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Riflessioni sulla Tecnosophia di Walter J. Mendizza

Riflessioni sulla Tecnosophia

di Walter J. Mendizza - indice articoli

 

A chi servono i cimiteri?

Febbraio 2011

 

Ci siamo mai chiesti a cosa servono i cimiteri e soprattutto a chi servono? Essi rappresentano duplicati raccapriccianti dei nostri sobborghi di periferia. Dalle minuscole strutture abitative dei quartieri periferici si passa al loculo senza soluzione di continuità: dalle gabbie abitative alle nicchie. I cimiteri non sono funzionali al ricordo, nella grande maggioranza sono sgraziati e producono addirittura un effetto opposto al raccoglimento e all’interiorizzazione della propria fragilità. Ma allora a cosa servono i cimiteri?
Si potrebbe pensare che il problema dell’inadeguatezza e della bruttezza dei cimiteri non esista: in fondo a coloro che lasciano questo mondo la cosa non interessa granché, i cimiteri sono costruzioni inventate dai vivi e per i vivi, non certo per i morti. Tuttavia il problema dei cimiteri esiste eccome, tra qualche anno i decessi supereranno le nascite e i posti sono limitati. Dove metteremo tutti questi morti? In Italia ci sono 15.834 cimiteri; la mortalità annuale media della popolazione è del 9,5 per mille, quasi uno per cento, cioè circa 550.000 decessi annui. Più della metà sono sepolture per tumulazione e un po’ meno della metà sono sepolture per inumazione. Solo un decimo sono cremazioni.
Se facciamo un po’ di conti in termini di edilizia, vediamo che il volume dei loculi corrispondono a circa 700.000 metri cubi che equivalgono più o meno a 2.500 appartamenti e necessitano 390.000 tonnellate di materiale edile. Per le inumazioni si movimentano invece un milione e mezzo di mc di terra, cioè un volume corrispondente ad oltre 5.000 appartamenti. Per le 50.000 cremazioni, invece, l’impatto è pressoché trascurabile.
Dal punto di vista della nostra associazione Tecnosophia che promuove un’ecologia razionale, non c’è alcun dubbio che la cremazione riduce l’impatto ambientale. Si tratta di una scelta di maturità civile e sociale che rispetta il prossimo e l’ambiente e che dovrebbe essere incentivata. Eppure in molte Regioni si continua a legiferare in modo che i Comuni “si dotino di un apposito registro in cui siano annotati coloro che abbiano espresso la volontà alla cremazione e all’affidamento o alla dispersione delle proprie ceneri”… Esattamente il contrario di quanto appare logico. Una buona legge dovrebbe disporre di cremare tutti e caso mai chi non lo volesse dovrebbe fare specifica richiesta di sepoltura o tumulazione.
Il problema è che la gente continua a fare le cose che ha sempre fatto senza chiedersi il perché, ed anche i legislatori non sfuggono a questa sorta di routine dove le idee sono così radicate negli encefali, da agire come dettati ipnotici che non sopportano di essere messe in discussione e neppure mai guardate da vicino. L’idea che quando uno muore debba per forza andare in cimitero è un pensiero che ci possiede e ci governa con mezzi che non sono logici ma psicologici e quindi radicati nel fondo dell’anima.
E com’è noto, la ragione fa fatica a far giungere la sua luce alle cose radicate nel fondo dell’anima e il cimitero è una di queste cose ben radicate nel fondo della nostra anima. I morti devono stare con i morti. Punto. E’ un’idea semplice che non dà problemi, facilita il giudizio e in qualche modo ci rassicura.
Ma a cosa serve continuare ad alimentare quest’idea malsana? I cimiteri non sono luoghi di riflessione e neppure di armonia con il ricordo del caro estinto. Anzi, se teniamo conto degli oneri notevoli per la famiglia del morto e degli affari al limite della legalità che alle volte si muovono nel business delle esequie funebri mai come in questo caso l’espressione “caro estinto” andrebbe reinterpretata: la parola “caro” va intesa non come aggettivo riferito a chi è oggetto di amore e di affetto, ma come sostantivo, vale a dire “di prezzo alto”. Dunque caro estinto nel senso di costo elevato del defunto dato che il prezzo del metro quadro nei cimiteri delle grandi città costa ormai quanto quello di un appartamento. Uno spazio dunque non a buon mercato e che per di più non serve a nulla.
I cimiteri richiedono cure continuate per scavare, interrare, seppellire, dissotterrare, riesumare, estumulare, ecc. Per questi motivi diventa sempre più imprescindibile pensare a forme più “pulite”, più igieniche di sepoltura e che permettano di mantenere il legame con la parte organica del proprio caro trapassato. In questo ci viene incontro la tecnologia: oggigiorno è possibile trasformare le ceneri di cremazione di una persona in un diamante. Un vero e proprio diamante, giacché il diamante è fatto di carbonio e le ceneri di cremazione contengono carbonio. Nella profondità della crosta terrestre, il carbonio viene sottoposto ad elevata temperatura e altissima pressione e questi fattori fanno nascere un diamante. Alla stessa stregua, il carbonio ottenuto dalle ceneri di cremazione può venir sottoposto ad elevate temperature e pressione.
Il diamante dunque può essere una moderna forma di sepoltura che bandisce il macabro ed offre uno spazio concretamente trascendente della memoria che non contrasta con le convinzioni né con le tradizioni. Il diamante permette di realizzare un sistema di elaborazione del lutto e custodia della memoria più moderno e coerente con un’etica tecnosofica basata sull’autodeterminazione e sulla trasformazione dell’umanità per via tecnologica, che è in definitiva lo sbocco naturale della nostra civiltà postindustriale. Da questo punto di vista, quando il futuro permetterà di estendere la durata della vita o di organizzare la propria sospensione crionica, la morte potrà diventare una scelta voluta e di conseguenza l’accesso all’eutanasia volontaria dovrà essere considerato un diritto fondamentale.
Alla immaterialità del ricordo il diamante offre una concretezza tangibile e l’angoscia che si annida nella profondità delle nostre solitudini diventa più sopportabile grazie alla “presenza” della persona che abbiamo amato e che non c’è più. Il cimitero non è più il posto dove si possa elaborare un lutto, non è un luogo della memoria del defunto, ma una sorta di discarica per la raccolta e il trattamento di rifiuti speciali. Le salme degli umani.

 

   Walter J. Mendizza

 

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