Inventare una nuova religione

Aperto da anthonyi, 27 Agosto 2025, 14:03:01 PM

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Alexander

#120
È interessante notare come il bisogno di credere cambi, si evolva, ma sostanzialmente permanga come un affidarsi all
' extraomnes, a qualcosa di esterno a noi, riflettendo il senso di impotenza che proviamo di fronte all' apparente assurdità della nostra vita umana. Per esempio notavo come nella maggior parte dei film attuali, in particolare americani, venga spessissimo tirato in ballo l'universo, quale sostituto moderno di Dio ("l'universo ti parla" - "forse l'universo vuol farti capire qualcosa" ecc.). C'è sicuramente l'influenza della cultura woke che, utilizzando un fattore neutro, vuole evitare di infastidire qualcuno (sigh!). L'universo va bene per tutti, anche se non capisco come si possa credere alla voce dell'universo e non credere in Dio perché troppi "silenzioso"   ;)
A parte questo, l'affidarsi, l'aver fede in qualcosa di esterno a noi ha ancora una potente attrattiva e quasi necessità. Spesso chi non ha una fede religiosa particolare, un non credente, pone fede in principi che cercano (umanesimo, etiche sociali, ecc.) di andare anche loro a colmare quel bisogno naturale di senso (l'uomo è un animale che si interroga) che non si riesce a scorgere nella realtà. Fino ad arrivare a crearsi una realtà in cui credere, come dice @iano.
Arrivo a dire che maturiamo per una parte della nostra vita una costruzione mentale della realtà in cui credere, e poi passiamo l' altra parte a difenderla dalle costruzioni altrui.

daniele22

Citazione di: anthonyi il 07 Settembre 2025, 11:29:40 AMLa religione é sempre stata ordine sociale proprio al fine di ridurre le inimicizie tra gli uomini. In sé, oltretutto, il principio non rubare non é una difesa ideologica di un certo tipo di proprietà che non é definito, esso infatti si può applicare anche a una proprietà pubblica o comunitaria che non può essere sottratta da un privato.
E' chiaro che questo principio presuppone un patto tra gli uomini che definisca un certo ordine proprietario, e ne impone il rispetto, e lo fa per garantire l'armonia sociale.
Chi rompe l'armonia sociale é  invece chi va a raccontare che quel patto fra gli uomini é ingiusto ed inefficiente, cosa certamente possibile, anche perché tante volte nella storia gli uomini hanno rivisto il loro patto sociale, e nella gran parte dei casi hanno preferito i sistemi di proprietà privata, anche perché le poche volte che sono stati sperimentati patti con proprietà pubblica I risultati economici non sono stati buoni.

Libero di seguire la tua idea.. anthonyi caro.
Per me comunque, la proprietà della materia, sia questa della comunità o dell'individuo, avrebbe ben poco a che fare con lo spirito. Anzi, lo spirito dovrebbe marcare un certo distacco dalla materia, ¿altrimenti che spirito sarebbe?. "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" disse Gesù. Io avrei detto "Quella schifezza se la mangino gli altri". Sarebbe forse più semplice ammettere che le religioni si siano formate ben dopo l'uso delle armi (utensili in generale comprensivi delle armi).... E poi non so perché scrivo queste cose, che tanto le sai benissimo anche tu
Saluti 

daniele22

Citazione di: Phil il 06 Settembre 2025, 18:00:37 PMLa duplicità dell'interpretazione della realtà, fra esigenze pragmatiche sociali e approfondimenti teoretico-esistenziali, ha infatti una sua storia, sia in Occidente che in Oriente. E se ci chiediamo se questa distinzione sia vera o falsa, è perché non abbiamo capito in cosa consista la sua duplicità.

