Quello che non riesco a creare, non lo saprò mai capire.
Frase sulla lavagna di Richard Feynman al tempo della sua morte nel 1988; così com'è riportata in L'universo in un guscio di noce di Stephen Hawking.
(Fonte Wikipedia.)
Molte sono le frasi celebri di Feynman che meriterebbero di aprire una discussione filosofica.
Fra le tante ho scelto questa perchè coincide con la mia personale esperienza.
Nel senso che riesco a capire solo quelle cose alle quali riesco a giungere in modo autonomo.
A parte questa soggettiva coincidenza del mio pensiero con quello di Feynman , possiamo assumere la sua frase come una definizione di ''capire''?
Insomma noi diciamo a volte di non capire, e specie riferendoci alle teorie fisiche più recenti a cui Feynman ha dato grande contributo, senza però saper dare una definizione di ''capire''.
Noi ci limitiamo solo a dire di capire o non capire certe cose, ma nel dirlo capiamo cosa stiamo dicendo?
Il ''capire di non capire'' di Feynman, se così possiamo tradurre la sua frase, è uno step successivo al ''sapere di non sapere'' socratico?
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2025, 23:59:55 PMIl ''capire di non capire'' di Feynman, se così possiamo tradurre la sua frase, è uno step successivo al ''sapere di non sapere'' socratico?
Ciao Iano, io credo di si poiché, come l'affermazione di Socrate, ha lo scopo di far comprendere le potenzialità e i limiti che ogni uomo ha. La meccanica quantistica (di ciò Feynman è partecipe e non spettatore) è proprio questo: cercare di descrivere ciò che non si capisce perché in un mondo (subatomico) diverso dal nostro (macrocosmo). L'affermazione di Feynman è perciò di grande rilevanza per la scienza come per la filosofia.
bhè io penso che la conoscenza umana abbia dei grossi limiti. Ad esempio ci scervelliamo per cercare di spiegarci questo o quello ma senza mai pensare se ci sono cose che , per come siamo siffatti, non hanno alcuna spiegazione. è possibile che vi siano aspetti della realtà che vanno oltre il potere del ragionamento umano, questo non significa che tali aspetti siano irrazionali in senso assoluto. Gli abitanti di un lontano pianeta potrebbero capire cose che noi, propio per la natura del nostro cervello, non riusciamo a capire. Così dobbiamo essere consapevoli della possibilità che esistano cose la cui spiegazione non potremo mai comprendere, e magari altre...che non hanno spiegazione alcuna.
Citazione di: Alberto Knox il 11 Febbraio 2025, 23:58:18 PMGli abitanti di un lontano pianeta potrebbero capire cose che noi, propio per la natura del nostro cervello, non riusciamo a capire. Così dobbiamo essere consapevoli della possibilità che esistano cose la cui spiegazione non potremo mai comprendere, e magari altre...che non hanno spiegazione alcuna.
Potrebbero capire più cose o meno cose di noi, ma se quando dicono ''capire'' non capiscono cosa stanno dicendo, al pari di noi, allora significa che non siamo da soli nell'universo a non capirlo.
Credo che la comprensione sia un sapere resosi a noi ''intimo'', un sapere a cui diamo del tu, senza che ciò però sia strettamente necessario.
Se si riferisse solo ad una ignoranza colmabile, il 'so di non sapere'' socratico scadrebbe in una affermazione banale.
Cosa voleva dunque dire veramente Socrete?
Voleva dire credo che quello che pensi di sapere in effetti non lo sai, o meglio che ciò che consideri ovvio a ben guardare potrebbe non essere tale.
Voleva forse dire che ogni sapere, o meglio il modo a cui si è giunto ad esso, si può smontare criticamente, facendo all'incontrario il percorso che porta alla comprensione.
Il ''sapere di non sapere'', col senno di poi, si potrebbe leggere come ciò che ci caratterizza, e ci distingue dalle macchine che non sanno di sapere.
Se io so di non sapere allora posso riscrivere diversamente ciò che so, e questo è ciò che una macchina non può fare.
La macchina non può capire perchè non è in grado di riscrivere diversamente ciò che già sa.
Essa non può dirci diversamente la stessa cosa con parole sue per dimostrarci di aver capito.
Questa riscrittura però, seppure valesse una nostra comprensione, non aggiungerebbe nulla di nuovo al nostro sapere , a meno che la forma non sia sostanza, e mi pare che questa sia stata la lezione di Feynman.
