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Riflessioni sulla Tecnosophia di Walter J. Mendizza

Riflessioni sulla Tecnosophia

di Walter J. Mendizza - indice articoli

 

Aspettando la fine del fondo...

Dicembre 2012


Siamo a dicembre, tra poco sarà il famoso 21.12.2012 e in questa rubrica non poteva mancare un riferimento all’imminente fine del mondo. Una trovata di marketing messa in piedi da qualche brillante mente perversa che ha saputo sfruttare le nostre paure più profonde. Ad ogni modo quello che appare chiaro è che non se ne parla più ormai da qualche mese, meglio dimenticare e far dimenticare questa insensata profezia. I media non proferiscono più parola. Talmente vergognosa è stata la panzana che nessuno di quelli che scrivevano o parlavano sul tema ha detto più niente: nessuno fa il benché minimo squittio. Hanno buggerato mezzo mondo, ci hanno guadagnato sopra e adesso stanno cheti cheti, guardano dall’altra parte, cambiano tema … non sia cosa che qualcuno possa chiedere il conto delle loro baggianate.

Ma non devono temere, noi siamo italiani brava gente… ci piacciono quelli che sanno raccontarla, nessuno tiene conto delle balle che ogni giorno ci riferiscono i giornali, la radio o la tv; abbiamo acquisito una insensibilità alle notizie. Potremmo definirla assuefazione, cioè quella situazione in cui dopo un periodo di prolungata esposizione a uno stimolo, questo perde il suo richiamo e possiamo di nuovo percepirlo solo se esso varia. E’ questo il motivo per il quale una notizia non dura più di qualche giorno: siamo diventati avvezzi ad essa, come i sensation seekers, cioè i cercatori di emozioni che si assuefanno in brevissimo tempo e devono andare alla costante ricerca di stimoli nuovi.

Nel caso della “fine del mondo” c’erano alcune caratteristiche che la rendevano appetibile e soprattutto sfruttabile dal punto di vista commerciale: l’intensità, la durata, la rilevanza, la discriminazione. La discriminazione è la caratteristica di uno stimolo di essere semplice o complesso. Lo stimolo semplice stanca prima. Nel nostro caso, la fine del mondo, si presentava come uno stimolo complesso. Insomma, un business garantito da tutti i punti di vista; forse un po’ meno da quello della logica, ma si sa, mica sono le cose più logiche ad essere quelle più vendute; tra pochi giorni dovrebbe finire il mondo ma siamo, logicamente, tutti tranquilli. Il business della profezia Maya ha fatto l’en plein nei mesi scorsi e adesso langue. Gli agitatori di professione, quelli che tirano le pietre nello stagno (salvo poi nascondere la mano) hanno fatto il loro gioco: lanciato il sasso con una mano e incassato con l’altra.

Se non altro il merito del 21/12 è stato quello di aver dato un minuto di notorietà a coloro che hanno dovuto spiegare che i maya semplicemente cadenzavano in ère il loro calendario, il 21/12/2012 era solo la fine di un’epoca, come il nostro 31 dicembre è la fine dell’anno. Nulla di più. Stuoli di professionisti, di archeologi e studiosi anche seri che mai e poi mai avrebbero avuto un solo minuto di gloria, furono chiamati a spiegare quello che già sapevamo: che la storiella della fine del mondo era una gran sciocchezza.

Solo un anno fa, invece, sembrava che un tragico destino stesse attorcigliandosi attorno all’umanità come un drappo funebre. Una mestizia universale e titanica, grande come solo la fine del mondo può essere, si profilava all’orizzonte minacciando le vite di tutti noi. Andavano a ruba le opere dei più attenti inquirenti di segni del destino, i migliori investigatori di tracce e segnali dell’incombente apocalisse. Si parlava solo del lato oscuro della scienza e ci fu fornita una dettagliata mappa di previsioni e possibili scenari di cui avremmo avuto esperienza diretta dal 21 dicembre in poi, almeno per quel poco che ancora ci fosse dato di vivere. Complice una serie di coincidenze che mettevano in relazione i Maya con gli Egizi e con…

Le coincidenze sono come gli esami nella vita: non finiscono mai. Spesso ci rivolgiamo al sovrannaturale quando non riusciamo a capire una coincidenza, una concomitanza di eventi, una convergenza di avvenimenti. Sono fatti che in un primo momento ci lasciano sbalorditi, appaiono inspiegabili. Cercare una interpretazione, una decifrazione dei fatti è stato il modo in cui l’umanità per migliaia di anni ha ceduto a superstizioni, ha costruito scaramanzie o si è arresa alle credenze popolari. Purtroppo anche ai nostri giorni nonostante tutta la scienza, tutto il sapere diffuso, internet e quant’altro, nulla cambia: così il calendario dei Maya è venuto al pettine come due anni prima vennero i nodi dei cerchi nel grano o prima ancora quando si parlò dell’età dell’Acquario, delle Centurie di Nostradamus, delle leggende cambogiane, dei presagi dei teschi di cristallo, della teoria delle piramidi d'Egitto, dei Templari del Santo Graal, delle profezie di Malachia…

Non sono mancati quelli che hanno rilevato le inquietanti coincidenze di maremoti, tzunami, alluvioni e terremoti che annunciavano la catastrofe finale o quelli che già da tempo vengono notando che “le stagioni non sono più quelle di una volta” (il luogo comune più diffuso che esista). Perché si deve dare a una coincidenza un significato metafisico? Una coincidenza è la concomitanza di due o più fatti. Perché ci lasciamo sconvolgere da avvenimenti apparentemente inspiegabili? Solo perché sono concomitanti? Basta sviluppare la capacità di rilevare le numerose coincidenze che si verificano in continuazione nella vita di tutti i giorni e vedere che nelle infinite possibilità che si aprono davanti a noi, è il nostro cervello a mettere in relazione gli eventi.