"Il primo buddhismo indiano classico, compresa la scuola theravāda, che esiste ancora oggi, insegnava che il Saṃsāra era il mondo della sofferenza e il nirvāṇa ne era l'uscita. Secondo Nāgārjuna è una distinzione vera solo relativamente. La verità assoluta, diceva, è che non c'è differenza tra Saṃsāra e nirvāṇa, perché entrambi sono costruzioni mentali vuote di un'essenza fissa..... etc.." (Estratto dal testo)
Premetto che non sono ferrato in materia. Cliccando sul tuo "Oriente", del testo che si è presentato non mi è del tutto chiaro cosa intendesse il monaco per "costruzioni mentali vuote di un'essenza fissa", ma ho trovato degna di nota la sua osservazione sull'apparente distinzione tra Saṃsāra e Nirvāṇa. L'ascesi non è certo per tutti, ma qualora dovesse avere un senso per la collettività, e penso senz'altro che lo abbia, questo senso sarebbe quello di spiegarci in cosa consista il Nirvāṇa. Perché la verità assoluta non sarebbe esprimibile verbalmente? Essendo un non credente occidentale, come te del resto, ¿se l'assoluto non viene spiegato, come sarebbe possibile accettarlo se non tramite un atto di fede? (c'è, ma non c'è)
Saluti


iano

#123
Citazione di: Kob il 08 Settembre 2025, 15:15:03 PMNon ci sono le cose da una parte e le descrizioni delle cose dall'altra. Tu ti pone di fronte a una cosa, per esempio un albero, sapendo già che cos'è per noi un albero.

Ci sono diversi modi di interagire con la realtà, e ''l'albero'' è uno di questi modi.
Cioè, se adotti una data interazione in esclusiva, qualcosa si materializza  come una cosa in se a cui dai nome ad esempio albero.

Se io so cos'è un albero,  perchè mai dovrei descriverlo, sapendo di tradirlo traducendolo in parole?
La definizione di qualcosa non coincide mai con la relativa  sensazione.
Questa descrizione è in effetti il possibile preludio di una interazione alternativa, che potrebbe a sua volta non riprodurre sensazioni.
la sensazione è il callo (albero) che viene camminando, ma camminare non è l'unico modo con cui possiamo interagire con la realtà.
Insomma, mi pare che ponendo le nostre a azioni a fondamento, tutto si spiega in modo più semplice.

Dio, cui possiamo dare diversi nomi, non avendone uno, (ordine ed armonia, secondo il nostro amico)
è il callo che ci viene quando teorizziamo.
Questo ''coso'' senza un suo nome proprio, ci sembra di sapere cosa sia, finché non ci ragioniamo sopra,
e ragionandoci non ci sembra razionale parlarne, ma alla fine quello che otteniamo è solo di cambiargli nome, perchè dell'irrazionalità non si può fare a meno.
Allora diremo ordine piuttosto che Dio, ma poi ragionandoci sopra cosa è davvero questo ordine?
Possiamo definirlo...e il ciclo si ripete.

Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

Citazione di: Kob il 08 Settembre 2025, 15:15:03 PMPoi che una civiltà differente avrebbe potuto sviluppare un'ontologia di base completamente diversa  (ma quanto completamente diversa?
Diversa quanto lo è la civiltà.
La civiltà in effetti non esiste, ma possiamo definirla attraverso un ontologia.
E' un insieme di esseri che vedendo la realtà tutti allo stesso modo agiscono concordemente, come un essere solo, o quasi, essendo comunque fatta di individui con libero arbitrio.
Oppure, a scelta, un insieme di individui che agendo allo stesso modo, vivono nello stesso mondo.
Ma in sostanza mi sembra di essere molto d'accordo con quel che dici, e lo prova il fatto che posso dirlo in modo diverso.
Evidentemente professiamo la stessa filosofia, anche se io, diversamente da te, non saprei dirti quale.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

fabriba

Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMPerché la verità assoluta non sarebbe esprimibile verbalmente?
Lungi dal saperti dare una spiegazione che non hai trovato nei testi originali, tanto più in poche righe, però posso dirti che l'approccio buddista suggerisce una pratica che porta a dei barlumi di illuminazione.

