Scrittura e vita, simbiosi perfetta
di Matilde Perriera
Pinocchio nell'hic et nunc
Sulle ali di un deltaplano…
Febbraio 2015
Tanti adolescenti che, con grande tenacia, hanno fatto dello studio una priorità assoluta, appena la scuola chiude i battenti, si trovano davanti ai sofferti esiti finali… Tutti scontenti e, se non hanno avuto l’eccellenza, perfino i Centisti … Carte, carte, carte … Intere foreste distrutte sono il risultato di tanto lavoro svolto e, nello sfondo, restano delusioni, controversie, incertezze irrisolte, perplessità … Cosa proporre in alternativa per anestetizzare il loro naufragare nell’aeroporto grigio di una realtà fatta di sommatorie fredde e asettiche o di un diploma che, spesso, ha come unico sbocco la disoccupazione intesa come “una negazione al diritto di vivere peggiore della morte stessa”(1)? Tra le tante amarezze e le note negative, però, nel cuore dei ragazzi si staglia un segno propositivo, sale alla ribalta un NOME, quello che riesce a carburare e a infondere la carica di dinamite necessaria per rinvigorire i sogni … Eccolo, è il PINOCCHIO di Carlo Collodi, con la tendenza a nascondersi dietro facili menzogne e a far rivivere molte emozioni ai suoi lettori, nel cui animo, lontano da ogni enfatico ossimòro concettuale dei compiti per le vacanze, nasce, all’improvviso, l’esaltazione del riposo. PINOCCHIO è il loro alter ego che li invita a “correre dietro alle farfalle, a salire su per gli alberi per prendere gli uccellini di nido, a mangiare, bere, dormire, divertirsi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo”(2), con lo spirito leggero, la mente in villeggiatura e l'entusiasmo di un giorno di sole, anche correndo il rischio di vedersi tramutati in “ciuchini” … “Il tronco di pino rotola, rotola, rotola”(3) fino ad arrivare nel laboratorio di Geppetto, che ne ricava un pupo di legno, nella segreta speranza di vederlo trasformato in un bambino vero ... PINOCCHIO, il notissimo personaggio di finzione umanizzato, con le sue celeberrime avventure, docet, pur con la “patologica miopia nelle previsioni, la limitatissima elaborazione dei dati dell’esperienza e il carattere infantile”(4). Il sintagma C’ERA UNA VOLTA “è la strada maestra, il cartello segnaletico, la parola d’ordine del mondo della fiaba e, tuttavia, in questo caso, la via è ingannevole, il cartello mente”(5); si è lontani, infatti, dal VISSERO FELICI E CONTENTI che contrassegna l’uscita dal mondo irreale e il ritorno alla quotidianità perché in queste coordinate spazio-temporali vaghe e indeterminate si ritrova “una favola dal tono moraleggiante che invita alla riflessione”(6). Il corpo di legno pensante “è, al tempo stesso, libertà e conformismo”(7), è un inno alla visione fanciullesca della vita, alla sua ingenuità e all’inconsapevole allegria che i bambini possiedono “prima che la vita la tamponi con la sua pesantezza”(8); in esso, fantasia e realtà, cuore e ragione s’intrecciano continuamente, diluiti in un continuo ping pong tra memoria incipitaria e memoria generativa. Pochi gli attanti ed essenziale la trama, la cui genesi pare sintetizzata nella splendida poesia scritta e musicata(9) per lo sceneggiato di Luigi Comencini(10), in cui Geppetto dichiara umilmente di essere un “uomo solo che si guarda allo specchio e, per non essere più solo, si è fatto un burattino” ... Il monello, scanzonato, birichino, incapace di resistere alle tentazioni, si lascia ammaliare, di volta in volta, dalla musica dei pifferi, dalla lusinga dell’albero di monete d’oro, dai colpi di grancassa del Teatro dei Burattini … esperienze tutte che lo portano alla drammatica partenza per il Paese dei Balocchi, sempre spinto, nell'incontro-scontro con la vita, da varie figure negative. Carlo Collodi, con “il carisma indispensabile per far breccia negli adulti e nei bambini di ieri, di oggi, di domani, di sempre”(11), dentro la cornice consueta di un racconto intessuto da “tutto il movimento degli esseri umani, di tutte le anime del mondo per portare ovunque allegria e gioia”(12), invita indirettamente i fruitori del messaggio a passeggiare in un viale luminoso del tutto rinnovato per far gustare assiomi di grande respiro. Benigni, che ha girato le riprese del suo PINOCCHIO “vivendo un sogno e sognando di vivere”(13), ha definito l’opera “una fiaba eterna” e ha dichiarato apertamente che, “se Lorenzini(14) fosse ancora vivo, gli manderebbe a casa un mazzo di fiori, perché questo suo libro fa bene al mondo intero”(15).
