Inventare una nuova religione

Aperto da anthonyi, 27 Agosto 2025, 14:03:01 PM

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iano

#165
Citazione di: fabriba il 10 Settembre 2025, 15:34:50 PMTutto è Uno, ma la ricerca dell'Uno ci mette in una cornice in cui esiste l'Uno e il non-Uno, e quindi ci allontana dall'obiettivo.
Raggiungi l'uno quando smetti di nominarlo,  e quindi di poterlo negare, che non è solo uno zittirsi, ma è quando le parole tornano ad essere un rumore di fondo che si può ignorare, con perdita di senso in ogni senso che si possa immaginare.
Quando le parole perdono il loro significato, cosa che nel mio piccolo ho sperimentato. Quando come in automatico ti trovi a pronunciare parole che non sai più collegare al loro significato.
Non è non ricordarsi più la parola che significa quella data cosa. E' il suo contrario.
Quando superi la barriera del duale per trovarti di fronte a un nulla che coincide col tutto.
O, almeno,  così immagino il risultato di una meditazione che non ho mai praticato, solo secondo come ne sento dire, e perchè comunque è ciò da cui parte la mia filosofia.
Un realtà che è nulla finché agendovi non gli dai un senso, che è letteralmente una direzione che prende l'azione.
Smettere di agire, senza camminare sui binari, come fa Daniele, o altro, per rifare il percorso inverso, per tornare al punto di partenza, a una realtà che è nulla che si possa dire, per poterla magari rinominare diversamente, per agire diversamente.
Annullare quantomeno ogni azione che abbia una giustificazione, giusta o sbagliata che sia.
Non è tanto che in tal modo si realizza la giustizia che ci manca. Non è un andare oltre il bene e il male smettendo di agire, che però è anche un morire.
Lo si fa quando l'ingiustizia che sperimentiamo non ci riesce più tollerabile. Lo si fa quando si sperimenta ciò che si è. Lo si fa quando si smette di attribuire il male agli altri, pensando che sia un bene mandarli alla forca.
Lo si fa per ripartire, per diventare uomini nuovi, perchè all'uomo che lasciamo quell'ingiustizia è connaturata. E' il suo fare, che cambia solo se lui cambia, e non se inizia a comportarsi bene, restando quel che è.
Cambiare per cambiare il mondo attraverso il quale viviamo la realtà.

Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

iano

#166
Citazione di: anthonyi il 10 Settembre 2025, 16:42:01 PMEppure l'eccellenza della dialettica del pensiero l'abbiamo da un popolo come quello ebreo la cui cultura si fonda originariamente sul monoteismo.
La differenza la fa l'aver rinunciato ai sacerdoti, come fa notare Alexander, che significa trasformarsi ognuno in sacerdote (tutti sono sacerdoti, quindi nessuno lo è) da cui l'eccellenza di pensiero sulla quale concordo con te.
E' come avere tante religioni in una, non rinunciando alla ricchezza della diversità, unica fonte possibile di eccellenza.
In certi casi le tirannie,( che oggi sembrano moltiplicarsi ; democrazie ormai solo nominali) con la loro verità che al minimo è un pensiero unico, sembrano avere un vantaggio, andando sicure e dritte per la loro strada  senza che nessuno possa arrestarle, incapaci però di svoltare quando si rendesse necessario, dritte quindi verso l'abisso che prima o poi incontreranno.
E' il caso dell'islam, ma non del cristianesimo, che è un finto monoteismo, trino come minimo, ma con innumerevoli schiere di angeli, e santi da posizionare qua e la all'occasione.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Jacopus

Anthony. Ti dirò, hai ragione in entrambi i casi. Ci penso un po' su e poi ti rispondo meglio.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Adalberto

