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Scrittura e vita, simbiosi perfetta

Scrittura e vita, simbiosi perfetta di Matilde Perriera

di Matilde Perriera

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Eugenio Montale, Meditazioni

Sollevare la testa

Gennaio 2018

 

EUGENIO MONTALE(1), assunto il "male di vivere"(2) come leitmotiv della sua lirica, rifiuta vaghe consolazioni, "codesto solo oggi possono dire, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo"(3). Egli constata la crisi del ruolo dell’intellettuale, decreta la fine della fiducia espressiva - ideologica propria della precedente generazione e, fedele a una sorta di teologia negativa, sottolinea che il poeta, rinchiuso nella “turris eburnea”, può dare solo «qualche storta sillaba e secca»(4); non è più l’eterodiegetico detentore di verità assolute capaci di trovare “la parola che squadri da ogni lato l'animo informe”(5), né il veggente codificato dal fanciullino pascoliano, né “il profeta”(6) in grado di pronunziare “a lettere di fuoco”(7) la parola tanto chiarificatrice da illuminare, attraverso la fede in qualche valore, l’animo  privo di certezze … E, allora, se la sua arte non ha in mano lo strumento per esprimere i sentimenti che le crisi generano e le parole catartiche che alleviano dalle afflizioni, perché il Nobel del 1975? “Nell’attuale civiltà consumistica, che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, nella civiltà dell'uomo robot, in sostanza, quale può essere la sorte della poesia? Ha ancora un senso la sua eventuale "sopravvivenza nell'universo delle comunicazioni di massa"?(8)

EUGENIO MONTALE, voce inquieta e problematica che, attraverso gli scintillanti "correlativi oggettivi" di un paesaggio scarnificato, si interroga e interroga, fertile penna capace di scandagliare, con incisive figure sinestetiche e dense trame musicali affidate spesso a iterate allitterazioni, il “travaglio in una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia"(9), vibrante eco della misteriosa cittadella dell'inconscio di chi, "rivo che "gorgoglia" o “foglia accartocciata”(10), è costretto a sopportare, di fronte a “uno scalcinato muro”(11), una  condizione storica demistificante tra aridi “ossi di seppia”(12) in cui, a seguito della “vittoria mutilata”, sono stati creati i presupposti per i tragici genocidi nazi-fascisti. Le manifestazioni fenomeniche sono un esempio di quell'elencazione ellittica che, escludendo l'occasione-spinta e giustapponendo oggetti visti come segni criptici di un mondo profondamente snaturato, alludono allo scoppio della guerra.

1l poeta ligure, lauree honoris causa dalle Università di Milano (1961), Cambridge (1967), La Sapienza (1974), ha bussato alle porte di quel meraviglioso e terribile enigma che è la vita e, pur non potendo dare "la formula"(13) per spingere a scatenarsi contro la prepotenza del destino, materializza, per i lettori di tutti i tempi, gli intensi riflessi della difficoltà insorgente dell'essere uomini di cultura in un periodo di crisi in cui, caduti gli ideali  della civiltà ottocentesca, "la realtà è apparsa all'allibita coscienza contemporanea come un  nulla da  contemplare con  sgomento"(14). Questo inquieto sguardo indagatore, tentando di ricercare la verità nascosta dietro le apparenze, ha scoperto, con un susseguirsi di immagini lampeggianti, la fragilità di un “cavallo stramazzato”(15) schiacciato dall’impotente disorientamento delle coscienze; la preclusione di ogni miracolosa e catartica epifania è sottolineata, con grande efficacia descrittiva, da pitture particolarmente elequenti. Ecco “Angoscia”(16), il cui urto cromatico serve a Edvard Munch per far risaltare  le  espressioni  deprimenti  di  uomini  che  si muovono  smarriti  nel  gran  mare  dell'essere e, in tal senso, le linee concentriche sembrano allargare una condizione spirituale, apparentemente limitata a un gruppo vago e indeterminato, a tutta l’umanità … o “Il critico”(17), un'ironica allusione di Arthur Dove al critico d'arte; ha la tuba rossa in testa,  è  costituito da un giornale che ha al centro la riproduzione di un quadro inserito tra i giornali. Pare creato dalla sola carta stampata, privo di umanità, con i pattini  a  rotelle  per correre da una mostra all'altra,  la lente d'ingrandimento per  vedere le  opere d'arte nei  minimi  dettagli perdendo di vista l'insieme, mentre l'aspirapolvere, tenuto con una mano, serve per pulirle dai presunti sbagli o, più precisamente, da quanto il regime ritenga lesivo delle proprie ideologie ... o, ancora, da  “I pilastri della società”(18), sul cui fondo spiccano i militari, ghignanti, crudeli, con l'elmetto, la  spada  insanguinata e la croce di guerra appuntata  sul petto; al centro, rivolto verso una finestra aperta, divampa un incendio, un magistrato o, peggio, un prete, sta  arringando, è  la voce della legge che richiama all'ordine. In  primo  piano, i veri padroni, i mandanti delle stragi e degli arresti; due politici borghesi e un giornalista, eleganti, con i colletti alti inamidati e  le  cravatte  impeccabili, come  il magistrato, hanno colli taurini, volti e nasi arrossati dal gran bere, recano chiari i simboli delle vessazioni identificabili nella spada, nei boccali di birra, nel monocolo, negli occhiali a pinz-nez, nella croce uncinata, nell'opuscoletto propagandistico del “Sozialismus ist arbeit” con il quale strumentalizzano l'opinione pubblica. Dalle teste  scoperchiate di due di essi escono i loro pensieri formalizzati da un soldato a cavallo, con la lancia abbassata pronta a colpire, e sterco fumante; sul capo del terzo, come un cappello, vi è un orinale capovolto. Sono tutti particolari di cui si serve George Grosz per meglio rappresentare il potere nella societá … e si potrebbe continuare all’infinito nell’esegesi di opere espressive che, in un’età in cui la vita parve un male e la morte un bene da scontare con la pena del vivere, stigmatizzano la situazione politico-sociale della Germania nazista, dipinti brutali quanto i tempi che li hanno generati …

