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Scrittura e vita, simbiosi perfetta

Scrittura e vita, simbiosi perfetta di Matilde Perriera

di Matilde Perriera

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Il profumo della mirra

La sabbia fiorirà di 1000 giardini

Dicembre 2017

 

IL PROFUMO DELLA MIRRA è un prezioso laboratorio socio-culturale dalle molteplici sfaccettature attraverso cui LOREDANA REPPUCCI, instancabile organizzatrice di cultura, in 37 capitoli, scarta la resistenza  passiva e squarcia il velo da ataviche prevenzioni. Nel suo ruolo di io narrante, eterodiegetico in apparenza e sostanzialmente auto-omodiegetico, fa continuamente capolino tra le righe e, servendosi delle voci dei personaggi, introduce situazioni e idee proprie per far introiettare con occhi nuovi argomentazioni molto complesse. In qualsiasi opera d’arte, appunto, chi scrive, intaglia, dipinge, lascia una qualche inconfondibile traccia del suo privato, immettendovi il suo stato d'animo, le sue aspirazioni, le sue angosce, le sue ansie, provenienti non solo dalla sua sfera cosciente, ma, soprattutto, dal suo inconscio, con quelle note affettive che giacciono dentro di sé, ma di cui non ha un'immediata percezione. La feconda penna, che ha ricevuto numerose medaglie d’oro come miglior autrice dell’anno, dimostrando l’apertura della sua arte verso il collettivo e la storia, produce immediatamente un cortocircuito con il lettore e, vibrante eco della misteriosa cittadella della psiche, lo fa riflettere in maniera semplice, immediata, piacevole, notevolmente esaustiva su temi caldi quali l’amicizia, l’amore, i drammatici seguiti dell’emigrazione, i pregiudizi religiosi, le responsabilità etiche dei popoli più ricchi verso i problemi socio-economici dei paesi in via di sviluppo. La fortissima incidenza si deve anche a una strategia discorsiva encomiabile, convalidata da stupendi spunti paesaggistici e intenti descrittivi che, in ipotiposi, fanno penetrare i fruitori del racconto nel microcosmo rappresentato, li invitano a scoprire gradualmente le suggestive location e li rendono partecipi delle più intense emozioni, quelle vissute, prima di tutte, al “calore dell’immenso abbraccio” che si respira a Parigi e, poi, nell’incantevole scenario del deserto che “si allunga placido nel sole allo stormire delle palme nelle oasi o nel silenzio delle nottate piene di stelle” . La città francese dall’aria “umida e frizzante” ammalia sin dalle prime pagine per la pioggerellina che la profuma di “foglie bagnate”, per il sole tiepido e discreto che “occhieggia” tra le nubi, per le tante “lune piene sminuzzate” che si riflettono sull’asfalto umido, per i raggi del sole che disegnano “curiosi ricami”, per i bateaux mouches che scivolano silenziosi al ritmo de “La vie en rose”, per la Tour Eiffel “che spadroneggia sull’orizzonte”, il Sacre Coeur che si staglia nel cielo con le pennellate bianche-azzurrine e, ancora, per l’appartamento di Montmartre che “odora di mirra”, creando un apparato scenico che conquista il lettore e lo trasporta in questo paradigma narrativo difficilmente collocabile all’interno di uno specifico genere letterario. Nello snodarsi delle 356 pagine fortemente sintetiche e dense di informazioni, accanto alla Fiction intessuta da eventi immaginari, si trova, appunto, il MEMORIALE AUTOBIOGRAFICO - grazie al quale la pioniera presso aziende tra le più prestigiose d’Italia si eclissa nel mondo rappresentato e lascia trapelare, senza alcuna vis polemica, l’amara constatazione delle difficoltà per la conquista faticosa dell’integrazione e l’improrogabilità di un lavoro di squadra che garantisca un clima collaborativo -, il TRATTATO - che le permette di insistere sulla necessità di lottare per il bene del Terzo mondo ed evitare il rischio di far diventare inaccessibile quanto è necessario -, il ROMANZO PSICOLOGICO – che, con l’indagine sulle varie personalità, l’aiuta a ricostruire le ragioni delle scelte, dei tormenti, dei meccanismi che scattano inevitabilmente nell’animo e dimostrano l’assioma apodittico secondo cui esiste sempre un modo per risolvere i problemi e che l’importante è trovarlo -, UNA PROVA STILISTICA TRASCINANTE - in virtù della quale LOREDANA REPPUCCI, con il linguaggio terso, cristallino, accessibile perfino ai non specialisti, le vigorose ellissi e l’abile gioco tra discorso diretto, indiretto e indiretto libero, lascia scorrere senza sosta, quasi a tambureggiare il battito del cuore degli attanti, un lirismo spontaneo che penetra nella prosa per rivelare fatti o reazioni.

