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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Gianluca Magi

Gennaio 2010

 

Gianluca Magi, uno dei massimi orientalisti italiani, fondatore (nel 1997) e direttore della Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, docente di Storia e filosofia della religione indiana all'Università di Urbino. Impartisce una tecnica di meditazione che combina spunti del tantrismo, del sufismo, del taoismo e del buddhismo. Scrittore di successo, tra le sue pubblicazioni, il longseller I 36 stratagemmi. L’arte segreta della strategia cinese, [Presentazione di Franco Battiato], Il Punto d’Incontro, Vicenza 2003, 2009 XXI rist. (tradotto in tedesco per la Random House e in spagnolo per la Obelisco Ediciones); Il dito e la luna, [Presentazione di Gabriele Mandel khan], Il Punto d’Incontro, Vicenza 2002, 2009, VIII rist. (tradotto in tedesco per la Random House); La Via dell’Umorismo [Presentazione di Alejandro Jodorowsky], Il Punto d’Incontro, Vicenza 2008, 2009, V rist. (tradotto in tedesco per la Random House); La nobile arte dell’insulto [Introduzione, Traduzione dal cinese dell’opera di Liang Shiqiu, Commento e saggio introduttivo dal titolo “Le arti marzali della parola”], Einaudi, Torino 2006, 2009, IV rist.; La vita è uno stato mentale. Ovvero la conta dei frutti delle azioni secondo l’insegnamento di Phalu il Kashmiro [Introduzione, Traduzione dal tibetano, Commento e saggio introduttivo dal titolo “L’umana esistenza in un guscio di noce”], Bompiani, Milano 2009. Sempre per Bompiani ha curato: voci primarie e voci secondarie indologiche in Enciclopedia filosofica, 12 voll., (2006).
Il suo sito internet è: www.gianlucamagi.it

1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?

La felicità ha innumerevoli forme. Laddove qualcosa ti afferra dentro e ti spinge a cercarla, a scoprire dov’è non si abbia paura di seguirla. Può trovarsi ovunque. Può essere nel tuo lavoro, se l’hai scelto perché ti piaceva. Ma se pensi: «Oh, no! Non posso farlo!», oppure «No, non sarò mai in grado di fare il lavoro che fa il tale» allora il drago nero ti tiene prigioniero. Occorre affrontarlo, come insegnano le antiche epopee eroiche.

 

2) Cos’è per lei l’amore?

È la strada dove le nostre impronte invece di seguirci ci precedono. È uno stato di grazia dove la volontà illusoria della parte si sottomette completamente alla volontà reale del Tutto. Il centro emozionale, limitato nella sua individualità, non potendo contenere questa mareggiata d’amore totale, si trasforma in canale e distribuisce agli altri ciò che riceve senza sosta. «Omnia vincit amor et nos cedamus amori», ci bisbiglia all’orecchio, da oltre duemila anni, il buon Virgilio nella decima ecloga delle Bucoliche. E noi sentiamo che laddove non abbiamo paura, l’amore vince.

 

3) Professore Magi come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

Il rapporto con la sofferenza, così come il rapporto con il divino, è personale. Con la meditazione si apre uno spazio di pace. La vita è piena di disagio, ma esiste una possibilità d’uscita dalla sofferenza. È uno spazio, uno stato mentale o di coscienza (non un luogo determinato come il paradiso) proprio qui, nel turbinio della vita. È lo stato che ritrovi quando non sei più spinto a vivere da desideri compulsivi, da paure e impegni sociali, quando hai trovato il tuo centro di libertà e puoi agire per scelta. L’azione volontaria che nasce da questo centro è quella del Bodhisattva, la gioiosa partecipazione ai dolori del mondo. Non ne sei più preda perché ti sei liberato dalle grinfie della paura, del piacere e dei doveri, che regolano il mondo. E questo accade quando il livello del cuore si risveglia alla compassione: com-passione, sofferenza condivisa. L’esperienza della partecipazione alla sofferenza di un’altra persona è l’inizio dell’umanità. A questo livello resusciti nello spirito, muori nella tua natura animale, muore l’animale che ti porti dentro e torni a vivere come un’incarnazione umana della compassione.

 

4) Cos’è per lei la morte?

«Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla», ci ricorda sorridendo il maestro taoista Zhuangzi. La morte è un’illusione individuale. È un velo gettato sugli occhi dei vivi. L’individualità è mortale, il Tutto è eterno. E, tra l’altro, se si pensa troppo alla morte è perché non si è sicuri della vita. Ma di converso, più si esorcizza la morte fingendo di essere eterni più noi e la nostra società ne siamo permeati. È questione di equilibrio. Bisognerebbe considerare la morte un esercizio quotidiano, in modo da poterla affrontare, quando verrà a bussare alla porta, da uomo e non da verme.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

L’evoluzione, il perfezionamento, oltre un progetto esistenziale, è il destino dell’uomo. Progetto che parrebbe risibile e anacronistico di fronte al malcostume e all’inquinamento morale italiano, di cui certi politici - trogloditi, arroganti e presuntuosi – ne sono l’emblema. La responsabilità di uno scrittore o di un insegnante, nel mio caso, è di cercare di invertire la tendenza, anche a costo di disattendere le aspettative dei lettori o degli allievi. E nel trasmettere il senso più profondo dell’esistenza il mondo delle influenze si rivela complesso e insondabile. Del resto, come diceva, Sant’Ignazio: «Chi non progredisce, retrocede». O, se si preferisce: chi non evolve, si dissolve.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Da sempre, tutti, presto o poi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada, come colpiti con la forza di un’annunciazione: Ecco quello che devo fare. Ecco la ragione per cui sono vivo. Ecco perché il mondo mi desidera. Ecco quello che devo avere. Ecco chi sono. A volte questa forza giunge all’improvviso e si rivela con la facilità con cui si apre un ventaglio. I sensi si espandono e il progetto esistenziale si svela.

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

Io per natura sono portato alla solitudine, allo stare con me stesso. Sono socievole ma non oltremodo sociale. Ciò non significa che io sono un solipsista. Amo la presenza degli altri, ma non 24 ore su 24. La ricerca ossessiva di socialità è una forma d’isteria, che conduce al “cazzeggiare", all’allontanamento da se stessi e alla reale vicinanza con gli altri. Diviene un fuga. Prima di apprezzare realmente la presenza degli altri devo apprezzare il mio star bene con me stesso.

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Di fronte alle bassezze e futilità di un certo tipo d’umanità che mi distolgono dai reali obiettivi, cerco di sintonizzarmi con correnti benefiche che mi rendono non condizionabile alle influenze volubili e stranianti. Al mattino, mentre si fa colazione, si ascoltino i grandi del passato – Bach, Händel, Vivaldi, Corelli – è un modo per affinare la sensibilità verso il bene, verso il meraviglioso mistero dell’esistenza. Si viene trasportati in zone celestiali del pensiero. Da quelle altezze, per moto naturale, spontaneo, si dribbla il male, il trivio. È un gioco d’affinamento.

 

9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Sono uno che si è abbeverato a tutte le fonti possibili, senza mai appartenere a nessuna. Con lo studio e la ricerca attraversi le colonne d’Ercole del pensiero, scopri che, alla sommità della montagna, il panorama è lo stesso per tutti e che le differenze non esistono. Al giorno d’oggi, per ciascuno di noi, è qualcosa di assolutamente necessario avere un centro della trasformazione, un luogo sacro in cui le mura del tempo possano dissolversi rivelando un miracolo. Un luogo sacro può essere uno spazio, oppure delle ore particolari, oppure un giorno in cui ignoriamo che cosa c’era scritto al mattino sui giornali, gli obblighi che abbiamo verso gli altri e gli obblighi che gli altri hanno nei nostri confronti. È il luogo dell’incubazione creativa in cui poter fare semplicemente esperienza e sviluppare lo sguardo interiore su ciò che siamo e potremmo essere.
All’inizio puoi scoprire che non succede niente, ma se possiedi un luogo sacro e te ne servi, prima o poi - e ci vuole pazienza - qualcosa accade. Sottolineo “pazienza”, perché il saper dare tempo e avere tempo e metterci tempo, il saper assaporare come ogni cosa abbia la sua stagione sono atteggiamenti estranei al nostro tempo che impone ed esige impulsività e fretta maniacale e non tollera interruzioni. Dicevano gli alchimisti: «Nella tua pazienza è la tua anima» e «La precipitazione viene dal demonio».

 

10) Qual è per lei il senso della vita?

È una sacra e innocente gioia di vivere. Magari un giorno all’imbrunire ti trovi in campagna e accade di sentirti accanto al soprasensibile. E scopri che l’esistente ha in sé i tratti di quello che chiamiamo spirito. La vita non è una landa di lacrime, come taluni ci hanno voluto far credere. Lasciando perdere ogni pretesa, consapevoli dei propri meccanismi di difesa, si riesce a vivere con gratitudine il miracolo di essere vivi. È come la felicità del bambino mentre gioca: nel suo sguardo limpido, in cui ogni particolare è un miracolo, si squaderna il senso della vita.


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