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Riflessioni sulla Semplicità

Riflessioni sulla Semplicità

di Alberto Viotto    indice articoli

 

Investimenti

Aprile 2017

  • La trappola dell'inflazione

  • La follia del debito pubblico

  • Chi ci ha guadagnato

  • I consulenti, le commissioni

  • Vivere a prestito

  • Una economia senza prestiti

  • L'esempio del mutuo

  • Dove sono finiti i soldi?

  • Vivere senza prestiti

  • Il gioco dei soldi

  • Se le norme fossero semplici

 

Investimenti

 

Semplificare la finanza

 

L’idea che, se una persona ha molti soldi, ne possa ottenere altri senza rischio e senza fatica con degli ‘investimenti sicuri’ è insensata; una cosa del genere non può avvenire se si semplifica la finanza. Investire i propri soldi significa prestarli a qualcuno e dovrebbe comportare sempre un rischio inversamente proporzionale all’interesse.

 

 

La trappola dell’inflazione

Normalmente i soldi perdono valore nel tempo, per cui si deve calcolare quanto degli interessi di un investimento è recupero dell’inflazione e quanto vero guadagno. Se l’inflazione è al 2%, 100 euro di un anno fa corrispondono a 102 euro di adesso. In questa ipotesi, se si è investito 100 e dopo un anno si ottiene 105, il guadagno effettivo non è del 5% ma circa del 3%. Moltissimi investitori non hanno chiaro questo aspetto, tantomeno il fisco che tassa i guadagni nominali: si dovrebbero tassare (eventualmente con una aliquota più alta) soltanto i guadagni effettivi.
Un debitore spera che l’inflazione sia elevata, perché i soldi che dovrà restituire varranno di meno. Per un paese come l’Italia, con un elevato debito pubblico, l’inflazione comporta un ridimensionamento del debito. Se l’inflazione è bassa, come in questo momento (2016) in cui è quasi nulla, i tassi di interesse diminuiscono, ma tutti i titoli emessi nel passato continuano a produrre interessi elevati (ci sono dei BTP in scadenza nel 2023 che rendono il 9%)(1). Quando questi titoli sono stati emessi nel 1993 l’inflazione era al 5% ed il loro rendimento effettivo del 4% circa; con inflazione zero il loro rendimento effettivo è del 9%.

 

La follia del debito pubblico

La principale fonte di guadagni ingiustificati sono i titoli di Stato. Uno Stato può farsi prestare soldi dai cittadini impegnandosi a restituirglieli con gli interessi, emettendo titoli di ‘debito pubblico’ (in Italia, BOT, CCT, BTP), ma è una pessima idea. L’Italia si è rovinata con gli interessi sul debito pubblico; nel 1993 il debito era di 1.528.561 miliardi di lire (corrispondenti a circa 800 miliardi di euro)(2). Dal 1993 ad oggi il coefficiente di deprezzamento (l’inflazione)  è di 1.84, per cui quegli 800 miliardi adesso sarebbero 1.430 miliardi. Nel frattempo abbiamo speso circa 1.700 di interessi(3), di cui 1.070 di interessi ‘veri’, al netto dell’inflazione. Per tutti gli anni ’90 l’interesse medio dei titoli di Stato a 10 anni è stato del 9%, di fronte ad un’inflazione media del 4%, con un rendimento reale del 5%
Il debito attuale è di 2.200 miliardi ma, se togliessimo la spesa per gli interessi sarebbe della metà circa, 1.130 miliardi.

 

Chi ci ha guadagnato

Questi 1.070 miliardi sono finiti ai detentori del debito pubblico, privati cittadini ma soprattutto banche italiane, rappresentando un folle trasferimento di soldi a chi non ha fatto nulla per aumentare la ricchezza reale, ma ha solo sfruttato la sua abilità nel gioco dei soldi. Altri soldi sono finiti alle banche per le commissioni di emissioni dei titoli.
Una possibile via di uscita è rimborsare a scadenza i titoli del debito pubblico stampando moneta. Per trovare un parcheggio all’enorme liquidità che si verrebbe a creare si potrebbero emettere titoli che non rendono niente, ma garantiscono, senza tasse, il recupero totale dell’inflazione; rappresenterebbero una sorta di deposito di sicurezza per chi non sa cosa fare dei propri soldi e non vuole correre il minimo rischio.

 

I consulenti, le commissioni

Il settore finanziario guadagna molto su chi investe. La maggiore fonte di guadagno sono le ‘commissioni’, pagate all’intermediario ogni volta che si vende o acquista qualche titolo. Naturalmente se si cerca di speculare, vendendo e comprando di frequente, le commissioni pagate aumentano e spesso portano l’investitore a fallire.
Le commissioni sono più alte se si affidano i propri soldi ad un ‘fondo di investimento’, perché in teoria chi gestisce il fondo dovrebbe fare investimenti migliori; la realtà è più semplice: i gestori dei fondi non sono in grado di fare meglio della media del mercato e i soldi dati a loro sono soldi buttati via(4).

 

Vivere a prestito

Prendere a prestito è incoraggiato, in ogni modo: spesso i messaggi pubblicitari non indicano il prezzo del prodotto, ma l’importo delle rate per l’acquisto a credito. I giornali sono pieni di pubblicità di finanziamenti, la mia banca online mi dà automaticamente 3000 euro non richiesti di disponibilità aggiuntiva, che corrispondono ad un prestito; se la disponibilità scende sotto i 3000 euro devo pagare salati interessi, per cui devo sempre stare attento a mantenerla al di sopra di questa cifra. Lo stesso settore finanziario è spesso chiamato ‘credito’.
I prestiti, invece, dovrebbero essere evitati ad ogni costo. Se, al limite, può avere senso fare un mutuo per essere proprietari della casa che si abita, non ha senso richiedere un prestito per disporre di una automobile nuova e più bella o di un televisore più grande – alla fine lo si paga molto di più del dovuto.

