessione sulle scienze è sempre una riflessione filosofica. E una volta individuati i fondamenti dei vari modi di relazionarsi dell'uomo alla realtà credo che il piano epistemologico-teoretico e quello dell'azione performativa rivolta al sociale non possano essere scissi, dato che l'azione è sempre determinata anche dal tipo di razionalità attraverso cui pensiamo di legittimare la nostra visione del mondo. Non direi che una filosofia che voglia essere primariamente politica debba ripudiare il suo carattere teoretico e scientifico, ma porre tale carattere come guida dell'elaborazione di un dover essere" mirante al bene comune. Chiaramente, una volta che ci si rassegna all'impossibilità di un discorso razionale sulla metafisica (metafisica che secondo me coincide pienamente con la filosofia), rassegnandoci all'egemonia culturale degli orientamenti culturali improntati al nichilismo e allo scetticismo, la filosofia perde il suo tratto peculiare, e allora non ha più senso chiederle di intervenire nel sociale e nel politico. La filosofia ha il diritto-dovere di entrarci, ma restando se stessa, con i suoi fini, la sua metodologia, non imitando altri saperi o altre formae-mentis. Altrimenti è più sensato e coerente lasciar stare, ammettere la non costruttività della filosofia, lasciandola chiusa nella "torre d'avorio" e relegare la politica al pragmatismo che riduce tutto alla frenesia dell'azione, al "fare per il fare" precludendosi di godere di un'ispirazione teorica, che attribuisca al "fare" delle finalità ideali-regolativi e una razionale valutazione dei mezzi, non lasciandolo alla cecità, oppure al limitarsi a porre come obiettivi la spettacolarizzazione dell'azione e la conseguente acquisizione del consenso delle masse, sempre inevitabilmente effimera, cioè la demagogia.
Citazione di: maral il 07 Giugno 2017, 22:46:29 PMPaul, io non mi considero giudice di nulla, semplicemente credo che si possa constatare già da diverso tempo la fine di quel pensiero metafisico greco cristiano che aveva posto in se stesso l'unico episteme possibile e vedeva nella propria storia etica sociale e politica l'unica forma di civiltà del pianeta da estendere doverosamente a tutti i popoli del mondo intero. Questa forma di pensiero, che è stata grandissima, è defunta e non è defunta perché da qualche altra parte del mondo sia sorta un'altra forma di pensiero a contrastarla, ma è defunta per causa propria. Questo significa quel "noi l'abbiamo uccisa" e mi si perdoni se ho parafrasato la formula nicciana dell'annuncio della morte di Dio, non è stato per creare effetti speciali, ma perché è proprio così: noi europei, occidentali abbiamo ucciso quell'episteme di cui fummo autori, come Greci prima e come cristiani poi. Dirò di più, anche la scienza, come forma di pensiero prettamente occidentale, sta tramontando, soppiantata inesorabilmente dalla tecnica. Non esiste più di fatto un pensiero scientifico che non sia un pensiero tecnico, ma non di una tecnica che rappresenta l'essenza dell'uomo, ma di una tecnica che, a partire dall'era industriale è divenuta da essenza alienazione dell'uomo (e in primo luogo proprio l'economia anthonyi, che è la forma tecnica dominante, in cui va a cercare riferimento e giustificazione ogni tecnica e ogni politica residuale). E anche questa è opera nostra, è il lascito dell'Occidente al mondo che lo abbraccia entusiasta, perché questa tecnica, fondamentalmente nichilistica nel suo totale autoriferimento, è la forma più alta di potenza che l'umanità abbia mai conosciuto e quindi ha una forza di seduzione irresistibile e chi pensa di poter resistere in realtà ne viene assorbito, oppure finisce con l'essere spazzato via. Senza che questo significhi che si debba rinunciare a resistere, anzi, perché un conto è lo sguardo obiettivo, un altro è il sentimento con cui in questa obiettività ci si sente posti. Un conto è il filosofo che vede l'ineluttabilità della catastrofe e un conto l'uomo che la vive patendola e dunque ribellandosi, oltre e prima di ogni filosofare. E la "filosofia che si sporca le mani" è per me soprattutto la filosofia che sa riconoscere la irriducibile singolarità di ogni essere umano nel suo modo di sentire e sentirsi, una filosofia che patisce con ogni singolo soggetto senza assoggettarlo ai suoi schemi strutturanti. Tu mi chiedi chi è colpevole di terrorismo. Chiunque usi l'arma del terrore e l'arma del terrore è stata quella più sviluppata nel secolo ventesimo proprio in Occidente e dall'Occidente esportata con successo in tutto il mondo. E' una diretta conseguenza dello sviluppo tecnico nichilista del nostro modo di pensare. E' terroristico il nostro principale armamentario bellico che va a colpire in primo luogo le popolazioni civili inermi (fin dai bombardamenti delle aviazioni nella seconda guerra mondiale: quelli su Londra da parte dei tedeschi e poi sulle città tedesche e dell'Asse da parte degli alleati), è terroristico il modo di fare le guerre da allora in avanti, è arma del terrore per eccellenza la bomba atomica ed è terrorista chiuque la tenga nei suoi arsenali, ma è terroristico anche il ricatto economico finanziario con cui si minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni mentre si gioca alle scommesse trasferendo masse enormi di denaro virtuale, è terroristica la gestione del debito e dei prestiti da parte degli organismi internazionali, è terroristica la politica delle multinazionali nei paesi più poveri del pianeta con cui li si continua a depredare di ogni risorsa a mezzo di corruzione e violenze. Tutto questo è terrorismo, giusto o sbagliato che lo si trovi ad applicarlo, come è terroristico lo zainetto pieno di esplosivo e chiodi lasciato nel bidone della spazzatura, il demente esaltato da Allah che, dopo essere cresciuto tra espedienti, alcol e droghe nelle periferie delle capitali occidentali, si mette a sparare su una folla inerme a un concerto rock e crepa sentendosi l'euforico angelo sterminatore piovuto dal Cielo per il martirio. Anche lui è il frutto di un nichilismo maturato proprio qui che ha preso marchi piazzati dalla propaganda religiosa di sapor medio orientale, ma sotto c'è il risultato finale della nostra millenaria e gloriosa ricerca metafisica finita nel calcolo meticoloso di bilanci comunque sempre in perdita. Non è la filosofia moderna o contemporanea in contrapposizione alla tanto più sana filosofia antica o ai valori cristiani del buon tempo andato ad aver prodotto questo. Si è semplicemente preso atto di un tramonto in cui le tenebre sono sempre più fitte e non si capisce come ci si possa porre in questa situazione. La situazione è questa e il filosofo deve poterlo dire, senza illudere. Poi magari nuove illusioni matureranno, rinascerà un senso, forse dalla storia di prassi comuni che ci restituiscano il senso di una comunità umana, come dice Sini, forse invece dal percorrere la strada nichilistica fino in fondo perché si mostri tutta l'assurda follia in cui si pone fede, come dice Severino, forse da un nuovo linguaggio o da un Dio che ci possa salvare come conclude Heidegger senza poterci più credere. Ma tornare indietro resta impossibile.
ciao Maral,
la mia era una battuta sulla sentenza, nel senso che troppo spesso nel forum leggo sentenze non argomentate, per cui risulta ermetico il concetto espresso e quasi impossibile il dialogo. Se io dicessi "piove governo ladro" sarei il solito qualunquista generalista.
non confonderei il pensiero greco con quello cristiano, hanno ascendenti e percorsi un poco diversi anche se con intrecci anche importanti.
Non sono d'accordo Maral. Bisogna intendere cosa pensiamo per Occidente, perchè i nostri filosofi moderni e attuali, dimenticano troppo spesso che alla fine del feudalesimo nasce la borghesia e nasce non a Roma, ma grazie ad una cultura protestante e calvinista, che il ciclo delle ascese e decadenze delle civiltà aveva già spostato l'asse dal Mediterraneo all'Atlantico con le americhe e le Indie da colonizzare..
Il pensiero greco-latino rimane poco influente sugli imperi francesi spagnoli, ancor meno sulle potenze inglese e tedesche,
E facci caso, i grandi filosofi nasceranno da allora dalla Germania e dall'Inghilterra. Guarda bene i loro influssi e ascendenze per capire i loro pensieri, attaccano già allora il cristianesimo introducendo la potenza della tecnica che prima era eticamente frenata.
Non capire che il protestantesimo è figlio diretto della borghesia e delle potenze imperialistiche centro europee, significa non capire la storia ed è quello che non hanno capito i filosofi estraneandosi e quindi essendo impreparati totalmente alle prassi.
La tecnica Maral è un'invenzione di Severino quando l'addebita al pensiero della tradizione greca.
Esiste un'età del ferro e del bronzo, esistevano già codificazioni legislative, esistevano già imperi egizi, persiani, sumerico accadiche, assiro babilonesi, fenicie, ebree e dimenticano persino le civiltà panamericane e quelle asiatiche, talmente sono megalomani, narcisisti i nostri filosofi.
I carri di guerra, il concetto di possesso e proprietà, la metallurgia, , la tecnica e la tecnologia applicata alle milizie, alle strategie di guerra, alle potenze espansive ed economiche nascono molto prima della civiltà. greca. la nostra lingua, la nostra genetica, e la nostra indole è molto prima della civiltà greca.Il grande errore è pensare che con la codificazione del pensiero greco nasca l'anno zero della storia del pensiero,Noi veniamo da più lontano nel tempo
la tecnica è potere prima di essere pensiero. da quando una spada di ferro rompeva quella di legno ,così come una bomba atomica è più potente di una convenzionale, e per costruire una spada o una bomba ci vuole un pensiero, una progettazione che erano nate ben prima dei greci. Il problema vero è la natura umana la sua indole.La nostra vera colpa come occidentali è che siamo assetati di potere.Non ho mai visto l'India antica (quella moderna è ormai invasa dal virus occidentale)porsi problemi di domini e poteri:questo dovrebbe farci riflettere.
Sul fatto che abbiamo contagiato altre civiltà e modalità di pensiero con il nostro virus di potenza, sono d'accordo e la globalizzazione esporterà il virus come ormai sta facendo in Cina ,India come prima ha già fatto in Giappone.
Non sono d'accordo sul destino ineluttabile in cui il breve respiro temporale della nostra esistenza è collocato spazio/temporalmente: c'è sempre almeno una possibilità in ogni cosa, una via di fuga.Personalmente non sono d'accordo con i principi culturali che reggono l'attuale prassi nell'economia, nella politica , nel sociale. E adatto che non sono il solo......un barlume di speranza la vedo.
Ma io vedo il fallimento dell'umanesimo soprattutto, il concetto di progresso, il neopositivismo.Il fallimento è aver posto un uomo assetato di potere nella centralità del pensiero occidentale.
ciao davintro,
sono d'accordo in linea di massima sul tuo discorso.
ma dobbiamo sapere che quando il filosofo teoretico si ferma al pensiero si trova in un dominio diverso dalle dinamche delle prassi.
Chi pensa espone alle regole logiche razionali, ma chi pratica, fa le prassi, si espone molto di più e in condizioni ambientali che non sono la poltrona del pensiero.
La prassi è portare un pensiero nell'azione, Ma la prassi sociale è praticamente sempre mediazione dell'azione e quindi difformità fra la teoria e l'azione questo è il tipico problema nostro quotidiano che ci tocca mediare quello che ci piacerebbe fare con altre persone che hanno altri scopi.
Noi mediamo in famiglia, mediamo sul lavoro, mediamo praticamente in ogni azione sociale, figuriamoci in politica, nell' economia è addirittura sancita nella regola del mercato della domanda e dell'offerta la mediazione
E' anche questa difformità fra il pensiero l'azione che costruisce le contraddizioni delle strutture pratiche rispetto alla razionalità del pensiero e spesso la mediazione non è razionale è solo un punto di equilibrio negoziale è una compatibilità o una incompatibilità e quindi rottura dell'equilibrio.
Il filosofo spesso non si espone nelle prassi per non perdere la sua "veriginità" di integrità di pensiero.Può far comodo chiudersi nella torre d'avorio.Ma è altrettanto vero che può far male sapere di non poter fare perchè non si è compresi nel pensiero o perchè si sa che sarebbe inutile.
x paul
cit Paul
"Ciao Green,
Se mi è un poco chiaro ciò che interpreti della filosofia del passato non mi è chiaro come interpreteresti una filosofia attuale o del futuro:con quali chiavi di lettura?"
