Prosa e Poesia Indice
"Il mio nome" e "Cannella e Vaniglia"
di Gerardo Sorrentino
Il mio nome
I poeti che brutte creature
ogni volta che parlano è una truffa
(F. De Gregori – Le storie di ieri)
A volere tutto
troppo spesso si annaspa
tra un desiderio e un’illusione
forse solo il sudario di un’emozione,
ma se le stelle fossero amnesie di un Dio
orfano della propria creazione
allora saprei che il progetto ultimo
di queste mie parole
è dare colore ad un orizzonte
l’orizzonte di mille pensieri
troppo stanchi per girare
il mappamondo annacquato
di un viaggio verso l’agguato
di un ultimo ideale di vita
del poeta e i suoi versi che a memoria cita,
ma è la pazzia degli uomini savi
che governano il mondo.
Ho bevuto tanto vino
che se fossi un angelo
vedrei doppia la strada
che porta al dipinto
di un’anima,
affresco della notte
fatto di vita e morte
fatto di acqua santa e sangue
e volerei via lontano
lontano dove lo sguardo si perde
e si riconcilia con l’infinito,
lontano fra i frammenti di un sogno
e la spavalda arroganza
di chi osa guardare sempre oltre
anche quando il confine della propria ombra
cade perpendicolarmente
sotto un cielo oscuro.
La mia libertà l’ho venduta
per un piatto di utopie
condite bene
ma alla lunga
troppo pesanti da digerire
e allora ho aggiunto l’acqua al vino
e qualche ideale l’ho dipinto sull’anima
credere in un mondo di fratelli
dove i colori non fossero più fardelli
credere in un mondo di uguali
e un mondo senza i suoi mali
ma poi ho ucciso la speranza
con le mie ali intrappolate
in una gabbia dalle sbarre di cristallo
e allora ho comprato un pappagallo
per farmi ripetere in un assurdo monologo
il mio nome da stronzo.
Cannella e Vaniglia
Se avessi dato al destino
Un senso a cui poter donare
Una giustificazione al fallimento
Di una vita vissuta in bilico
Tra una lucida eresia
E una preghiera a Cristo uomo
Ora potrei darmi una ragione ontologica
Del mio dolore e delle sue paure
Paura di credere in un regista strambo
Che detta le scene dei nostri piccoli romanzi
Dall’alto di una nuvola a cinque stelle
Una di troppo me la stampo sullo zigomo.
Ma Dio avrà qualche hobby
Forse è troppo serio e triste
Per perder tempo ai dati
Le nostre vite – una pallina
Un giro di giostra
E niente va più,
gli strapperei un sorriso
con cui schiodare dalla croce suo figlio
eterno uomo condannato ad esser Dio
Divinità di miliardi di parole
Troppo spesso confuse
Nell’estremo tentativo di un addio.
E se anche l’odio fosse
una limpida forma d’amore
Un veleno lento che ti tiene in vita
Ora saprei dipingerti addosso
La tua cannella fatta di parole
Quella vaniglia che mal si addiceva
Al mio tabacco e agli itinerari
Dell’iperbole del mio fumo
Ma lasciamo una porta aperta
Al tuo miracoloso olfatto
E al mio desiderio d’incrociare
le stelle dei tuoi occhi.
Gerardo Sorrentino
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