LE AVVENTURE DI PINOCCHIO. Il mirabile capolavoro di oreficeria stilistica ha consentito a molti personaggi di divenire archetipi culturali, ancora oggi citati frequentemente nel linguaggio comune, dal Mangiafuoco, “puparo” burbero e irascibile, al Gatto e alla Volpe, configurazioni inaffidabili e ingannevoli per antonomasia, al Grillo parlante, istanza superegoica sempre pronta ad afferrare per i capelli il burattino trasgressivo, a Lucignolo, mina vagante potenzialmente esplosiva codificabile nel bambino più svogliato di tutta la scuola e compagno di scorribande, a Pinocchio, prototipo del bugiardo per eccellenza a cui cresce il naso a ogni bugia che dice. E’ il romanzo più adatto a vestire panni di tutti i colori perché Carlo Lorenzini ha imparato a parlare tutti i linguaggi”(16); “tradotto in più di 260 versioni tra lingue, dialetti e due rifacimenti in latino”(17), ha ricevuto l’apprezzamento non solo di critici, genitori e bambini, ma anche di tanti scrittori e persino di registi di varie trasposizioni filmografiche, desiderosi di continuare all’infinito “l’interminabile tela di Penelope”(18). Molte le dimostrazioni significative. La metafora prolettica dell’incipit della regia di Benigni(19), per esempio, con il tronco che urta sfrontatamente tutte le forze del Paese, dai gendarmi ai baroni, ai personaggi più autorevoli, in un connubio perfetto tra il personaggio del libro e quello del film, dà una fortissima connotazione alla rilettura della stupenda creatura esuberante capace, sin dal suo primo apparire, di dar vita a scene “traboccanti di piacere, magia, spettacolo, divertimento e crudeltà”(20) … O l’iperbolizzazione della condizione di Geppetto che, nella versione di Comencini, è “tanto povero da disegnare sulla parete un fuoco per scaldarsi”(21), mostra come, anche nell’era della robotica e dell’informatica, l’uomo senta il bisogno di affidare le proprie speranze a “una magica creatura”, in grado di ascoltare ed esaudire le preghiere dell'uomo anziano … O la straordinaria performance del Grillo Parlante che, assumendo nel cartone animato di Walt Disney il ruolo “Coscienza Ufficiale” (22), fa sentire alle nuove generazioni del XXI secolo l’importanza di indispensabili mentori, ancoraggi sicuri dalle sabbie mobili dell’anarchia impulsiva … O, persino, la flebile eco del culto cristiano trovatavi dal Cardinale Biffi che, riferendosi a una forma di “escatologia conclusiva tesa al ritorno al Padre e alla trasnaturazione”(23), personifica nella fata turchina la ricerca atemporale della mediazione salvifica della Madre celeste … O … Si potrebbe arricchire all’infinito il riferimento a personali entrelecement che, parafrasando il testo originale, lo valorizzino con nuove esaltanti sfaccettature … E’ vero, talvolta ci si imbatte in esegesi troppo devianti, ma un’opera d’arte “non finisce quando l’artista scrive l'ultima parola” (24) perché, “dopo l'ultimo ciak, essa, entrando nei cuori, comincia a vivere di vita propria”(25); l’importante è che la risonanza resti sempre la stessa e si valorizzi, nel caso di Carlo Collodi, all'anagrafe Carlo Lorenzini, la gigantesca lente convessa in cui i drammi di un’epoca, il malcontento, l’insoddisfazione, i fallimenti si rinfrangono negli effetti catartici della decisa volontà di riemergere sempre e comunque. Se, appunto, a ogni fuga di Pinocchio corrispondono tanti guai, a ogni caduta si segna una tappa importante, anche se, prima di vincere definitivamente la battaglia della vita, è necessario cadere nel fondo della perdizione morale e patire la penosa esperienza della natura asinina, tanto più abietta e beffarda quanto più egli era vicino alla meta.