(Parte lunga e noiosa saltabile se hai fretta)
Non parlo da buddista o zenista, ma da persona che ha avuto modo di conoscere monaci e monache di entrambe le discipline, persone piuttosto disincantate, qualcosa di difficile da immaginare per un occidentale di fronte alla parola "monaco".

Ora: Se la domanda è puramente speculativa, hai ragione, non credo ci sia una risposta a parole. Però,

Esistono degli stati che si chiamano Dhyāna. A detta di chi ne ha avuto esperienza, possono iniziare a manifestarsi già dopo pochi giorni di pratica, e sono stati in cui  diventa più chiara la via che si sta perseguendo, e stimolano a proseguire.

La letteratura lo indica come uno stato estremamente piacevole tra l'altro, non essendo la sofferenza ad aprire le porte della trascendenza (come in altri credi), la barriera all'ingresso è anche piuttosto bassa.

Io nelle poche letture che ho fatto sullo Zen non ho trovato in nessun punto che mi fosse richiesto un atto di fede, l'ho trovato piuttosto analitico e spoglio, quasi aristotelico nella sua esposizione di catene di dati sensibili e conseguenze. Non è tra l'altro incompatibile con l'essere Atei (ne con l'essere religiosi).

Ha i suoi limiti (sul Karma entra in gioco la fede a mio avviso ad esempio), ma in definitiva
























Se la domanda "cos'è il Nirvana" è genuina, la risposta non è fuori dalla portata di nessuno dal poco che so, non più di quanto lo sia imparare a suonare la chitarra (una pratica, anche quella, che richiede esercizio).
La metafora non è casuale: puoi imparare a suonare la canzone del sole in pochi giorni, avere una soddisfazione immediata e un barlume di comprensione di cosa significhi "saper suonare la chitarra", ma per suonare Al di Meola alla maggior parte di noi non basterebbe una vita intera.

iano

#126
La verità non si può esprimere a parole
1. Perchè ciò che si può esprimere a parole lo si può negare, mentre la verità è innegabile.
2. Perchè bisognerebbe attribuire al linguaggio un
    potere che non ha, essendo nato per comunicare.

Se parliamo di verità è perchè la possediamo.
Se la cerchiamo è perchè non sappiamo di possederla.

Se la verità è ciò su cui non si può non convergere, ciò su cui convergiamo può essere scambiato per la verità, e tanto basta perchè se ne parli, anche quando non esiste.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#127
Citazione di: Alexander il 08 Settembre 2025, 16:06:44 PMArrivo a dire che maturiamo per una parte della nostra vita una costruzione mentale della realtà in cui credere, e poi passiamo l' altra parte a difenderla dalle costruzioni altrui.
Forse l'individuo ha proprio questa funzione, quella di essere una fortezza per le idee, e le difendiamo in quanto è la nicchia che ci siamo scavati nella realtà.
Perciò difendiamo le nostre idee come fosse una questione vitale, e la sopravvivenza viene prima di ogni ragionevole obiezione.
Ciò è comprensibile, ma spero che l'evoluzione trovi una più onorevole soluzione per difendere la ricchezza di idee, che non si traduca nella solita carneficina.
Se il dialogo può sostituire la guerra questo è il posto dove iniziare a darne prova.
Perchè se anche in questo luogo virtuale  riusciamo a entrare in guerra per difendere il nostro onore, non vi scappa da ridere perciò?
Siccome da questa guerra usciamo per fortuna vivi,   ognuna si dovrebbe concludere quindi con una bella risata, avendo il tempo, perchè ancora vivi appunto, di considerare quanto  ridicoli siamo.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Phil