 

L’incipit in medias res de IL PROFUMO DELLA MIRRA focalizza, sin dalle prime battute, Nathalie Altieri, una giovane donna bellissima, affascinante, raffinata, ambiziosa, cordiale, democratica, che desidera misurarsi con sé stessa; la manager, laureata in economia e commercio a pieni voti, accetta, su proposta di Alain Ducroix, l’incarico “folle ma tremendamente allettante” di membro del MIGA, la multilateral investment guarantee agency della banca mondiale operante presso la Sorbonne. Attratta dal “soffio di idealità” dell’iniziativa, si concede una “vacanza professionale” che la spinge a rimandare la data delle nozze con l’amico d’infanzia e a evadere dalla monotonia del suo tran tran quotidiano. L’obiettivo, alla fine dei lavori, prevede un consistente finanziamento per la riduzione del gap tra nord e sud del mondo con la realizzazione del miglior progetto in cui i partecipanti avranno previsto piano operativo, valutazioni economiche e tempi previsti per la realizzazione. La sua vita, però, sconvolta da un “destino bizzarro”, si materializza improvvisamente, in un inatteso connubio che fa traballare il castello teorico dei suoi principi. Questa anti-Bovary per eccellenza, "che sa ridere e scherzare amabilmente", ma, nello stesso tempo, è rigorosa e capace nel lavoro, infatti, s’incontra e si scontra con Kahlil Safran, un giovane arabo seducente, “un neolaureato in Scienze politiche o, forse, un giovane diplomatico o un ministro o un nobile guerriero” che la seduce per lo sguardo intenso, le iridi vellutate, la dentatura smagliante, “i lineamenti del viso di innegabile nobiltà di origine”, deciso a lottare per il riscatto della sua terra dalle mille sfumature ocra.  Un cordiale sorriso, due posti vicini, i primi dialoghi e, “pedine di un sogno che non costruiscono loro, ma che interpretano”(1), entrambi incuriositi e subito tentati, si avventurano, “garruli come scolari”, in una scorribanda per la Parigi “vera” dall’inconfondibile “atmosfera cosmopolita”, unica via per rivelare “il cuore che pulsa nella città”.  Spontanea una riflessione di Kahlil durante una delle loro passeggiate lungo la Senna … “L’acqua, sulle cui onde i raggi del sole si frangono in mille scintille, è un meraviglioso dono del cielo, il deserto è un’immagine divina della terra. L’acqua e il deserto sono come loro due, tanto diversi apparentemente, ma necessari l’uno all’altra” ... La “fiaba da Mille e una Notte” li travolge al di là delle convenzioni che, come fili invisibili, li intrappolano rispettivamente nella gabbia di Alfatecna e nel misterioso oriente, aprendo il varco a dubbi laceranti. Le mentalità, le tradizioni, le culture vengono messe in discussione, seppur i due siano intimamente convinti che “le divergenze siano originate, in fondo, solo dalla mente degli uomini”, terreno fertile in cui attecchiscono ancestrali preconcetti. Khalil, comunque, si mostra subito disposto a coniugare l’intenso sentimento che prova per la sua “principessa” con l’auspicato ritrovamento dell’hafiz, la potentissima arma psicologica che gli consentirà di ampliare gli orizzonti della sua terra, in cui i dromedari camminano sul suolo scosceso, i beduini offrono caffè profumato di spezie nelle loro tende e l’azzurro del cielo si scolora con mille tonalità; Nathalie, invece, è fagocitata dalla dicotomia tra sentimento e ragione e si macera nell’angoscia, specialmente perché la “folata di spensieratezza” si rivela, nella sua essenza, una prolettica fuga dalla vita convulsa e, specialmente, dal pragmatismo di Cristiano.