Ciao Paul
Si lo so non è di facile lettura (anche se a me pare chiarissimo ;) )
Torniamo alla dialettica del discorso. Torniamo a noi.
Allora innanzitutto si tratta di provare a mettere un tavolo di discussione.
Cioè di connotare il nostro linguaggio.
Ci riprovo anche se in passato questa cosa sembra non funzionare mai.
(in quel caso è un altro bel post a vuoto, a perdere, ma mi sta bene lo stesso :) )
Mi chiedi quale sia l'ermeneutica di lettura.
E' strano perchè ne parlo quasi ad ogni post. Si tratta del soggetto. ;D
La chiave di lettura è di "cosa sia questo soggetto." Alias "chi parla? chi sta effettuando il discorso? chi ha la chiave di lettura??? l'attenzione prima ancora che essere sulla lettura o sul discorso è da chi parte l'azione."
cit Paul
"La politica in sè e per sè non è filosofia, così come la pratica non è la teoretica."
Infatti. Tu però mi facevi dire che la filosofia deve unirsi alla pratica.
Mentre per me la filosofia deve essere protetta dalla politica.
cit Paul
"Qualunque "grande pensiero" anche politico ha quanto meno un'analisi,Tutte le ideologie le hanno,giuste o sbagliate o che ciascuno ritenga.""
E tutte le analisi tentate finora sono state sbagliate. ;)
E' la qualità dell'analisi in discussione.
cit Paul
"Già allora avevano capito che nonostante l'operaio inglese(è un esempio) fosse nel capitalismo più avanzato e imperialistico di quel tempo, la sua cultura è tipicamente opportunistica e filo piccolo-borghese:non potevano essere rivoltosi e rivoluzionari."
E dunque perchè hanno continuato? >:(
cit Paul
"La storia ha dato loro ragione."
Non mi sembra proprio. :-[
cit Paul
"Se non c'è alle spalle una seria analisi sulle strutture sociali che la compongono e come le dinamiche agiscono sugli strati e formazioni delle classi sociali e sul gradi di coscienza di classe, se non c'è ripeto questa analisi è inutile fare pratiche inutili ."
Infatti l'analisi era sbagliata. Inutile andare avanti, cosa che invece non si è ancora capito.
Non esiste qualcosa come "classe sociale". Era l'idea stessa: errata di base.
cit Paul
"se gli indvidui non socializzano fra loro i problemi e identificano le loro individualità in classe sociale con necessità e bisogni. Mancano le condizioni e la coscienza sociale."
Infatti! è quello il punto Paul, "come mai la gente non socializza?"
cit Paul
"Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali."
Come fanno ad essere universali se non esiste qualcosa di particolare come la gente che socializza in vista dei suoi beni essenziali? (insisto)
cit Paul
"Oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa"
Non è un mio problema se i pragmatisti diventino cinici.
Non c'è più la filosofia di sinistra perchè ha fallito.
Grazie a Dio ha fallito!
Ma la domanda che conta è quella che hai fatto prima.
E' più rilevante in chiave filosofica! piuttosto che imbarcarsi con un salto iperbolico sulla questione delle sovrastrutture. Non credi?
cit Paul
"I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu."
Certo!
Sarebbe ridicolo non farlo. ;D
Però per capirmi aggiungi queste 2 cose
1. siccome l'uomo passa per il linguaggio, l'uomo passa sempre dal metafisico. (se mi capisci su questo vai avanti se no attendi che apro un 3d adeguato).
2. l'uomo necessita di un nuovo metafisico, con controllo meta-linguistico antigerarchico.
(appena risolto)
Se non capisci nessuno dei due punti, fermati pure, torniamo alla mia domanda "come mai non socializzano?" e torniamo a discuterne in forme diverse dalla mia.
cit Paul
"va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?"
E' il signoraggio. Paul, ancora non lo hai capito?
Ma la domanda filosofica susseguente (non ancora posta) sarebbe come mai c'è bisogno del denaro (circolazione del denaro) per far socializzare la gente???? (sono al lavoro con i lavori di luigi ferrari e andrea tagliapietra)
Questo ci fa tornare alla domanda di prima. Non si scappa. O meglio uno può anche scappare e ridursi in schisi, in stato paranoico.
cit Paul
"Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici."
Infatti l'ho già scritto sopra! Il potere è in mano ai cani dell'impero, ai cinici, che vuol dire proprio cane! Peccato che della cultura il signoraggio ci si pulisca il c***.
cit Paul
"Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi."
Ma l'educazione è la peggiore delle metafisiche, firmato Nietzche, quindi è un giudizio DOC!
cit Paul
"Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero."
Fatti loro.
cit Paul
"Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg. Oggi tutto ha un prezzo."
Chiamasi economia, non ci vedo un gran problema. Non è l'unica economia.
Ma questo non c'entra niente con la domandina da cui eravamo partiti.
Non trovi?
Al massimo ne parliamo e ne stiamo parlando nel 3d economico.
ciao!!!
x maral
cit Maral
"Mi sento sempre a disagio a sentire Preve, soprattutto se intervistato da Fusaro, non capisco dove intenda andare a parare. Prima attacca Negri perché troppo globalista, poi Benoist per il motivo opposto"
Certo perchè in Benoist lo stato non è una costruzione dei processi di produzione come in marx o hegel, ma un soggetto giuridico.
Per la sinistra lo stato è il frutto di una evoluzione storica economica, per Benoist è il frutto di un contratto sociale.
Ma la protezione dello stato e del diritto alla contrattualità sociale, è ben più radicata in Benoist, che fa resistenza, rispetto al socialismo reale che demanda ad un futuro immaginario e utopico il ribaltamento del rapporto schiavo-padrone, di fatto PERMETTENDO al padrone di govenare liberamente.
In questo momento storico la destra (sebbene populista) è molto più consapevole a livello di contratto sociale, rispetto al lassismo di sinistra. (ampiamente bucata dalle istanze liberali del capitalismo).
cit Maral
"Questi post marxisti (pseudo sinistra della post sinistra) li trovo così insopportabili!"
Ah Ah non li sopporto nemmeno io!!! deve essere qualcosa legato al ricambio generazionale!!
Ma con uno sforzo si può cogliere qualcosa.
cit Maral
"Direi che l'individuo è il prodotto singolare di prassi collettive, una differenziazione minima, ma proprio per questo non può essere semplicemente riassorbito nelle prassi collettive, dunque le perturba con la sua minima presenza stabilita in rapporto a un altro che mi determina negandomi."
Certo
"E' da questo rapporto che sorge il problema morale che diventa etico nel momento in cui tra me e l'altro, compare un altro ancora, l'altro del mio altro che non sono io."
E qui iniziano i guai, perchè quel "altro" che non è il mio altro, è il "GRANDE ALTRO".
E per inciso NON esiste.
cit Maral
"Solo a questo punto il problema morale diventa etico, ossia sociale. Bisogna essere almeno in tre per entrare in società:"
Ti fermo, perchè è proprio questo l'errore metafisico!
Noi non abbiamo affatto bisogno dell'altro dell'altro, in quanto l'altro dell'altro DEVE essere necessariamente il cerchio.
Ossia ciò che mi permette di sussistere. Senza metafisiche aggiuntive.
IL GRANDE ALTRO è l'errore macroscopico da cui si dipana la genealogia dell'essere uomo: la metafisica dei discorsi.
Ma appunto DIO è morto....prendiamone atto una buona volta!
cit Maral
"Il problema che il filosofo a questo punto dovrebbe cominciare a porsi è in quale posizione viene a collocarsi con le sue pratiche (che ovviamente sono pratiche, ossia metodi, di pensiero ereditati da una tradizione immensa)."
Ma attenzione alla paranoia amico Maral! nessuno ci vieta di esimerci da quella tradizione.
Il giochino del pensiero unico (del da te odiato, e pure da me ,Fusaro) è proprio quello. Farci credere che non possiamo esimerci.
Ma ogni individuo filosofo o meno, fa politica. Compreso il suo tacere.
cit Maral
"La filosofia può ancora avere una funzione educativa verso la comunità, o serve solo a intrattenerci?"
E' uno stano aut-aut ovviamente paranoico.
Comunque sia la filosofia NON deve educare , nè intrattenere alcuno.
la filosofia è la capacita di giudizo, è al massimo qualcosa che ognuno può evocare.
E' un fantasma. (ok futuro 3d da aprire....)
cit Maral
"Con quali strumenti può risultare ancora credibile in un mondo dominato dal pensiero scientifico che ha ovviamente intenti ben diversi da quello filosofico? "
La scienza è quello a cui approda la filosofia, deve solo accorgersi di essere metafisica.
O meglio non se ne accorgerà MAI, perchè NON PENSA.
La scienza è un falso problema. (Ma è pur sempre un grave problema politico.)
cit Maral
"Certo, è accattivante l'idea del diritto della filosofia al giudizio qualitativo sul "generale discorsivo di una comunità", ma in che modo può rendere oggi credibile questo diritto agli occhi della comunità stessa, fuori dal suo ambito sempre più ristretto e in disfacimento, nonostante la grandezza seducente e mirabile del tramonto? "
Mi sembra che ne sto parlando, ho comunque iniziato a parlarne, ci sono anche le proposte di paul e davintro. ne cito 2 perchè mi interessano. ma ce ne sono altre sotto traccia.
Certo che se ci fissiamo sull'idea del tramonto...non andiamo da nessuna parte.
Ripeto è paranoia.
Ti ripeto non esiste qualcosa come LA COMUNITA', il GRANDE ALTRO.
Esiste un insieme di individui che fa la comunità.
La comunità è una produzione, è un lavoro. Delle singolarità. Come avevi anche tu ammesso come inizio del discorso.
cit Maral
"O certi filosofi pensano di potersi prendere questo diritto punto e basta? "
Semplicemente i filosofi sono gli unici che possono fare comunità consapevolmente.
cit Maral
"Erano domande già problematiche ai tempi di Platone, il fondatore insuperato della filosofia politica (ammesso che la filosofia sia mai uscita dalla questione della polis, della comunità umana), figuriamoci oggi."
E oggi rimangono problematiche. E allora? A meno che tu paranoicamente rinunci all'analisi ancora prima di provarci....
cit Maral
"Perché a questo punto le prassi le sentiamo paranoiche?"
Amico mio spero di non scandalizzarti se ti dico che tu le senti paranoiche.
Le prassi in sè non sono paranoiche, in quanto sono mero lavoro.
La paranoia è il discorso sulle pratiche.
cit Maral
"Qual è la responsabilità proprio della filosofia in questo?"
La responsabilità è nel giudizio particolare sull'universale di queste pratiche.
(ossia sul suo discorso)
Ossia nella errata analisi di chi siamo.
cit Maral
"Della sua pretesa educatrice fallita fino a rendere "impossibile pensare"?"
Non so se il fallimento dell'educazione metafisica abbia portato la fine del pensiero.
Diciamo che l'educazione stessa è stata fino ad oggi parte di quel problema sulla menzogna, che monta da secoli a questa parte.
cit Maral
"Di sicuro il problema morale e soprattutto etico (quello del menage a troi) sta nel linguaggio"
questo sì amico mio. questo è un problema gigantesco.
perchè il linguaggio rientra di diritto ad essere il vero ALTRO, quello per cui non ci sarebbe modo di alcuna comunità, e aggiungo io, di alcun "io".
Il problema non è della comunità ma del linguaggio, anzitutto.
per questo ho aperto al metafisico (ogni linguaggio porta con sè il metafisico, perchè il linguaggio è un simbolo, è il legame stesso) come non gerarchico!
cit Maral
"Ci vorrebbe una filosofia che fosse ancora capace di farcela sentire questa verità che conferisce potere ai senza potere, di mostrarla, senza predicarla però. "
Certamente! se intendi il mostrare qualcosa di slegato a dire se è vero o meno, che sarebbe la pre-dicazione!
cit Maral
"Ci vorrebbe più che altro La capacità di un gesto filosofico, più che di una teoresi. "
Bisogna essere sinceri, il gesto della filosofia è la sua teoresi! :-[
Su questo vorrei che ci confrontassimo dopo le vacanze.
cit Maral
" Chissà, forse una conquista del gesto potrebbe ancora riscattare la filosofia dal suo fallimento epocale, un gesto che sappia solo indicare la postura per la verità che può reggere una comunità di individui diversi nella loro uguaglianza; riuscire a convivere per vivere meglio, malgrado tutto quello che ci somministrano i nuovi verdurai, quelli che hanno potere."
