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Riflessioni sulla Tecnosophia di Walter J. Mendizza

Riflessioni sulla Tecnosophia

di Walter J. Mendizza - indice articoli

 

Una proposta tecnosofica per la pace: privatizzare le religioni

Settembre 2015

 

La feroce esecuzione da parte dello stato islamico del professor Khaled Asaad, capo del sito archeologico dell’antica città romana di Palmira, non ha fatto riflettere sufficientemente l’occidente. Il professore probabilmente non aveva una innata disposizione d’animo ad accettare le logiche conflittuali che portavano alla devastazione del sito al quale aveva dedicato mezzo secolo della sua vita. I riconoscimenti degli archeologi di tutto il mondo l’ha fatto diventare una preda ambita dei terroristi che prima l’hanno arrestato, poi interrogato e torturato per oltre un mese e infine decapitato pubblicamente sulla piazza di Palmira probabilmente perché non aveva rivelato dove avesse portato le statue che erano state rimosse.
Il Papa e recentemente il presidente della Repubblica Mattarella, hanno fatto riferimento agli atti terroristici come prodromi di una terza guerra mondiale, e forse non hanno tutti i torti. Ma attenzione la terza guerra mondiale avverrà anche per colpa nostra, perché siamo diventati una società egoista e ignava, con un atteggiamento indifferente su quasi tutto. La terza guerra mondiale ci arriverà addosso non per le attività terroristiche del Califfato ma perché siamo pigri e indolenti, cinici e qualunquisti come quel menefreghista che faceva spallucce alla politica, ma un triste giorno, quando prese coscienza di ciò che aveva fatto raccontò sconsolato: "Quando presero i comunisti non dissi nulla, mica ero comunista. Neppure quando presero gli ebrei dissi niente, mica ero ebreo. Poi, quando presero gli zingari e gli omosessuali rimasi ancora zitto, tanto, non ero né l'uno né l'altro. E così, quando presero me, non era rimasto più nessuno a poter dire qualcosa".
Con le notizie che ci giungono dal Medio Oriente abbiamo lo stesso atteggiamento. Siamo un popolo che si è seduto, che non vuole più pensare. Il nostro stereotipo è Sanremo, è là che buchiamo gli indici di ascolto. Restiamo sprofondati davanti alla tv commerciale e forse un dibattito serio su quanto sta accadendo non ci interesserebbe neppure, perché in fondo è come se non ci riguardasse. E anche se fosse tutto quello che sapremo fare sarà schierarci con tifo da stadio nella consolante e gratificante bipartizione che ci danno a bere: “noi mondo civile” – “loro islam deviato da barbari sanguinari nemici dell’umanità” oppure più prosaicamente occidente contro oriente o cristianesimo contro islam. Una lettura semplificata e strumentale.
Quanti dibattiti sono stati indetti per analizzare gli aspetti economici e ideologici di questi atti efferati? Perché si colpiscono non solo le persone ma anche i monumenti e siti archeologici che costellano la valle del Tigri e dell’Eufrate? Si tratta di una razzia sistematica che in Iraq e in Siria i miliziani del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi attuano su questi siti considerati idolatri. Prima si effettuano alcune clamorose distruzioni simboliche e poi si consente ai trafficanti di arte antica di insediarsi ed effettuare scavi per portare via ogni oggetto e venderlo agli stessi occidentali che fanno finta di disperarsi. Oggi più che mai dobbiamo appoggiare la campagna che ha come obiettivo la codificazione del diritto umano universale alla conoscenza; il diritto di conoscere in che modo e perché i governi a vari livelli prendano determinate decisioni che influiscono su tutti noi, sui nostri diritti umani, sulle nostre libertà civili. I governi devono essere responsabili delle loro azioni e devono garantire un'adeguata informazione, che sia disponibile, accessibile e accurata secondo i principi dell'apertura e della trasparenza.
