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Vita, Diritto e Società

Vita, Diritto e Società    -  Indice articoli

di Maurizio Colaiacovo


Presunto innocente o presunto colpevole?

Novembre 2016

 

Questo scritto, come quelli che seguiranno, non vuole assurgere al rango di trattazione scientifica.

Si propone, più semplicemente, di fornire degli spunti di analisi e riflessione dai quali prendere le mosse per chi fosse interessato ad approfondire gli argomenti trattati.

Inizieremo questo viaggio nel mondo del diritto con uno dei principi cardine del nostro ordinamento giuridico: la presunzione di non colpevolezza o presunzione di innocenza.

L’art. 27, comma 2, della Costituzione recita: “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.

Dunque, merita la comminazione della pena prevista per un reato solo il soggetto che - al termine dei tre gradi di giudizio cui è sottoposto - sia ritenuto responsabile del fatto ascrittogli oltre ogni ragionevole dubbio.

Tale principio è contenuto anche nell’art. 6, co. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in base alla quale ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

È onere dell'accusa addurre le prove a sostegno della affermazione della responsabilità di colui che viene sottoposto a procedimento penale. Quest'ultimo, ovviamente, dovrà attivarsi affinché anche gli elementi a suo discarico possano formare oggetto di valutazione da parte del giudice, organo terzo ed imparziale tra accusa e difesa.

Prima di giungere al processo vero e proprio, fase conclusiva e cruciale del procedimento penale, vengono svolte le indagini e queste sono tese a raccogliere gli elementi probatori necessari a dimostrare la penale responsabilità di colui che viene considerato il “sospettato“, ma che va comunque ritenuto “presunto innocente”.

Spesso succede che i mezzi di informazione, venuti a conoscenza dell'esistenza di un procedimento penale a carico di una persona, diano grande risalto alla notizia. A quel punto, troppo spesso, nell'opinione pubblica si forma la convinzione che essere “indagati" equivalga ad essere “colpevoli".

Infatti, accade che i non addetti ai lavori - apoditticamente - traggano delle conclusioni sin troppo affrettate e reputino responsabile della commissione di un reato colui nei confronti del quale si sta svolgendo un'attività (quella di indagine) che si conclude, in molti casi, con l'accertamento della totale insussistenza di ipotesi di reato, in altri, con l'estraneità dell'indagato rispetto ai fatti che gli vengono contestati.

Capita anche che i tre gradi di giudizio, come si verifica in molte occasioni, diano verdetti differenti tra loro, con esiti finali del tutto imprevisti.

Senza voler mettere in discussione il diritto di cronaca, baluardo di ogni società civile e democratica, occore tuttavia sottolineare come sia indispensabile un’estrema cautela nella diffusione di notizie che possono segnare in maniera irreversibile la reputazione, la credibilità e l'immagine di colui che viene ingiustamente accusato di aver commesso un reato.

Basti pensare che se qualcuno, in maniera del tutto arbitraria e senza fondamento, sporge una denuncia o propone querela nei confronti di una persona, il pubblico ministero è tenuto ad iscriverla in un apposito registro e, a seguito di tale iscrizione, il soggetto denunciato diverrà immediatamente un “indagato”.

Peraltro, suscita forti perplessità la prassi ormai consolidata di discutere negli studi televisivi di casi di cronaca, basandosi su elementi parziali e frammentari, che non riescono a dare un quadro completo ed esaustivo di tutte le numerose e complesse problematiche sottese allo svolgimento delle vicende giudiziarie di cui ci si occupa.

Si rischia dunque di trasformare un “presunto innocente" in un “presunto colpevole”, laddove non prevalgano le regole del giusto processo, ma anche laddove non si sia in grado di fornire una corretta rappresentazione della realtà, attraverso una corretta informazione.

Esiti nefasti di errori commessi dai sistema giudiziario sono rappresentati dalla affermazione di penale responsabilità nei confronti di un innocente o dall'assoluzione di un colpevole.

Sono gravi entrambi, non vi è dubbio. E purtroppo in parte sono inevitabili. Non è accettabile tuttavia un “giudizio sommario" sulla colpevolezza o sull'innocenza di una persona, che non trovi solide basi nelle risultanze processuali, ma sia frutto di “ricostruzioni” a volte approssimative e lacunose ad opera di quanti non sono i veri protagonisti della vicenda giudiziaria di cui si discute.

Il compito dei giudici chiamati a decidere è di estrema delicatezza e complessità. I “casi” su cui si pronunciano altro non sono che storie, spesso dolorosissime, di esseri umani che vedranno il loro futuro profondamente segnato dalla sentenza che i magistrati devono emettere.

Non vi è impresa più ardua. Ecco perché si deve affrontare ogni vicenda processuale con l'attenzione, la cautela ed il rispetto che merita. Senza lasciarsi andare a pulsioni giustizialiste, ma nemmeno ad un garantismo aprioristico.

Compito delle parti processuali è quello si svolgere il proprio ruolo, nel reciproco rispetto, con un unico fine, ossia, la ricerca della verità.

Compito dell'informazione è narrare i fatti con attenzione per la dignità dell'indagato e della vittima.

Solo essendo rispettosi del ruolo che ognuno è chiamato a svolgere ed essendo rispettosi del ruolo altrui si possono ridurre le distorsioni del sistema e garantire a chi è sottoposto ad un procedimento penale di non essere considerato un “presunto colpevole”.

 

   Maurizio Colaiacovo

 

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