Appunto mostrare senza decidere per essi. Ossia fare filosofia.
E' quello che da anni stai facendo anche tu...va tutto bene Maral!! ciauz!!
x davintro
cit davintro
"Io direi che la filosofia, quando coltivata in modo serio e rigoroso, è una scienza, e una scienza che pensa, e lo fa in modo radicale. "Pensa" perché in grado di fare autocritica, mettere in discussione, stabilire i fondamenti, della conoscenza, della validità dei suoi metodi, dei limiti e possibilità di un certo metodo nell'elaborare una visione razionale della realtà."
Ne sto già parlando con Paul e Phil, e continuo a non capire cosa c'entri la gnoseologia con la filosofia critica.
cit davintro
""Pensa" nel senso che mira a individuare i fondamenti, le strutture apriori e necessarie della mente soggettiva della conoscenza, e ciò permette di criticare e rendersi conto degli aspetti dei fenomeni del mondo oggettivo riferibili alla nostra particolarità soggettiva, quindi non razionalmente fondati."
Ma se è vera la prima parte, non capisco come possa essere falsa l'ultima.
Infatti per me la particolarità soggettiva è ampiamente razionalmente fondata.
E' sul fondamento (e dunque sull'originario dell'io) che infatti si basa tutto il mio modo di far filosofia.
cit davintro
"Tale consapevolezza presuppone un approccio riflessivo, nel quale il soggetto della conoscenza riflette su se stesso, distaccandosi dal flusso dell'esperienza esteriore, esperienza esteriore, che delimita invece l'ambito delle scienze empiriche (compresa la psicologia, quando non segue un approccio fenomenologico, ma mutua i modelli epistemici delle scienze fisicaliste) e che impedisce loro di prenderne le distanze e valutarne criticamente i presupposti, che quindi impedisce loro di godere della radicalità del pensare."
Sono d'accordo totalmente.
cit davintro
"La riflessione sulle scienze è sempre una riflessione filosofica. E una volta individuati i fondamenti dei vari modi di relazionarsi dell'uomo alla realtà credo che il piano epistemologico-teoretico e quello dell'azione performativa rivolta al sociale non possano essere scissi, dato che l'azione è sempre determinata anche dal tipo di razionalità attraverso cui pensiamo di legittimare la nostra visione del mondo."
Non capisco, a me sembra una contraddizione lapalissiana. (ancor più poichè ritieni che la soggettività singola sia non razionalmente fondata, al contrario mio).
Se l'uomo trova l'unico modo di relazionarsi all'altro nella tecnica, come ci ha insegnato Heidegger.
Allora sarà un uomo che dimentica chi è. E che dunque si ridurrà al suo aspetto tecnicistico e quindi nichilistico. Dominazione della natura, e dei corpi.
(cosa sotto gli occhi di tutti, se fossero un minimo attenti).
Sono d'accordo che esiste un tipo di razionalità determinata, ed è quella del linguaggio.
Credo che il linguaggio non sia la tecnica. O meglio lo è, ma ha una possibilità di mutazione e di possibilità che la natura non ha. Probabilmente la tecnica umana è il linguaggio stesso.
Invece tu, Phil e Paul mi parlate di episteme. Come se esistesse un episteme.
Ma a mio parere ha ragione Severino. Io lo dico così: l'episteme è l'oggetto in sè kantiano, ossia è quella parte "dura" della natura che l'uomo non riesce ad annichilire MAI. La costruzione percettivo fenomenologica umana, è una riduzione ingenua. Non solo di chi siamo ma anche di che cosa ci circonda.
Ovviamente questo non toglie nulla alla tecnica vista come Gestellen, l'uomo si ambienta e crea mondi a lui sostenibili, o meno, visto le sue caratteristiche annichilenti.
cit davintro
"Non direi che una filosofia che voglia essere primariamente politica debba ripudiare il suo carattere teoretico e scientifico, "
Non ho mai detto che la filosofia debba essere necessariamente politica.
E' sul suo discostamento che invece conto, sulla sua capacità critica alla tecnica.
Una politica senza pensiero critico sulla scienza, diventa meramente scienza.
La volontà di potenza umana, che è la scienza, vuole abbattere ogni forma di contrasto a se stessa, la scienza sostanzialmente vuole distruggere la natura, dominandola.
Sia chiaro la scienza siamo noi, sono io.
Il discorso che si forma è così ad alto tasso schizofrenico.(non basta certo un forum per darne conto, non questa volta).
La domanda è una sola. Io mi guardo intorno e vedo 3 cose.
Microclima. Virus Aureo. TBC incurabile. Disoccupazione.
Non ho bisogno di altro. La scienza non pensa, e fa propaganda.
Dunque non mi rimane che essere contro la scienza.
Essere contro la scienza, è politica. In un tempo in cui la politica sociale è morta, rimane politica di resistenza.
Sto dicendo dunque che sono 2 cose separate. La filosofia e la resistenza.
Ora questo non c'entra niente con la filosofia in sè (come già detto)
l'atto della filosofia è solo teoretico, la sovrastruttura certo la informa e la politica che esce dalla filosofia (necessariamente, altrimenti siamo dei cinici imperiali) deve stare attenta.
la generalizzazione è ottusità, deve essere giudizio particolare sulla universalità come detto da Preve.
Mi basta vivere per sapere se la scienza mente o meno.
cit davintro
"ma porre tale carattere come guida dell'elaborazione di un dover essere" mirante al bene comune."
Non esiste alcuna filosofia che mi debba dire cosa DEVO essere. Grazie a DIO.
Io sono quello che divento.
In compenso la scienza decide cosa io non avrei mai voluto diventare...questo sì!
Non è il bene comune a cui deve mirare, ma a garantire la possibilità di socializzare.
Socializzare con consapevolezza, se dobbiamo mirare al bene comune verrà solo dopo.
E probabilmente avverrà senza bisogno di ideologie aberranti, perchè oggi come oggi nessuno vuole che il proprio bene sia comune.
E' psicologia. Siamo molto lontani dal "vero" amico Davintro.
Le ideologie sono morte da tempo in virtà della menzogna che si portavano addietro.
cit davintro
"Chiaramente, una volta che ci si rassegna all'impossibilità di un discorso razionale sulla metafisica (metafisica che secondo me coincide pienamente con la filosofia), rassegnandoci all'egemonia culturale degli orientamenti culturali improntati al nichilismo e allo scetticismo, la filosofia perde il suo tratto peculiare, e allora non ha più senso chiederle di intervenire nel sociale e nel politico."
Sulla parte "destruens" siamo d'accordo.
cit davintro
"La filosofia ha il diritto-dovere di entrarci, ma restando se stessa, con i suoi fini, la sua metodologia, non imitando altri saperi o altre formae-mentis."
si ma forse non ti rendi conto che hai deciso tu quali sono i fini (il bene comune?) e la metodologia (la gnoseologia?)
io attendo, frattanto paul fa finta di niente...attendo ora te davintro sul perchè dello gnoseologico...abbiamo tempo!
cit davintro
"Altrimenti è più sensato e coerente lasciar stare, ammettere la non costruttività della filosofia, lasciandola chiusa nella "torre d'avorio" e relegare la politica al pragmatismo che riduce tutto alla frenesia dell'azione, al "fare per il fare" precludendosi di godere di un'ispirazione teorica, che attribuisca al "fare" delle finalità ideali-regolativi e una razionale valutazione dei mezzi, non lasciandolo alla cecità, oppure al limitarsi a porre come obiettivi la spettacolarizzazione dell'azione e la conseguente acquisizione del consenso delle masse, sempre inevitabilmente effimera, cioè la demagogia."
E' uno strano aut-aut il tuo. come quello di maral, ed è dovuto ovviamente al sistema paranoico in cui siamo calati.
Comunque sia NO! ogni costruttivismo della filosofia è una cattiva metafisica, e ogni discorso sull'inutilità della azione è una cattiva metafisica.
Il costruttivismo perchè nelle sue stesse istanze, nel suo stesso volere, nel suo impianto politico, a cui vuol giungere, è la negazione del soggetto.
Il che è paradossale, e uno dei tanti ghirigori della filosofia analitica.
ciauzz
Citazione di: green demetr il 08 Giugno 2017, 15:43:24 PM
x paul
cit Paul
"Ciao Green,
Se mi è un poco chiaro ciò che interpreti della filosofia del passato non mi è chiaro come interpreteresti una filosofia attuale o del futuro:con quali chiavi di lettura?"
Ciao Paul
Si lo so non è di facile lettura (anche se a me pare chiarissimo ;) )
Torniamo alla dialettica del discorso. Torniamo a noi.
Allora innanzitutto si tratta di provare a mettere un tavolo di discussione.
Cioè di connotare il nostro linguaggio.
Ci riprovo anche se in passato questa cosa sembra non funzionare mai.
(in quel caso è un altro bel post a vuoto, a perdere, ma mi sta bene lo stesso :) )
Mi chiedi quale sia l'ermeneutica di lettura.
E' strano perchè ne parlo quasi ad ogni post. Si tratta del soggetto. ;D
La chiave di lettura è di "cosa sia questo soggetto." Alias "chi parla? chi sta effettuando il discorso? chi ha la chiave di lettura??? l'attenzione prima ancora che essere sulla lettura o sul discorso è da chi parte l'azione."
cit Paul
"La politica in sè e per sè non è filosofia, così come la pratica non è la teoretica."
Infatti. Tu però mi facevi dire che la filosofia deve unirsi alla pratica.
Mentre per me la filosofia deve essere protetta dalla politica.
cit Paul
"Qualunque "grande pensiero" anche politico ha quanto meno un'analisi,Tutte le ideologie le hanno,giuste o sbagliate o che ciascuno ritenga.""
E tutte le analisi tentate finora sono state sbagliate. ;)
E' la qualità dell'analisi in discussione.
cit Paul
"Già allora avevano capito che nonostante l'operaio inglese(è un esempio) fosse nel capitalismo più avanzato e imperialistico di quel tempo, la sua cultura è tipicamente opportunistica e filo piccolo-borghese:non potevano essere rivoltosi e rivoluzionari."
E dunque perchè hanno continuato? >:(
cit Paul
"La storia ha dato loro ragione."
Non mi sembra proprio. :-[
cit Paul
"Se non c'è alle spalle una seria analisi sulle strutture sociali che la compongono e come le dinamiche agiscono sugli strati e formazioni delle classi sociali e sul gradi di coscienza di classe, se non c'è ripeto questa analisi è inutile fare pratiche inutili ."
Infatti l'analisi era sbagliata. Inutile andare avanti, cosa che invece non si è ancora capito.
Non esiste qualcosa come "classe sociale". Era l'idea stessa: errata di base.
cit Paul
"se gli indvidui non socializzano fra loro i problemi e identificano le loro individualità in classe sociale con necessità e bisogni. Mancano le condizioni e la coscienza sociale."
Infatti! è quello il punto Paul, "come mai la gente non socializza?"
cit Paul
"Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali."
Come fanno ad essere universali se non esiste qualcosa di particolare come la gente che socializza in vista dei suoi beni essenziali? (insisto)
cit Paul
"Oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa"
Non è un mio problema se i pragmatisti diventino cinici.
Non c'è più la filosofia di sinistra perchè ha fallito.
Grazie a Dio ha fallito!
Ma la domanda che conta è quella che hai fatto prima.
E' più rilevante in chiave filosofica! piuttosto che imbarcarsi con un salto iperbolico sulla questione delle sovrastrutture. Non credi?
cit Paul
"I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu."
Certo!
Sarebbe ridicolo non farlo. ;D
Però per capirmi aggiungi queste 2 cose
1. siccome l'uomo passa per il linguaggio, l'uomo passa sempre dal metafisico. (se mi capisci su questo vai avanti se no attendi che apro un 3d adeguato).