LE AVVENTURE DI PINOCCHIO, in tal senso, diventano “allegoria di un viaggio di iniziazione dell’adolescente che, da una condizione di inconsapevolezza, deve arrivare a conoscere la propria vera natura, realizzare il proprio mito personale, trovare la sua vera strada”(26). Nascono, però, spontanee varie domande … Qual è la reale posizione di Lorenzini, sempre in bilico tra la propensione per le figure positive di Geppetto, della Fata turchina, del Grillo parlante, del Pinocchio spiritualmente propositivo e la condivisione dell’animus del burattino che, pur lottando razionalmente contro le forze devianti, ne è profondamente affascinato? E l’effettiva allegoria del racconto? E che insegnamento potrebbe dare il ricordo di Geppetto in galera o del Grillo Parlante “appiccicato alla parete”? E le disgrazie o le odissee vissute dallo straordinario personaggio potrebbero far riflettere sul fatto che, “a voler rivendicare troppo caparbiamente la propria indipendenza, si finisce per lasciarsi manipolare dai peggiori burattinai annidati dietro le quinte di quel gran palcoscenico che è la vita”(27)? E perché risoluzioni tanto conservatrici? E come mai, contrastivamente, gli uomini di tutti tempi riconoscono nell’ l’invenzione letteraria “la presenza cifrata di un messaggio universale"(28)?
Geppetto prova una grande commozione nel ritrovarsi davanti “il bel figlio dall’aria allegra e festosa” … SPLASH … Immediate le reazioni per questo epilogo che ha causato “il primo trauma intellettuale di molti adolescenti nel momento in cui hanno scoperto, in uno dei libri, non solo cari, ma fatali dell’infanzia, un così torvo oltraggio al modo di esistere giovanile”(29) … La gioia finale del falegname è, comunque, una nota stonata,“frutto del pessimismo collodiano, che, mentre fa procedere la storia verso la meta stabilita dall’editore, dal pubblico, dall’opportunismo sociale e da tutte le altre esterne ragioni, sembra osservare, con rassegnata satira, quanto, in realtà, il fanciullo sia più burattino adesso, da uomo, di quanto lo sia mai stato prima”(30). Se il fantoccio di legno ricoperto di stracci è diventato massa anonima e, osservante dei canoni della borghesia del tempo, guarda con superiorità sprezzante la sagoma di ciò che è stato, è più fedele, probabilmente, l’idea che il Collodi eterodiegetico, per rispetto alle convenzioni della società umbertina, condanni l’indisciplinato modus vivendi della marionetta e gli consenta di farsi uomo, ma il Narratore auto-omodiegetico, voce che interroga e che si interroga, in sostanza, raccomandi ai ragazzi dell’hic et nunc di “mettere denti posticci di cane alle pecore”(31). LE AVVENTURE DI PINOCCHIO, insomma, è “uno dei pochi libri di prosa che merita di esser mandato a memoria parola per parola”(32) perché il protagonista, con la sua dinamicità, si staglia davanti agli occhi dei giovani liceali nel costruttivo bifrontismo del suo essere impulsivo, irresponsabile, credulone, ingenuo, eslege e sordo ai comandi, eppure fondamentalmente leale e, soprattutto, vivo. La sua attualità spicca nei momenti in cui l’autore, convinto della funzione militante della sua attività e dell’urgenza di rendere operative le idee di risveglio socio-culturale, vivacizza la rappresentazione con il ricorso a un lessico asciutto, essenziale e, contemporaneamente, scintillante e brioso, frammisto alla fraseologia del fiorentino parlato nell’Ottocento, per scagliare dardi contro le rigide norme morfo-sintattico