Premesso che non sono la persona più adatta a fornire esegesi sul buddismo e che comunque ci sono differenti interpretazioni (come è inevitabile con pensieri e testi che durano secoli e interessano teoreti più o meno raffinati), premesso tutto ciò, ti dico la mia in sintesi:
Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMnon mi è del tutto chiaro cosa intendesse il monaco per "costruzioni mentali vuote di un'essenza fissa"
con «vuote di un essenza fissa», riferite a Samsara e Nirvana, intenderei semplicemente: prive di un'identità fissa e ancor più di un referente mondano fisso. Noi occidentali diremmo che l'essenza fissa è il concetto che ci permette di individuare qualcosa, ma questo è come funziona il linguaggio pragmatico convenzionale, mentre quello «assoluto» (pessima idea usare questa parola, considerando la filosofia occidentale, ma tant'è) non è in genere favorevole alle concettualizzazioni formali, perché fungono da ostacolo, o almeno da nebbia, per la retta visione della realtà (può sembrare paradossale, se si fraintende cosa sia tale retta "visione", da intendere come «comprensione», per il buddismo; v. ottuplice sentiero).
Il buddismo è sempre attento a ricordare l'impermanenza della realtà e dei nostri pensieri, sottolineando come l'attaccamento a qualcosa che non permane comporti sofferenza o almeno "ignoranza" (sempre in senso buddista; sintetizzo molto). Considerare i concetti di Nirvana e Samsara come assoluti con un'essenza fissa, sarebbe un inganno (per il buddismo), perché entrambi non sono una "cosa", tantomeno una "cosa immutabile". Attaccarsi all'idea assoluta del Nirvana è il modo migliore per non "raggiungerlo" (anche questa parola è ambigua e fuorviante), così come attaccarsi all'idea assoluta di Samsara è il modo migliore per restarci. Perché non è il contrario? Perché in generale, per l'uomo medio, il Samsara è la condizione corrente, quella a cui viene solitamente educato sin dall'infanzia; se avesse già ottenuto il Nirvana non gli si porrebbe certo la tentazione di assolutizzarlo o definirlo (a prescindere delle tradizioni, anche orientali e talvolta buddiste, che confondono il Nirvana con una sorta di paradiso o qualcosa di ultraterreno, come ammonisce proprio Nagarjuna).
Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMPerché la verità assoluta non sarebbe esprimibile verbalmente?
Come spiegato nel testo, non è spiegabile verbalmente perché è «al di fuori dell'esperienza e del linguaggio convenzionali» (cit.). Poiché «La verità convenzionale di qualcosa consiste nella sua dipendenza dalle condizioni. La verità ultima è la sua vacuità.»(cit.) nel senso che la vacuità (sunyata), intesa come "uscita" della verità condizionata, non si presta ad essere inquadrata con i criteri propri (e verbali) di ciò che è condizionato. Detto in modo più empirico: con le note musicali posso misurare la lunghezza di alcuni suoni, ma non la lunghezza di un mobile; ciò che è tridimensionale non si presta ad essere detto con le convenzioni musicali degli spartiti.
Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMse l'assoluto non viene spiegato, come sarebbe possibile accettarlo se non tramite un atto di fede? (c'è, ma non c'è)
L'alternativa all'atto di fede è l'esperienza diretta e, come detto sopra, non verbale e non convenzionale (ossia non concettualizzabile con la logica del comun vivere e comun pensare). Esempio esponenzialmente sciocco e inventato: io non mi sono mai innamorato, tu mi dici che frequentando ambienti con mie coetanee single potrei innamorarmi; come posso fidarmi di quel che dici se non mi spieghi passo passo verbalmente cosa significa innamorarsi? Non mi resta che avere fede cieca in ciò che tu ritieni possibile? L'alternativa a fede e spiegazione linguistica c'è, ed è che io provi concretamente a mettermi nelle condizioni di potermi innamorare (se resto isolato a casa senza vedere gente, sarà piuttosto difficile). Quindi non parole di preghiera, accettazione di dogmi o spiegazioni concettualmente ardue, ma azione, pratica, esperienza (poi magari non mi innamoro, non è certo matematico). Innamorarsi non è una fede o un discorso, è un evento, facilitato da una serie di azioni agevolanti (se non erro vengono detti «espedienti» in ambito buddista). Lo stesso è per la "verità assoluta" del buddismo: non è un discorso né una fede (né una «verità» e né «assoluta», se intese all'occidentale, talvolta può esser meglio tradotta con «realtà incondizionata»). Se ne hai fatto esperienza, facilitato da una certa pratica (studio, meditazione, etc.) la conosci, e non è questione di fede (essendo un vissuto reale) né di parole (non aggiungerebbero nulla e non "funzionerebbero"; sarebbe come cercare di spiegare a parole l'innamoramento a chi non è mai stato innamorato: per quanto gli venga ben spiegato e illustrato, non è possibile farlo innamorare  solo parlandogli dell'amore, serve l'esperienza diretta e personale).