 

Le idee portanti del romanzo sono, dunque, fortemente condizionate dal drammatico crocevia in cui si muovono i due giovani che, pur correndo su binari opposti, inseguono democraticamente i miti della tolleranza, della liberazione dai tabù, della rivendicazione delle singole individualità. La narrazione è un susseguirsi serrato di dialoghi vivaci tra i protagonisti convinti dell’impellenza di interagire nella politica mondiale per attivare senza indugio adeguate strategie e aiutare realmente quanti si sentono prigionieri del malessere, innanzitutto quando il “venditore di borsette false” rivela la vera identità. È Kahlil ibn Ashab, il quale, nella coscienza che l'uomo perda la propria dignità quando è schiacciato e perseguitato, con saggezza sottile e profondo ingegno, appare determinato a battersi con persuasione. Il “beduino”, insomma, sfruttando il finanziamento del MIGA, meritato per la chiarezza del business plan da lui redatto, si attiva con energia basandosi sul principio apodittico secondo cui “entro i confini del mondo non vi può essere esilio di sorta perché, da ogni terra, lo sguardo si solleva al cielo a ugual distanza"(2), ma a cosa dare la priorità? Come la Desert Pearl risorgerà dall’oblio? L’Emiro riuscirà a valorizzare fattivamente il potenziale della “Perla del deserto” ricca di tante materie prime, l’incenso, le perle gigantesche, il petrolio, la seta damascata, i preziosi tappeti? Attiverà le più ardite tecniche eticopolitiche e morali auspicabili per presumere una soglia di inserimento valida? Comporrà dei puzzle che si convoglieranno nell’assistenza di anziani e malati o nella creazione di scuole per garantire pari opportunità nel circuito della discriminazione positiva? Affilerà i coltelli per estirpare la visione dell’”homo homini lupus(3) e neutralizzare le “forme di razzismo ritenute spesso catalizzatore di insicurezze da parte degli autoctoni”? Su queste basi, se(4) riuscirà a stratificarle, si potrà auspicare il compromesso tra l’interesse dello Stato e quello della collettività, tra il bene comune e quello del singolo. Più difficile sarà controbilanciare “l’autismo culturale(5) e, con esso, la sollecitazione di una comunicazione reale o mediare il passaggio dalla multiculturalità, che registra la convivenza più o meno pacifica di diverse etnie e culture, all’interculturalità, che auspica la volontà di avviare, “con un progetto esistenziale permanente e comune, il dialogo tra le culture presenti”(6). Kahlil, certamente, si rende conto che egli “pianterà gli alberi, ma saranno altre generazioni a fruire dell’ombra”, eppure l’edificio da lui costruito, se sarà stabile e solido, potrà resistere alle scosse sismiche più devastanti; la realizzazione di questo suo lungimirante programma, tuttavia, sarà agevolata se egli potrà dividere il lungo e difficile cammino con Nathalie perché solo il raggio di sole dell’amore dà la chiave fondamentale per aprire tutte le porte dell'impossibile.

 

Tra la “solita miliardaria in cerca di emozioni” e il “maledetto arabo” si interpone, però, un martellante aggettivo … “diversa religione, diverso clima, diverso carattere, diversa mentalità, diverso cibo, diversa impostazione della vita della donna”, anche se, nel corso della narrazione, le differenze si riducono notevolmente perché ogni cultura ha dei limiti imposti da usanze millenarie che lasciano il segno di profonde contraddizioni. Nathalie, nonostante tali riflessioni, potrebbe mai diventare “una dell’harem? Assolutamente NO … Al massimo, “una favorita in un paese in cui la donna conta quanto un cammello” … Neanche questo … E, allora? Quale l’epilogo? L’amore tra “il figlio di un mercante” e l’erede del gruppo Alfatecna riuscirà ad annullare le pareti delle consuetudini? E la competente amministratrice di molte imprese riuscirà a risolvere l’altalenante conflitto tra l'egoistica prudenza che le impedisce di rischiare e l’ardore di una passione “che trascende il tempo e lo spazio”, le brucia l’anima, la spinge a vivere osando e a volare sulle ali di un futuro incerto ma denso di prospettive allettanti? Nathalie dovrà, insomma,aspettare per tutta la vita aleatori appuntamenti a Montmartre per “cercare un attimo che valga una vita” (7), o, “con islamico fatalismo”, sostenere il suo io frizzante e solare nel magnifico bagliore di un rapporto meraviglioso? E quali porte dell’avvenire si apriranno per Raoul, al quale Kahlil dedica il libro miniato con la “Storia del cobra di Giada”? E che ne sarà di Luca?