Il commento inicisivo a ciascuna di tali rappresentazioni grafiche giunge ancora da EUGENIO MONTALE, che si presenta con l'unico discorso ancora possibile contrassegnato dal martellante NON(19) anaforico, inteso come dolorosa ma ferma rivolta morale contro il caotico magma di un destino che, paradossalmente, l'uomo non può  accettare, ma contro il quale non può nemmeno ribellarsi … eppure, anche se si evince il grido incapace di rischiarare i misteri imperscrutabili, il “poeta  della negatività” invita implicitamente a stabilire il contatto con gli altri uomini e scartare la resistenza  passiva. Nel 1967, il Presidente Saragat, riflettendo sui risultati dei suoi scritti, lo ha nominato senatore a vita "non  solo  per  aver  illustrato  la  patria  nel campo letterario e artistico, ma perché lo scrittore, con la sua saggezza, ha fatto scaturire, dalle continue frustrazioni, un  pessimismo  attivo  che  farà divenire migliori"(20). L’artista, in effetti, rifacendosi a teorie eliotiane, ribadisce più volte che il male non è implicito in un regime, ma in una forma di  "degenerazione universalizzata ed eternizzata da cui deriva il  progressivo impoverimento dell'umanità, condizione esistenziale di morte in vita che annulla ogni diacronia"(21). Dalla sua poesia “nata dal silenzio”, con “il rifiuto di ogni facile ottimismo consolatorio, di ogni mitologia, di stoica consapevolezza del male di vivere, in molti, al di là delle stesse intenzioni di Montale, è derivata, a tutta una generazione dominata dall'assolutismo, una lezione etica profonda che ha spinto i giovani a rifiutare ogni compromesso e ad affilare le armi per orientarsi verso l’antifascismo militante"(22).

Le asserzioni estrapolate dall’esegesi dei suoi versi potenti aprono, quindi, una nuova strada per la comprensione di un autore che, in apparenza borghese scettico al di sopra della mischia, ha lasciato, nel 1966, un “atto di fede” dal quale si coglie il  suo  più  convincente  profilo  di uomo e di artista nonchè la sua presenza attiva nell' epoca in cui è vissuto … "Egli non vuole confondersi con i balordi laudatori del passato che incontro a ogni passo e che trasmettono false  idee ….  Di  che cosa può lamentarsi? E’ riuscito a vivere a lungo senza lustrare  le  scarpe  a nessun  tiranno, ha visto ascendere  ai fastigi della  vita  pubblica criminosi  idioti e non gli è mancato il  piacere di vederne  alcuni ruzzolare dai loro seggi, ha visto  scomparire  molte  miserie, ma anche consolidarsi molte forme di servilismo collettivo  ...  Egli ama l'età in cui è nato, nell'epoca che conosce  le  sue  piaghe, piuttosto che nella  stagione in  cui  le  piaghe erano coperte dalle bende dell'ipocrisia e, solo se fosse certo della  disfatta finale, potrebbe ascriversi alla schiera dei pessimisti"(23).

Montale, Nobel per la letteratura  “per la poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”(24); con i suoi scritti, che scorreranno  per  sempre nella cineteca della memoria e che saranno un punto di  riferimento per i giovani dal domani incerto, si è, infatti, posto l'obiettivo di di cantare "ciò che unisce l'uomo agli altri uomini, ma non nega quanto lo disunisce, perché, per lui, la poesia non è evasione dalla realtà, bensì una forma di  conoscenza  per la comprensione del mondo"(25). Il tragico  testimone  della coscienza intellettuale preferisce l'ammissione di una crisi del sapere alla false conoscenze dell' "uomo che se ne va sicuro e l'ombra sua non cura"(26), anche se le premesse della sua sentimentalische Dichtung, della sua poesia sentimentale, farebbero propendere per una fuga dal contingente, codificato dalla fredda e marmorea insensibilità di una  "statua nella sonnolenza del meriggio”, o per l’aspirazione a essere "nuvola" evanescente o  "falco"(27) librato in volo. EUGENIO MONTALE, in sostanza, sente la necessità dell’impegno civile, dimostra l’apertura della sua poesia verso il collettivo e la storia, esprime implicitamente la volontà di insistere sulla fase “corale” della sua produzione imperniata sull’urgenza comunicativa di “una nuova armonia sociale di cui esistono presentimenti solo nei vasti domini dell'Utopia”(28)