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2025, 23:59:55 PMQuello che non riesco a creare, non lo saprò mai capire.
Nell'aforisma di Feynman, direi che la creazione non è un elemento da ignorare. In un'ottica in cui «nulla si
crea e tutto si trasforma», affermare che la capacità di capire è connessa a quella di creare, suona come un modo ironico per insinuare che non possiamo capire davvero nulla.
Il che sarebbe confermato dal fatto che ci stiamo da sempre arrovellando, non con poche difficoltà, per capire la Creazione, o più laicamente, la realtà sempre più in dettaglio; mentre se fosse qualcosa che avessimo creato noi, dovremmo averne una comprensione quantomeno un po' più facilitata (poi qui si potrebbe innestare la differenza fra creazione ontologica e "creazione" in senso cognitivo, come proiezione delle nostre categorie e del nostro linguaggio nella realtà, etc.).
Di certo la fisica e la scienza, se intese sperimentalmente, hanno bisogno di poter ri-creare un fenomeno per studiarlo e capirlo in modo approfondito; la fisica e la scienza che non possono "ri-creare per comprendere" restano sempre un po' in affanno, nonostante la dignità teoretica delle teorie che vengono
create basandosi sull'osservazione "a presa diretta" (al netto di tutte le deformazioni e i limiti strumentali).
Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2025, 14:17:46 PMNell'aforisma di Feynman, direi che la creazione non è un elemento da ignorare. In un'ottica in cui «nulla si crea e tutto si trasforma», affermare che la capacità di capire è connessa a quella di creare, suona come un modo ironico per insinuare che non possiamo capire davvero nulla.
Ovviamente si parla di creazioni possibili, perché teoriche, nonchè diversamente riscrivibili, quindi trasformabili in un loro equivalente.
Ma perchè la stessa sostanza descritta possa assumere diverse forme fra loro equivalenti occorre che non ne abbia una sua, e nel dargli forma consiste appunto la nostra creazione.
Per quanto la realtà ci appaia immediata, presentandosi con una forma, essa dunque è un mix di soggettività ed oggettività, un corpo che non apparirà mai nella sua nudità, ma solo nella misura in cui lo vestiremo con nostre creazioni.
Credo che la realtà non sia oggettiva, perchè non è fatta di oggetti, ma è soggettivamente rivestibile secondo la moda, e di oggettivo ci sono solo i suoi vestiti, che sono creazioni teoriche coscienti quando riguardano la scienza, e quindi dichiaratamente astratte, ma non quando riguardano la percezione, percezione verso la quale noi siamo soggetti passivi, non potendo riscrivere ciò di cui non abbiamo coscienza, se questa coscienza almeno in parte non acquisiamo.
Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2025, 14:17:46 PMIl che sarebbe confermato dal fatto che ci stiamo da sempre arrovellando, non con poche difficoltà, per capire la Creazione, o più laicamente, la realtà sempre più in dettaglio; mentre se fosse qualcosa che avessimo creato noi, dovremmo averne una comprensione quantomeno un po' più facilitata
Una comprensione possibile, per quanto difficoltosa, prova appunto che si tratta di una nostra creazione.
Comprendiamo nel senso letterale ciò che è nostro in quanto nostra creazione.
Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2025, 14:17:46 PMDi certo la fisica e la scienza, se intese sperimentalmente, hanno bisogno di poter ri-creare un fenomeno per studiarlo e capirlo in modo approfondito; la fisica e la scienza che non possono "ri-creare per comprendere" restano sempre un po' in affanno, nonostante la dignità teoretica delle teorie che vengono create basandosi sull'osservazione "a presa diretta" (al netto di tutte le deformazioni e i limiti strumentali).
Uscendo fuori dal gioco verbale che ha caratterizzato il tuo post di apprezzabile valore letterario, nel caso della fisica dovremo parlare di riprodurre e non ricreare, con l'esclusione da questa riproduzione, almeno finora, del processo di comprensione.
La scienza non ci aiuta a comprendere, perchè la comprensione noi non sappiano dire cosa sia, e credo che ciò sia ciò che la caratterizzi, in alternativa alla scienza che riguarda invece ciò che si può dire, seppur nei limiti in cui ci riusciamo.
Fra questi due mondi incomunicanti Feynman mi pare metta un trait d'union, perchè possiamo porre fra ciò che non si può dire e ciò che si può dire, ciò che non ha un solo modo di poter esser detto.
Ciò che è notevole è che questa riscrittura seppur equivalente non è indifferente ai progressi della fisica, cioè non è un puro esercizio di stile, per quanto possa essere nato come nel caso di Feynman da una volontà di capire.