 

In questo variegato panorama, nessuno passa inosservato. … C’è Donna Nicole De Sevigné che, sempre vicina alla figlia, la incoraggia a vivere quell’esperienza con gioiosa trepidazione, l’allevia dalle afflizionicon tenere parole catartiche e contribuisce a temperarle le amarezze delle ore più lunghe. Si augura che il domani riservi a Nathalie un’esistenza più appagante rispetto alla sua, “canto monocorde” privo di emozioni condizionato da un marito che la vincola con “ricevimenti ufficiali, false amicizie, vane soddisfazioni” e non si accorge che lei, sprofondata nella solitudine spirituale, per assopire il “rimpianto del grande amore”, cerca ossigeno nella filosofia, nel teatro, nelle pubblicazioni per Le Figaro … C’è l’ingegnere Luca Altieri, “uno dei più importanti capitani d’azienda italiana” che, spietatamente rigido quando si tratta di affari, pretende che Nathalie non si lasci irretire da una “presunzione infantile e irresponsabile” per lo “stramaledetto corso”, rientri dalla “scampagnata” nella fortezza delle consuetudini, segua, “unendo il dilettevole all’utile”, gli imperativi dettati dall’interesse e dalla  convenienza” e abbia come punto di riferimento le scelte commerciali, i consigli di amministrazione, Cristiano, il matrimonio, i figli. Il fondatore presidente dell’Alfatecna di Montelupo non sa vedere oltre, “per lui i sentimenti sono un optional”, tanto che, nella veste di padre-padrone, con sarcastica rabbia, definisce l’Amore “roba da servette”, catastrofico “appannaggio di persone mediocri” e stigmatizza la frequentazione della ragazza con  “uno che, quasi certamente, è uno “straccione in cerca di soldi”, o, peggio, “un idealista che spera di cambiare, in pochi anni, un mondo millenario” e, magari, “morirà ammazzato o in povertà”. E c’è Cristiano Del Balzo che distrugge il suo matrimonio perché, mettendo l’ambizione e il lavoro al primo posto, è vittima della cecità da distrazione, prima, nel sottovalutare le notizie che arrivano dai giornali parigini, schiavo di uno “squallido tornacontismo”, poi, nel proporre alla moglie di favorire un’interconnessione tra l’Alfatecna e la Desert Pearl. La sua colpevolezza è riscontrabile, pure, nell’indifferenza di baci distratti a Nathalie, nell’incapacità di manifestarle delicate attenzioni, nei fasci di rose accompagnati da biglietti dell’Interflora, nei dialoghi-iceberg, tutti segni connotativi che “rendono improvvisamente invivibile un rapporto accettabile e sopportabile il giorno prima”; la fanciulla ipersensibile facile alla tenera commozione, addirittura, specialmente dopo gli stupri che ne ledono la rispettabilità, sente nella  convivenza con lui una condizione “contro natura, una natura di cui troppo spesso ci si è dimenticati pensando che quella da loro intessuta fosse l’unica felicità possibile”. La “ragazza ricca e viziata”, che “non avrebbe mai immaginato di dividere la vita con un’altra persona”, non può più accontentarsi di un “infinito nulla” scaturito dal superficiale rapporto “piatto, monotono, forse noioso” con l’amico di sempre; ora che ha scoperto cosa riserva “la magia di piaceri sconosciuti” e di lunghi sguardi tanto intensi da farle scorrere un brivido nella schiena, si rende conto di quanto sia  pericolosa l’assuefazione a “un uomo rampante”, che, per lei, “rappresentava l’amicizia affettuosa, il placido amore, il porto sicuro contro le mareggiate della vita” … E c’è il vecchio amico Yazid Safran, che, protettivo come un padre, sotto l’apparente aspetto inoffensivo nasconde una mente lucida allenata nel progettare soluzioni sempre nuove. Orgoglioso dell’adorato “figlio adottivo”, lo sostiene nella volontà di lottare per il riscatto della Desert Pearl, i cui abitanti rischiano di “trovarsi nei panni di miserabili accattoni ignoranti, mentre l’occidente passeggia sui pianeti del sistema solare”; il redivivo Virgilio del panorama dantesco pianifica ogni operazione ispirata a una certa riservatezza anche lasciandosi coadiuvare da un competente servizio di intelligence sempre all’erta contro ogni possibile “Giuda” e da lui