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Riflessioni sulla Tecnosophia di Walter J. Mendizza

Riflessioni sulla Tecnosophia

di Walter J. Mendizza - indice articoli

 

Tecnosofia e pseudoscienza

Dicembre 2013


Si dice che una teoria è pseudoscientifica quando il metodo utilizzato per dimostrare le proprie affermazioni  non aderisce al c.d. metodo scientifico (sperimentale) che sta alla base della scienza moderna. Il termine deriva dal prefisso greco pseudo (falso, mendace) e dal latino scientia  (conoscenza). In qualche modo la pseudoscienza viola i requisiti di verificabilità richiesti dalla scienza. Perché un metodo, una teoria, una conoscenza, deve avere certi requisiti per definirsi “scientifica” come ad esempio, la riproducibilità, oppure che ogni dato utilizzato debba venir documentato per poter essere sottoposto a revisione paritaria da parte di chiunque desideri confermare la veridicità o falsità dei risultati dichiarati.

Fu Karl Popper che a metà del secolo scorso suggerì il criterio per distinguere la scienza da ciò che non lo è. Il criterio si basava sul concetto di “falsificabilità” e serviva per demarcare l’ambito delle teorie controllabili (che appartiene alla scienza) da quello non controllabile che egli denominò “metafisica”. Sotto questo cappello metafisico possono di buon grado rientrare anche più moderne teorie che al momento in cui Popper elaborava la sua epistemologia falsificazionista non esistevano o almeno non si erano manifestate con l’attuale virulenza. L’oroscopo ad esempio, continua ad essere pubblicato, e questo è già un segnale che viene letto, nonostante la sua attendibilità sia quasi zero. Quando cade un aereo con molti passeggeri a bordo, è presumibile che per qualche segno zodiacale, alcuni oroscopi avessero vaticinato una giornata meravigliosa. Allora, per il metodo del modus tollens (se da A si deduce B e se B risulta Falso, allora non può che essere Falso anche A), per una buona parte di quei sfortunati passeggeri, l’oroscopo risultò falso, allora non può che essere falso l’oroscopo in sé.

Bisognerebbe che il genere umano imparasse a discernere quando siamo di fronte ad una pseudoscienza e quando no: ad esempio è possibile capire la personalità di un soggetto in base alla distribuzione dei “nei” sul viso? Risulta difficile se non impossibile far assurgere questa disciplina a scienza, perché se ad esempio un neo appena sopra un sopracciglio significa abbondanza, basterà trovare una persona indigente con il neo in quel posto e subito la teoria sarà falsificata. Fine della storia. Per quanto possa essere affascinante tale disciplina, dobbiamo toglierla dal novero scientifico; altrimenti finiremmo per dover accettare che qualcuno pretenda di descriverci a partire dalla morfopsicologia, dalla fisiognomica, e, perché no, dalle linee della mano o dalla grafologia.

Sono certo che per molti lettori annoverare la grafologia tra le pseudoscienze potrà apparire alquanto irrispettoso; dopotutto la grafologia è una tecnica che si presenta bene ed è stata più volte usata anche nei tribunali. Eppure non è così. Si tratta di una errata percezione di ciò che è scienza; del resto quella usata nei tribunali non è la grafologia intesa come deduzione delle caratteristiche psicologiche di un individuo, bensì è una più semplice perizia calligrafica che invece serve per convalidare la paternità di una firma o una grafia. Di conseguenza anche la grafologia in realtà non è mai stata validata scientificamente e la sua attendibilità è pressoché nulla.

È importante sottolineare che la metafisica popperiana non necessariamente debba essere priva di senso ma anzi, essa è dotata di senso e significato, solo che non è scienza o almeno non è ancora scienza (anche se può, col crescere del nuovo sapere che affiora all’orizzonte, diventare scienza) perché non è mai falsificabile. Di conseguenza la "verifica" è necessaria ma non è sufficiente a garantire la verità di una teoria scientifica, rovesciando l'apparente “evidenza” secondo la quale la teoria scientifica sarebbe portatrice di certezza, laddove la caratteristica propria della scientificità di una teoria consiste nel suo essere fallibile.

Da questo punto di vista, come classificare il problema del surriscaldamento globale? E’ metafisica nel senso popperiano? No, non lo è. Ci sono due fronti opposti che si danno battaglia sul piano scientifico. Tecnosophia ritiene che il riscaldamento esista (così come c’è stato in altre epoche) ma che è in minima parte di origine antropica, cioè causato dall’uomo. Un’altra cosa ancora è la posizione secondo la quale il riscaldamento sia “una balla per impedire al Terzo Mondo di svilupparsi”. Questa affermazione rientra piuttosto sotto la teoria del complottismo, che per sua natura, non appartiene alla metafisica popperiana in quanto non è neppure verificabile.