Capire di non capire è il contributo della fisica alla filosofia, apparentemente in negativo, fatti salvi sviluppi ulteriori.
La comprensione, quando la possediamo, sappiamo solo di possederla, ma non come ne siamo venuti in possesso.
Feynman io credo ci dia un indizio su come risolvere questo enigma.
"What I can not create, I'll never know understand"
A me sembra una bella risposta indiretta alla prima domanda kantiana
Citazione di: iano il 12 Febbraio 2025, 04:29:03 AMVoleva forse dire che ogni sapere, o meglio il modo a cui si è giunto ad esso, si può smontare criticamente, facendo all'incontrario il percorso che porta alla comprensione.
sì , molte volte è sufficente l abilità dialettica per criticare e magari smentire una arogomentazione che noi credevamo vera. ma la base, il fondamento del ragionamento è sempre quello. Quello che noi definiamo un argomentazione razionale si basa su due principi; principio di non contraddizione e causa effetto. è giusto? sì, ma fino a un certo punto.
Citazione di: Phil il 12 Febbraio 2025, 14:17:46 PMNell'aforisma di Feynman, direi che la creazione non è un elemento da ignorare. In un'ottica in cui «nulla si crea e tutto si trasforma», affermare che la capacità di capire è connessa a quella di creare, suona come un modo ironico per insinuare che non possiamo capire davvero nulla.
Il che sarebbe confermato dal fatto che ci stiamo da sempre arrovellando, non con poche difficoltà, per capire la Creazione, o più laicamente, la realtà sempre più in dettaglio; mentre se fosse qualcosa che avessimo creato noi, dovremmo averne una comprensione quantomeno un po' più facilitata (poi qui si potrebbe innestare la differenza fra creazione ontologica e "creazione" in senso cognitivo, come proiezione delle nostre categorie e del nostro linguaggio nella realtà, etc.).
Di certo la fisica e la scienza, se intese sperimentalmente, hanno bisogno di poter ri-creare un fenomeno per studiarlo e capirlo in modo approfondito; la fisica e la scienza che non possono "ri-creare per comprendere" restano sempre un po' in affanno, nonostante la dignità teoretica delle teorie che vengono create basandosi sull'osservazione "a presa diretta" (al netto di tutte le deformazioni e i limiti strumentali).
Non ho nulla da aggiungere. Per me questa è la migliore sintesi sul tema. Anche quella parte tra parentesi (quella tra la differenza della creazione ontologica e creazione in senso cognitivo) è perfetta.
Io sostengo che per capire un concetto non basta una vita intera. Sono passati 2500 anni, migliaia di filosofi e siamo ancora qui a parlare del concetto di Essere senza riuscire a trovare qualcosa di univoco.
E questo è solo un esempio tra i tantissimi che si possono fare.
Citazione di: Damiano Bergamaschi il 22 Marzo 2025, 15:15:18 PMIo sostengo che per capire un concetto non basta una vita intera. Sono passati 2500 anni, migliaia di filosofi e siamo ancora qui a parlare del concetto di Essere senza riuscire a trovare qualcosa di univoco.
E questo è solo un esempio tra i tantissimi che si possono fare.
Il problema è che ci limitiamo a dire ''ho capito'', quando pure capiamo, senza sapere come abbiamo fatto a capire.
Penso che sia anche per questo che è difficile spiegare ad altri ciò che pure abbiamo capito, perchè non siamo in grado di riprodurre il processo che ci ha portati alla comprensione.
Per non dire di quando le cose ci appaiono evidenti, cioè di immediata comprensione, ignorando non solo il processo, ma che un processo vi sia..
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2025, 23:59:55 PMQuello che non riesco a creare, non lo saprò mai capire.
L'essere umano ha creato cose senza capirle, e ha capito cose che non ha creato. Ma ovviamente non sempre è andata così.
Ogni frase nasce da una esperienza personale e bisognerebbe capire da quale evento accaduto a Feynman è scaturita questa.
La frase è diversa dalla frase di Socrate:
«
E così hanno preso a odiarmi, lui e anche tutti quelli che erano presenti. Però, andandomene, ho pensato: "Sicuramente sono più sapiente io di quest'uomo; anche se forse nessuno dei due sa proprio un bel nulla, ma la differenza fra noi è che lui crede di essere sapiente anche se non sa proprio un bel niente, io, almeno, so di non sapere".».