2. l'uomo necessita di un nuovo metafisico, con controllo meta-linguistico antigerarchico.
(appena risolto)
Se non capisci nessuno dei due punti, fermati pure, torniamo alla mia domanda "come mai non socializzano?" e torniamo a discuterne in forme diverse dalla mia.
cit Paul
"va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?"
E' il signoraggio. Paul, ancora non lo hai capito?
Ma la domanda filosofica susseguente (non ancora posta) sarebbe come mai c'è bisogno del denaro (circolazione del denaro) per far socializzare la gente???? (sono al lavoro con i lavori di luigi ferrari e andrea tagliapietra)
Questo ci fa tornare alla domanda di prima. Non si scappa. O meglio uno può anche scappare e ridursi in schisi, in stato paranoico.
cit Paul
"Il potere culturale e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici."
Infatti l'ho già scritto sopra! Il potere è in mano ai cani dell'impero, ai cinici, che vuol dire proprio cane! Peccato che della cultura il signoraggio ci si pulisca il c***.
cit Paul
"Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi."
Ma l'educazione è la peggiore delle metafisiche, firmato Nietzche, quindi è un giudizio DOC!
cit Paul
"Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero."
Fatti loro.
cit Paul
"Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg. Oggi tutto ha un prezzo."
Chiamasi economia, non ci vedo un gran problema. Non è l'unica economia.
Ma questo non c'entra niente con la domandina da cui eravamo partiti.
Non trovi?
Al massimo ne parliamo e ne stiamo parlando nel 3d economico.
ciao!!!
ciao green,
.............si sa che gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio.
...........le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni,
Questo è il soggetto, l'agente conoscitivo, generalmente incoerente fra pensiero ed azione.Ed è in questo che crolla la fiducia.
L'uomo è limitato, ambiguo, si muove fra il razionale i l'irrazionale in termini logici, spesso è un'opportunista che auto giustifica la sua incoerenza.. Se la razionalità è costruita sulla coerenza e completezza, l'uomo spesso è opposto al suo stesso pensiero logico,nella pratica.
I fondamenti della politica ed economia sono fortemente psicologici.I meccanismi del mercato, i meccanismi elettorali, non a caso vivono di marketing, di battage pubblicitario.
La logica deve seguire a mio parere un percorso dialettico,deve unire il teorico con il pratico,Significa tenere i domini separati della teoretica e pratica, ma in cui il mediatore che è l'agente conoscitivo deve relazionare logicamente costruendo conoscenza.
Si tratta di capire di un pensiero se è totalmente da accantonare, oppure parzialmente, oppure riattualizzarlo .Possono esserci problemi essenzialmente teoretici, oppure lontani dalla realtà da non essere attuali, oppure linguisticamente non attuali. Generlmente è questa la dialettica fra pratica e teoria.
Feyerabend ha scritto, a mio parere, un concetto vero. Molte teorie non sono state superate, semplicemente sono state accantonate.
Ci sono autori e pensieri più conosciuti e utilizzati, altri misconosciuti con altrettanti e forse migliori pensieri.Questa è la moda culturale,
dalla filosofia alle scienze all'arte. C' è da chiederci chi ha il potere mediatico e culturale di far assurgere o dimenticare autori e pensnieri e
quindi determinare nelle prassi l'opinione" più in auge.
Ti sei mai chiesto perchè la gran Bretagna ha ancora una monarchia, usano i "parrucconi",ecc? Non hanno mai mutato le forme ,piuttosto hanno adattato le pratiche: l'operaio delle laburparty è un conformista quanto lo è il baronetto inglese e lo dimostra la brexxit,che è un voto diviso generazionalmente ( i giovani sono contro l'uscita dalla UE , gli anziani per l'uscita)non per classi sociali.Sono rimasti alla Magna Charta o poco più.
L a prima Internazionale sancì la divisione fra comunisti (Marx ed Engels)e anarchici (Bakunin).L'operaio più specializzato nelle fabbriche era comunista, gli anarchici erano operai agricoli o meno specializzati nelle fabbriche.,Quindi il comunismo rivoluzionario prese piede in germania e parte della Francia,dove il capitalismo era sviluppato, non tenendo conto degli inglesi.
Se verifichi le personalità storiche del pensiero socialista-comunista- anarchico, vi vedremo ancora una volta francesi e tedeschi soprattutto..
Questo avvalorala la mia ipotesi che i grandi pensatori nascono dal potere economico e politico, dalla "potenza" quindi che determina l'orientamento culturale via via dell'Occidente.Ma potremmo aggiungere che dalla stessa volontà di potenza nasce anche il contraddittorio, l'opposizione al potere costituito. Questo ,guarda caso, vale meno sia nel contesto inglese che statunitense, legati a doppio filo storico e questo dovrebbe farci riflettere. In quest'ultimi due ambienti nasce la contestazione, la rivolta, mai moti rivoluzionari o comunque un pensiero che "ribalta". Perchè il pensiero anglo americano è ambiguo nelle fondamenta, è una finta libertà dove il potere elimina fattivamente aurore di
rivoluzione e così si è comportato e si comporta dal colonialismo al neo colonialismo.
Eccome se hanno avuto ragione Marx ed Engels sulle analisi del primo capitalismo e su chi poteva costituire la base operaia della lotta di classe.
nessun altro ha mai avuto questa lucidità.E te lo dice un non marxista, che alcune teorie economiche e sociologiche ,sono ancora in auge.: la concentrazione delle ricchezze ( del plus valore), e lo schiacciamento durante le crisi economiche delle classi sociali, il piccolo borghese verso il basso.
Balle Green.L' ho vissuto personalmente due volte la pratica, in tempi diversi ,ho una certa esperienza. Le persone quando economicamente non possono essere opportunistiche e ci sono delle condizioni, come la solidarietà e la coscienza di comunità, di classe direbbe un comunista, diventano forti, tremendamente forti e non dipende dalla cultura questo è molto importante.
Quando le condizioni sociali non pongono in essere le basi solidaristiche, la comunità si frammenta in individualità.E il singolo individuo perde con il potere costituito,non quando è unito da una coscienza comune con altri. Dividi et impera..............
La gente non socializza perchè è dispersa dalle condizioni oggettive socio-economiche.Non c'è più la grande concentrazione operaia nella fabbrica .Questo grazie al pragmatismo parlamentarista delle socialdemocrazie che hanno totalmente perso i concetti socialisti e comunisti fondativi. Hanno assecondato i poteri forti economico-finanziari.quando il diritto nel lavoro precarizza in vari contratti e coabitano nello stesso lavori contratti a tempo indeterminato con diritti e altri grazie al job act privi di diritti certi ,non dimentichiamooci, non portato da Berlusconi o dalla destre ,ma da Renzi e da un ex- ex- ex partito comunista, dice tutto sull'evoluzione storica delle sinistre.
Chi dice che il comunismo/socialismo sia morto ,dice una fesseria.Non è morto l'ideale, hanno destrutturato il lavoro, indivdualizzandolo e nello stesso tempo massificando gli individui; significa che le persone potrebbero socializzare,ma sono "corrotte" nell'ideale borghese.
Devono rifare un salto culturale di coscienza e devono avere condizioni socio-economiche simili............ma il potere lo sa e allora Dividi et impera.
Chiunque faccia analisi per poterle portare nelle pragmatiche organizzative, deve saper leggere le condizioni economiche- sociali-politiche,
Ci sono momenti e momenti storici.........
Hanno fallito i neo comunisti pensatori e pragmatici da una parte e hanno fallito le strade pragmatistiche e parlamentariste della sinistra mondiale:questo sì. E quì torna ad esempio Preve/Fusaro. Ma tutto questo vale anche per la storia delle destre.
Il metafisico come linguaggio lo capisco.
Una metafisica, intesa come linguaggio, non gerarchica: ho le stesse perplessità di Phil.
Qualunque costruzione di pensiero ha delle regole e principi e sono i muri portanti su cui costruisci il pensiero.
Quindi non capisco ancora la metafisica priva di gerarchia.Sono gli enunciati, postulati fondativi che devono definire un'assenza di gerarchia
Green , il signoraggio è una manifestazione nel socio-economico- politico, ma non è un fondativo.
Si vuol scappare dai concetti di possesso, proprietà, Stato. E' quì che nascono i fondativi
Oggi se togli un euro a chi ne ha un milione ,s'incazza perchè dice che mina la sua dignità
La pratica nasce da sempre dall'economia. I partiti politici? Alla gente togligli un euro dalle tasche........purtroppo o giustamente, ma dobbiamo farcene una ragione, l'interesse economico muove il mondo da sempre.
Sono purtroppo fatti nostri se il pensiero si vende come le persone ai migliori offerenti sul mercato:tutto è mercenario tutto è prostituzione.
Certo che è un problema. La democrazia attuale è insinuante perchè 1 saggio= 1 cretino. Quanti ci vuole per costruire 1 saggio?quanto ci vuole per fare 1 cretino? Significa che la maggioranza silenziosa è composta dalla massificazione della prevalenza del cretino.Le elezioni politiche non devono convincere il saggio che ha consolidato delle sue scelte di vita e dei suoi stili, ma deve raggiungere la prevalenza dei cretini........capito?
Significa che fare discorsi saggi non porta niente al cretino, bisogna fare ed essere cretini per convincerlo, entrare nella sua psicologia
Quando la saggezza supererà il cretinismo? Questo è un grosso problema, e come invertire la tendenza?
ciao
P,S. il chiuso per ferie è forte ;D
cit paul
"Eccome se hanno avuto ragione Marx ed Engels sulle analisi del primo capitalismo e su chi poteva costituire la base operaia della lotta di classe.
nessun altro ha mai avuto questa lucidità.E te lo dice un non marxista, che alcune teorie economiche e sociologiche ,sono ancora in auge.: la concentrazione delle ricchezze ( del plus valore), e lo schiacciamento durante le crisi economiche delle classi sociali, il piccolo borghese verso il basso."
Il capitale è diviso in 2 parti.
La seconda è di economia politica e la prima è filosofia.
La prima è spesso accantonata, perchè ritenuta troppo difficile.
Lo avevo iniziato, e poi l'ho mollato, l'assunto era: l'uomo è feticista.
Non penso che l'uomo sia feticista, lo mollai per questo.
Ho lasciato passare un pò d'anni, ora credo di essere pronto a ricevere il suo messaggio.
Sono pronto alla rilettura.(l'uomo è feticista).
ma tu amico mio parti dalle analisi storiche, come al solito ben documentate. (ti ringrazio sempre per queste note che riempiono il mio paniere vuoto a livello storico).
E mi sembra che per te è una questione meramente di condizioni storiche.
E sono anche d'accordo. (e aggiungo però non bastano per un analisi)
ma io mi riferisco alle questioni private.
certamente sono 2 punti diversi di guardare alle cose.
a mio avviso ovviamente sbagli. (ci insisti troppo sulle questioni teorico-sociali)
La sovrastruttura incide sulla cretinaggine, ma non la giustifica.
E comunque io parlo del saggio, la sovrastruttura lo rende cretino. e' questo il guaio.
Perciò mi permetto di dire che l'analisi dell'uomo feticcio, non basta.
però qua mi fermo, mi manca l'analisi di marx. e non è che io qui nel forum l'abbia mai letta. nè altrove. si parla sempre delle conseguenze, degli attori, ma dell'analisi del feticcio proprio MAI. questo sì che è sospetto!
per quanto l'analisi privata, non devi concentrarti tanto sul metafisico non gerarchico.
intanto perchè l'ho già risolta. e secondo perchè il vero tema è quello dell'amicizia.
Se non vi è amicizia non vi è nemmeno comunità e se non c'è comunità, non esiste politica.
per questo mi sembra che qualcosa non torna in marx. ad oggi mi verrebbe da pensare che il marxista lavori solo con grandi categorie di pensiero, e del privato ne faccia a meno.
questo sarebbe grave, gravissimo, e spiega ampiamente perchè abbia fallito.
e i casi allora sono 2, o lui non ne parla, oppure i marxisti sono tanto idioti che non hanno capito che lui ne ha parlato.
mi sembra strano che non ne parli, perchè sennò cosa sarebbe l'uomo feticcio?
tu ne sai quacosa paul?