Citazione di: Jacopus il 10 Settembre 2025, 16:11:04 PMSulla fedeltà a Galimberti hai ragione al 50 per cento. Il nesso udito-ebraismo, vista-ellenismo lo ha sicuramente detto. Non so se trova in proposito qualcosa in rete, ma trattandosi di una metafora elegante, me la ricordo benissimo. Gli altri pezzi scritti in grassetto sono in effetto mie "glosse" al pensiero galimbertiano, ma non credo che siano molto lontane dal pensiero dell'autore. Ovviamente ogni tradizione culturale non è un monolite e vi sono possibili agganci per interpretazioni anche molto lontane fra di loro. Ad ogni buon conto, anche ad un livello molto basico, avere a che fare con tanti dei oppure con uno solo, descrive un panorama teologico ben diverso. Il primo adatto alla dialettica, il secondo al monismo, dove esiste una sola verità. E le strutture religiose a loro volta condizionano le strutture politiche ed anche quelle economiche se è per questo. Da Weber in poi struttura e sovrastrutture sono in un rapporto circolare di continuo feed-back.
Che vi siano state vicende legate al clero ebraico, non riduce l'aspetto principale della religione ebraica, ovvero il monoteismo, che può essere un ottimo carburante per ogni pensiero tirannico. Non voglio sembrare troppo anedottico ma non è un caso che i tre grandi dittatori del XX secolo provenissero da culture cristiane (Hitler dall'Austria, Mussolini dall'Italia, Stalin dalla Georgia).
Rispetto all'obbdienza alle voci, si tratta di un classico sintomo psicotico, e la follia fino al rinascimento era molto vicino alla dimensione del sacro. Quindi concordo sul fatto che in questo caso possa esserci una base comune.
Però se vogliamo continuare sul tema, basta confrontare due personaggi iconici delle due tradizioni per scorgere delle differenze fenomenali su cosa è la vita per l'ebraismo e cosa è la vita per l'ellenismo e questi due personaggi sono Adamo ed Edipo.
Lungi da me sostenere uno o l'altro campione di una fede, visto che ne sono privo.
Mi fa piacere la tua risposta, perché anch'io ho trovato stimolante la forzatura imposta da quei due punti di vista che non conoscevo. Ci tenevo solo a evitare la conseguenza di rigide classificazioni e contrapposizioni. Infatti preferisco qua e là  cogliere nei pensieri arcaici  quei semi che successivamente si sono rivelati per noi fertili..
Ad esempio posso ben convenire con te affermando quanto possano apparire soffocanti e fors'anche  tiranniche le prescrizioni divine della Bibbia, ma al contempo non posso trattenermi dall'apprezzare la trascrizione di dettagliate e pedanti normative che però alla fine hanno  costruito un corpus giuridico strutturato, che di fatto ha creato limitazioni allo strapotere del potere politico. Per fare un esempio: "occhio per occhio" non è barbarie, ma pena commisurata al danno. Mica poco eh, per quei tempi.
In altre forme la limitazione dello strapotere dei sovrani  in Grecia ha avuto un'ampia  articolazione passando dai wanax achei alla democrazia attraverso numerose  tappe intermedie (basilei, aristocratici, tiranni) attraverso un processo non certo così lineare.
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
(Fosco Maraini)

Alexander

#169
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2025, 15:46:33 PMSul meditare camminando, so che nello zen esiste il kinhin, una forma di "meditazione camminata" che aiuta a "sgranchire le gambe" e tenere attiva la circolazione; perché va bene occuparsi della mente, ma anche il corpo ha le sue esigenze. Forse ti sconsigliavano di farlo sui binari perché, per quanto una mente presente a se stessa non è di intralcio alla reattività del corpo, ma anzi la accresce, resta il fatto che addestrarsi a schivare treni è una pratica eccessiva anche per il più spietato apprendistato zen in stile jigoku (inferno).
Sul "raggiungere l'assoluto" (traduzione infelicemente all'occidentale) Nagarjuna ci ammonisce che Samsara e Nirvana sono qui, coincidono "ontologicamente" (sempre per dirla all'occidentale), ma si differenziano per come il soggetto ne vive la realtà (che poi il soggetto, meditando, si scopre essere un aggregato illusorio, anatman, etc.).

Essendo il nirvana la fine della sofferenza, non ci potrebbe essere alcuna fine se non ci fosse il nirvana. In questo senso va inteso che i confini del samsara sono i confini del nirvana. Per questo è necessaria al buddhism la concezione della ri-nascita. Il buddhism rifiuta l'idea della morte come estinzione totale. Perché cercare e sforzarsi tutta la vita per porre fine a qualcosa che finirà inellutabilmente in qualunque modo tu viva ? Si potrebbe anche dire così : finché ci sarà la sofferenza ci sarà la possibilità della sua estinzione (nirvana). Essendo che la sofferenza ri-nasce di continuo (visione profonda dell'orrore del continuo RI-nascere del dolore) , come facciamo esperienza tutti, ecco il senso dello sforzo per raggiungere la sua fine.