selezionato per garantire, con tutte le misure necessarie, la sicurezza e la protezione di Kahlil. “Solida roccia che sarebbe andata oltre la morte” a sostegno di una “fiabesca avventura” convalidata dal cobra di giada, il fidato consigliere, però, teme “la bella italiana”; egli sa che “l’amore chiede il suo tributo con crudele prepotenza” e rischia di distrarre Kahlil dall’idea di dar luce alla Desert Pearl immersa nella “quiete della non speranza”(8) e svigorita dal disagio psichico per il clima plumbeo di un crudele e arrogante usurpatore. Il devoto e ingegnoso compagno di viaggio, dopo aver parlato a lungo con Nathalie e averla vista in azione per il progetto avviato, capisce che “nessuna donna possa integrarsi meglio con Kahlil”, ma si rende conto dell’improrogabilità di un cambio di marcia. Deve indurre il suo pupillo a scegliere “la difficile via del dovere” e, da intransigente “giustiziere”, gli propone di sposare una donna islamica che, adeguata al rango, abbia “diverse potenzialità politiche, sociali, economiche” e gli dia un erede ufficiale; gli presagisce, peraltro, i rischi che Raoul potrebbe correre tra quanti lo riterrebbero un estraneo e gli paventa il pericolo di un colpo di stato per una decisione che la sua gente non approverebbe; “per camminare verso il futuro, d’altronde, il passo deve essere segnato dalla popolazione stessa e non da intrusioni straniere” E, poi, c’è, tra i tanti che navigano sulla scia dell’arabo misterioso, la lunga fila di “fratelli” che, “come animali selvatici, fiutano l’aria per individuare il pericolo”; questi svolgono con dedizione il loro lavoro estremamente impegnativo per il quale non sono anticipati orari prestabiliti o giorni festivi, proteggono Kahlil a distanza ravvicinata e rischiano continuamente la propria vita pur da “invisibili ombre” di cui non si sente la voce, né si rivelano pensieri. Tra gli “angeli custodi”, la focalizzazione sul personaggio crea spesso momenti straordinari solo con Tariqa, una speciale σωματοφυλακεία, somatofhylakèia, figura sfaccettata di guardia del corpo “blindata”, esperta in arti marziali, attenta, oculata, elastica nel coordinare, con il team della sicurezza, tutte le azioni cautelative. La ragazza, connotata da spettacolari prestazioni camaleontiche, sa essere molto femminile, seducente, e, simultaneamente, trasformarsi in ragazzino dal “durissimo sguardo lampeggiante” che indossa jeans, giubbotto, berrettino a visiera. La guerrigliera, grazie alla grandissima familiarità con le tecniche di combattimento, è sempre corazzata contro l’imprevisto, dimostra di saper prevenire i rischi e far scudo all’Emiro di cui è inequivocabilmente innamorata. Le naturali capacità di reagire istintivamente si riscontrano in ogni suo gesto … quando, per esempio, un monello, volteggiando con la moto fra le vie più imprevedibili di Parigi, investe il “paparazzo” affamato di scoop e gli fa scomparire la memory card … oppure quando una fragile ragazzina con i capelli annodati in un nastro di velluto, durante i lavori della commissione, con l’energia di chi ha mangiato “polpette di limatura di ferro”, torce i polsi dietro la schiena a un gigante alto due metri … o quando una studentessa universitaria appassionata di storia antica, con maestria ancora più encomiabile, percorre la produttiva pista per il ritrovamento del cobra di giada e riesce a contattare la Signora Samira Dupont … o, ancora, quando, una “fulminea piroetta aerea” dirotta su di sé il coltello lanciato dall’estremista … Tanta dedizione ha, per lei, un prezzo alto che la sollecita a tentare delle avances sessuali a Kahlil nella speranza di far sprizzare in quel cuore tormentato una scintilla d’amore e allontanarlo dall’esclusiva passione per la “Principessa” … Nathalie, però, è il sole, la body guard una stella lontana” e, se qualche notte diventa segreta confidente della loro intimità, le luci dell’alba costringono la deliziosa fanciulla dai grandi occhi neri e dalle labbra sensuali a riprendere, seppur assaporando “l’aspro calice della gelosia”, il controllo del proprio ruolo.