protette dai pregiudizi classicisti e puristi. Carlo Collodi, con la caleidoscopica trama di un intreccio “senza confini e senza eclissi”(33), spende, in apparenza, le sue fatiche per i ragazzi fra i cinque e i quindici anni, “che possiedono un’umanità ancora nativamente fresca aperta alla verità"(34), ma le scoperte finalità educative sono un’efficace copertura per una velata tiratina d’orecchi anche agli adulti sclerotizzati senza rimedio in una “forma”(35). “Più o meno palesemente, inoltre, strizza spesso l'occhio al lettore, innanzitutto ai ragazzi”(36), e fa sentire lo scetticismo polemico che essi nutrono nei confronti del veicolo primario del processo formativo nei casi in cui si scoprono talune “logiche ricattatrici e vessatorie aggravate, peraltro, dall’imposizione passiva di norme, regole, precetti sterili travasati da libri artificiosi, o dalle barriere della musoneria o dalle sordità cattedratiche”(37) che coartano inconsciamente la personalità e impediscono la formazione di mappe scientifiche di riferimento nella psiche del ragazzo. Con la strategia dei continui battibecchi tra la testa di legno e il petulante cri-cri, egli, sottolineando che i ragazzi “non vogliono restare buoni e fermi come otri da riempire”, precisa (38)che “austeritas magistri”, che la severità del docente, “non sit tristis”, non deve essere rigorosa, che la priorità massima deve essere quella di eliminare i metodi coercitivi, di allargare gli orizzonti, incoraggiare la formazione di una mentalità aperta al confronto dialettico, favorire l’insorgere spontaneo degli interessi, potenziare il senso innato della giustizia, della bellezza, della ricerca ... Quando Pinocchio percepisce il valore dell’istruzione, infatti, sua sponte, volontariamente, nelle veglie della sera, anche se “sfinito dalle faccende massacranti della giornata”, si esercita a leggere “un grosso libro comprato per pochi centesimi” e a scrivere servendosi di “un fuscello temperato a uso penna”. Interessante l’esito estremo interpretato da Benigni,in cui Pinocchio-Bambino va a scuola, mentre la sua ombra si allontana per continuare a giocare allegra e tranquilla; nell’ultima frase del film, addirittura, quando il piccolo Giamburrasca si dichiara contento di essere diventato un “ragazzino per bene”, il regista aggiunge con sorridente complicità che “questa è l’unica vera bugia della fiaba eterna cementata nei cuori di tutti”(39). Quello su cui puntano l’attenzione i nuovi lettori, seppur accecati dai fari abbaglianti della tecnica moderna, è il senso della redenzione finale del processo di umanizzazione, in cui il ragazzino, spiritualmente rinnovato, si evolve passando “dall’indole birbantella al senso del dovere, dal peccato e dal tradimento ai successivi sensi di colpa, giungendo a una rinascita”(40) che,con grande forza morale, gli insegna ad apprezzare le potenziali risorse del lavoro, del disinteresse,della condivisione nel dolore … La concreta trasformazione che egli trasmette è quella psicologica interna al soggetto che, assumendo consapevolezza di sé, sottolinea come il cortocircuito tra istanze individuali e necessità del sacrificio, tra desiderio di vagabondaggio e stabilità, supporti il desiderio istintivo di esaminare con occhi nuovi la realtà e di accettarne le regole per intima convinzione, senza, però, rinnegare le mirabolanti peripezie della sua precedente vita burattinesca, perché un uomo senza passato è un albero senza foglie, un corpo senz’anima.
