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Umana-mente di Eliana Macrì

Umana-mente

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Eraclito e il panta rei

Giugno 2021


“E alla fine divenne misantropo e si appartò dall’umano consorzio e trascorreva la vita sui monti, cibandosi di erbe e verdure".
Questa è l’immagine di Eraclito che ci restituisce Diogene Laerzio nelle "Vite dei filosofi".
In realtà punto di partenza della sua ricerca è proprio l’uomo. Anche se tradizionalmente annoverato tra i filosofi della natura, Eraclito è il primo a compiere quel cammino di conoscenza che dal mondo esterno conduce all’interiorità umana. La verità, infatti, per il filosofo originario di Efeso va cercata in primo luogo dentro di noi, è la nostra anima che dobbiamo ascoltare e non il mondo ingannevole delle apparenze, da cui a quanto pare lo stesso Eraclito fuggiva.
Discendente dei re della Lidia rifiutò il titolo nobiliare cedendolo al fratello, e si tenne lontano anche dalla democrazia non partecipando alla stesura della Carta costituzionale della sua città.
Gli uomini vivono come in un sogno, “non sono coscienti di ciò che fanno”, incapaci di carpire la natura più profonda di tutte le cose, si muovono con indifferenza in un mondo che resta loro estraneo, si affannano in un andirivieni di banalità e futilità, dove tutto diventa abitudine e rumore, non pensano nemmeno quando si dicono esperti di discipline e tecniche particolari perché la loro conoscenza resta imbrigliata nelle maglie di quello specifico sapere, non riuscendo a cogliere la verità più profonda, la legge universale che governa il mondo naturale e quello umano, il logos.
Per Eraclito esiste un’intima connessione tra uomo e natura, tra ragione e realtà, un’armonia e un ordine cui obbediscono sia la vita dell’uomo che quella naturale.
Il logos è il principio razionale interno alla natura per cui tutte le cose nascono, crescono e muoiono. Tutto ha origine dal logos perché tutto si conforma alla legge che esso esprime. Ma logos è anche la ragione umana capace di penetrare la natura e scorgere la legge che ne regola il divenire. Logos è la parola che rende manifesto ciò che il pensiero ha compreso della realtà. Il linguaggio umano è, infatti, vero logos quando, lontano dalle chiacchiere del mondo comune, coglie il principio più profondo delle cose e lo mette a disposizione dell’altro.
Il logos non abita la casa del linguaggio abituale degli uomini che, pur essendo in grado di attraversare tutte le stanze e comprendere la legge interna a ogni cosa e di ogni cosa principio, rimangono intrappolati nella prima stanza, preda delle loro opinioni particolari che offuscano la verità e stordiscono con l’illusione della felicità.
Hegel direbbe la fatica del concetto, la fatica di attraversare tutte le stanze, la fatica di pensare, di percorrere un sentiero non lineare, non privo di sassi e curve, ma che alla fine condurrà alla verità.
Filosofo è per Eraclito colui che si incammina verso la verità, un cammino tra le strade del mondo che sono anche le stanze della nostra anima.
Ma qual è questa verità ultima che il logos esprime? Per Eraclito è l’armonia dei contrari. Chi non presta, infatti, ascolto al logos pensa che la lotta fra i contrari, che caratterizza la nostra dimensione temporale, produca ingiustizia e disarmonia. E in effetti anche per Anassimandro tale conflitto generava ingiustizia, per Eraclito esprime la profonda armonia che regna su tutte le cose. Secondo il modo comune di pensare, superficiale e limitato ad una particolare prospettiva, i contrari possono esistere gli uni indipendentemente dagli altri, così il bene può esistere senza il male, il giorno senza la notte, la salute senza la malattia. In realtà essi sono indissolubilmente legati l’uno all’altro, solo dal suo contrario ogni cosa acquista senso e valore. Tale legame è determinato dal fatto stesso di essere contrari, ogni coppia di opposti esprime, infatti, anche una complementarietà per cui sono momenti inscindibili di una stessa realtà unica e armonica che contribuiscono a rendere tale. Se il bene non si opponesse al male, il giorno alla notte, la saluta alla malattia, la vita alla morte, non esisterebbero il bene, il giorno, la salute e la vita. Per Eraclito “ogni contrario vive la morte dell’altro, come l’altro muore la vita del primo”.
È possibile riscontrare questa unità degli opposti anche nella nostra esperienza quotidiana, quando per esempio una stessa cosa viene considerata da più punti di vista. “Una e la stessa è la via all’in su e la via all’in giù. Per questo “è saggio convenire che tutto è uno”.
Il mondo stesso è uno e molteplice, uno perché le parti che lo costituiscono formano un tutto armonico, e molteplice perché tale unità è il prodotto della lotta perenne fra i contrari.
"Polemos (la guerra) – scrive Eraclito – è padre di tutte le cose”. Lo stesso conflitto in cui Hegel vedrà l'unica fonte di riconoscimento fra gli uomini. L'uomo ha costitutivamente bisogno del riconoscimento da parte di altri uomini e questo per Hegel non può che avvenire attraverso un momento di sfida e lotta.
Il divenire delle cose, il loro continuo trasformarsi è il risultato di una lotta che è la vera legge che presiede alla vita del tutto. Questa legge è causa ma anche spiegazione del continuo fluire di tutte le cose che mutano passando da uno stato all’altro, tutto si trasforma secondo una ratio interna che è data dall’unità e dalla compenetrazione degli opposti.
Anche ciò che a prima vista può apparire statico in realtà a uno sguardo più profondo è in movimento perché soggetto al tempo e alla trasformazione. La quiete è solo un aspetto, risultato dell’equilibrio di forze opposte.
Eraclito descrive il mondo come un flusso perenne in cui tutto (panta) scorre (rei), proprio come le acque di un fiume, che non sono mai le stesse anche se il fiume resta sempre uno. “Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte”.
A onor del vero, l’espressione panta rei non è attestata nei frammenti che si sono conservati dell’opera di Eraclito, scritta sotto forma di aforismi e che gli ha fatto guadagnare l’epiteto di Oscuro. Forse è da attribuire a uno dei discepoli di Eraclito, Cratilo, maestro di Platone, il quale sosteneva che se tutto muta continuamente, comprese le nostre sensazioni, è impossibile giungere ad una conoscenza vera, non si possono nemmeno chiamare le cose con il loro nome perché significa sottrarle al divenire e per ciò stesso fissarle per come sono solo in un dato momento e non nella loro interezza. Si racconta, infatti, che Cratilo rinunciò a parlare, limitandosi ad indicare le cose con un dito.
L’elemento naturale che, secondo Eraclito, meglio può rappresentare la trasformazione di tutte le cose nell’unità e armonia che governa il divenire, è il fuoco.
Il fuoco è sempre in movimento, capace di trasformare ogni cosa, è ad un tempo diverso e identico a sé stesso.
Il fuoco è immagine del logos, dell’ordine e dell’armonia pur nella continua lotta dei contrari.


Eliana Macrì


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