Phil

Come anticipato, ci sono molte interpretazioni delle molte correnti del buddismo; si spazia da quelle più favoleggianti e trascendenti a quelle più imminenti e atee. Quindi, alcune di queste interpretazioni ti risponderebbero più o meno così:
Citazione di: Alexander il 10 Settembre 2025, 23:40:47 PMEssendo il nirvana la fine della sofferenza, non ci potrebbe essere alcuna fine se non ci fosse il nirvana. In questo senso va inteso che i confini del samsara sono i confini del nirvana. Per questo è necessaria al buddhism la concezione della ri-nascita. Il buddhism rifiuta l'idea della morte come estinzione totale. Perché cercare e sforzarsi tutta la vita per porre fine a qualcosa che finirà inellutabilmente in qualunque modo tu viva ?
La rinascita non è strettamente necessaria al buddismo: se Samsara e Nirvana, come dice il citato Nagarjuna, sono la stessa cosa, ossia la stessa realtà "terrestre", è irrilevante quante volte si vive e se si rinasce. In sintesi: il dolore che provi vuoi estinguerlo prima di morire? Il buddismo ha qualche consiglio in merito (ottuplice sentiero, etc.). Vuoi soffrire fino alla morte? Scelta tua (un po' masochista), ma attenzione perché se rinasci sei punto a capo.
C'è tutta una gerarchia canonica di rinascite, anche nobili; ad esempio quella del bodhisattva, ossia dell'illuminato che, nonostante sia tale, sceglie di rinascere per aiutare gli altri a... non rinascere? Questioni di narrativa popolare religiosa, buona per adornare la diretta semplicità di uno schiaffo zen (che sicuramente ci arriverebbe in faccia se chiedessimo a un maestro zen questioni del genere; non perché il maestro non voglia o sappia rispondere, ma perché lo schiaffo è la risposta fulminea: qui ed ora, chi sei e cosa fai? Soprattutto: chi muore e rinasce?).
A proposito: si può adornare davvero uno schiaffo?

Duc in altum!

Citazione di: daniele22 il 10 Settembre 2025, 14:54:55 PMCiao Duc, vecchia simpatica canaglia, ho notato che hai tagliato la parte più importante del mio intervento che terminava con una domanda che riporto di seguito:
Ma visto il comandamento "non rubare", quello che proprio non capisco è cosa c'entri la spiritualità con la proprietà privata. Possibile che Dio, ma anche Gesù, abbiano avallato questa frattura provocatrice di inimicizia tra gli uomini?
Sostenere che il Padre e il Figlio avallino la proprietà privata (intesa come frattura provocatrice di inimicizia tra gli uomini) è una forzatura... sarebbe a dire anch'Essi non sono giusti e pefetti.

Ma come si suol dire: la ricchezza la dà Dio, la povertà la fa l'uomo.... contraddicendo la regola - che molti sottovalutano - che i ricchi non entreranno nel Paradiso!

Basterebbe, come sempre, mettere in pratica i consigli, i suggerimenti biblici... è il gioco è fatto!

Sulla proprietà privata, infatti, ti propongo di leggere dal Libro del Levitico, i versetti dall'8 al 17, così si comprenderebbe meglio anche che cos'è (originariamente) sto "giubileo".... oltre al fatto che Dio già si è pronunciato su come gestire la proprietà privata!

Saluti...
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

anthonyi

Citazione di: Duc in altum! il 11 Settembre 2025, 00:29:53 AMSostenere che il Padre e il Figlio avallino la proprietà privata (intesa come frattura provocatrice di inimicizia tra gli uomini) è una forzatura... sarebbe a dire anch'Essi non sono giusti e pefetti.