Ciao Paul riprendo quanto hai scritto in precedenza per meglio chiarire alcuni dei punti su cui mi ero soffermato
Citazione di: paul11 il 08 Giugno 2017, 00:59:05 AM
non confonderei il pensiero greco con quello cristiano, hanno ascendenti e percorsi un poco diversi anche se con intrecci anche importanti.
Non c'è dubbio che il pensiero cristiano nasca da un "innesto non greco" sul pensiero greco introducendo così elementi di grande novità (non fosse altro che la visione teleologica progressiva, del tutto estranea al pensiero greco, divenuta poi la linea fondamentale del pensiero occidentale, ateo e tecnico scientifico compresi), ma pur tuttavia mi sembra innegabile che quando il cristianesimo ha inteso assumere un significato filosofico è ai due massimi filosofi greci che ha fatto riferimento: Platone e Aristotele che restano comunque i padri del nostro modo di pensare oltre che di tutte le nostre onto-teologie. Ed è solo relativamente da poco che la cultura occidentale ha potuto in parte ammettere che possano esistere modi di pensare diversi dal suo e storie diverse dalla sua.
Cos'è l'Occidente? Per me è chiaro che l'Occidente è l'Europa, che culturalmente è nata in Grecia, ma da qui ha coinvolto diversi popoli giunti in questa propaggine estrema dell'enorme continente asiatico e pure africano. La borghesia non è nata a Roma, d'accordo , ma anche ammettendo che sia nata dalla cultura protestante calvinista (non tutti sono d'accordo in merito, c'è chi preferisce riferirsi alle esperienze mercantili dei comuni italiani), la cultura protestante e calvinista è comunque fondamentalmente Occidentale e il suo metodo di pensare e progettare è questo. Lo stesso vale per la filosofia che si trasferisce in Francia, in Germania, in Inghilterra con l'empirismo e persino in America fino a diventare pragmatismo e analitica. Tutto questo è Occidente, il cui punto di partenza, l' "arché", sta nel pensiero greco con successivo innesto cristiano; tutto questo è una enorme nota a margine di Platone e Aristotele.
E' senz'altro importantissimo vedere come in questa linea evolutiva si siano create differenze notevoli e contrapposizioni, pur tuttavia non si può non vedere il motivo di fondo che regge tutto e consiste soprattutto nel discorso argomentativo verbale con le sue figure logiche e le sue immagini retoriche. Platone e Aristotele dicevo, sono i padri (ma ci sono pure i nonni greci) di questo discorso con tutte le sue pretese epistemico oggettive, ma certamente non si possono però scordare i grandi sofisti contro cui si scagliava Platone, i quali alla fine hanno prevalso. La democrazia è concezione di Protagora e l'affermazione democratica in Occidente va a onore di quel grande sofista, Platone non era certo un democratico e di sicuro nemmeno Aristotele. Inglesi e tedeschi hanno sempre avuto il pensiero greco come termine di riferimento: Heidegger passò vent'anni su Aristotele prima di passare a Nietzsche.
Per quanto riguarda la tecnica quello che avevo scritto è che costituisce l'essenza umana. Umana, non del greco o del cristiano, ma di ogni uomo in quanto uomo. Quando il primo ominide prese in mano un bastone per farsi largo nella boscaglia e invece di gettarlo dopo il bisogno lo conservò per impieghi successivi simili, fece qualcosa che nessun altro animale aveva mai fatto, qualcosa di tecnico che solo l'uomo sa fare. E lo stesso dicasi dell'uomo che imparò a scheggiare la pietra e per centinaia di migliaia di anni non fece altro, lo stesso dicasi per chi, più recentemente, imparò a pitturare le pareti più nascoste di grotte santuari, di chi, anziché abbandonare i cadaveri, cominciò a preparare tumuli e riti, a conservare e adorare il fuoco. Tutto questo è tecnica, tutto questo è uomo, perché uomo e tecnica sono inseparabili, perché l'uomo ha bisogno di protesi per vivere e queste protesi sono i suoi strumenti, i suoi abiti, le cose che diventano parte di lui. Il suo stesso corpo (e vale solo per l'uomo) è per l'uomo strumento (e quindi con annesso problema tecnico di uso).
Il problema tecnico insorse con la nascita dell'agricoltura e l'acquisizione della stanzialità, poi, in Occidente (e da qui nel mondo intero, con il distacco dalla terra matrice produttiva), con lo sviluppo industriale. E' qui che la tecnica diventa moderna tecnologia e che lo strumento tecnico trasforma l'uomo in "risorsa umana", ossia l'uomo diventa strumento dei suoi strumenti, assai più funzionali di lui a uno scopo che non è più lui, ma un'astrazione pura e dunque alienazione pura. E questo che accadde in Occidente segnò inevitabilmente l'inizio del tramonto del modo di pensare occidentale, ma non venne da qualcosa di estraneo al modo di pensare occidentale, da qualcosa di radicalmente estraneo al greco e al cristiano. Il mondo tecnologico è diverso rispetto a quello agricolo precedente la cultura industriale, quanto quello agricolo lo era stato rispetto al mondo nomade dei cacciatori e ancor prima dei raccoglitori, ma non è fondamentalmente estraneo ai motivi del cristianesimo ad esempio, né alla modalità greca di come pensare. Non è una questione di materialismo, tutt'altro, è al contrario una forma di pensiero astratto-oggettivante che solo l'Occidente (e dentro l'Occidente ci sta tutta l'Europa con i suoi migranti, conquistatori, coloni e missionari che si sono sparsi nel mondo andando a comandare "a casa d'altri") ha sviluppato massimamente a partire dal mondo greco, fermo restando che la tecnica non è invenzione greca (e Severino non l'ha mai detto), ma affinché la tecnica instaurasse questa dimensione tecnologica esorbitante occorreva tutta la storia che cominciò per noi in Grecia ed è arrivata a Marx, a Nietzsche e poi... e poi basta, perché questa storia ha ormai finito la sua storia. Forse occorre un nuovo innesto, perché dopo Nietzsche non si può più fare filosofia come nell'età d'oro dei filosofi, non ha senso, un altro Hegel è impossibile e Severino (che oggi resta quello che più gli va vicino) è una assai singolare eccezione, forse l'ultima.
ciao Green,
da sempre la filosofia come sappiamo tutti e come dimostrano poi i vari topic, del forum, si muove contraddittoriamente fra eterno e divenire fra un reale metafisico e una realtà empirica,, fra essere ed esistenza. Così come si aprono da sempre dibattiti fra teoretica e pratica.
La pratica è l'esperienza dell'esistenza. Se le prassi hanno indotto alle teoretiche, così le teoretiche devono dimostrarsi nell'esistenza:questo è il processo storico culturale, di una continua accertata discrepanza o coerenza fra teoria e pratica e viceversa; vale lo stesso movimento fra induzione e deduzione, fra astratto e concreto., fra pensiero ed azione.
La storia quindi è anche interpretazione fra il movimento dialettico di teorie e pratiche che costituiscono le culture che mutano i focus.
La sovrastruttura benedice la cretinaggine fonte del suo potere e la alleva come polli di allevamento da mandare a scuola, da mandare al lavoro e poi al cimitero se non al macello di qualche guerra.
Generalmente quello che quì ho chiamato saggio è difficile prenderlo per i fondelli.Sono sempre state le avanguardie culturali del dissenso che si muovono fra poteri che ovviamente tentano di domarle, e popolo che deve costituire una coscienza comune, collettiva, comunitaria.
Ribadisco per onestà intellettuale: non sono un marxista, ma ho letto le analisi di Marx ed Engels, come ho letto le poesie di Mussolini, come ho letto Mein kampf. Cerco di capire e guardo apertamente, penso e spero che sia così.Quando quindi dico che Marx ed Engels hanno costituito per il loro tempo una fonte di analisi economica e sociale di altissimo livello, questo lo dice l'intera cultura anche non marxista; mai più ripetuta da allora ad oggi. Non significa che tutto ciò che hanno scritto sia giusto, ad esempio, ma parlo per me, on mi convince l'analisi sull'uomo.
Forse quindi quando tu definisci uomo feticista, arrivi alla mia stessa conclusione,L'uomo è ben più complesso e non può essere liquidato solo sociologicamente o antropologicamente. E' la parte che non mi fa essere marxista.
Sono d'accordo infatti quando sottolini il privato.
Ma attenzione questo privato diventa individualismo spesso, ed è da quì che nasce tutta la teorizzazione del principio edonistico economico, o la dottrina liberale del privato contro il pubblico:questo è un nodo cruciale sia nelle teorie che nelle prassi.
L'uno ha interpretato l'uomo come produzione, privato del suo essere semanticamente introiettato solo con l'alienazione; l'altro interpreta l'uomo come egoista, opportunista, utilitarista e lo alleva in quanto tale giustificando il proprio cinismo pratico.
Quindi vedi che manca una teoria che non sia produttivistica o egoistica?
L'unica cosa che ala fine si è accettato nelle prassi correnti è la negoziazione, la contrattazione e la mediazione fra interessi diversi.
Nessuno ha interesse di parlare da uomo a uomo,di cogliere l'umanità umana.Ognuno ha estrapolato dall'uomo solo parti confacenti alla propria teoria.L'uomo nella sua totalità è ancora un mistero nelle pratiche e forse anche nella teoria.
Citazione di: paul11 il 08 Giugno 2017, 23:20:13 PM
La gente non socializza perchè è dispersa dalle condizioni oggettive socio-economiche.Non c'è più la grande concentrazione operaia nella fabbrica .Questo grazie al pragmatismo parlamentarista delle socialdemocrazie che hanno totalmente perso i concetti socialisti e comunisti fondativi. Hanno assecondato i poteri forti economico-finanziari.quando il diritto nel lavoro precarizza in vari contratti e coabitano nello stesso lavori contratti a tempo indeterminato con diritti e altri grazie al job act privi di diritti certi ,non dimentichiamooci, non portato da Berlusconi o dalla destre ,ma da Renzi e da un ex- ex- ex partito comunista, dice tutto sull'evoluzione storica delle sinistre.
Chi dice che il comunismo/socialismo sia morto ,dice una fesseria.Non è morto l'ideale, hanno destrutturato il lavoro, indivdualizzandolo e nello stesso tempo massificando gli individui; significa che le persone potrebbero socializzare,ma sono "corrotte" nell'ideale borghese.
Devono rifare un salto culturale di coscienza e devono avere condizioni socio-economiche simili............ma il potere lo sa e allora Dividi et impera.
Chiunque faccia analisi per poterle portare nelle pragmatiche organizzative, deve saper leggere le condizioni economiche- sociali-politiche,
Ci sono momenti e momenti storici.........
Nel rispetto di questo 3D gli stessi ragionamenti potrebbero essere rappresentati in forma più attuale, non è vero che la gente socializza di mano, sicuramente è in crisi la socializzazione politica, ma la socializzazione politica viene da una domanda politica e questa domanda evidentemente non c'è (Ai più va bene lo status quo).
Non capisco perché i parlamenti dovrebbero essere fondati sui principi comunisti e socialisti, al limite su principi democratici. Il Job act, a tutt'oggi, ha capitalizzato 800 mila nuovi posti di lavoro, la gran parte a tempo indeterminato, non so se era al servizio dei "poteri forti", certamente è stato utile a tanti disoccupati e precari.
Il lavoro poi è sempre individualizzato, non ci sono due lavoratori uguali (E questo è il problema dei teorici che invece ragionano supponendo tutti uguali). La massificazione ha certamente rappresentato parzialmente un certo periodo storico, che poi è quello nel quale hanno trovato fortuna le teorie marxiste (Comunque anche nella società massificata gli individui continuano ad essere tali).
Nella parte finale del post, poi, ho sentito parlare di saggi e di cretini, io ho grande rispetto per i cretini, e cerco di ascoltare le loro argomentazioni, anche perché ho la speranza, visto che reputo che dal punto di vista del cretino il cretino sia io, e il saggio lui, di ricevere lo stesso rispetto.
Saluti. 8) ::)
Citazione di: green demetr il 08 Giugno 2017, 15:55:58 PM
E qui iniziano i guai, perchè quel "altro" che non è il mio altro, è il "GRANDE ALTRO".