 

Il profumo della mirra. Loredana ReppucciIL PROFUMO DELLA MIRRA si connota anche per l’immagine di Copertina di Milena Maganzini. Vi si trovano rappresentati gli aspetti salienti dei 37 capitoli avvolti in un delicato sfondo rosa cipria intessuto graficamente dalle dune della Desert Pearl. Nathalie spicca in primo piano con il suo viso perfetto incorniciato dai capelli a caschetto e gli occhi intriganti di color castano dorato meravigliosamente intelligenti ed espressivi. Lo sguardo trasognato di lei, investito da un improvviso raggio di luce sfavillante, sembra nascere dal cuore di Kahlil che, avvolto dal cielo azzurro, l’aspetta fiducioso come se volesse invogliare il suo “forziere di preziosi gioielli” ad alimentare il delicato battere del suo cuore e a lasciarsi cullare dalle suggestioni del sentimento piuttosto che dal calcolo prudente della ragione. Vorrebbe dirle che lei, se fosse diventata sua moglie, sarebbe stata di grande aiuto nella modernizzazione della Desert Pearl perché era colta, intelligente, coraggiosa, amabile e si connotava per la disponibile semplicità. Nell’Azienza di suo padre, per di più, serviva solo alla sua famiglia, accanto a lui sarebbe stata indispensabile per un’intera Nazione. Il giovane emiro, in un ping pong incessante di ossimoriche reazioni, tra un luccicore negli occhi “carichi di magnetismo” e un respiro di sollievo, l’osserva in silenzio e, con il solito timbro “sommessamente vellutato”, vorrebbe ricordarle che “se ogni giorno ci si ritrova incastrati a dover risolversi tra un groviglio di alternative, bivi e intersezioni che riportano al punto di partenza, se ciascuno deve decidere come vivere la propria vita e se affrontarla con il sorriso sulle labbra o lasciarsi soffocare tra i rovi”(9), è anche vero che “non sono gli uomini a scegliere, ma il destino, esso è più forte e più saggio, quello che deve accadere, accadrà”, ma lei non sbaglia se imparerà ad auscultare la dolce melodia del suo animo. Tra le emozioni della microstoria che la rappresentazione grafica anticipa, poi, vi è disegnato un cavallo che Kahlil pare accarezzare con la mano sinistra. Vi si richiama, probabilmente, la fondamentale importanza che l’animale riveste nella cultura araba non solo perché esso favorisce la fulmineità degli spostamenti, l’irruenza nelle cariche, l’inafferrabilità dei condottieri, ma, soprattutto, per la sinergia che si crea tra il quadrupede e il cavaliere. Chi saprà considerare il cavallo parte integrante di sé stesso e lo considererà “fratello, amico, strumento di forza e di salvezza”, potrà sbaragliare tutti i nemici. Come ulteriore nota pregante, inoltre, spicca un minareto, che si staglia in basso a sinistra e pare cadenzare, in una vigorosa sinestesia, la voce del muʾadhdhin, del Muezzin pronto a ricordare alla cerbiatta, improvvisamente insicura e confusa, che “la vita è una straordinaria occasione fugace da acciuffare al volo”(10) tuffandosi dentro in spensierata libertà.

 