 

Una economia senza prestiti

L’economia sarebbe molto più semplice se non si dovesse ricorrere a prestiti. Se ognuno si comportasse esattamente come si comporta ora, ma potesse disporre di soldi suoi invece di richiederli a prestito, non ci sarebbe ulteriore inflazione, perché domanda ed offerta sarebbero le stesse. Il settore finanziario non drenerebbe risorse all’economia produttiva, anziché soldi ‘creati’ dalle banche, con molte complicazioni e un altissimo costo per chi li riceve, si userebbero solo soldi ‘veri’.

 

L’esempio del mutuo

Ci sono due persone, Giorgio e Gianni, che hanno un lavoro molto simile, una famiglia con lo stesso numero di persone, guadagnano più o meno la stessa cifra e vorrebbero possedere una casa, più o meno dello stesso costo. Giorgio ha ereditato dei soldi dai suoi genitori e può pagare la casa in contanti, mentre Gianni ha dovuto stipulare un mutuo ventennale.
Le spese ordinarie dei due sono pressoché le stesse ma mentre Gianni deve versare alla banca per le rate del mutuo tutto quello che non spende, Giorgio lo può mettere da parte. Dopo 20 anni Gianni è finalmente proprietario di casa, ma non ha un soldo da parte. Giorgio, invece, ha molti più soldi di quelli che aveva ereditato e che ha speso per acquistare la casa.

 

Dove sono finiti i soldi?

Molti dei soldi di Gianni sono finiti alla banca che gli ha concesso il mutuo, che ha effettuato del lavoro e si è presa un rischio (peraltro molto basso perché garantito dall’immobile) e giustamente ha ricevuto un compenso. Ma non sarebbe meglio che tutti fossero come Giorgio? Le attività veramente utili – la costruzione e l’arredamento della casa – sarebbero le stesse, la ricchezza prodotta – la casa – sarebbe la stessa, semplicemente non ci sarebbe bisogno di fare intervenire la banca e farla lavorare – per non produrre nulla.
Gianni non ha i soldi, Giorgio sì. Sarebbe meglio per tutti se li avesse anche Gianni! I soldi non sono altro che un sistema per distribuire la ricchezza ma evidentemente non sono distribuiti in modo ottimale, per cui c’è chi li presta alle banche e chi li deve prendere a prestito, creando lavoro inutile per il settore finanziario.

 

Vivere senza prestiti

Personalmente non ho mai chiesto un prestito e credo che molti siano nelle mie condizioni e molti altri con un po' di accortezza potrebbero esserlo. La cultura del “vivere a prestito” ha come effetto l’impoverimento della parte produttiva della popolazione e l’arricchimento del settore finanziario. In una buona società una persona dovrebbe avere i soldi per comprare quello che può ragionevolmente desiderare, non chiederli a prestito con l’effetto di arricchire le banche.

 

Il gioco dei soldi

La distribuzione dei soldi è legata in modo abbastanza blando alle capacità ed all’impegno di una persona, ma è invece strettamente legata alla sua capacità di saperci fare con i soldi, seguendo delle regole che appaiono gratuite ed arbitrarie, simili alle regole di un gioco. Fare sempre bene i conti, pagare i debiti all’ultimo giorno utile, contrattare per ottenere sconti o per farsi pagare il più possibile, sfruttare tutte le offerte e tutte le possibilità dei complicati regolamenti, ottenere tariffe agevolate, contributi, rimborsi, detrazioni e deduzioni fiscali sono attività che possono fare la differenza per la situazione finanziaria di una persona o di un’azienda.

 

Se le norme fossero semplici

Sapere fare i conti è utile alla società. Scegliere le cose con il migliore rapporto qualità-prezzo obbliga i fornitori ad essere efficienti, fa cessare la produzione di cose inutili incentivando quelle utili. Acquistando il latte di buona qualità a basso costo si fa cessare la produzione del latte dello zio Pino(5). Se però le regole sono troppo complicate, se le tariffe sono una giungla e per ottenere sconti si devono fare calcoli cervellotici e seguire procedure complicatissime, la funzione di ottimizzazione svanisce: si premia il più abile, il più bravo a giocare con regole arbitrarie, ma la società non diventa più efficiente.
La bravura nel gioco dei soldi non genera ricchezza: si ottengono più soldi ma a scapito di qualcun altro che ne dovrà avere di meno.  Se la ricchezza non dipendesse dalla bravura nel gioco dei soldi, se i guadagni derivanti dall’abilità finanziaria sparissero, ci sarebbe una distribuzione più equa e si ridurrebbe la formazione di ‘bolle’ di ricchezza, caratterizzate da persone che possiedono patrimoni totalmente sproporzionati al loro contributo alla ricchezza reale.

   Alberto Viotto

 

Se qualche lettore trovasse questo articolo interessante o ne volesse discutere, all'autore farebbe piacere ricevere delle e-mail all'indirizzo: alberto_viotto@hotmail.com

 

NOTE

1) http://www.borsaitaliana.it/borsa/obbligazioni/mot/btp/scheda/IT0000366655.html?lang=it Btp-1nv23 9%

2) https://it.wikipedia.org/wiki/Debito_pubblico#Il_debito_pubblico_in_Italia

3) www.corriere.it/economia/14_agosto_04/interessi-record-debito-a166b68a-1b92-11e4-91c9-c777f3f2edee.shtml

4) www.riflessioni.it/scienze/teoria-mercati-finanziari-1.htm

5) www.riflessioni.it/scienze/piange-consumatore.htm

 

 

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