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Vecchio 09-08-2011, 12.49.02   #21
nemesi1
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da Tempo2011
A mio modo di vedere, questa interpretazione sull'inevitabile impotenza dell'uomo nei confronti delle religioni, secondo me, dovrebbe essere approfondita di più, poiché proprio dalle religioni più arcaiche che si può notare la forza e la fantasia dell'uomo, nel voler tenere sotto il suo controllo il mondo intero.
In pratica, questa determinazione iniziale non può averlo condotto a una sudditanza che, se veritiera, sarebbe devastante per l'uomo nei confronti delle religioni; mentre, secondo me, può averle create per il suo tornaconto.
Infatti, se consideriamo le tensioni da sopportare per vivere, la religione viene a proposito, poiché è un'ottima valvola di sfogo contro l'alienazione che comporta il vivere.
Non si è sempre detto che le religioni aiutano gli uomini ad essere più sereni?
Qui di seguito ho fatto un copia e incolla dal libro di Sigmund Freud, Totem & Tabù, dove mi sembra che si evidenzi il concetto appena esposto.

a p. 133.

- L'animismo è un sistema di pensiero; esso non si limita a fornire spiegazioni di un fenomeno singolo, ma consente di vedere in una certa prospettiva l'intero universo come complesso unico.
Sarebbe errato credere che gli uomini fossero stati indotti a creare il loro primo sistema cosmico per pura tendenza speculativa. In questo tentativo deve aver avuto la sua parte l'esigenza pratica di controllare il mondo.
Perciò non ci stupiremmo nell'apprendere che, parallelamente al sistema animistico, procedesse un sistema riguardante il modo di governare gli uomini, gli animali e gli oggetti, o, piuttosto, i loro spiriti.
Tale sistema, conosciuto come - stregoneria o magia. - è denominato da S. Reinch < la strategia dell'animismo. > Io preferisco, con Hubert e Mauss, considerarlo la sua (tecnica). -

Ciò che riporti è coerente con la tesi del vissuto d'impotenza. Infatti l'uomo crea il credo religioso per il proprio tornaconto che è quello di uscirne rassicurato circa la sua impotenza e così facendo sente di avere maggiore controllo circa la sua esistenza.
Per cui è vero, come dici tu, che la religione aiuta l'uomo ad essere più sereno e a sentirsi protetto contro il dolore e la morte.
Sentire la necessità di avere il controllo su qualcosa presuppone la condizione più o meno consapevole di non aver potere.
Ma non è solo la religione a sortire quest'effetto. Anche il credo scientifico o la ricerca filosofica nascono da un vissuto pauroso di impotenza e dalla necessità di aver controllo su qualcosa che è causa di angoscia al fine si superarla.
nemesi1 is offline  
Vecchio 09-08-2011, 15.04.44   #22
Eretiko
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da nemesi1
Anche il credo scientifico o la ricerca filosofica nascono da un vissuto pauroso di impotenza e dalla necessità di aver controllo su qualcosa che è causa di angoscia al fine si superarla.

Dovresti giustificare in modo convincente una simile affermazione, e definire cosa intendi per "credo scientifico". Quello che dici potrebbe essere aderente alla ricerca filosofica (o meglio a una ricerca filosofica rimasta ancorata essenzialmente su posizioni religiose), ma non alla ricerca scientifica che secondo me nasce da ben altri bisogni.
Eretiko is offline  
Vecchio 09-08-2011, 17.40.21   #23
Sirviu
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

Citazione:
Originalmente inviato da nemesi1
Sono d'accordo su molte cose e spero di esporti in modo chiaro il mio pensiero anche se non sono così sicura di riuscire a farlo perchè è la prima volta che riunisco un po' le idee su questi temi.
E' bello che tu lo faccia insieme a noi.

Citazione:
Originalmente inviato da nemesi1
Se per "esperti di psicologia" intendi detentori di un sapere accademico-pratico-professionale di psicologia, penso che in un ospedale psichiatrico ne trovi parecchi che si occupano di religione perchè è qualcosa che attiene alla sfera psichica oggetto dei loro studi e di intervento.
Potresti spiegarti meglio ? Per quale motivo in un ospedale psichiatrico sono spinto più che in altre situazioni ad occuparmi della religione ?
Per quale motivo uno psicotico è più coinvolto da temi religiosi rispetto ad una persona in buone condizioni di salute o ad un malato "fisico" ?