Dal mio punto di vista, la frase di Socrate include tutto essendo molto generale e ampia "So di non sapere [tutto]" mentre la frase di Feynman è ristretta al campo d'azione "Potrò capire solo ciò che riesco a creare".
Citazione di: Jean Jacques il 26 Marzo 2025, 19:24:24 PMOgni frase nasce da una esperienza personale e bisognerebbe capire da quale evento accaduto a Feynman è scaturita questa.
E' un esperienza che condivido con Feynmann, quindi immodestamente posso esportela io, ma in sostanza si tratta di avere l'impressione di capire solo quando crei autonomamente una versione diversa ma equivalente di ciò che vuoi capire, e mi riferisco in particolare alle teorie scientifiche, che non nascono in genere da una esperienza personale, bensì collettiva, ma che possono essere personalizzate riscrivendole con parole proprie.
Se riscrivi una teoria con parole tue, non solo la capisci, ma dimostri anche di averla capita.
L'utilità dell'operazione però non finisce qui, per il motivo che ciò equivale a cambiare punto di vista sulla realtà, la quale siccome ci appare secondo il punto di vista usato, diversamente ci apparirà, sicché diversamente, e con maggior ricchezza di risultati, potremo interagirvi, pur non avendo scoperto nulla di nuovo.
Feynmann è considerato uno fra i più grandi scienziati in assoluto, pur non avendo fatto alcuna nuova scoperta scientifica.
Citazione di: iano il 27 Marzo 2025, 19:30:10 PME' un esperienza che condivido con Feynmann, quindi immodestamente posso esportela io, ma in sostanza si tratta di avere l'impressione di capire solo quando crei autonomamente una versione diversa ma equivalente di ciò che vuoi capire, e mi riferisco in particolare alle teorie scientifiche, che non nascono in genere da una esperienza personale, bensì collettiva, ma che possono essere personalizzate riscrivendole con parole proprie.
Se riscrivi una teoria con parole tue, non solo la capisci, ma dimostri anche di averla capita.
L'utilità dell'operazione però non finisce qui, per il motivo che ciò equivale a cambiare punto di vista sulla realtà, la quale siccome ci appare secondo il punto di vista usato, diversamente ci apparirà, sicché diversamente, e con maggior ricchezza di risultati, potremo interagirvi, pur non avendo scoperto nulla di nuovo.
Feynmann è considerato uno fra i più grandi scienziati in assoluto, pur non avendo fatto alcuna nuova scoperta scientifica.
Interessante.
Effettivamente è un po' come quando a scuola prendevamo appunti durante la lezione: i nostri appunti, magari fatti di linee e poche parole, per noi erano chiari e magari ci portavano a capire di più e qualcosa in più. Chi leggeva i nostri appunti non capiva nulla perché "l'esperienza" era nostra.
"so di non sapere", oppure "non so di sapere"?
Citazione di: nessuno il 13 Maggio 2025, 13:20:57 PM"so di non sapere", oppure "non so di sapere"?
Benvenuto.
Si, hai centrato la questione.
Nel non sapere di sapere è racchiusa la nostra percezione della realtà.
Col non sapere di sapere inizia l'avventura scientifica, che si pone come alternativa a quella percezione.
Le due cose possono collidere solo se se c'è una via unica verso la realtà, ma di alternative ne conosciamo almeno due, quelle che tu hai riassunto, e possono procedere in parallelo senza scontrarsi.
CitazioneQuello che non riesco a creare, non lo saprò mai capire.
CitazioneNoi ci limitiamo solo a dire di capire o non capire certe cose, ma nel dirlo capiamo cosa stiamo dicendo?
Il ''capire di non capire'' di Feynman, se così possiamo tradurre la sua frase, è uno step successivo al ''sapere di non sapere'' socratico?
L'aforisma di Feynman presuppone l'
azione, o meglio, la
creazione e le attribuisce la chiave per la
comprensione.
Solo attraverso lo strumento della tecnica che agisce, siamo quindi in grado di comprendere realmente?
Citazione di: iano il 13 Maggio 2025, 14:30:54 PMNel non sapere di sapere è racchiusa la nostra percezione della realtà.
Col sapere di non sapere inizia l'avventura scientifica, che si pone come alternativa a quella percezione.
Mi permetto di correggere l'errore logico derivante dal refuso.
A proposito di Feynman, mi sentirei di considerare l'aforisma socratico ad un livello superiore, a meno che non decidiamo di porre allo stesso livello
conoscenza e
sapere.