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Riflessioni su Nulla di Vittorio Sechi

Riflessioni su Nulla

di Vittorio Sechi   indice articoli

 

Una storia semplice.

Gesù

Prima parte - Aprile 2017

 

È da qualche tempo che meditavo una lunga riflessione sull'uomo chiamato Gesù. Non si tratta di una lectio magistralis. Figuriamoci, non ho alcun titolo accademico per potermela permettere. Non sono un teologo, neppure un esegeta. Mi vanto, forse troppo, di essere un ignorante. Ed è appunto da ignorante, per giunta non credente, che ho provato a lasciarmi trascinare da questa incredibile storia, che, lo si voglia o meno, ci si creda oppure no, ha affascinato ed affascina tutt’oggi miliardi di persone per ben duemila anni.
Una storia semplice perché credo che Gesù volle rivolgersi proprio a spiriti semplici. Ed anche perché, a badarci bene, cosa c’è di più semplice di un uomo che nasce povero, vive da misero e muore nell’ignominia? E non è forse semplicemente assurdo immaginare che un Dio crocifigga sé stesso in croce per poi risorgere e dar scacco alla morte?
Ma non voglio anticipare nulla.
Forse tutto nasce dalla necessità di por ordine ai miei pensieri su questo argomento delicato ed appassionante. Non troverete lunghe citazioni, men che meno bibliografie di autori acclamati. Sarà un po’ lunga, per cui ho deciso di dividerla in varie parti e farla precedere da una doverosa – per me – premessa: le fonti!
Sappiate essere benevoli.

 

Gesù - 1^ parte

Una doverosa premessa

 

