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di Danilo Campanella   indice articoli

 

Recuperare la virilità perduta

Luglio 2015

 

 

Mentre i tifosi greciofili salutano l’oxi di Atene, le milizie terroriste dello Stato Islamico sfondano le linee egiziane, indebolite dall’assenza di un governo forte, scatenando l’allerta di Israele.

Uccidendo una settantina di soldati egiziani gli jihadisti di Is il 2 luglio sbaragliano cinque check point nei pressi del Monte Sinai. Il governo del Cairo dichiara lo stato di guerra, conscio del pericolo per l’instabilità della regione. Per ora gli aerei F-16, alzatisi in volo bombardando le postazioni dei terroristi, hanno avuto la meglio; ma ciò non ferma l’avanzata degli invasati, spinti dal fervore religioso e dalle promesse ultraterrene. L’obiettivo del Califfato consiste nell’aprirsi una breccia arrivando a Tripoli, dove lo sbocco sul mare permetterebbe un’importante via d’accesso per il commercio, gli scambi e la diffusione del greggio che sovvenziona il piano terroristico internazionale.

La sensazione è che l’attenzione per il conflitto Crimea-Russia prima, e Grecia-Ue adesso, stia facendo il gioco dell’Isis, spostando sia l’attenzione dell’opinione pubblica che quella delle istituzioni democratiche altrove. Pare che il sistema geopolitico consideri lo Stato Islamico un’infiammazione del tessuto geografico, guaribile in ogni momento con un po’ di pomata. Non sono poche, però, le malattie che si sviluppano da un eritema o da un’influenza sottovalutata.

La forza dei terroristi, coalizzatisi in una regione specifica e fittamente burocratizzata, consiste nella cristallizzazione dell’ideologia con ministeri pubblici, una moneta, un esercito regolare di invasione. La propaganda religiosa inoltre non si ferma all’Oriente, ma tende a diffondersi all’interno delle opulente società occidentali. Molti giovani, desiderosi di trovare un motivo per vivere, annoiati, alla ricerca di soddisfazioni che non siano soltanto lavorative o economiche, non trovano riscontro nella loro religione storica, e nemmeno nella cultura di sinistra ormai pressoché assente. Molti di loro cadono preda del fanatismo di questa ideologia della volontà di potenza, di questo fanatismo viriloide, che dà a tutti un nuovo ruolo: agli uomini guerrieri, alle donne sottomesse e custodi della stirpe, ai mistici un sacerdozio. Sembra pazzesco, ma in molti accettano i ruoli imposti dall’Isis.

Le società occidentali, dal canto loro, non riescono nemmeno a dare una risposta forte al pericolo criminale che queste cellule nascondono. Hanno tutti assistito inerti alla storia di Maria Giulia, divenuta Fatima, e della sua famiglia del sud Italia. Mentre osservavo la sua trasformazione con e senza il velo, le sue parole da passionali a fanatiche, e infine criminali, mi chiedevo quando popolazione, istituzioni e mass media che la ospitavano prendessero sul serio la vicenda, magari condannandola per “apologia di terrorismo” e tenendola segregata in qualche cella di sicurezza.

Niente, ce l’hanno avuta tutti sotto gli occhi per mesi, ma niente.
La verità è che l’Occidente è incapace di dare dei ruoli ai giovani, come anche di opporsi alla criminalità organizzata ideologica, perché ha perso la sua “virilità”.

Attenzione, con virilità qui non intendo il carattere macista proprio della tradizione sessuale che tutti conoscono, ma il carattere psicologico perduto di una società, proprio di una persona matura, forte, sicura di sé e risoluta, che si manifesta nelle sue azioni. Nel linguaggio bucolico la virilità è lo stadio di sviluppo di un albero, caratterizzato dalla produzione di fiori e poi di frutti. Un Occidente che non produce fiori e frutti, spinge a ricercare la messe in un altro giardino.

Se l’Occidente non sviluppa la sua identità, propria di una nazionalità occidentale, seppure sui-generis, non potrà creare quell’eggregore culturale che gli permetterà di difendersi e di opporsi agli abusi e alle prepotenze. L’economia di mercato del capitalismo non è il collante necessario: solo la cultura può esserlo, quella della forza del diritto, della forza delle idee contro le ideologie, e della forza della libertà. Volente o nolente sempre di forza si tratta. Senza di questa non è possibile impostare nulla, neppure l’educazione. Come si può capire se la forza è portatrice di istanze lecite? Ricercare la condivisione è forse la più semplice e sicura delle possibilità: tanto un’esigenza è condivisa, tanto può essere imposta e difesa. Meno lo è, più deve essere ritenuta relativa. Questo naturalmente non poggia sul principio di verità, ma assicura il mantenimento dell’ordine sociale. Se, tuttavia, questa istanza non viene puntualmente, regolarmente ed efficacemente praticata, ad esempio assicurando un ladro alla galera perché non si deve rubare, o assicurare la libertà di culto perché molti hanno dèi diversi, il sistema di diritto crolla.

Sostituire lo stato mercantile con lo stato di diritto è il primo meccanismo affinché si torni ad una opportuna riconsiderazione delle priorità politiche. Pressare Putin per motivi economici (gas naturale) perché avoca a se la Crimea, o la Grecia perché non vuol essere più debitrice nei confronti delle banche europee, ha fatto quasi entrare i predoni dell’Isis in casa. In più la vera natura del sistema a-politico europeo si è vista con lo scarica-barile delle immigrazioni dall’Africa.

E’ urgente considerare l’impegno bellico e culturale verso l’Isis come una priorità. Bellico impedendo con la forza delle armi che lo Stato Islamico si propaghi, culturale all’interno della nostra società, ricordando quei valori che l’hanno resa più grande di quanto non possa fare una rivoluzione islamista, recuperando la nostra virilità, culla di un’identità ora dissolta.

 

   Danilo Campanella

 

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