Duc in altum!

Citazione di: Jacopus il 06 Settembre 2025, 12:30:13 PMNessuno. Non ho mai sentito voci divine da un cespuglio. Ma lo ritengo il metodo più adatto per affrontare la vita umana, senza credersi superiori, né pensare all'altro come un nemico, che esso sia il capitalismo o il cattolicesimo o la scienza, il pensiero critico mette in "crisi" le certezze. Non invento nulla neppure in questo caso.
Benissimo, ma pur raggiungendo la perfezione del pensiero critico, le scelte "spirituali" che fai (inevitabili) - grazie alla tua fede - non avranno nessuna certezza... quindi siamo tutti in crisi!

Citazione di: daniele22 il 07 Settembre 2025, 09:45:08 AMToh! Mancava giusto il terzo. Ciao Duc.. sempre tutto ben immagino. Hai comunque completamente frainteso quello che ho detto. Il fatto principale sarebbe che il nostro mondo è così perché è così, ma evidentemente non ci accontentiamo.
Ciao @daniele22, tutto bene, grazie!

Ti ringrazio per la delucidazione...

Ah, una cosa, non ci accontentiamo perché la sola felicità o gratificazione in questo mondo, non soddisfa mai pienamente nessuno.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2025, 21:40:00 PML'alternativa all'atto di fede è l'esperienza diretta e, come detto sopra, non verbale e non convenzionale (ossia non concettualizzabile con la logica del comun vivere e comun pensare).
Pensiero equivoco, dato che la Fede (il praticarla/l'atto) è già un'esperienza diretta.
Al punto tale che essendo per i cristiani una virtù, come tutte le virtù va alimentata e praticata.
Come potremmo praticare e alimentare qualcosa che non si è sperimentato?

Pace&Bene


"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Phil

Citazione di: Duc in altum! il Oggi alle 00:26:15 AMPensiero equivoco, dato che la Fede (il praticarla/l'atto) è già un'esperienza diretta.
[...]
Come potremmo praticare e alimentare qualcosa che non si è sperimentato?
L'esperienza della fede non è esperienza dell'"oggetto" della fede. Detto altrimenti: aver fede è un'esperienza che si basa sulla non-esperienza di ciò in cui si ha fede (altrimenti non avrebbe senso parlare di fede e, appunto, si parlerebbe di esperienza diretta dell'oggetto di fede).
Esempio banale e non religioso: se ho sbattuto il mignolo del piede contro lo spigolo del comodino, quando tu mi dici che è un'esperienza dolorosa, per crederti non ho bisogno di aver fede in ciò che dici, perché ho vissuto anch'io quell'esperienza. Se invece mi dici che ti è apparso in sogno Pinco Pallino, posso avere o meno fede in questo tuo racconto perché non ho avuto esperienza di ciò che dici (e, come nel caso dell'innamoramento di cui sopra, per quanto tu me ne possa parlare, il tuo discorso non mi farà vivere l'esperienza diretta né del tuo sogno né di Pinco Pallino).