E per inciso NON esiste.
Non so se esista o meno, ma l'altro del mio altro non è necessario concepirlo come GRANDE, semplicemente non mi appare direttamente (appare attraverso ciò che per me sono gli altri che mi appaiono). Certo, il "terzo uomo" esprime, come presenza nascosta una trascendenza molteplice, ma non necessariamente grande. Come caso particolare dell'altro del mio altro ci sono anch'io in terza persona, soggetto che mi ritorna in oggetto chiamandomi con il suo scarto a una identificazione che sempre mi rimette in gioco.
CitazioneNoi non abbiamo affatto bisogno dell'altro dell'altro, in quanto l'altro dell'altro DEVE essere necessariamente il cerchio.
Ma il cerchio non è mai uno solo, ci sono tanti cerchi non riducibili agli altri con cui sono in rapporto diretto, è questo che rende la faccenda enormemente più complessa. Anche se Dio è morto, il mio cerchio prospettico non gode della visione centrale di tutto il panorama (non è stato assunto al posto di Dio), nemmeno in termini sociali. In fondo è proprio per la perifericità della nostra posizione (e di ogni posizione) che serve una politica che si faccia carico di una responsabilità che va sempre oltre quella che coinvolge gli abitanti interagenti direttamente nel cerchio di cui fanno parte.
Come può regolarsi questa politica? Non è semplice per gli abitanti del cerchio. Non è una faccenda semplicemente razionalizzabile, questo è il punto. Soprattutto se siamo consapevoli della nostra inevitabile e doverosa perifericità.
Citazionela filosofia è la capacita di giudizio, è al massimo qualcosa che ognuno può evocare.
E' un fantasma. (ok futuro 3d da aprire....)
Ok, tenendo però sempre presente da quale periferia è espresso il giudizio.
CitazioneSemplicemente i filosofi sono gli unici che possono fare comunità consapevolmente.
Bastassero i filosofi! Poi ci sono anche (anzi, soprattutto) i non filosofi e, ancor peggio, i falsi filosofi.
CitazioneLe prassi in sè non sono paranoiche, in quanto sono mero lavoro.
La paranoia è il discorso sulle pratiche.
Ma il discorso sulle pratiche condiziona le pratiche da cui è condizionato (il discorso stesso è pratica). Il punto è che non si può più tornare a lavorare per compartimenti stagni: da una parte la pratica e dall'altra il discorso paranoico o meno sulla pratica. E' attraverso ciò che pratichiamo che si creano i significati del linguaggio praticato. Non si può decidere di cambiare linguaggio come se i nostri linguaggi dipendessero solo dalla volontà ravvedibile di chi li parla.
Ogni linguaggio è imitazione che non solo non può non mentire, ma non può nemmeno decidere intorno a ciò che mente.
Occorre forse tentare di mantenere una sincronia nel perenne sfasamento tra pratiche e discorsi. E' una sorta di continuo riaggiustamento che non abolisce le gerarchie, ma accetta di rimetterle sempre in discussione, mentre rimette se stesso sempre in discussione. Un lavoro terribilmente faticoso e per il quale è facile esaurirsi.
Mi fermo qui e vado anch'io in vacanza per un po'. a dopo le vacanze Green! :)
ciao maral,
e' meglio che premetta che il mio intento è capire come mai i filosofi non si sporcano le mani nell'attualità, capirne le ragioni.
Nel nostro discorso se c'è una cultura o una contraddizione in seno a qualche cultura che dalla teoria sia passata alle pratiche.
Tutto questo non esclude che vi siano altre posizioni.
Nel merito delle tue argomentazioni Maral, cercando da parte mia una sintesi che non può essere esaustiva, visto gli ascendenti culturali che poni.
L'escatologia e la parusia cristiana non ha nulla a che fare con la tecnè greco-filosofica e per varie ragioni.
La prima è che l'analisi testuale della Bibbia e in esso il Vangelo,sono una forma e una sostanza con tanto di Parusia.
La seconda è che fra i due filosfi le interpretazioni della patristica fu indirizzata inizialmente verso Platone con il neo platonismo ad esempio di Plotino e molto meno di Aristotele.
La terza ,che è indiretta, è l'interpretazione attraverso la filosofia greca che danno teologi e filosofi anche nella costruzione dogmatica, da non confondersi con il processo di secolarizzazione della chiesa romana cattolica. Infine c'è un passaggio dall'influsso di Platone alla logica di Aristotele con la scolastica e il tomismo.ma quì corrisponde allo spartiacque fra l'antico e il moderno, con l'umanesimo che è caratterizzato non solo dal pensiero, ma anche da mutamenti strutturali(dal feudalesimo alla borghesia commerciale, ad esempio).
Infine è la colpa additata soprattutto a Platone che invece ha influito molto meno di Aristotele nella cultura occidentale l'ambigua ricerca del colpevole dei problemi moderni e attuali.
Se è vero che non al tempo dei comuni, ma delle signorie in Italia il ceto dei commercianti prese potere, I Medici fiorentini furono potenti in questo, è altrettanto vero che la scoperta delle americhe chiude definitivamente la centralità economica e politca del mediterraneo, spostando prima sull'asse Atlantico e poi alle Indie le prime forme di potenze imperiali degli Stati centro-europeri .E quì comincia cambiare l'influsso culturale checchè ne dicano Nietzsche ed Heidegger e quant'altri.
Per farla breve ha più senso l'analisi materialistica della storia di Marx che non questa interpretazione filosofica nel capire chi e e cosa muova le strutture e sovrastrutture culturali, economiche e politiche, che significa trovare le chiavi di letture e legare teoria e prassi.
La storia del pensiero e delle pratiche ci insegna che una potenza culturale nasce da una potenza economica e militare.
Oggi sono gli USA a esportare cultura, tanto per essere chiari. e con essa tutto ciò che ne deriva.
Ma torniamo all'umanesimo, l'asse delle origini del pensiero si spostano perchè i popoli germanici, anglo sassoni nulla hanno a che fare con la cultura originaria greco-latina.Lo dimostra la lingua lo dimostra la cultura druidica, lo dimostra la lingua finnica e i miti.
Se è vero che soprattutto inizialmente gli stessi imperatori del centro-europa, chiamano alle loro corti artisti ed eruditi italiani e c'era l'influenza della chiesa romana, da tutto questo con l'umanesimo c'è una nuova interpretazione del mondo e dell'uomo che discende più da Aristotele e molto meno da Platone
Tutto il mondo è ormai Occidente, ma questo è generalismo superficiale.
Dire che Kant è influito più da Platone che dagli empiristi, dire che la scuola analitica statunitense che è infatti soprattutto inizlalmente contro quella continentale, è platonica, dire che le scienze moderne sono fondate sul platonismo,i è un assurdo di narcisisti filosofi che hanno escluso sia loro che la filosofia dalla realtà pratica quotidiana, non avendo chiavi di letture se non generiche.
Ancora un pò e diranno che le multinazionali hanno scopi , mission fondate sul platonismo etico
Forse si farebbe bene a studiare anche la filosofia orientale e si scoprirebbe che si formano attraverso alternate fasi di logica e meditazione.
Non è la nostra cultura la sola che abbia usato il linguaggio logico e il sillogismo, Democrito osservò l'utilizzo del sillogismo in oriente e i pitagorici l'ermetismo egizio. Le regole linguistiche sono universali, diversamente non potrebbe comunicare nessun umano a qualunque latitudine. Che poi noi occidentali abbiamo imparato a codificare i linguaggi meglio e più degli altri è vero, ma non preclude a nessuno forme e vie di conoscenze.
Heidegger si rivolse ai filosofi pre socratici ed Aristotele poiche utilizzava la prassi che Platone non utilizzava. e questo sarà paradossale ,ma lo scagiona ;. perchè Heidegger cercava la via affinchè l'essere diventasse esistenza.
Maral ti contraddici se affermi che la tecnica è dell'uomo perchè arrivi alle mie stesse deduzioni, vale a dire che è la conoscenza che porta in sè la tecnica.e non una filosofia o una particolarità di questa.Le filosofie semmai mutano i rapporti relazionali fra natura e tecnica mediata dall'uomo e quindi l'utilizzo della tecnica. semmai è l'indole occidentale che ha sfasato i termini:questo sì.
Severino imputa direttamente alla filosfia greca il problema,non all'uomo in termini universalistici tant'è che la volontà di potenza per lui è un derivato da questa filosofia. personalmente ritengo che la volontà di potenza è un indole guerrafondaia che non è la sola nell'uomo(per fortuna...) e preesistente alla cultura greca.
Dare l'interpretazione di Severino o il fallimento di Heidegger, significa osservare l'uomo imperterriti fino all'indifferenza come un anacoreta dall'alto di una torre osserva il mondo:nessuna prassi, nessuno sporcarsi le mani e intanto gli analitici statunitensi venuti da tutt'altra scuola che è quella pragmatica-empirica ricodificando le scienze fisiche e umanistiche assecondando quella volontà di potenza:loro sì che si sporcano le mani. facendo lavoro sporco in tutto il pianeta.
Citazione di: anthonyi il 09 Giugno 2017, 17:25:03 PM
Citazione di: paul11 il 08 Giugno 2017, 23:20:13 PM
La gente non socializza perchè è dispersa dalle condizioni oggettive socio-economiche.Non c'è più la grande concentrazione operaia nella fabbrica .Questo grazie al pragmatismo parlamentarista delle socialdemocrazie che hanno totalmente perso i concetti socialisti e comunisti fondativi. Hanno assecondato i poteri forti economico-finanziari.quando il diritto nel lavoro precarizza in vari contratti e coabitano nello stesso lavori contratti a tempo indeterminato con diritti e altri grazie al job act privi di diritti certi ,non dimentichiamooci, non portato da Berlusconi o dalla destre ,ma da Renzi e da un ex- ex- ex partito comunista, dice tutto sull'evoluzione storica delle sinistre.
Chi dice che il comunismo/socialismo sia morto ,dice una fesseria.Non è morto l'ideale, hanno destrutturato il lavoro, indivdualizzandolo e nello stesso tempo massificando gli individui; significa che le persone potrebbero socializzare,ma sono "corrotte" nell'ideale borghese.
Devono rifare un salto culturale di coscienza e devono avere condizioni socio-economiche simili............ma il potere lo sa e allora Dividi et impera.
Chiunque faccia analisi per poterle portare nelle pragmatiche organizzative, deve saper leggere le condizioni economiche- sociali-politiche,
Ci sono momenti e momenti storici.........
Nel rispetto di questo 3D gli stessi ragionamenti potrebbero essere rappresentati in forma più attuale, non è vero che la gente socializza di mano, sicuramente è in crisi la socializzazione politica, ma la socializzazione politica viene da una domanda politica e questa domanda evidentemente non c'è (Ai più va bene lo status quo).
Non capisco perché i parlamenti dovrebbero essere fondati sui principi comunisti e socialisti, al limite su principi democratici. Il Job act, a tutt'oggi, ha capitalizzato 800 mila nuovi posti di lavoro, la gran parte a tempo indeterminato, non so se era al servizio dei "poteri forti", certamente è stato utile a tanti disoccupati e precari.
Il lavoro poi è sempre individualizzato, non ci sono due lavoratori uguali (E questo è il problema dei teorici che invece ragionano supponendo tutti uguali). La massificazione ha certamente rappresentato parzialmente un certo periodo storico, che poi è quello nel quale hanno trovato fortuna le teorie marxiste (Comunque anche nella società massificata gli individui continuano ad essere tali).
Nella parte finale del post, poi, ho sentito parlare di saggi e di cretini, io ho grande rispetto per i cretini, e cerco di ascoltare le loro argomentazioni, anche perché ho la speranza, visto che reputo che dal punto di vista del cretino il cretino sia io, e il saggio lui, di ricevere lo stesso rispetto.
Saluti. 8) ::)
ciao anthonyi,
cosa socializza la gente su twitter e facebook Lavoro da quasi quarant'anni.facevano discorsi più seri semi analfabeti che l'attuale giovane generazione.acculturata.Poi se si vuole si possono trovare scusanti e giustificazioni sul perchè oggi si fanno discorsi più superficiali, più banali, nascondendo i propri problemi Perchè sono i problemi che uniscono solidarizzando e se si nascondono..........tutto è più ipocrita nei convenevoli.
