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Testi per riflettere

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Non occorre fare nulla

di U.G. Krishnamurti

- Dialoghi in Amsterdam tra U.G. e alcuni amici.

Da Il coraggio di essere se stessi (versione per internet) traduzione di Pierluigi Piazza.
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D: La mia domanda è questa: c'è qualche possibilità - capisco che non ci sono modi - ma c'è almeno una possibilità di passare da questa conoscenza della realtà alla realtà stessa? 

U.G.: Se sei abbastanza fortunato (è solo fortuna) da trovarti fuori da questa trappola della conoscenza, il problema della realtà per te è risolto. La domanda sorge da questa stessa conoscenza, che è interessata a trovare la realtà ed a sperimentare direttamente cosa sia questa realtà. Quando questa conoscenza non c'è più, svanisce anche la domanda. A quel punto finisce anche il bisogno di avere delle risposte. Questa domanda che voi fate a voi stessi, ed a me, è nata dall'assunto che esiste una realtà, e l'assunto è nato dalla conoscenza che avete riguardo a questa realtà ..... La conoscenza è la risposta che è già in voi. Questo spiega anche il perché voi ponete la domanda. La domanda sorge automaticamente. 

Ciò che è necessario non è ottenere una risposta, ma è comprendere che la domanda che state facendo a voi stessi, o a qualcun'altro, nasce dalla risposta che è già in voi, che, a sua volta, è ancora conoscenza. 
Se indugiate a lungo in questo meccanismo di domanda e risposta, esso diviene un rituale senza senso. Se voi siete realmente interessati nel trovare la realtà, deve nascere in voi la comprensione che il meccanismo da cui nascono le domande trae origine a sua volta dalle risposte che avete già. Altrimenti non ci potrebbero essere domande. 
Prima di tutto c'è l'assunto da parte vostra che ci sia la realtà, e poi che ci sia qualche cosa che voi potete fare per sperimentare quella realtà. Se non ci fosse la conoscenza della realtà, voi non potreste avere nessuna esperienza della realtà stessa, questo posso assicurarvelo. 
Se questa conoscenza non è presente, ci può essere qualche altro modo di sperimentare la realtà? Voi ponete la domanda. La domanda esiste assieme alla risposta. Così non c'è nessuna domanda e non c'è bisogno di risposte. 

Non voglio fare un ragionamento profondo. Sto solo provando ad evidenziare cosa è coinvolto nel meccanismo di domanda e risposta. Di fatto non sto rispondendo alle vostre domande. Sto solo sottolineando che voi non potete avere domande quando non ci sono risposte. 

D: Capisco, ma vorrei continuare questo gioco. 

U.G.: Va bene. Magari a te piace giocare; a me, no. In ogni caso vediamo cosa si può fare. 

D: Tu conosci il nostro interesse per la conoscenza, stai parlandoci della realtà e della possibilità di accettare questa realtà. 

U.G.: Così com'è. 

D: Così com'è? 

U.G.: Come ci è imposta dalla cultura al fine di vivere in modo intelligente e sano in questo mondo; ed al fine di comprendere che non c'è altro al di là di un fine funzionale. Altrimenti saremmo nei guai, vedete. Se non chiamate questo microfono col suo nome e decidete di chiamarlo scimmia, noi tutti dovremmo reimparare, e ogni volta che guardiamo il microfono dovremmo chiamarlo scimmia invece di microfono. Il pensiero ed il linguaggio sono molto comodi ai fini della comunicazione. 

D: Allibisco al pensiero di cosa succederebbe se chiamassimo questa sedia lampada e questo tavolo cappello, perché la nostra conoscenza e la nostra filosofia sono tutte collegate a questi nomi. 

U.G.: È interessante costruire una struttura filosofica. Questo spiega il perché noi abbiamo così tanti filosofi. 

D: Per quanto posso capire c'è solo una cosa per la quale merita sforzarsi ed è la capacità di accettare. 

U.G.: Non vedi la contraddizione in queste parole? Se tu accetti, dove è la necessità di uno sforzo? Lo sforzo svanisce. Se accetti una cosa, non puoi più parlare di sforzo. Se accetti, se credi in qualche cosa, tu l'accetti come un atto di fede; e questa è la fine dello sforzo. Se tu lo metti in questione, significa che non l'hai accettata, che non sei sicuro di quella cosa.

 

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