Jacopus

Duc wrote:
CitazioneBenissimo, ma pur raggiungendo la perfezione del pensiero critico, le scelte "spirituali" che fai (inevitabili) - grazie alla tua fede - non avranno nessuna certezza... quindi siamo tutti in crisi!
Esatto. La vita è per sua natura critica, perché oggi viviamo e domani, contro la nostra stessa volontà naturale, non vivremo più. E dal mio punto di vista non esiste alcuna consolazione né terrena (regni millenari, comunismo, Basileus divino) nè ultraterrena. Occorre virilmente accettare che Sisifo sia anche felice e coltivare il proprio giardino cioè il massimo grado di armonia fra noi e ciò che ci sta intorno, compresi gli altri esseri umani. Abstinere et substinere.
Paradossalmente è proprio accettando questa condizione che sarebbe possibile creare un nuovo modo di vivere in società, o se preferisci rifondare il messaggio evangelico abolendo ogni divinità.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alexander

#133
Citazione di: Phil il Oggi alle 00:50:44 AML'esperienza della fede non è esperienza dell'"oggetto" della fede. Detto altrimenti: aver fede è un'esperienza che si basa sulla non-esperienza di ciò in cui si ha fede (altrimenti non avrebbe senso parlare di fede e, appunto, si parlerebbe di esperienza diretta dell'oggetto di fede).
Esempio banale e non religioso: se ho sbattuto il mignolo del piede contro lo spigolo del comodino, quando tu mi dici che è un'esperienza dolorosa, per crederti non ho bisogno di aver fede in ciò che dici, perché ho vissuto anch'io quell'esperienza. Se invece mi dici che ti è apparso in sogno Pinco Pallino, posso avere o meno fede in questo tuo racconto perché non ho avuto esperienza di ciò che dici (e, come nel caso dell'innamoramento di cui sopra, per quanto tu me ne possa parlare, il tuo discorso non mi farà vivere l'esperienza diretta né del tuo sogno né di Pinco Pallino).

Ni.. Nel senso: tu fai esperienza di qualcosa (amore, compassione, gioia profonda, stati estatici, ecc.) e poi, ritenendolo una esperienza vera del divino o altro, poni la tua fede in quello. Nel fenomeno della conversione si nota proprio questo. La fede nasce da un' esperienza (spesso dolorosa), da un incontro con una persona o altro. Ni perché non è una esperienza diretta, bensì mediata dall'esperienza del soggetto. In sostanza si tratta di AVER FEDE CHE...non penso che cambi molto tra fede in Dio o nell'esperienza meditativa che dovrebbe Portare a "qualcosa" ( nirvana, estasi divina). Infatti molti mollano quando perdono la fede che quel sentiero, o le esperienze vissute, portino veramente a...

Duc in altum!

Citazione di: Phil il Oggi alle 00:50:44 AML'esperienza della fede non è esperienza dell'"oggetto" della fede. Detto altrimenti: aver fede è un'esperienza che si basa sulla non-esperienza di ciò in cui si ha fede (altrimenti non avrebbe senso parlare di fede e, appunto, si parlerebbe di esperienza diretta dell'oggetto di fede).
Quando si è adolescenti e ci si innamora davvero per la prima volta (rifacendomi un po' a uno dei tuoi esempi magistrali), gli amici - per averli un po' allontanati preferendo la fidanzatina - ci considerano un disertore, un apostata, se non addirittura un pappamolle; e tutto ciò perché questi amici non hanno ancora fatto quella esperienza.

Nel nostro caso, io sono il fidanzatino e tu un mio caro amico, al quale non posso far altro che cercare di spiegare ciò che vivo (senza pretendere che venga recepito del tutto, come potrei, visto che ancora non ti sei mai innamorato?!): nel momento che la fede è piena e autentica, avviene il cosiddetto "miracolo", quindi c'è anche l'esperienza di ciò in cui si ha fede, l'accertamento (l'esperienza diretta) dell'oggetto/soggetto della fede.

"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

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