Saluti...
Come ho spiegato a Daniele22 Dio non avalla specifiche organizzazioni sociali,  semplicemente favorisce l'ordine sociale, qualunque esso sia.
Questo non produce, anzi limita l'inimicizia tra gli uomini. A diffondere zizzania sono piuttosto quelle ideologie malefiche che contestano l'ordine sociale corrente promettendo illusorie utopie agli uomini. 
Meglio morire liberi che vivere da schiavi! 🤗

Alexander

Citazione di: Phil il 11 Settembre 2025, 00:21:36 AMCome anticipato, ci sono molte interpretazioni delle molte correnti del buddismo; si spazia da quelle più favoleggianti e trascendenti a quelle più imminenti e atee. Quindi, alcune di queste interpretazioni ti risponderebbero più o meno così: La rinascita non è strettamente necessaria al buddismo: se Samsara e Nirvana, come dice il citato Nagarjuna, sono la stessa cosa, ossia la stessa realtà "terrestre", è irrilevante quante volte si vive e se si rinasce. In sintesi: il dolore che provi vuoi estinguerlo prima di morire? Il buddismo ha qualche consiglio in merito (ottuplice sentiero, etc.). Vuoi soffrire fino alla morte? Scelta tua (un po' masochista), ma attenzione perché se rinasci sei punto a capo.
C'è tutta una gerarchia canonica di rinascite, anche nobili; ad esempio quella del bodhisattva, ossia dell'illuminato che, nonostante sia tale, sceglie di rinascere per aiutare gli altri a... non rinascere? Questioni di narrativa popolare religiosa, buona per adornare la diretta semplicità di uno schiaffo zen (che sicuramente ci arriverebbe in faccia se chiedessimo a un maestro zen questioni del genere; non perché il maestro non voglia o sappia rispondere, ma perché lo schiaffo è la risposta fulminea: qui ed ora, chi sei e cosa fai? Soprattutto: chi muore e rinasce?).
A proposito: si può adornare davvero uno schiaffo?
Tutte le correnti Buddhiste sostengono lo sforzo di porre fine alla sofferenza in questa vita per non farla ri-nascere. Ma non tutta la sofferenza si può fermare, semplicemente perché si ha un corpo ( la vicenda attuale della demenza del Dalai Lama può insegnare qualcosa). Per questo si parla di nirvana, possibilità in questa vita, limitato e di parinirvana, con la fine completa della ri-nascita della sofferenza (dove è andato Buddha?). Chi muore è chi rinasce? La risposta è piuttosto semplice: la sofferenza muore e rinasce. 

daniele22

@Duc in altum!
@anthonyi
C'è una grande polemica tra me e Voi credenti col settimo(?) non rubare. Ma prima occorre curarsi della propria casa.. arrivederci

daniele22

@fabriba
@Phil
Questo è il principio di realtà da cui parto:
Mi ha incuriosito la necessità di Nagarjuna di dire che la distinzione tra Saṃsāra e Nirvāṇa è vera solo in parte. Significa quindi che ammonisce in qualche misura una precedente concezione o postura mentale; penso ammonisse i buddhisti o al più gli induisti. La "distinzione" quindi, che lui ritiene necessaria, è comunque il primo gradino della conoscenza per ciò che si è distinto, e questo vale per tutte e due le vie, occidentale e orientale.
Secondo me ha senso proseguire il dialogo partendo da questa base

anthonyi

Citazione di: daniele22 il 11 Settembre 2025, 09:15:07 AM@Duc in altum!
@anthonyi
C'è una grande polemica tra me e Voi credenti col settimo(?) non rubare. Ma prima occorre curarsi della propria casa.. arrivederci
Hai ragione, Daniele, non sia mai che qualcuno che non crede nel settimo venisse a svaligiarla! 😀👀👀👀
Meglio morire liberi che vivere da schiavi! 🤗

fabriba

Citazione di: daniele22 il 11 Settembre 2025, 09:17:11 AMla necessità di Nagarjuna di dire che la distinzione tra Saṃsāra e Nirvāṇa è vera solo in parte. Significa quindi che ammonisce in qualche misura una precedente concezione o postura mentale; penso ammonisse i buddhisti o al più gli induisti. La "distinzione" quindi, che lui ritiene necessaria,
@daniele22 
non ti seguo, immagino sia per colpa mia che non ho capito bene quello che intendi, ti dico quello che ho capito io:
  • Nagarjuna dice che la distinzione tra Saṃsāra e Nirvāṇa è vera solo in parte
  • In precedenza si pensava che la distinzione tra Saṃsāra e Nirvāṇa fosse vera (in assoluto, per capirci)
    - Ne segue che -
  • Nagarjuna ritiene la distinzione tra Saṃsāra e Nirvāṇa necessaria (aggiungo io: quindi Nagarjuna sostiene la necessità di una forma di dualismo)