Nei fenomeni come il complottismo, e per certi versi anche nelle leggende metropolitane o nelle bufale che nascono in continuazione dal Web, c’è sempre una spiegazione preconfezionata che non ammette contestazione. Per chi la sostiene è una sorta di dogma di fede. Internet è il terreno ideale per propagare queste idee bizzarre dovuto alla viralità che presenta una teoria complottista. Il meccanismo è semplice: si mette in dubbio una verità ufficiale rivelando cosa ci sarebbe dietro. E il gioco è fatto: le torri gemelle? Le hanno fatte crollare gli stessi servizi segreti americani per demonizzare il fondamentalismo islamico o per avere una scusa per andare a prendersi il petrolio. Le vaccinazioni? Sono addirittura nocive e vengono sostenute dai governi per dare profitto alle multinazionali farmaceutiche (la c.d. Big Farm). E così via in un crescendo rossiniano: sulla luna? Non siamo mai andati, tutto avvenne in uno studio cinematografico. Le scie chimiche? Materiale cancerogeno rilasciato da misteriosi aerei facenti parte di un piano segreto internazionale per porre un limite alla continua crescita della popolazione mondiale.

Bisognerà rassegnarsi a vivere con una percentuale di popolazione che più che credente, risulti credulona dato che si beve in continuazione queste tisane di realtà rovesciata, una sorta di matrix, di realtà artificiale, confinata nella fantasia (o fantascienza) della dietrologia. Ma mentre la metafisica in senso popperiano può venire in aiuto alla scienza e al ricercatore dandogli idee e prospettive per inquadrare i problemi, nella realtà rovesciata che ci propinano attraverso le bufale e complotti, non esiste nemmeno l’aspettativa di poter verificare la teoria in quanto c’è uno zoccolo duro della popolazione che non è disposta a cambiare queste idee, alimentando il sospetto che chi cerca di dimostrare che una cosa non è vera, fa parte del complotto.

Sarà anche vero che per molto tempo nell’evoluzione umana siamo state prede più che predatori e questo ha sviluppato una tendenza naturale a guardarsi sempre le spalle. I sospettosi sono sempre sopravvissuti più dei fiduciosi. O magari questa cultura del “guardare più in là” proviene dalla grande fiducia che in passato si riponeva verso i profeti o i re che intermediavano con le divinità: una inondazione o una pestilenza, erano segni di qualche cosa di grande o di potente che si manifesta, non poteva che essere qualche divinità e chi era in grado di comunicare con queste divinità deteneva indubbiamente un grosso potere. Secondo lo psicologo americano Julian Jaynes, era attiva nell’uomo una sorta di “mente mitica” avente lo scopo di percepire i segni divini.

È abbastanza plausibile che i complottisti facciano parte di un gruppo di persone che porta con sé nel proprio dna questa mente mitica, o che ha molto sviluppato nel proprio cervello il meccanismo del sospetto. In uguale percentuale ma con segno opposto, si distribuiranno poi i creduloni che si bevono le bufale e le leggende metropolitane. Un po’ come accade nella statistica e nelle scienze naturali e sociali si può pensare che la distribuzione normale (nota anche come curva degli errori o campana di Gauss) sia un modello adeguato a descrivere questo fenomeno.

Non c’è alcun motivo per ritenere che i creduloni siano in numero inferiore al numero dei sospettosi: anni fa, imperversò la moda di indossare un piccolo ologramma montato su di un braccialetto, meglio conosciuto come braccialetto dell’equilibrio. Venne commercializzato da una azienda australiana, la Power Balance. La spiegazione del funzionamento del braccialetto era la seguente: “le frequenze dell’ologramma reagiscono positivamente con il campo energetico del proprio corpo migliorando il flusso energetico”. In realtà si vendeva a 39 euro un pezzetto di plastica luccicante. Si approfittò della viralità che offriva Internet legata al fatto che gli esperimenti funzionavano anche quando tutti erano in buona fede, ma si trattava di un effetto placebo abilmente cavalcato dalla Power Balance. Ovviamente si trattava di una truffa e alla fine, nel 2010, l’Australian Competition and Consumer Commission costrinse la ditta produttrice a fornire un rimborso ai clienti e a pubblicare sul proprio sito che non c’erano prove scientifiche credibili a supporto delle proprie asserzioni. La Commissione gli obbligò anche a scrivere che avevano avuto un comportamento ingannevole in violazione della sezione 52 della Legge sulle Pratiche Commerciali del 1974. Dopo questa sentenza anche l’Antitrust italiana condannò la Power Balance a 350.000 euro per pubblicità ingannevole.

 

   Walter J. Mendizza

 

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