Generale, dunque, l’ok per lo studio, anche alle scuole superiori, di questo “carissimo amico dei giorni più lieti”(41) per gli incalcolabili effetti benefici di una sfida generazionale che, alimentata dal coraggio della disubbidienza, favorisca crescita interiore e umana, per il bisogno di penetrare nei meandri del cuore del vivace ragazzo di strada e introiettarne l’assioma gnomico secondo cui “chi vive senza follie non è così saggio come crede”(42), per dimostrare che le virtù veramente portanti sono il vigore del pensiero e la libertà di utilizzarlo, per ravvivare l’incendio di una passione che induca a scalare le montagne per raggiungere la vetta … Coltivare una mente geniale è un imperativo morale per chi non vuole soccombere da ciuchino … mai, nemmeno in piena estate, mentre si nuota tra le onde del mare azzurro o ci si libra nell’aria legati alle ali di un deltaplano … Le orecchie lunghe e la coda lascerebbero per sempre una profonda cicatrice nell’anima …
Matilde Perriera
NOTE
1) Josè Ortega Y Gasset, Aforismi, 1940
2) Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, Cap. 4, 1881
3) Roberto Benigni, Pinocchio, Oscar 2002
4) Giovanni Jervis, Ibidem
5) Giorgio Manganelli, Pinocchio nella letteratura per l’infanzia, 1977
6) Giorgio Manganelli, ibidem
7) Giovanni Jervis, Prefazione a le avventure di Pinocchio, 1968
8) Francesca Rivelli, Tutti contro Benigni, www.clonedb.tk, novembre 2009
9) Mario Panzeri, Lettera A Pinocchio , 1959
10) Luigi Comencini, Le avventure di Pinocchio, 1972
11) Giorgio Manganelli, ibidem
12) Roberto Benigni, Intervista, Ibidem
13) Roberto Benigni, Intervista, Ibidem
14) Carlo Lorenzini, 1826 –1890
15) Roberto Benigni, Intervista, Ibidem
16) Paul Hazard, La letterature enfantine en Italie, 1914
17) Fondazione Nazionale Carlo Collodi, stima basata su fonti Unesco, fine anni Novanta
18) Giacomo Biffi, Contro Mastro Ciliegia, in CulturaCattolica.it, 1997
19) Roberto Benigni, Pinocchio,
20) Roberto Benigni, Intervista, 2002
21) Luigi Comencini, Le avventure di Pinocchio, Film, 1972
22) Carlo Collodi, all'anagrafe Carlo Lorenzini, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, 1881
23) Giacomo Biffi, Ibidem
24) Andrea Monda, L'errore di Mastro Ciliegia, ilpostodelleparole.typepad.com, 2007
25) F. Fellini, Intervista, 1988
26) Ljuba Cordara e Anna Rita Fabbri, www.convivioastrologico.it
27) Vittorio Spinazzola, Pinocchio e C., Il Saggiatore, 1997
28) Giacomo Biffi, Ibidem
29) Giorgio Manganelli, Ibidem
30) Giorgio Manganelli, Ibidem
31) Traiano Boccalini, I ragguagli di Parnaso, 1615
32) Italo Calvino, Pinocchio, Saggi 1945-85
33) Cardinale Giacomo Biffi , www.siciliacristiana.eu
34) Roberto Bertacchini, Il Padre di Pinocchio, 1993
35) Luigi Pirandello, 1867 –1936
36) Myriam Parissi, Le categorie del comico: metafora della realtà, 2000
37) Renato Bertacchini, Collodi educatore, 1964
38) Marco Lodoli, Io prof nell’aula in tempesta, 2001
39) Roberto Benigni, intervista, ibidem
40) D. Catallo, in www.blackmailmag.com
41) Mario Panzeri, Ibidem
42) François De La Rochefoucauld, Aforismi, 1620
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