Citazione:
Originalmente inviato da nemesi1
Concordo. Quindi per tornare al discorso da cui siamo partiti ossia del bisogno religioso come "innato" dobbiamo escludere il fatto che questo innatismo sia connesso con la soddisfazione di esigenze primarie.
Per cui l'elaborazione del bisogno religioso avviene, almeno psichicamente, in una fase di maturazione del pensiero. Un neonato non ha bisogno di religione, ma potrà avvertirlo successivamente mano a mano che la sua capacità di pensiero maturerà. Ciò che il neonato ha bisogno - ed in questo senso si può parlare di bisogno "innato" o primario - è di protezione.

Questo sarebbe da approfondire. Sicuramente c'è qualcosa di innato. Desmond Morris ci ha fornito qualche spunto nell'identificare il concetto di Dio come un archetipo evolutivo nei primi gruppi di primati - o ancora precedente - in cui l'idea di "capo supremo" aveva una propria funzionalità sociale. Con l'ampliarsi delle comunità questo archetipo si sarebbe evoluto in un concetto astratto. Ma questo è solo un esempio.
Il bisogno del neonato non può essere qualcosa di così astratto come il concetto di Dio. E' la comunità che trova un'espediente pedagogico nel rimandare a qualcosa di superiore (un quid che usa il bastone e la carota) la necessità di adeguarsi a determinati comportamenti sociali.
Successivamente - crescendo - potranno nascere mille dubbi e perciò un'evoluzione o un allontanamento dalla propria religiosità.

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Originalmente inviato da nemesi1
Sono d'accordo sul fatto che la religione risponda ad un bisogno sociale più che individuale, questo in virtù del fatto che l'uomo è sociale, nel senso che l'uomo può sperimentare - e questo potenziale è un innatismo - la comunione con un altro essere. Non perchè l'altro gli sia utile per la sopravvivenza, ma proprio perchè è natura umana poter entrare in contatto (mediante esperienze sensoriali preverbali) con un altro essere.
Non so se mi sono spiegata. Mi fermo per ora.
Sì, direi che è chiaro anche a te stessa ...
Quello che non mi spiego è perché ci sia così poca consapevolezza e così poca disponibilità a confrontarsi e a vivere insieme in modo positivo la propria propensione spirituale/religiosa. Ci deve essere qualcosa che frena, ma non ho ancora capito esattamente cosa.
Probabilmente nell'affrontare l'argomento si mescolano anche le proprie ambizioni/frustrazioni. Quindi difficilmente se ne riesce a parlare in modo disinteressato. E' come se si dovesse entrare nell'intimo ogni volta e perciò ci sono molte barriere, o spinte competitive ad affermare la propria visione.
Sirviu is offline  
Vecchio 09-08-2011, 17.57.04   #24
chlobbygarl
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da Eretiko
Scusa ma come, dove e quando è stata fatta questa famosa scoperta che "ciascuna scienza si fonda soltanto su paradigmi di matrice culturale" ? E' una tua opinione personale ? Perchè se fosse vero sarebbe la scoperta del secolo, ovvero la scienza altri non sarebbe che l'ennesima infausta ideologia, con buona pace di Galileo.

Non è la scoperta del secolo, anche se nelle parole dell'utente che hai quotato un "paradigma di matrice culturale" non può diventare un'ideologia. La "famosa scoperta" è stata ad esempio ribadita e sviluppata con forza da Feyerabend di cui ti cito un passo:

"Mi sia consentito di ripetere quel che son venuto affermando fin qui. Le teorie vengono verificate, e magari confutate, da fatti. I fatti contengono componenti ideologiche, ovvero opinioni più antiche di cui si è perduta coscienza e che non furono forse mai formulate in modo esplicito. Tali componenti sono molto sospette. Innanzitutto a causa della loro età e della loro origine oscura: non sappiamo perchè e come siano state introdotte la prima volta; in secondo luogo perchè la loro stessa natura le protegge, e le ha sempre protette, da un esame critico."