Ad esempio, si dice che Wagner fosse triscaidecafobo, dal greco triscaidecafobo tris (tre), triscaidecafobo kai (e), triscaidecafobo deka (dieci), triscaidecafobo (timore) e cioè che avesse una avversione per il numero 13. Su questa base molte persone si sono impegnate (a posteriori) a trovare le tante coincidenze tra gli eventi della vita del grande compositore e il numero 13. Ad esempio:

  1. Suo padre si chiamava Carl Friedrich, nome composto da 13 lettere;

  2. Sua madre si chiamava Johanna Rosine, nome composto da 13 lettere;

  3. Anche il suo nome e cognome, Richard Wagner, è composto da 13 lettere;

  4. Nacque nell’anno 1813;

  5. Compose 13 grandi lavori musicali;

  6. Costruì un proprio teatro, il Festspielhaus, nome composto da 13 lettere;

  7. La sua opera più importante, il Tannhäuser, la terminò il 13/4/1845 e andò in scena il 13/3/1861;

  8. Terminò il Parsifal, la sua ultima opera, il 13/1/1882;

  9. Morì il 13/2/1883;

  10. Venne sepolto nel giardino della villa Haus Wahnfried, nome composto da 13 lettere;

In teoria possiamo continuare noi stessi a trovare altre concomitanze tra Wagner e il numero 13, ad esempio che la prima e l’ultima cifra dell’anno di morte (1883) formano appunto il numero 13  oppure che sommando le cifre dell’anno della sua nascita (1+8+1+3) il risultato fa 13. A questo punto, se trovassimo ancora un’altra coincidenza potremmo fermarci a considerare che abbiamo trovato 13 coincidenze! Questo per spiegare che le variabili in gioco sono talmente tante che è facile trovare il 13 e quindi rafforzare la supposta triscaidecafobia.

Se ci mettiamo a voler notare coincidenze, comprendiamo subito che tutto può essere messo in relazione con qualsiasi altra cosa. Ad esempio la triscaidecafobia stessa nasce da un episodio storico: il 13 ottobre del 1307 i Cavalieri Templari furono arrestati in Francia dal re Filippo il Bello con l’appoggio dell’Inquisizione francese. Se proviamo a sommare a questa data le ultime 3 cifre alla rovescia, cioè “703” otteniamo la data del 13 ottobre del 2010. Guarda caso, questa data (per chi non lo ricorda) venne indicata come il giorno in cui ci sarebbe stato un contatto massivo sulle principali città di tutto il mondo: il giorno della rivelazione degli ufo all’umanità. Invece non accadde nulla. Però comunque una cosa accadde quel giorno: furono riportati alla luce i 33 minatori cileni che rimasero intrappolati 69 giorni all’interno di una miniera nel deserto cileno di Atacama. Guarda caso, la coincidenza vuole che alla data 13 ottobre manchino proprio 69 giorni per il 21/12. E se andiamo a vedere quanti giorni mancavano allora per il 21/12/2012, ebbene mancavano 753 giorni. 753 è un numero che ci dice qualcosa: Nel 753 a.C. fu fondata Roma e secondo la leggenda fu il 21 aprile. Coincidenza vuole che il 21 aprile sia il 111° giorno dell’anno e quindi ne mancano 254 alla fine. Ancora una coincidenza: il 254° giorno corrisponde all’11 settembre … data dell’attacco alle torre gemelle … E così via in una infinita sfilza di coincidenze.

In questo modo, siamo partiti da un episodio storico, l’arresto dei Templari per arrivare all’attacco alle torri gemelle. La verità è che è la nostra mente a farci scherzi cercando date e concomitanze. Il 21/12/2012, ossia 2112-2012, viene esattamente il giorno dopo del 2012-2012. La ripetizione di cifre e numeri ha qualcosa di magnetico, è sempre stato sintomo di grandiosi accadimenti; succederà qualcosa anche se non si sa esattamente cosa, potrebbe esserci un terremoto, un’epidemia, un’onda anomala, una guerra, l’inizio di una nuova era, un omicidio, un amore che nasce, un bicchiere che cade a terra … Qualsiasi cosa, come in qualsiasi giorno dell’anno.

Forse l’unica certezza è che dallo spazio per il momento non arriva nessun pericolo, ci sarà un asteroide che potrebbe colpire la terra, ma arriverà nel 2036. Il nome dell’asteroide apre un altro fanta capitolo di approfonditi studi poiché deriva dal dio egiziano Apophis, che significa il “distruttore”. Tuttavia è troppo lontano nel tempo per occuparsene già da oggi, quindi non vale per un immediato esorcismo.

In conclusione, per il momento appaiono veramente insignificanti i preparativi all’estremo addio dell’ umanità intera. Solo i francesi, per non trovarsi impreparati all’accoglienza turistica, hanno deciso di chiudere al pubblico per il 21 dicembre il picco di Bugarach, la località dei Pirenei che, grazie anche al passaparola sul web, è considerato uno dei pochi luoghi della terra che resteranno intatti al momento dell’apocalisse. Ecco, con questa ultima baggianata possiamo dire che abbiamo dato fondo a tutte le idee. Non ci resta che aspettare la fine del fondo.

 

   Walter J. Mendizza

 

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