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Riflessioni sull'Antroposofia. La Scienza dello Spirito

Riflessioni sull'Antroposofia

La Scienza dello Spirito

di Tiziano Bellucci   indice articoli

 

I due “super” comandamenti

Novembre 2013

 

Matteo 22, 36-40
«Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?» Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.  Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.  E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.  Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Si parla dello sviluppo della capacità di amare in modo consapevole.

 

L’uomo viene da un amore divino, dove amava per spontaneità, per impulso e per necessità: amava come il figlio ama la madre. Dovette perdere questo antico amore “Materno” quando si incarnò nella materia, e perse la connessione con la “madre cosmica”. L’uomo perde la guida celeste, la Grazia divina che lo guidava in modo automatico.

Dovette subentrare l’era della Legge. L’amore del Padre, che è più duro e asciutto.

Tramite Mosè subentrò un amore basato sull’autorità. L’antico testamento o “Legge” è colmo di precetti morali, di indicazioni per “orientare” l’uomo. L’uomo non riesce più ad amare la “saggezza del cosmo”, non sente più spontaneamente accendersi in lui la connessione beata con il divino, e quindi ha bisogno di vivere l’amore come un “dovere”. Egli “deve” amare Dio e la sua creazione, come “comando” imposto dal “Padre”. Non può fare altrimenti perché non è capace di amare in modo autonomo. Non sorge dentro lui l’impulso alla compassione; qualcosa deve suscitargliela da fuori: il comandamento.

 

Il Cristo è portatore di una nuova capacità di amare, che parte da se stessi, che non ha bisogno di prendere norme interiori.

 

Il Cristo riesce ad accendere nell’uomo la forza di riconoscere Dio come forza trascendente al di là di ogni cosa, e al contempo immanente in ogni cosa. Cristo parla di un Dio Totale, insieme monistico e panteistico. Parla di un Dio cosmico, non lunare come Javhè, quello che adoravano i Giudei: parla del Principio che vive in ogni cosa, anche nell’uomo.

La Torah dice:

  1. Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente

  2. Amerai il prossimo tuo come te stesso

Egli non si voleva fermare solo a sottolineare i due comandamenti della Torah mosaica, come assoluti, ma a portarli ad un superamento:  desiderava dire due cose:

  1. “L’uomo ha ora le forze per un nuovo modo di vivere la religiosità: può per facoltà propria e autonoma arrivare a percepire realmente il Dio vivente nella natura, nel cosmo, come forza organizzatrice universale, senza che nessuna legge lo informi o lo obblighi. E’ arrivato ad un punto in cui spontaneamente sentirà devozione e venerazione per la Forza che pervade l’universo. La amerà autonomamente comprendendola e riconoscendola con il pensiero, con il sentimento e la sua volontà;

  2. Riuscendo a sentire Dio come parte del tutto, riconoscerà che ciò che vive in lui come Dio, vive in ogni altro essere, in ogni altro uomo. Amando la parte divina che è in lui, non potrà non amare la parte divina che è nell’altro uomo. Soprattutto potrà dirsi: “devo amare l’altro, perché egli è me stesso”. (E’ anche vero che il “prossimo” non  è qualunque uomo, ma colui che è capace di amare come Dio. Riconoscerà in quegli uomini che sono capaci di amare, degli “imitatori” di Dio. Degli “Dèi” in divenire. E li amerà in modo ancora più forte)

In sintesi: “Se ami Dio, arrivi ad amare ogni uomo, perché come te, egli è una cosa sola con Dio”.

 

Come completamento Giovanni 13,34

"Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

Il perfetto "Prossimo" che è il Cristo, così come lui li ha "degnati" del suo Amore chiede ai suoi discepoli di diventare "amatori" reciproci.

 

Tiziano Bellucci

 

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