Puoi ovviamente discordare da Feyerabend, non puoi secondo me dimenticarne un cardine argomentativo come questo se parli di scienza.
chlobbygarl is offline  
Vecchio 09-08-2011, 19.29.21   #25
Eretiko
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da chlobbygarl
[...]La "famosa scoperta" è stata ad esempio ribadita e sviluppata con forza da Feyerabend

E quali sarebbero i motivi per cui le tesi di Feyerabend dovrebbero rappresentare un cardine per la scienza ? Secondo me ha detto solo un mare di sciocchezze sulla scienza, oltre a non aver capito Galilei e la rivoluzione da lui iniziata. Comunque se riesci a farmi degli esempi concreti te nè sarò grato.
Eretiko is offline  
Vecchio 09-08-2011, 23.36.23   #26
nemesi1
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
A prescindere da quello che hanno detto Jung e altri, se devo dire cosa ne penso, dico che il "bisogno" di dio, o della religione in genere, potrebbe anche essere derivato da una paura (dell'ignoto) ma dove dio rappresenta la soluzione.

Oggi si potrebbe pensare che dio non esiste, e la soluzione è una non soluzione del problema paura.

Mi spiego meglio. Se sosteniamo che la base da cui partiamo è la paura, per risolvere la paura abbiamo bisogno di trovare una soluzione che acquieti la paura. La società ha trovato diverse soluzioni alternative, ma non ha trovato alcuna soluzione al problema della morte e della sofferenza. In pratica se eliminiamo dio, eliminiamo la possibilità di trovare una soluzione ad una nostra paura.
In Homo oeconomicus sostenevo appunto questo, abbiamo costruito un uomo razionale, che fa scelte razionali dimenticandoci che l'uomo è molto più complesso di una lista di preferenze. Forse dio sarà anche il risultato di un'angoscia, una nevrosi, ma non è così che riusciamo a dare conto di tutto quello che l'uomo rappresenta. Non è sottraendo all'uomo la libertà che aumentiamo la sua possibilità di venirne fuori in ogni situazione.
Se lo facciamo diventare povero egli si ribella. Se lo facciamo diventare un dittatore prende il sopravvento.
Nessuno deve togliere la libertà... magari va aumentata la consapevolezza.

Le religioni hanno una storia, sono una cultura...

Prendi il caso della medicina. Non è che tutto quel che luccica è oro. Le case farmaceutiche spingono perchè gli uomini si nutrano di medicine. Per un raffreddore si prendono 4 o 5 prodotti differenti, che nel migliore dei casi non danno alcun effetto benefico. Spesso siamo noi stesso le cavie dei prodotti medicinali. Provate a leggere un foglio illustrativo, esistono rari casi, o frequenti casi in cui la medicina assunta faccia peggio del motivo per cui è stata assunta. Questo non significa che bisogna eliminare la medicina, ma in ogni caso bisogna specificare sempre che le cose non sono tutte nere o tutte bianche.
Anche dio, il bisogno alcune volte spirituale, ma anche come spunto per riflettere sulla vita in modo razionale, è assorbito dall'uomo come una medicina, che qualche volta fa male e altre volte fa bene. La consapevolezza e la conoscenza (che ripeto per me sono un'unica entità) di se stessi e dell'universo in cui apparteniamo, riflettono quello che pensiamo e di quello che siamo. E noi siamo un momento di consapevolezza e un momento di decisione. Siamo una cultura, una storia e una aspettativa.
Ridurre tutto a qualcosa che assomiglia ad una lista di preferenze, è voler anticipare la morte non solo di dio, ma dell'uomo stesso. E' questo che vogliamo?

La verità non ce l'ha nessuno... o forse ce l'ha qualcuno, ma non sappiamo con sicurezza chi. Essere liberi di cercarla significa lasciare all'uomo la possibilità di determinare se stesso. Tutte queste elaborate quanto si voglia, teorie angoscianti sull'uomo, sono positive fino a che rimangono un settore di ricerca e non la produzione dell'ennesima verità da imporre.

Si, certo che credere in Dio rappresenta una soluzione alla paura dell'ignoto e cioè di qualcosa di incontrollabile, rapportandosi al quale l'uomo si sente impotente.
Ma è una soluzione non la soluzione. Vale sempre come la si vive.
E' curioso il fatto che tu associ la condizione di mancanza di libertà al riconoscimento della non esistenza di Dio. A me sembra l'esatto opposto, ovvero, seguendo il tuo ragionamento, non posso io, uomo, permettermi la libertà di non pensare ad un Dio per superare l'angoscia di conoscermi per quello che sono ovvero un uomo limitato che soffre e che muore. E' come se, mancando la "stampella" di Dio non riuscissi a sopportare la frustrazione dei miei limiti, come se non riuscissi ad emanciparmi dalla figura protettrice e paterna tanto da non elaborare un pensiero che da solo mi possa far tollerare la mia finitezza.