Certo ,la democrazia di 1 saggio= 1 cretino,Non può che declinare quqlitativamente una democrazia siffatta. perchè prevarrà sempre il cretino numericamente.
Ma l'hai quanto meno letta la legge sul job act, prima di fare queste osservazioni? Hanno destrutturato l'unica legge venuta dopo l'autunno caldo del 1969 dopo i moti giovanili universitari del 1968. Si chiama Statuto dei lavoratori: l'hai mai letta? L'hai mai letta la Costituzione italiana?
Lo scopo dello stautto dei lavoratori da una parte era sancire il diritto civile anche nei luoghi di lavoro e poi di dare la possibliità di costruire una negoziazione fra le due parti, lavoratori e datore di lavoro che controbilanciasse il potere economico che costruisce le diseguaglianze .
Il job act è il camuffamento di un prestigiatore che dice di passare ai contratti a tempo indeterminato i lavoratori che prima erano a termine.
Ma non hanno deto che il datore di lavoro può licenziare anche SENZA GIUSTA CAUSA semplicemente pagando un indennizzo pari al tempo di lavoro prestato. Qualunque studioso di diritto del lavoro, a meno che si sia prostituito intellettualmente oltre che nel portafoglio, sa benissimo che il singolo lavoratore è in condizioni di debolezza rispetto al datore di lavoro. I dati che passano nei TG e negli organi di stampa filo-governativi sono appunto il megafono elettoralistico .la nostra economia oggi è strutturalmente in fase allarmante e non lo dice i sottoscritto lo dice la BCE, lo dicono i rapporti della Banca d'Italia, lo dice il Fondo Monetario Internazionale: le sentinelle capitalistiche. Dire che il mercato del lavoro è premessa dello sviluppo è una fesseria economica è semmai una giustificazione ad abbassare ideologicamente i costi del lavoro e soprattutto i diritti e comunque entrambi. ma non è il costo del lavoro che non è mai stato così basso come oggi, sono altri i fattori competitivi e le premesse di incrementi sostenuti di PIL.
La Sit-Siemens spende in formazione ogni anno per i suoi lavoratori specialisti 18.000 euro. Questa multinazionale tedesca è fra le più importanti nel suo settore economico al mondo. persino gli americani stanno rivedendo il concetto di flessibilità nell'utilizzo della forza lavoro. Hanno "scoperto" che licenziare e riassumere oggi non conviene più, perchè si perdono licenziati che sapevano il lavoro e i nuovi assunti costringono a ripartire da zero nelle conoscenze del lavoro. Tanto più i lavori diventano specialistici e tanto più conviene utilizzare ammortizzatori sociali o riduzioni di lavoro con contratti di solidarietà piuttosto che licenziare. perchè l'automazione ha incorporato i lavori poveri di contenuto di conoscenza,quelli più ripetitivi.
Quindi il job act è anche un anacronismo economico Se si studiasse anche come la cogestione tedesca fra datori di lavoro e lavoratori abbia consentito alla Volkswagen, tanto per fare un nome,di gestire le fasi di crisi economica senza perder nemmeno un lavoratore o senza cambiargli il contratto ,,forse quella classe dirigente italiana imprenditorial-politica, imparerebbe qualcosa.
Ma tu l'hai vista la fabbrica quanrant'anni fa come lavoravano nele atene di montaggio e come oggi lavorano allìAudi, tanto per fare un'altro nome anche se del gruppo Volkswagen? Lavoravano fianco a fianco soggetti ai tempi e ritmi degli studi di Taylot. Socializzavano i problemi essendo tutti assoggettati allo stesso problema, abbiamo presente il film La classe operai va in paradiso, con il lavoro a cottimo?
Oggi lavorano a decine di metri l'uno dall'altro e controllano i processi con interfacce utente, più che essere assoggettati manualmente.
Non è impossibile oggi solidarizzare se si studiano i processi del lavoro, ma ci vogliono capacità per poterlo fare.
La persona umana è sempre individuo, ma individualismo e socializzazione solidale sono due concetti agli antipodi.
Io invece rispetto la dignità della persona , ma non la persona quando fa il cretino ,perchè è lui che non rispetta.con il suo cretinismo.
Oggi siamo pieni di arroganti ignoranti che non sanno stare al loro posto, e infatti hanno raggiunto anche le classi dirigenziali grazie al livello dei potenti che li utilizzano come portaborse,faccendieri, picciotti,cafoni per far da cuscinetto fra loro e il popolo.:gli hanno promesso carriera e denaro e così è stato. Sono i prestanome, perchè non valgono nulla, è dietro di loro che ci sono i potenti che non si fanno vedere.
Citazione di: paul11 il 10 Giugno 2017, 01:00:02 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Giugno 2017, 17:25:03 PM
Citazione di: paul11 il 08 Giugno 2017, 23:20:13 PM
La gente non socializza perchè è dispersa dalle condizioni oggettive socio-economiche.Non c'è più la grande concentrazione operaia nella fabbrica .Questo grazie al pragmatismo parlamentarista delle socialdemocrazie che hanno totalmente perso i concetti socialisti e comunisti fondativi. Hanno assecondato i poteri forti economico-finanziari.quando il diritto nel lavoro precarizza in vari contratti e coabitano nello stesso lavori contratti a tempo indeterminato con diritti e altri grazie al job act privi di diritti certi ,non dimentichiamooci, non portato da Berlusconi o dalla destre ,ma da Renzi e da un ex- ex- ex partito comunista, dice tutto sull'evoluzione storica delle sinistre.
Chi dice che il comunismo/socialismo sia morto ,dice una fesseria.Non è morto l'ideale, hanno destrutturato il lavoro, indivdualizzandolo e nello stesso tempo massificando gli individui; significa che le persone potrebbero socializzare,ma sono "corrotte" nell'ideale borghese.
Devono rifare un salto culturale di coscienza e devono avere condizioni socio-economiche simili............ma il potere lo sa e allora Dividi et impera.
Chiunque faccia analisi per poterle portare nelle pragmatiche organizzative, deve saper leggere le condizioni economiche- sociali-politiche,
Ci sono momenti e momenti storici.........
Nel rispetto di questo 3D gli stessi ragionamenti potrebbero essere rappresentati in forma più attuale, non è vero che la gente socializza di mano, sicuramente è in crisi la socializzazione politica, ma la socializzazione politica viene da una domanda politica e questa domanda evidentemente non c'è (Ai più va bene lo status quo).
Non capisco perché i parlamenti dovrebbero essere fondati sui principi comunisti e socialisti, al limite su principi democratici. Il Job act, a tutt'oggi, ha capitalizzato 800 mila nuovi posti di lavoro, la gran parte a tempo indeterminato, non so se era al servizio dei "poteri forti", certamente è stato utile a tanti disoccupati e precari.
Il lavoro poi è sempre individualizzato, non ci sono due lavoratori uguali (E questo è il problema dei teorici che invece ragionano supponendo tutti uguali). La massificazione ha certamente rappresentato parzialmente un certo periodo storico, che poi è quello nel quale hanno trovato fortuna le teorie marxiste (Comunque anche nella società massificata gli individui continuano ad essere tali).
Nella parte finale del post, poi, ho sentito parlare di saggi e di cretini, io ho grande rispetto per i cretini, e cerco di ascoltare le loro argomentazioni, anche perché ho la speranza, visto che reputo che dal punto di vista del cretino il cretino sia io, e il saggio lui, di ricevere lo stesso rispetto.
Saluti. 8) ::)
ciao anthonyi,
cosa socializza la gente su twitter e facebook Lavoro da quasi quarant'anni.facevano discorsi più seri semi analfabeti che l'attuale giovane generazione.acculturata.Poi se si vuole si possono trovare scusanti e giustificazioni sul perchè oggi si fanno discorsi più superficiali, più banali, nascondendo i propri problemi Perchè sono i problemi che uniscono solidarizzando e se si nascondono..........tutto è più ipocrita nei convenevoli.
Certo ,la democrazia di 1 saggio= 1 cretino,Non può che declinare quqlitativamente una democrazia siffatta. perchè prevarrà sempre il cretino numericamente.
Ma l'hai quanto meno letta la legge sul job act, prima di fare queste osservazioni? Hanno destrutturato l'unica legge venuta dopo l'autunno caldo del 1969 dopo i moti giovanili universitari del 1968. Si chiama Statuto dei lavoratori: l'hai mai letta? L'hai mai letta la Costituzione italiana?
Lo scopo dello stautto dei lavoratori da una parte era sancire il diritto civile anche nei luoghi di lavoro e poi di dare la possibliità di costruire una negoziazione fra le due parti, lavoratori e datore di lavoro che controbilanciasse il potere economico che costruisce le diseguaglianze .
Il job act è il camuffamento di un prestigiatore che dice di passare ai contratti a tempo indeterminato i lavoratori che prima erano a termine.
Ma non hanno deto che il datore di lavoro può licenziare anche SENZA GIUSTA CAUSA semplicemente pagando un indennizzo pari al tempo di lavoro prestato. Qualunque studioso di diritto del lavoro, a meno che si sia prostituito intellettualmente oltre che nel portafoglio, sa benissimo che il singolo lavoratore è in condizioni di debolezza rispetto al datore di lavoro. I dati che passano nei TG e negli organi di stampa filo-governativi sono appunto il megafono elettoralistico .la nostra economia oggi è strutturalmente in fase allarmante e non lo dice i sottoscritto lo dice la BCE, lo dicono i rapporti della Banca d'Italia, lo dice il Fondo Monetario Internazionale: le sentinelle capitalistiche. Dire che il mercato del lavoro è premessa dello sviluppo è una fesseria economica è semmai una giustificazione ad abbassare ideologicamente i costi del lavoro e soprattutto i diritti e comunque entrambi. ma non è il costo del lavoro che non è mai stato così basso come oggi, sono altri i fattori competitivi e le premesse di incrementi sostenuti di PIL.
La Sit-Siemens spende in formazione ogni anno per i suoi lavoratori specialisti 18.000 euro. Questa multinazionale tedesca è fra le più importanti nel suo settore economico al mondo. persino gli americani stanno rivedendo il concetto di flessibilità nell'utilizzo della forza lavoro. Hanno "scoperto" che licenziare e riassumere oggi non conviene più, perchè si perdono licenziati che sapevano il lavoro e i nuovi assunti costringono a ripartire da zero nelle conoscenze del lavoro. Tanto più i lavori diventano specialistici e tanto più conviene utilizzare ammortizzatori sociali o riduzioni di lavoro con contratti di solidarietà piuttosto che licenziare. perchè l'automazione ha incorporato i lavori poveri di contenuto di conoscenza,quelli più ripetitivi.
Quindi il job act è anche un anacronismo economico Se si studiasse anche come la cogestione tedesca fra datori di lavoro e lavoratori abbia consentito alla Volkswagen, tanto per fare un nome,di gestire le fasi di crisi economica senza perder nemmeno un lavoratore o senza cambiargli il contratto ,,forse quella classe dirigente italiana imprenditorial-politica, imparerebbe qualcosa.
Ma tu l'hai vista la fabbrica quanrant'anni fa come lavoravano nele atene di montaggio e come oggi lavorano allìAudi, tanto per fare un'altro nome anche se del gruppo Volkswagen? Lavoravano fianco a fianco soggetti ai tempi e ritmi degli studi di Taylot. Socializzavano i problemi essendo tutti assoggettati allo stesso problema, abbiamo presente il film La classe operai va in paradiso, con il lavoro a cottimo?
Oggi lavorano a decine di metri l'uno dall'altro e controllano i processi con interfacce utente, più che essere assoggettati manualmente.
Non è impossibile oggi solidarizzare se si studiano i processi del lavoro, ma ci vogliono capacità per poterlo fare.
La persona umana è sempre individuo, ma individualismo e socializzazione solidale sono due concetti agli antipodi.
Io invece rispetto la dignità della persona , ma non la persona quando fa il cretino ,perchè è lui che non rispetta.con il suo cretinismo.
