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Del dott. Giacomo Bo   indice articoli

 

Olio di Palma!
Grasso che cola sulla nostra salute?

Agosto 2015

 

In questi ultimi anni si fa un gran parlare di questo olio di palma che ormai viene utilizzato dall’industria alimentare per una moltitudine di prodotti che quotidianamente entrano nelle nostre case (e nelle nostre pance).

Olio di PalmaIn sintesi ci si chiede quale sia il suo impatto sulla nostra salute. Purtroppo non esistono al momento posizioni ufficiali in merito specificamente all’olio di palma espresse dai principali organismi internazionali e italiani che tutelano la salute pubblica (Oms, Iss, Cra-Nut), e gli studi scientifici non concordano pienamente sui risultati per cui attualmente possiamo solo fare alcune riflessioni.

Prima di tutto bisogna capire cosa sia realmente questo olio. Nasce infatti una confusione nei termini. Generalmente suddividiamo i grassi (Lipidi è il termine scientifico) in tre categorie: saturi, monoinsaturi e polinsaturi. La loro differenza dipende dai legami chimici delle molecole di idrogeno, carbonio e ossigeno e senza entrare in una complessa lezione di chimica possiamo dire che ad occhio nudo è possibile con una certa approssimazione distinguerli: quando un lipide rimane solido ad una temperatura di 5°C, come ad esempio il burro o lo strutto, significa che contiene principalmente grassi saturi. Quando invece diventa liquido tra 0 e 5°C, come ad esempio l’olio d’oliva, viene chiamato monoinsaturo e quando infine rimane liquido a meno di 0°C è polinsaturo.

Quindi, i principali saturi sono: lardo, strutto, burro, panna. I monoinsaturi sono l’olio d’oliva e quello di sesamo. Infine i polinsaturi sono l’olio di noce, di vinaccioli, di soia, di girasole, di zucca, di mais. In sintesi, i grassi animali sono tutti saturi, mentre gli oli vegetali sono insaturi. E l’olio di palma dove lo mettiamo? Essendo vegetale dovremmo inserirlo negli oli insaturi ma se lo osserviamo a temperatura ambiente questo è solido più o meno come il burro! Infatti, l’analisi chimica rivela circa il 50% di grassi saturi. Quindi, l’olio di palma non è un olio ma un grasso solido! Dovremmo più propriamente chiamarlo “grasso di palma” cosa che, oltre ad essere un po’ ridicola, è negativa in termini commerciali.

Quindi, l’olio di palma è un grasso saturo al pari del burro. Perché l’industria alimentare lo utilizza su grande scala? Perché fondamentalmente è il più economico di tutti.

Avendo chiarito questa incertezza di termini, appare evidente che tutte le controindicazioni fatte per i grassi animali valgono anche per l’olio di palma. Il problema fondamentale è che i grassi saturi sono ritenuti ampiamente coinvolti nel rischio cardiovascolare perché aumentano il colesterolo cattivo.

Come detto però sul profilo nutrizionale dell’olio di palma non si registrano posizioni ufficiali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Per cercare qualche informazione in più, occorre spulciare la letteratura scientifica. Ciò che emerge è un quadro non ancora del tutto definito. Recentemente è apparso un lavoro italiano pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition da cui, dopo la revisione di 51 studi, è emerso come diete ricche in olio di palma e acido stearico (un acido grasso presente nell’olio di palma) aumentino la quantità di colesterolo totale più di quanto non accada in diete abbondanti di altri acidi grassi saturi (stearico e laurico). Nessuna variazione significativa, però, è emersa sui valori del colesterolo “cattivo” Ldl. In sintesi la maggioranza degli studi presi in considerazione non sembra infatti suggerire un ruolo attivo dell’acido palmitico nell’insorgenza di malattie cardiovascolari, soprattutto se si prendono in considerazione persone con buoni livelli di colesterolo e un’assunzione adeguata di acidi grassi polinsaturi. Il vero pericolo per la salute è semmai costituito dagli acidi grassi cosiddetti trans, che si formano durante un processo industriale che serve a solidificare gli oli vegetali (idrogenazione) per arrivare alle margarine. Poiché il palma è per natura in forma semisolida e può essere facilmente frazionato, separando la parte liquida da quella solida, non viene in genere sottoposto a questo processo.

Riassumendo: come il burro e gli altri oli vegetali, il palma è sicuramente meglio degli acidi grassi trans. Allo stesso tempo, sembra non sia peggiore del burro. Il problema, dunque, è la quantità e in particolar modo il fatto che spesso assumiamo olio di palma in modo inconsapevole. In una giornata, le occasioni per consumarlo sono tantissime: dai cereali croccanti della colazione, ai biscotti confezionati con cui accompagnare il caffè di metà mattina. Dal toast del pranzo, al gelato industriale di metà pomeriggio, fino alla crema spalmabile per chiudere in dolcezza la cena (tutti prodotti che possono contenere olio di palma). Decisamente troppo.

In conclusione quindi non c’è ragione per demonizzare l’olio di palma, come non c’è ragione per demonizzare il burro. Quantità moderate non fanno alcun danno se assunte nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata, se possibile di stampo mediterraneo.

Le linee guida per una sana alimentazione dell’INRAN non “vietano” i grassi, ma ne consigliano un consumo moderato: in una alimentazione corretta, dovrebbero apportare dal 25 al 35% al massimo della quota calorica giornaliera e dovrebbero essere variamente distribuiti tra saturi (non più del 7-10% delle calorie totali), monoinsaturi (fino al 20%) e polinsaturi (circa il 7%).

 

Nadia e Giacomo Bo
www.ricerchedivita.it

 

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