14 € ben spesi, così, per questa narrazione di LOREDANA REPPUCCI che è rivolta a tutte le età e deve essere letta con molta attenzione per non perdere nulla del lungo e coinvolgente discorso strutturato in diacronia con continui feed-back o frequenti entrelecement, tra cui quelli della lunga e affascinante avventura dell’Hafiz o della leggenda di Abu Malì. Nuclei e satelliti s’intersecano armoniosamente in questo intreccio compatto in cui la netta separazione tra attori principali e secondari o sequenze più o meno rappresentative è impossibile perché ogni attante e ogni punto nevralgico svolge un ruolo essenziale senza il quale la trama seguirebbe percorsi diversi. Uno scorrere distratto dei capitoli rischierebbe di far perdere qualche passaggio dell’odissea di personalità dalla ben precisa fisionomia e, soprattutto, delle intenzioni della scrittrice ansiosa di scandagliare una condizione storica demistificante. IL PROFUMO DELLA MIRRA sarebbe un soggetto validissimo per la trasposizione filmografica perché il linguaggio cinematografico, fortemente sintetico, denso di informazioni e congeniale agli stili cognitivi degli studenti, dimostrerebbe, anticipandone i gangli fondamentali, come la poliedrica tessitura non sia una piacevole lettura incentrata soltanto sulla dolcissima microstoria di Kahlil e Nathalie, ma un modo per meglio descrivere problemi spesso misconosciuti da quella Macrostoria che infarcisce i propri BLA BLA senza adeguato coinvolgimento. L’effetto “a specchio”, grazie agli aspetti più prettamente profilmici, consentirebbe di favorire ulteriormente l'approccio circolare delle risonanze e di riflettere, decifrare, interpretare anche quei messaggi inconsapevoli relativi alla realtà messa in scena. Vi si dimostra, in particolare, attraverso Kahlil e Nathalie, la funzione apotropaica del confronto attivo tra personaggi dall’istinto vitale che non combattono con la disperazione di chi non ha più nulla da perdere, ma con la forza e la fermezza di chi vuole cambiare il mondo. LOREDANA REPPUCCI, inoltre, dando implicitamente forma agli ideali di cui si nutre “l’extracomunitario”, palesa la perenne modernità del suo dettato nella congiunzione a disegni interculturali di notevole complessità con risonanze sull’intera società contemporanea. Il romanzo, per di più, si codifica come documento di alto sapore gnomico, pregno di significati politici su cui soffermarsi, su cui riflettere e far riflettere i giovani studenti, i quali, adeguatamente guidati, potranno introiettare le allusioni criptiche trasmesse. Come non pensare, infatti, alla precarietà, che è storica ed esistenziale insieme, di quanti, forzati dal destino a salire sulle barche della morte, “ammonticchiati come giumenti sulla gelida prua mossa dai venti”(11) per andare alla disperata ricerca di un altrove migliore per sé e per la propria famiglia, invadono i campi-profughi? IL PROFUMO DELLA MIRRA, pertanto, lancia sempiterni messaggi che resteranno vividi nella cineteca della memoria di ogni lettore e, principalmente, nei cuori incandescenti dei liceali, diventa strumento ottico in grado di consigliare, anche se con l’inquietante sensazione di essere schiacciati, la linea di condotta più funzionale per spingersi in avanti e affrontare i doveri insopprimibili della socialità. E’ vero, “non si possono raccogliere datteri se si sono seminati cardi e non si può sperare di ottenere seta dalla lana a disposizione”(12), ma quelle di Kahlil sono teorie astratte? Miraggi? Utopie? Chimere? Forse, eppure solo le illusioni appaiono capaci di dare un significato alla propria esistenza e chi le sradica dal proprio itinerario non sarà mai incalzato da grandezza di pensieri, né da impeto e ardire, né da intrepide azioni che, per lo più, sono considerati follie I ragazzi capiranno che non si può decidere sotto un impulso irragionevole o, comunque, solo per compiacere gli altri; quando, piuttosto, si è costretti a delle scelte difficili, bisogna convincere, prima di tutti, sé stessi del tragitto da intraprendere. “Quello che si deciderà sarà il vero interlocutore con cui fare il contraddittorio ricordando che niente, nella vita, è più pesante del rendersi conto di aver sbagliato con la testa altrui”. Un sentito EVVIVA, perciò, a un’opera tanto pregnante come IL PROFUMO DELLA MIRRA che suscita, senz’altro, una reazione positiva perché dimostra come le opinioni altrui, con il loro rumore, non devono mai offuscare la voce interiore, ma esse si devono controbilanciare conla “convivenza fra le differenze”(13), indispensabile tessera per la costruzione di uno stabile mosaico culturale e, si vuole, la sabbia fiorirà di 1000 giardini”.

 

      Matilde Perriera

 

Indice articoli

 

NOTE

1) Lucia Maria Collerone, L’amore brucia come zolfo, 2017

2) Seneca, Consolatio ad Helviam matrem,  42-43 D. C.

3) Plauto, Asinaria, II, 4, 88

4) Salvatore Palidda, Devianza e vittimizzazione tra i migranti, 2000

5) Alessandro Bertirotti – Augusta Larosa, Umanità abissale. Elementi di Antropologia secondo una prospettiva evolutiva e globocentrica, 2005

6) Alessandro Bertirotti, La paura di noi stessi, 2015

7) Casanova, regia di Lasse Hallström, 2006

8) Vittorini, Conversazione in Sicilia, 1941

9) Marcella Sardo, fonte web, 2017

10) Dario Fo (Nobel per la Letteratura 1997), Aforismi, 2010

11) Edmondo De Amicis, Gli emigranti, 1889

12) Abu Muhammad Muslih ibn ˁAbd Allāh noto come Saˁdi di Shirāz, o Shirāzi (Poeta persiano 1184 – 1291)

13) Alessandro Bertirotti, Entrare per essere amati, 13 giugno 2008


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