Oggi siamo pieni di arroganti ignoranti che non sanno stare al loro posto, e infatti hanno raggiunto anche le classi dirigenziali grazie al livello dei potenti che li utilizzano come portaborse,faccendieri, picciotti,cafoni per far da cuscinetto fra loro e il popolo.:gli hanno promesso carriera e denaro e così è stato. Sono i prestanome, perchè non valgono nulla, è dietro di loro che ci sono i potenti che non si fanno vedere.
Ciao Paul, conosco sia la Costituzione, sia lo statuto dei lavoratori, e sono convinto che proprio questi atti siano stati alla base di tanti problemi che ha l'Italia oggi, in particolare quelle tre paroline retoriche "fondata sul lavoro", che non significano niente ma che furono un contentino demagogico dato alle sinistre di allora.
Quel contentino però ha prodotto evoluzioni culturali particolari per le quali i diritti "formali" dei lavoratori sono la sola cosa importante. Si tratta di diritti "formali" perché per averli il lavoratore deve essere assunto e se non lo è allora non ha diritti.
A me interessano invece i diritti reali, e allora saluto con piacere il fatto che 800.000 lavoratori in più hanno comunque acquisito dei diritti, anche se per te sono limitati.
Tale limitazione è stata resa necessaria anche perché noi abbiamo una magistratura del lavoro abbastanza particolare, nelle cause di lavoro da ragione al lavoratore praticamente sempre, per cui tutti i licenziamenti risultano essere senza giusta causa. Abbiamo visto il caso FIAT di quei 3 lavoratori che per una loro contestazione personale avevano bloccato la linea di produzione e che sono stati forzosamente riassunti da un giudice e che dopo questo si lamentavano anche perché la FIAT li aveva reclusi in un fabbricato al margine dell'impianto, a non far niente ma lontani dalla linea di produzione.
D'altronde i diritti dei quali parli non hanno mai riguardato più del 40 % dei lavoratori, le piccole imprese, gli autonomi e i lavoratori in nero ne erano fuori, configurando un sistema economico che coniugava ineguaglianza ed inefficienza perché la posizione di privilegio che caratterizzava quel 40 % in realtà indeboliva il sistema economico e peggiorarava la condizione del restante 60 % (E' un'illusione del pensiero sindacale credere che i lavoratori possano spingere i datori di lavoro a rinunciare al profitto, in realtà i datori di lavoro riallocano e quindi quello che lavoratori ipertutelati hanno ottenuto lo pagherà qualcun altro).
Le belle situazioni di cui tu parli (Siemens ed altro) sono descritte dalla teoria dei salari di efficienza, al riguardo io sono assolutamente favorevole, se meccanismi di garanzia nascono sulla base della volontà dell'impresa (Che in questo contesto comunque massimizza il suo profitto)
tanto meglio, ma questo non riguarda ne tutta l'economia, ne tutti i lavoratori di una stessa impresa.
Potessi dirlo con un sonetto..........................
Filosofi, discorsi elevati e rarefatti,
Attraggono l'animo a scalare cime,
Tutto disprezzano per questo sublime
Salire in cima che rende distratti.
In trame, arzigogolate come anfratti,
Simili ai fiordi norvegesi si esprime
Una retorica che tutto tocca, nulla dirime,
E i matti paiono savi e i savi paiono matti.
Ma ancor più su, ancor più in alto
La torre d'avorio occorre edificare,
Per salir in cielo e da lassù vedere il mare,
Senza che il vuoto inviti al salto,
Senza che la ragione inizi a vacillare,
Senza smarrirsi in questo incanto.
Citazione di: cvc il 10 Giugno 2017, 10:04:43 AM
Potessi dirlo con un sonetto..........................
Filosofi, discorsi elevati e rarefatti,
Attraggono l'animo a scalare cime,
Tutto disprezzano per questo sublime
Salire in cima che rende distratti.
In trame, arzigogolate come anfratti,
Simili ai fiordi norvegesi si esprime
Una retorica che tutto tocca, nulla dirime,
E i matti paiono savi e i savi paiono matti.
Ma ancor più su, ancor più in alto
La torre d'avorio occorre edificare,
Per salir in cielo e da lassù vedere il mare,
Senza che il vuoto inviti al salto,
Senza che la ragione inizi a vacillare,
Senza smarrirsi in questo incanto.
filosofi,discorsi infimi e multiformi
attraggono le viscere a inabissarsi
tutto amano in questa profondità
discendono gli abissi che rendono vigili
in narrazioni, lineari come pianure
simili alla distesa padana tacciono
un'evidenza che non prorompe, tutto relaziona
e i saggi sono folli e i pazzi confabulano
ma sempre più giù, ancor più nell'abisso
l'anima di fango bisogna demolire
per scendere negli abissi e vedere l'orizzonte
senza che l'arcano consigli la quiete
senza che la follia inizi a meditare
perdendosi in questo lavacro
E già, l'elevazione...... l'inabissamento......
"Armonia dei contrari! Come quella dell'arco e della lira"
Grazie Paul
Rispondo a green demetr
gnoseologia e filosofia critica coincidono, in quanto, se il momento più radicale ed elevato della criticità sta nel mettere in discussione il soggetto stesso della critica, cioè l'autocritica, allora è la gnoseologia, il piano nel quale la filosofia non si limita ad affermare delle tesi sul mondo circostante, ma riflette sulla validità dei propri schemi e categorie soggettive di conoscenza e esperienza, delimitando kantianamente (a prescindere dal fatto che poi la critica kantiana sia stata effettivamente adeguata e coerente, e ho i miei dubbi), i limiti e possibilità dei nostri strumenti conoscitivi, l'ambito in cui la filosofia mostra pienamente la sua razionalità e criticità, cioè "pensa" nel senso radicale del termine. Ciò che fa sì che l'epistemologia sia una branca della filosofia, che la filosofia possa riflettere sullo statuto epistemico dei metodi di ricerca delle altre scienza, mentre un fisico o un chimico, in quanto tali, non avranno mai gli strumenti per definire i limiti e possibilità di un discorso metafisico, perché depositari di un sapere non davvero autocritico. Ma perché l'autocritica raggiunga il suo scopo occorre che riesca a distinguere nell'intreccio inizialmente caotico e indistinto dell'esperienza dei fenomeni ciò che è determinato dalla nostra soggettività particolare, col suo carico di tradizione storica che ci influenza, che ci porta a considerare come universalmente valido ciò che invece è il portato della tradizione culturale contingente in cui siamo situati, il carico dei pregiudizi che appanna la visione essenziale dei fenomeni, da ciò che invece sono gli aspetti necessari e universalmente validi riguardo ai fenomeni, che rientra nel campo di un'evidenza indubitabile, riferibile alla certezza della presenza dei nostri vissuti, considerati nella loro generalità, con cui facciamo esperienza del mondo. Il primo campo attiene alla soggettività particolare, la seconda a quella trascendentale. Il soggetto particolare (ciascuno di noi inteso come singolo) non può essere fondamento e garanzia autosufficiente della verità, se così fosse ciascuno di noi sarebbe Dio, in possesso permanente della verità, mentre in realtà la nostra conoscenza è imperfetta e si imbatte in un insieme di verità e falsità, cosicché il fondamento delle nostre verità parziali si identifica con un altro da noi, un modello di verità universali con cui la nostra mente entra in contatto seppur in misura imperfetta. L'uomo non è cioè misura della verità, ma può trovare scavando nella sua coscienza un più o meno lontano riflesso di essa. L'io trascendentale, il piano dell'evidenza piena dei fenomeni è il fondamento della verità , il problema è che nella nostra condizione storica questo Io si dà come astrazione, seppur epistemologicamente necessaria.
A questo punto mi sentirei di dire qualcosa che potrebbe apparire provocatorio e scandalizzare qualcuno (temo tra l'altro di aver già abituato in ciò in questo forum...). Credo che la tecnica sia un problema che la filosofia del novecento abbia eccessivamente sopravvalutato. Non nego che la potenza, ciò a cui si può accedere tramite la tecnica, abbia un effetto incantante sull'uomo, ma tale effetto si attua sui suoi pensieri e sulle suoi azioni solo se l'uomo si lascia incantare, solo se in lui prevalgono le tendenze materialiste che conducono a porre nella scala valoriale personale i beni materiali che la tecnica può produrre ad un livello superiore rispetto ai beni spirituali. In particolare, porre la tecnica come fonte primaria di valore, fondamento etico in nome del principio che tutto ciò che è tecnicamente realizzabile di fatto è anche legittimo moralmente (e poi di conseguenza legalmente), si caratterizza come un' inversione nell'ordine che vede i mezzi come assiologicamente inferiori e subordinati ai fini. Tentazione, che certamente è spesso presente, per qualche esaltato che ritiene la cultura umanistica, la filosofia, la religione, antiquati impicci che impedirebbero all'uomo di esplicare in pienezza le sue potenzialità di conoscenza scientifica (nel senso empirista), tecniche. Ma tutto ciò non implica affatto che il corretto ordine tra mezzi e fine non possa essere riconosciuto, e considerare la tecnica per ciò che è, uno strumento, sia pur indispensabile, al conseguimento dei fini, che in un'umanità che realizza in pieno la sua natura di tipo contemplativa e razionale, sono di tipo spirituale e non direttamente raggiungibili dalla tecnica. Questa si limita a svolgere i compiti pratici necessari alla sopravvivenza, senza però fondare i fini in relazione a cui la vita assume valore e senso, tale fondazione resta demandata al libero arbitrio del soggetto. La considerazione della tecnica come fine e non come strumento, non va ricondotta alla tecnica in sé, ma a quella inalienabile componente umana di materialismo, prevista nello statuto ontologico dell'uomo, per il quale l'uomo non è puro spirito, ma mantiene in sé la tendenza a idolatrare e a considerare come unica realtà concreta gli oggetti sensibili, quelli su cui abbiamo tecnicamente potere, e squalificare come irrilevante astrazione i beni spirituali e intellettuali. Che un tempi gli uomini combattessero con le spade e ora con armi nucleari o batteriologiche è un problema storico, non filosofico. La filosofia si occupa di distinguere l'essenza qualitativa dei fenomeni, non le gradazioni quantitative interne allo stesso concetto, e il passaggio dalle spade alle atomiche è un passaggio certamente oceanico, ma pur sempre quantitativo, senza un salto di qualità. La qualità del fenomeno resta sempre la stessa, la violenza, l'impulso alla sopraffazione, che al di là del progresso quantitativo di efficacia dei mezzi a disposizione, possiede un nucleo unitario di senso che la filosofia, intesa qua come antropologia, è chiamata ad analizzare. Cioè, è la qualità stabile della natura umana, le sue zone d'ombra oggetto dell'analisi filosofica. Paradossalmente più che la tecnica in sé, sono proprio gli eccessivi allarmismi e problematizzazioni sulla tecnica ciò che compromette la filosofia, distogliendola dal suo ambito tradizionale, quello delle classiche questioni della metafisica e dell'ontologia, che le sono davvero peculiari, e che non condivide con alcuna sociologia o antropologia empirica, quelle sì, davvero intenzionate a indagare i processi e sviluppo quantitativi della storia umana
La filosofia non può dire "cosa dovrei essere", né quali dovrebbero essere i fini dell'agire politico. Questo in virtù della razionalità della filosofia, che non può individuare il valore etico dei fini, dato che a mio avviso i fini etici sono frutto di preferenze soggettive sentimentali. La mia idea di "bene" o "felicità" è mia e non necessariamente di altri. Tuttavia la razionalità filosofica porta a individuare i mezzi necessari e coerenti a perseguire una certa soggettiva idea di bene, e a distinguere un livello minimo di oggettività nel quale trovare delle condizioni necessarie per l'uomo per ottenere non la realtà, ma quantomeno la possibilità di un certo benessere e dignità materiale e spirituale. Ciò nella misura in cui la filosofia studia le strutture essenziale dell'essere umano. Come appare abbastanza ovvio, non si può stabilire in cosa possa consistere il bene di qualcuno senza conoscere quel qualcuno, il bene è la realizzazione armonica relativa alla determinata natura di un ente, esistono tanti beni quanti sono i tipi di enti nel mondo. Questo è il fondamentale apporto del momento teoretico da cui dovrebbe poi svilupparsi un discorso e un agire etico-politico, senza tale apporto si va alla cieca
Non ho ben capito come debba intendersi per "costruttivismo" in questo contesto particolare