Ultima modifica di nemesi1 : 10-08-2011 alle ore 07.26.43.
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Vecchio 09-08-2011, 23.37.20   #27
nemesi1
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Originalmente inviato da Eretiko
Dovresti giustificare in modo convincente una simile affermazione, e definire cosa intendi per "credo scientifico". Quello che dici potrebbe essere aderente alla ricerca filosofica (o meglio a una ricerca filosofica rimasta ancorata essenzialmente su posizioni religiose), ma non alla ricerca scientifica che secondo me nasce da ben altri bisogni.

Credo che per "modo convincente" ti riferisca a "modo per te convincente" in quanto penso che sia molto difficile trovare un'universalità di giudizio. A parte questo, come già scritto in precedenti post, credo che il motore motivazionale che porta alla ricerca scientifica sia il desiderio di dominare il sapere, perchè ciò che si conosce e che si domina non ci fa paura. La paura nasce dall'ignoto, dall'incontrollato e dal senso di impotenza che ci fa confrontare con i nostri limiti umani.
Ma anche la scienza può diventare un credo quando diventa un assoluto e non prende in considerazione il contesto storico e le circostanze soggettive di chi fa ricerca. Sto pensando ad un certo scientismo entrato ormai in crisi grazie ad un'epistemologia costruttivista che condivido molto.
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Vecchio 09-08-2011, 23.39.51   #28
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Originalmente inviato da Sirviu
Potresti spiegarti meglio ? Per quale motivo in un ospedale psichiatrico sono spinto più che in altre situazioni ad occuparmi della religione ?
Per quale motivo uno psicotico è più coinvolto da temi religiosi rispetto ad una persona in buone condizioni di salute o ad un malato "fisico" ?
Per dirla tutta, penso che in un ospedale psichiatrico si dia la prevalenza a soluzioni farmacologiche e a protocolli d'intervento rigidi. Però ho capito quello che vuoi dire. Il lavoro con i pazienti psicotici porta ad interrogarsi maggiormente sulla spiritualità perchè entrare in contatto con persone con deficit di mentalizzazione significa non poter contare sul sostegno della percezione emotiva e del linguaggio simbolico. Nel paziente psicotico non si sono formate le condizioni per sviluppare i presupposti delle emozioni. Gli uomini non nascono con un apparato per percepire le loro emozioni, ma posseggono la potenzialità per svilupparlo. Affinchè questo apparato si sviluppi è necessaria una madre che dia delle risposte idonee e confermi la prenconcezione emotiva del bambino. Nel caso della psicoterapia, tale funzione contenitiva viene esplicata dal terapeuta, il quale quindi non si limita ad uno scambio verbale e cognitivo.

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Questo sarebbe da approfondire. Sicuramente c'è qualcosa di innato. Desmond Morris ci ha fornito qualche spunto nell'identificare il concetto di Dio come un archetipo evolutivo nei primi gruppi di primati - o ancora precedente - in cui l'idea di "capo supremo" aveva una propria funzionalità sociale. Con l'ampliarsi delle comunità questo archetipo si sarebbe evoluto in un concetto astratto. Ma questo è solo un esempio.
Il bisogno del neonato non può essere qualcosa di così astratto come il concetto di Dio. E' la comunità che trova un'espediente pedagogico nel rimandare a qualcosa di superiore (un quid che usa il bastone e la carota) la necessità di adeguarsi a determinati comportamenti sociali.
Successivamente - crescendo - potranno nascere mille dubbi e perciò un'evoluzione o un allontanamento dalla propria religiosità.