è su 3 che ti perdo: nella mia interpretazione di 1 e 2, segue che Nagarjuna stesse cercando di ridimensionare o sminuire quella distinzione (nella mia comprensione del buddismo, che però è esterna a quello che dici tu in 1 e 2, addirittura di annullare) 

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Nota a lato:
secondo me è utile nella discussione sul buddismo focalizzare tre principi fondamentali:
  • Atomicità: poichè tutto è riducibile in parti più piccole all'infinito, nulla esiste (io non esisto, esistono le mie cellule; le mie cellule non esistono, esistono gli atomi che le formano; ecc)
  • Impermanenza: nulla dura per sempre
  • Non dualismo: tutto è Uno (conseguenza, già questa, delle prime due)
La persona che ha enunciato questi tre principi, secondo me, non può che avere inteso la reincarnazione in termini metaforici: nulla è per sempre + tutto è riducibile in parti infinitesimali + tutto è Uno >> quando per via dell'impermanenza noi smettiamo di essere ||| le parti infinitesimali di cui siamo fatti ||| fluiscono nell'Uno.
La pratica stessa consiste nell'annullamento del sè per scoprire il sè che continua a essere quando smettiamo di essere attori del mondo, ma diventiamo semplici ricettori, antenne.
In quella pratica, non c'è sè (Anattā), e quindi non può esserci reincarnazione del sè altro che in termini metaforici.

Alexander

Infatti nel Buddismo non si sostiene la reincarnazione, ma la rinascita. Non c è qualcuno che muore qui e rinasce là, ma I contenuti della coscienza determinano la nuova nascita. In pratica si tratterebbe di un "flusso" che tende continuamente a ri-nascere.
Il concetto del "tutto è uno" è caratteristico del neobrahamanesimo. Concepito così porrebbe un limite all' I permanenza, che per il buddismo è totale. Non è dato sapere se questo ipotetico "uno" contiene il mutamento, ma rimane sempre Uno. Rientra nelle concezioni metafisiche che il Buddha rifiutava (Se ne teneva alla larga e rispondeva col silenzio a queste domande). Su questa linea è improprio affermare che samara è nirvana sono immanenti entrambi, o immanenti e trascendente, o "terrestri" ambedue. Sono ditthi, speculazioni inutili per Buddha. 

Phil

Citazione di: Alexander il 11 Settembre 2025, 08:05:27 AMTutte le correnti Buddhiste sostengono lo sforzo di porre fine alla sofferenza in questa vita per non farla ri-nascere.
Posso sbagliarmi, ma nello zen, in Nagarjuna e in altri la questione delle rinascite vale poco o niente, è solo un "ornamento" come dicevo prima.

Citazione di: Alexander il 11 Settembre 2025, 08:05:27 AMChi muore è chi rinasce? La risposta è piuttosto semplice: la sofferenza muore e rinasce.
Ottimo, allora è un problema che non ti riguarda, non sei mica la sofferenza, tu sei Alexander (o almeno credi di esserlo). Puoi anche lasciare che la sofferenza muoia e rinasca fuori da te, non in te. E una volta rimossa la sofferenza, che fine fa Alexander?
Se invece, in questa vita, vuoi affrontare la tua sofferenza (se ce l'hai), direi che il problema non è se poi rinasci o meno, ma la sofferenza che hai (non sei) in questa vita.
Come suggerisce fabribra, lasciamo pure che il primo principio della termodinamica non diventi motivo di animismo o panpsichismo.

P.s.
Se per Buddha Samsara e Nirvana meritavano il silenzio, figurati quale ceffone ci darebbe nel leggerci dissertare sulle prossime vite.

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