Solo così potremmo diventare adulti e cominciare a capire le logiche che stanno dietro i comportamenti. Altrimenti tutto diventa incomprensibile, ad esempio le motivazioni ideologiche delle devastazioni sono per noi occidentali completamente indecifrabili. Tuttavia lo scopo dichiarato dell’abbattimento di ogni sito estraneo all’Islam sunnita e più in generale risalente al periodo preislamico è quello di rinnegare che quegli oggetti idolatri possano far parte integrante dell’eredità islamica. Questa è la spiegazione che è stata inserita nelle menti obnubilate dei fanatici jihadisti alimentando quel furore iconoclasta che ha portato poi alla distruzione e alla vendita di quei marmi, di quelle pietre, di quelle statue, che sostengono la propaganda. Ma dato che ciò che conta sono i soldi e non le ideologie, l’operazione dell’abbattimento delle opere d’arte come si colloca? Si colloca esattamente nella stessa maniera dato che le casse del califfato si alimentano ugualmente giacché quelle distruzioni non fanno altro che aumentare il prezzo ai marmi, alle pietre e alle statue rimanenti.
Dobbiamo fermare la disinformazione poiché lo stigma dicotomico enfatizza fede e terrore a scapito di altre caratteristiche delle quali non si parla mai, come ad esempio l’imprenditorialità criminale e lo statalismo dell’islam. Tutti sappiamo che violenza e fanatismo religioso non sono fini in sé ma strumenti di potere e di ricchezza. I jihadisti si finanziano con ogni genere di contrabbando, dicevamo che distruggendo le statue assiro-babilonesi si fa aumentare il valore di quelle che restano, ma in quelle terre si contrabbanda tutto: dagli esseri umani alle droghe, dalle armi alle zanne di elefante, tutto è commercializzabile. Ma se c’è qualcuno che vende … è perché c’è qualcun altro che compra. Ma chi è che compra? Ebbene, chi compra siamo noi, cioè noi mondo elegante, pulito, raffinato, noi mondo occidentale, noi buoni, per intenderci.
Non c’è modo per venirne fuori. È un circolo vizioso che si autoalimenta. E cosa possiamo fare? Potremmo prendere consapevolezza della situazione disperata e farci promotori di un nuovo e grande gesto di responsabilità per la pace nel mondo: la privatizzazione delle religioni. La proposta non è quella di abolire le religioni ma semplicemente di “privatizzarle”, nel senso che ognuno possa adorare in privato il dio che vuole. A prima vista può sembrare una proposta choc ma non lo è affatto.
Le minoranze religiose sono perseguitate perché sono una minaccia per i fondamentalisti che nel volerle eliminare promuovono una visione totalitaria delle religioni. Il dibattito riguardante la necessità di promuovere una coscienza internazionale delle differenze (di razza, di lingua, di credo) che costituiscano una ricchezza nelle tre religioni abramitiche, è un dibattito sterile. La tutela delle minoranze religiose è una fatica di Sisifo che solo noi occidentali ci siamo caricati e che ci costa una barca di energie e di risorse. Che la religione diventi come il sesso, un fatto personale e riservato dove ciascuno fa quel che vuole nel privato di casa sua; pubblicamente, invece, dovrebbe essere vietato idolatrare chicchessia. In questo modo possiamo venir fuori dal binomio fede-terrorismo dato che tutto è intrecciato e tutto si tiene: il terrorismo, i traffici mafiosi, la corruzione. “It’s the criminal economy, stupid!”.
Siamo seri, mandiamo tutte queste incrostazioni del passato, religioni incluse, là dove invece dovrebbero stare: nel magazzino delle anticaglie. In pieno terzo millennio tutta questa esegesi della legge islamica come obbligo religioso e come prospettiva geopolitica, andrà tutta a farsi benedire e con ogni probabilità si risolverà il problema dell’emergenza profughi, si sgonfierà il califfato e i migranti cesseranno di arrivare a migliaia perché non vorranno più entrare nella laica Europa. Un cordoncino laico e invisibile di gran lunga più efficace del filo spinato per tenere lontano le fonti dell’odio.

 

   Walter J. Mendizza

 

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