In svariate occasioni ho avuto modo di leggere ed ascoltare polemiche circa la figura storica di Gesù. Ognuna della parti in campo traeva le proprie convinzioni facendo riferimento a documentazione storica che l’altra puntualmente disconosceva o ne sminuiva l’importanza.
Più volte mi son chiesto quali potessero essere i documenti più appropriati per aver nozione della storia di quest’uomo che ha attraversato i secoli e, tutt’oggi, gode di grande venerazione.
Storia vera? Storia inventata? A quale documentazione attingere?
Credo che non si possa parlare di Gesù se non si prende in considerazione la letteratura gesuana. Cioè tutto quell’insieme di documenti che per un verso o per l’altro parlano di Gesù. Tralasciando gli esegeti, per via di una loro trattazione sicuramente molto postuma e sviluppata analizzando documenti preesistenti, è mia personale convinzione che i documenti più significativi, in quest'ambito, siano senza dubbio il Nuovo Testamento e l’insieme della letteratura apocrifa e gnostica. Per le ragioni che tenterò di sviluppare in un altro momento, il più autorevole dovrebbe essere però proprio il Nuovo Testamento.
Sono anche convinto che il Nuovo Testamento non possa essere letto se prima non si ha ben presente l’Antico Testamento. Ogni discussione su Gesù non può prescindere dalla Bibbia.
La lettura della Bibbia è affascinante e complessa.
La complessità invigorisce il fascino che emana. Il fascino, per converso, ne esalta la complessità.
Credo che sia un “Libro” infinito, tanto da ritenere che non possa essere concessa a nessuno l’affermazione: “ne ho concluso la lettura e lo studio”.
Ogni lettura aggiunge un tassello, svelando qualcosa di nuovo e affascinante. E’ un mutante, un work in progress, una cometa irraggiungibile, un’anguilla sgusciante.
Un Libro di rara bellezza e di una profondità inarrivabile.
Ma la bellezza di un testo non è certificazione di verità.
Nonostante il mio apprezzamento, per esempio, non riesco proprio a credere alla divinità di Gesù. Non credo alla sua risurrezione dai morti. Ma leggo, o cerco di leggere questo incredibile libro – il Libro dei libri – cercando di tacitare il più possibile il mio indefettibile scetticismo.
Quando scrivo un commento sui testi, cerco di non barare. Provo ad essere il più obiettivo possibile. La mia sempre limitata e claudicante obiettività mi fa ritenere i racconti sinceri: coloro che li scrissero dovettero credere con cuore, anima e corpo alle proprie narrazioni. Ciò, a detta mia, poco rassicura circa l’effettivo verificarsi dei fatti narrati.
Credo sia verosimile pensare che tutto sia frutto di fantasia; che da un evento minimale si sia montata una storia che – impossibile negarlo – sconfina nel fantastico e nell’assurdo, che nessuna ragione raziocinante può in alcuna maniera comprendere (è proprio il bello e lo stupendo della Bibbia).
Nessuno può tacciare di incredulità preconcetta chi o coloro dovessero argomentare criticamente (si badi bene, argomentare criticamente) circa l’inattendibilità delle narrazioni che riguardano Gesù, in special modo quelle che più collidono con la razionalità e l’esperienza comune.
Sennonché la Tradizione attesta che quegli scritti sono inspirati dallo Spirito Santo.
Secondo la dottrina chi scrisse non operò in assoluta solitudine, estraniandosi dal mondo. La Tradizione dichiara che fu sorretto dal consiglio dello Spirito divino, che, pur non partecipando direttamente alla stesura dei Vangeli, istigò ed ispirò gli autori.
Un dato colpisce. Leggendoli senza farsi sopraffare dai preconcetti, risulta subito evidente che, in tutti e quattro, il nucleo evangelico è pressoché coerente. Permangono in me non poche riserve in ordine al quarto vangelo che, a detta mia, presenta non poche difficoltà di assimilazione agli altri tre – i sinottici -, tali da mantenermi nel sospetto che si tratti di un testo che risente di forti infiltrazioni gnostiche.
Fosse anche un Vangelo gnostico, il che implica un differente taglio teologico al kerygma di Cristo, non significa comunque che Giovanni non fosse un testimone oculare dei fatti, né che non facesse parte del novero dei dodici. Potrebbe eventualmente significare che fra i dodici era presente almeno uno gnostico. Lo gnosticismo era una corrente filosofica la cui genesi è fatta risalire in epoca precristiana. Ha mutato le proprie inclinazioni solo successivamente all’avvento di Gesù, rimodellando la propria filosofia alla luce del paradigma gesuano. Quindi è possibile ricondurre il meraviglioso quarto vangelo all’insegnamento gnostico, quantomeno di esso è intriso.
Cosa resta nell’insegnamento delle diverse Chiese del kerygma di Gesù?
Credo che la Chiesa di Roma, ma forse ancor più genuinamente la “Chiesa riformata”, abbia preservato il kerygma di Gesù  sostanzialmente immutato. Quantomeno quello che emerge dal Nuovo Testamento.
La CCR l’ha certamente appesantito e quasi soffocato sotto una coltre d’abbellimenti ed orpelli non necessari, quali l’eccessiva enfasi rivolta al culto mariano e ai santi. La CCR è stata attraversata da vicissitudini che l’hanno portata nel tempo ad allontanarsi dall’insegnamento originario, privilegiando a questo la mondanità (la Chiesa è una mondana) e la gretta opulenza, fino a giungere all’incresciosa condizione attuale che mi fa ritenere alquanto suggestiva e velleitaria l’ipotesi che Gesù possa oggi farne parte senza grossissimi mal di pancia. Io sono più prossimo alla descrizione immaginifica che Dostoevskij offre nel suo impareggiabile romanzo “I fratelli Karamazov”, nell’episodio “Il grande inquisitore”. Oggi Gesù verrebbe scacciato dal tempio, perché la sua presenza è davvero troppo ingombrante e metterebbe in crisi l’intera architettura, opulenta e mangereccia, che la Chiesa ha edificato nel corso di 2 millenni. Nondimeno, credo che l’aspetto dottrinale, se ripulito dalle sovrastrutture ideologiche e dogmatiche incrostanti, sia ancora valido e abbastanza coerente con quanto rilevabile negli scritti del Nuovo Testamento.

 

   Vittorio Sechi

 

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