Questo  scrittore,  insomma,  trasmette l’idea secondo cui la tensione verso un’esistenza più alta, confluendo nella poesia, si trasforma in una misteriosa forza propulsiva, vigoroso richiamo interiore anti-nichilistico in grado di far capire come sia necessario costruire, “a colpi di scalpello, una scala di marmo che conduce al tempio della gioia"(29) e riscattare i “burattini mossi da mani ostili”(30) dalla veemenza impietosa della storia. Con questo atteggiamento combattivo, SI NEUTRALIZZERANNO “i cieli cupi, i venti di distruzione, i parchi spogli, gli stormi di nere cornacchie piombati su carogne in putrefazione”(31), tutti simboli  della  indecifrabile lebbra che consuma anche l'anima del poeta, SI GUIDERANNO gli “uomini vuoti che appoggiano l'un l'altro la testa piena di paglia"(32)aiutandoli a “varcare, senza vittimismo e senza avvilenti implicazioni,  il fiume che separa la vita dalla morte”(33),  SI ACCOMPAGNERANNO PER MANO i tanti decisi a sollevare la testa nella lotta coraggiosa per la riaffermazione della propria dignità ... E, in moto circolare, si ritorna all’incipit … “EUGENIO MONTALE Potrà sopravvivere, nell'universo delle comunicazioni di massa, la poesia, quella che sorge quasi per miracolo e sembra eternare tutta un'epoca? La risposta non può che essere affermativa perchè la trepida auscultazione di un cuore potrà affievolirsi, ritemprarsi, smorzarsi, ma resterà sempre una delle vette dell'anima umana”(34).

 

      Matilde Perriera

 

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NOTE

1) Eugenio Montale, Genova 12 ottobre 1896 – Milano 12 settembre 1981

2) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Spesso il male di vivere ho incontrato, 1925

3) Eugenio Montale, Non chiederci la parola, Ibidem

4) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Non chiederci la parola, 1923

5) Eugenio Montale, Non chiederci la parola, Ibidem

6) Eugenio Montale, Della Poesia d'oggi, Ibidem

7) Eugenio Montale, Non chiederci la parola, Ibidem

8) Eugenio Montale, È ancora possibile la poesia, Conferenza a Stoccolma, 1975

9) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Meriggiare pallido e assorto, 1916

10) Eugenio Montale,  Spesso il male di vivere ho incontrato, Ibidem

11) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Non chiederci la parola, Ibidem

12) Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1916 / 1925

13) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Non chiederci la parola, Ibidem

14) Angelo Marchese,  Amico dell'invisibile - La personalità e la poesia di Eugenio Montale, 1996

15) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Spesso il male di vivere …, Ibidem

16) Edvard Munch, Angoscia, 1894; olio su tela, cm.94 x 73. Oslo, Kommunes Kunstamlinger.

17) Arthur Dove, Il critico, 1925; Collage, cm. 47,5 x 31. New York the Downtown Gallery

18) George Grosz, I pilastri della società, 1926; olio su tela, m.2,00 x 1,08. Berlino, Staatliche Museen

19) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Non chiederci la parola, Ibidem

20) Giuseppe Saragat, motivazione della nomina di senatore a vita a Eugenio Montale,13 giugno 1967

21) Thomas Stearns Eliot, The Waste Land, La terra desolata, 1922

22) Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, Principato, Milano, 1986

23) Eugenio Montale, Auto da fè, 1966

24) Motivazione del Premio Nobel per la Letteratura 1975

25) Eugenio Montale,  La Rassegna d'Italia, Intervista immaginaria, I, n. 1, gennaio 1946

26) Eugenio Montale, Ossi di seppia, Non chiederci la parola, Ibidem

27) Eugenio Montale,  Spesso il male di vivere ho incontrato, Ibidem

28) Eugenio Montale, È ancora possibile la poesia, Ibidem

29) Zenta Maurina Randive, Poesie, 1965

30) Eugenio Montale,  Diario postumo, Siamo burattini mossi da mani ostili, 1970

31) Georg Trakl, Winterdämmerung, Crepuscolo Invernale, 1913

32) Thomas  Stearns Eliot, The Hollow Man, Gli uomini vuoti, 1925

33) Thomas Stearns Eliot, The Waste Land, Ibidem

34) Eugenio Montale, È ancora possibile la poesia, Ibidem


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