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Salute e alimentazione naturale

Del dott. Giacomo Bo   indice articoli

 

Acqua - e non sai cosa bevi!
2^ parte - l'acqua di rubinetto

Maggio 2010

 

Il mese scorso abbiamo analizzato con precisione la questione dell’acqua in bottiglia per verificare quanto effettivamente sia sana e quindi sicura da bere [N.d.R. Le acque in bottiglia].l'acqua di rubinetto Le conclusioni, in sintesi, erano di studiare attentamente l’etichetta perché le differenze sono notevoli, tanto da poter affermare che non tutte le acque in commercio sono salutari per il nostro organismo, sebbene definite potabili perché con valori entro i limiti di legge.
Questo mese ci dedichiamo all’analisi dell’acqua di rubinetto, ossia quella degli acquedotti cittadini e concluderemo l’articolo con alcune considerazioni rispetto all’acqua di Udine e di Trieste.
Nella maggior parte dei casi, gli acquedotti comunali raccolgono l’acqua da pozzi di profondità, da falde acquifere o freatiche sotterranee la cui profondità varia da 3-4 metri a qualche centinaio di metri, e dai fiumi circostanti. Appare subito evidente che, rispetto a molte acque minerali che vengono imbottigliate in alta montagna, l’acqua della falda di poca profondità o peggio ancora quella di fiume ha percorso centinaia di chilometri raccogliendo moltissime sostanze estranee, alcune delle quali tossiche. Per questa ragione, queste acque vengono sottoposte a particolari processi di purificazione da parte di enti specializzati.
Le sostanze maggiormente tossiche sono: l’arsenico (di cui l’O.M.S. ha dichiarato che può portare il cancro alla pelle), i nitrati (che derivano dai fertilizzanti azotati dell’agricoltura e che nel nostro organismo si trasformano in nitrosammine che sono cancerogene), i nitriti (che nel corpo si trasformano in nitrati), i solfati che con il sodio e il magnesio producono irritazioni gastrointestinali, il fluoro (che è cancerogeno), alcuni metalli pesanti come il piombo, il nichel, il mercurio e il cadmio, che producono danni gravissimi al sistema nervoso e portano alla sterilità maschile, i PCB che derivano dalla plastica e dalle vernici (e che distruggono il sistema immunitario), i composti organici alogenati (solventi, vernici e smalti) che sono cancerogeni e alterano il sistema nervoso, gli idrocarburi policiclici aromatici (asfalti, gomme, plastiche) che sono cancerogeni.
La legge stabilisce ovviamente dei limiti massimi, ma ciò non significa che sotto tali limiti non ci siano danno per la salute, anche perché un conto è bere un bicchiere d’acqua al giorno, un conto sono 2 litri! Difatti, una prima legge del 1988 stabiliva certi limiti che sono stati tutti rivisti in ribasso con una nuova legge del 2003, a dimostrazione della loro estrema tossicità.
Gli aziende idriche cittadine provvedono a continui controlli dell’acqua direttamente ai pozzi e alle falde, nei serbatoi e lungo la rete idrica, al fine di garantirne la potabilità. Il loro lavoro principale consiste nella purificazione di quest’acqua, in quanto, provenendo principalmente da pochi metri sotto la superficie ed avendo percorso centinaia di chilometri, è ovviamente molto inquinata. I processi di depurazione più usati sono a base di cloro, un potente disinfettante, e di filtri a carboni attivi, sistemi economici abbastanza efficienti, ma con controindicazioni per il cloro che sappiamo essere tossico. Alcune aziende usano sistemi più moderni, come l’ozono, i raggi UV, l’osmosi inversa, che sono più efficienti, ma proibitivi su larga scala per i costi eccesivi.
Si aggiunge poi un altro problema: la corrosione delle tubature. I tubi moderni presentano un’alta resistenza alla corrosione, ma quelli di 30/40 anni fa dopo circa 10 anni hanno iniziato a rilasciare il proprio materiale, ossia metalli pesanti, plastica ecc. Ci sono ancora in circolazione vecchi tubi di amianto e di piombo, ma il costo per la loro sostituzione (che consisterebbe letteralmente nello sventrare le strade della città) è proibitivo. Ci sono poi le tubature delle case, anch’esse vecchie e quindi che rilasciano sostanze tossiche. La responsabilità in questo caso è dei proprietari e non delle aziende idriche.
In conclusione, l’acqua che esce dai nostri rubinetti potrebbe non essere per nulla sana (e forse nemmeno potabile).
Le analisi di Trieste e Udine confermano che le acque sono potabili (almeno all’uscita dai serbatoi) ma contengono sostanze tossiche (sotto i limiti di legge); Nitrati (mg - 13,5 UD, 7,4 TS, legge: 50), Nitriti (mg – 0.06 UD, 0.02 TS, legge: 0,5), Solfati (mg – 22,7 UD, 9,9 TS, legge: 250), Floruri (mg – 0,1 UD, 0,05 TS, legge: 1,5), Arsenico (ug – 1 UD, TS non indicato, legge: 10), Cadmio (ug – 0,5 UD, TS non indicato, legge: 5), Mercurio (ug – 0,2 UD, TS non indicato, legge: 1), Piombo (ug – 1 UD, TS non indicato, legge: 10), Nichel (ug – 2 UD, TS non indicato, legge: 20), Composti Organo Alogenati (ug – 2,1 UD, TS non indicato, legge: 30), Idrocarburi Policiclici aromatici (ug – 0,02 UD, TS non indicato, legge: 0,2 ), ed infine il residuo fisso a 180 gradi, indicatore globale dei sali minerali inorganici (e quindi non assimilabili) presenti nell’acqua (mg – 334 UD, 231 TS, legge: 1500). Per un’analisi completa vi rimandiamo ai rispettivi siti delle aziende di Udine e di Trieste.
Complessivamente, l’acqua di Trieste è un po’ meglio di quella di Udine, ma si tratta comunque di acque non sane per l’organismo per la presenza di queste sostanze tossiche.
Fortunatamente, esistono soluzione casalinghe per porre rimedio a questa situazione migliorando la qualità dell’acqua in uscita dal rubinetto. Stiamo parlando di sistemi di filtrazione e di depurazione che applicati direttamente sul rubinetto della cucina eliminano la maggior parte delle sostanze nocive.
In commercio si trova dai semplici filtri a carboni attivi (dal costo di poche decine di euro) che sono meno efficienti (e quindi indicati quando l’acqua è già abbastanza buona, come ad esempio nei comuni di montagna) fino a veri e propri ionizzatori e depuratori ad osmosi inversa, dal costo di diverse migliaia di euro ma estremamente efficienti e quindi indicati per chi vive in città.
Siamo del parere che dotarsi di qualche dispositivo di filtrazione, a seconda delle proprie disponibilità economiche, della gravità della situazione, e di quanto valore si attribuisce alla salute, sia un’ottima soluzione anche perché sempre di più in futuro l’acqua diverrà un problema, non solo quantitativo, ma anche qualitativo.

 

Nadia e Giacomo Bo

www.ricerchedivita.it

 

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