Tu dici c'è qualcosa di innato. Io mi chiedo se sia il concetto di Dio come archetipo evolutivo oppure la condivisione di stati soggettivi tra più persone. Cioè è il gruppo sociale che determina nel suo seno il "capo supremo" (e in questo caso il capo verrebbe riconosciuto secondariamente in conseguenza dell'innatismo intersoggettivo dell'uomo) oppure è il capo ad imporsi sul gruppo sociale?
Sarebbe interessante comparare gli studi di Morris con l'Infant Research.
nemesi1 is offline  
Vecchio 10-08-2011, 08.33.21   #29
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da nemesi1
Si, certo che credere in Dio rappresenta una soluzione alla paura dell'ignoto e cioè di qualcosa di incontrollabile, rapportandosi al quale l'uomo si sente impotente.
Ma è una soluzione non la soluzione. Vale sempre come la si vive.
E' curioso il fatto che tu associ la condizione di mancanza di libertà al riconoscimento della non esistenza di Dio. A me sembra l'esatto opposto, ovvero, seguendo il tuo ragionamento, non posso io, uomo, permettermi la libertà di non pensare ad un Dio per superare l'angoscia di conoscermi per quello che sono ovvero un uomo limitato che soffre e che muore. E' come se, mancando la "stampella" di Dio non riuscissi a sopportare la frustrazione dei miei limiti, come se non riuscissi ad emanciparmi dalla figura protettrice e paterna tanto da non elaborare un pensiero che da solo mi possa far tollerare la mia finitezza.

Forse non era chiaro.
Io ho posto come base da cui partire, che se vogliamo è l'assioma di scelta, per ipotesi "vera", la paura.
Cioè tutte le nostre azioni sono rivolte a tenere a bada la paura.

Poi ho detto che ogni uomo si determina da se e combatte la paura con gli strumenti a sua disposizione, o quelli che sente maggiormente idonei.

Alla fine ho detto che l'uomo deve essere libero di scegliere la sua "arma" per vincere la paura (chiaramente che non sia in contrasto con il buon vivere comune).
Se tu, per vincere la paura, vuoi sconfiggere dio... non so perchè ritieni che credere in un ente che non si vede ti angoscia, allora allontani da te questa idea.

E' il contrario quindi di quello che hai scritto poc'anzi. Tu sei libera di eliminare dio dalla tua testa, ma anche questo è un atto di angoscia, pari a quello che vale a mettercelo.

Condividi con me questa uguaglianza?
Mi sembra di si (leggendo i tuoi interventi qui e la).
Mentre nella realtà, o meglio nella sensazione di chi vive, fa una di queste scelte, è la disuguaglianza fra queste scelte. Cioè chi non crede pensa che chi crede sia angosciato (ecc. ecc.) mentre lui compie un'azione "migliore", "razionale", quasi essa stessa divina, cioè perfetta...o non so che altro termine scegliere. Cioè si pone in una posizione di potenza rispetto al credente. Il credente è uno stupido credulone, mentre chi non crede è intelligente, razionale... è insomma nel giusto!
Questo i non credenti non lo vogliono capire. Più incalzano (lo dimostrano i tanti libri sulla non esistenza di Dio) su questi argomenti più dimostrano di essere più angosciati dei credenti. Sei d'accordo?
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 10-08-2011, 08.49.50   #30
Tempo2011
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Originalmente inviato da nemesi1
Ciò che riporti è coerente con la tesi del vissuto d'impotenza. Infatti l'uomo crea il credo religioso per il proprio tornaconto che è quello di uscirne rassicurato circa la sua impotenza e così facendo sente di avere maggiore controllo circa la sua esistenza.
Per cui è vero, come dici tu, che la religione aiuta l'uomo ad essere più sereno e a sentirsi protetto contro il dolore e la morte.
Sentire la necessità di avere il controllo su qualcosa presuppone la condizione più o meno consapevole di non aver potere.
Ma non è solo la religione a sortire quest'effetto. Anche il credo scientifico o la ricerca filosofica nascono da un vissuto pauroso di impotenza e dalla necessità di aver controllo su qualcosa che è causa di angoscia al fine si superarla.
Impostata in questo modo, mi sembra di comprendere meglio quella che definisci impotenza, e che condivido. Di fatto, la causa di questo stato che sembra essere connaturata nell'uomo, e la sudditanza che ne deriva, non va ascritta alle religioni, come erroneamente avevo interpretato, ma le stesse sono state create per lenire quella condizione.Allora, punto di domanda: dove possiamo individuare le vere cause di quella triste condizione umana? Forse nel fatto che non sappiamo nulla sul perché della nostra presenza su questa terra? Forse perché stiamo viaggiando a 350.000 mila km nello spazio infinito, senza conoscere il reale scopo di questa presenza? In pratica, se le cause sono quelle appena indicate, la religione equivarrebbe a una cura per lenire i dolori di una vita giunta al termine, giacché sembra che, nessuno sappia rispondere a tali quesiti esistenziali.
Tempo2011 is offline  

 



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