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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 09-05-2012, 20.11.05   #111
il Seve
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Citazione:
Considerare la coscienza una "dimensione derivata" mi è nuova, ma non mi dispiace poi così tanto. Quel che non comprendo maggiormente non è tanto il concetto di dimensione, ma di "derivato".

Facciamo un passettino indietro e ri-consideriamo il concetto di dimensione.
Può una dimensione essere derivata? E se la risposta fosse si, da cosa deriverebbe?
Ammettiamo di avere un carrello (poniamo un esempio pratico), esso corre su un binario. Il binario è la dimensione sul quale il carrello si muove. Potrei forse affermare che il binario sia derivato dal carrello? Cioè posso affermare che la dimensione è la conseguenza del carrello?

Faccio queste disquisizioni sulle dimensioni poichè non mi è chiaro (soprattutto cosa pensiate voi) se delle dimensione (una tra le 4 conosciute o tutte e quattro) si possa conoscere la derivazione.
Voi che parlate tanto di Kant, bene per lui lo spazio è un apriori. Le dimensioni sono un nostro (secondo Kant) sistema di riconoscimento degli oggetti e quindi del mondo esterno. Cioè non sono un sistema fisico realmente esistente, ma la loro esistenza deriverebbe dall'esistenza del nostro sistema di riconoscimento delle forme.

No no, stai equivocando la banale circostanza di un’accezione del termine “dimensione” che voleva esprimere solo un ambito generico, un luogo entro cui è posto qualcosa. Non parlavo di dimensioni spazio-temporali. Nella scienza e nel senso comune, la coscienza è pensata come un ambito in cui si manifestano le cose, che a sua volta è incluso in un ambito più ampio detto “mondo esterno” o universo. Nella scienza poi, la coscienza appare solo ad un certo punto dell'evoluzione dell'universo. L’ambito della coscienza appare dunque solo se appare l’universo e sul fondamento di quest’ultimo. In questo senso la coscienza è derivata dall’universo come il fondato è derivato dal fondamento. E’ un ambito di secondo livello, se vogliamo dirla così. Questa è la prospettiva del realismo ingenuo, superata nelle sue contraddizioni da parte dell’idealismo. Poi, per la cronaca, ho cercato di mostrare come anche l’idealismo debba essere superato.

Citazione:
Però volevo mettervi in guardia che se facciamo derivare le dimensioni dal nostro sistema di riconoscimento, e la coscienza fosse la forma di riconoscimento per eccellenza, essa non può "derivare" da qualcos'altro

Sono d’accordo, ma non mi sembra d’averlo mai messo in dubbio nè aver confuso la prospettiva realistica con quella criticistica. Che la coscienza sia una dimensione derivata lo dicono la scienza e il senso comune. Kant dice invece che la coscienza è una dimensione originaria perché anche se affermassimo l’esistenza di un mondo esterno, dovremmo farlo sul fondamento della stessa coscienza dato che non possiamo uscire da noi stessi. Quindi la coscienza è sempre già là dove si presume di affermare qualcosa che sta oltre di essa. Ho tentato di mostrare in che senso questo principio va mantenuto e perché ancora non basti a dimostrare che fuori della coscienza ci sia il mondo inconoscibile della cosa in sé, oppure non ci sia nulla come vuole l’idealismo.

Saluti.
il Seve is offline  
Vecchio 10-05-2012, 07.34.27   #112
Aggressor
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Ok Il Seve, grazie sempre per la risposta; devo aver visto bene quando cercavo qualcuno con coi confrontarmi su questi punti.


Devo chiederti una cosa però, tu dici:

Non potrebbe esistere solo la materia, perché (l’interpretazione in cui consiste) la materia deve pur apparire, altrimenti sarebbe nascosta. E’ necessario che ci sia un luogo in cui appaia

Questo è il punto fondamentale; ma per te allora, una cosa "nascosta" è reale, o con questo discorso stai dicendo: "la realtà si ottiene nell'apparire, nel porre, e dunque il reale diviene il percepito? (come stò sostenedo io)
Aggressor is offline  
Vecchio 10-05-2012, 11.58.24   #113
Il_Dubbio
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
No no, stai equivocando la banale circostanza di un’accezione del termine “dimensione” che voleva esprimere solo un ambito generico, un luogo entro cui è posto qualcosa.

Generalizzando troppo però si perde di vista l'ambito dentro il quale poterne discutere. Comunque va bene uguale...




Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
Nella scienza e nel senso comune, la coscienza è pensata come un ambito in cui si manifestano le cose, che a sua volta è incluso in un ambito più ampio detto “mondo esterno” o universo. Nella scienza poi, la coscienza appare solo ad un certo punto dell'evoluzione dell'universo.

La scienza non ha molte carte in mano per poter dire in cosa consiste la coscienza, quindi è impossibile che dica in quale punto si ponga rispetto all'evoluzione dell'universo.


Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
L’ambito della coscienza appare dunque solo se appare l’universo e sul fondamento di quest’ultimo. In questo senso la coscienza è derivata dall’universo come il fondato è derivato dal fondamento.

Questo è un discorso che mi sembra troppo generico. Parlare di "universo" e dire che la coscienza si manifesta solo se appare l'universo, mi sembra banale. Non so cosa tu voglia dire...



Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
Che la coscienza sia una dimensione derivata lo dicono la scienza e il senso comune. Kant dice invece che la coscienza è una dimensione originaria perché anche se affermassimo l’esistenza di un mondo esterno, dovremmo farlo sul fondamento della stessa coscienza dato che non possiamo uscire da noi stessi. Quindi la coscienza è sempre già là dove si presume di affermare qualcosa che sta oltre di essa. Ho tentato di mostrare in che senso questo principio va mantenuto e perché ancora non basti a dimostrare che fuori della coscienza ci sia il mondo inconoscibile della cosa in sé, oppure non ci sia nulla come vuole l’idealismo.

Su cosa dice la scienza sulla coscienza "stendiamo un velo pietoso".

Mi interessava invece il discorso sulla "dimensionalità" della coscienza. Siccome le dimensioni stanno proprio ad indicare i "gradi di libertà" (ed è di questo che si discute in questo argomento), mi piaceva l'idea di immaginare la coscienza come una dimensione (senza indicare se essa sia intesa come spazio o tempo), ovvero un grado di libertà ulteriore rispetto alle 4 conosciute. La coscienza sarebbe perciò l'ambito ove si muovono ulteriormente le cose.
Siccome poi le dimensioni non le abbiamo scelte noi, ce li hanno imposte all'inizio, quando crearono l'universo, e per di più non sembra nascano dal nulla, o scompiano nel nulla, parlare di una coscienza derivata (intesa come dimensione) è come parlare di un carrello che si muove su un binario derivato dal carrello.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 10-05-2012, 12.22.21   #114
il Seve
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
ma per te allora, una cosa "nascosta" è reale, o con questo discorso stai dicendo: "la realtà si ottiene nell'apparire, nel porre, e dunque il reale diviene il percepito? (come stò sostenedo io)

Da tutto ciò che ho cercato di illustrare, la mia intenzione è di sostenere entrambe le cose perché non sono tra loro contraddittorie. Mi sembra che sia questa non contraddittorietà che ancora ti sfugge, ma cercherò di ripetermi in altri termini. E’ indubbio che si affermi qualcosa di reale sulla base del percepito, altrimenti ci ritroviamo con i problemi del realismo ingenuo. Ma è altrettanto indubbio che sulla base della semplice osservazione possiamo affermare solo ciò che è presente, non ciò che è nascosto. Invece tu, perfettamente in linea con l’idealismo, ritieni che ciò che è nascosto sia nulla. Riprendendo una celebre metafora di Severino che usa il cielo visibile come simbolo della coscienza, quando il sole esce dal cielo visibile, non è più possibile dire che fine faccia guardando il cielo. Invece tu concludi che, dato che non lo vediamo, è andato nel nulla. Certamente concludi così non solo sulla base del percepito, ma innanzitutto sulla base del principio che ciò che può essere affermato, lo è sulla base di ciò che è percepito. Ma questo non basta a produrre la conclusione che ciò che non è percepito sia inesistente.

Ed ecco l’equivoco. Questo principio, anche se dice certamente che ciò che non è affermato sulla base del percepito non esiste, non dice ancora che ciò che non è percepito non esiste (cioè non dice ancora “esse est percipi”). Ho messo in corsivo “sulla base” perché confondi ciò che è affermato dal percepito, con ciò che è affermato sulla base del percepito. Infatti, quando si afferma qualcosa di esistente all’esterno della coscienza, non si sta certamente affermando che esiste nonostante non sia percepito, ma che esiste proprio perché è percepito comunque sulla base di un percepito (secondo appunto il nostro principio). Dove quindi il secondo “percepito” è altro dal primo, e non è la percezione della cosa esterna, ma la percezione della necessità della sua esistenza (qualora la sua esistenza sia dimostrata come necessaria). La percezione della necessità dell’esistenza di una cosa esterna, rende certamente presente la cosa stessa (altrimenti non potremmo nemmeno parlarne), ma sul fondamento di un’altra percezione (appunto la percezione della sua necessità). Tornando alla metafora severiniana, il cammino ulteriore e non più visibile del sole che esce dall’orizzonte non esiste perché è percepito, ma perché è percepita la sua necessità (ove si dimostri tale) all’interno della quale si rende visibile quel cammino che non era visibile sul fondamento della propria visibilità.

P.s.
La necessità dell’esistenza di una cosa esterna alla coscienza rende mediata la percezione (la presenza) della cosa stessa. Questa presenza mediata è affermata sulla base di una presenza immediata alla coscienza che è quella appunto della necessità, la quale, affermando la presenza mediata della cosa, afferma quindi l’assenza immediata della cosa stessa alla coscienza. Ne risulta che la presenza mediata di una cosa esterna alla coscienza è fondata sull’immediatezza dell’assenza della cosa stessa. L’assenza non è il puro nulla di qualcosa, ma un ente, e precisamente quell’ente che è la percezione immediata della percezione mediata di qualcosa. La scienza e il senso comune non sospettano nemmeno questo significato dell’assenza, e infatti la identificano col semplice nulla. Non sospettano cioè che l’assenza è comunque una presenza (mediata) della cosa, e non semplicemente il niente della cosa stessa. Non hanno occhi che per la presenza delle cose (positivismo) e non si rendono conto che la presenza è tale se è in rapporto alla (negazione della) assenza, e quindi solo se l’assenza si fa sentire come ciò che appartiene alla presenza per costituirsi. Per questo, come per l’idealismo (ma anche per la fenomenologia, Heidegger escluso), anche per la scienza ciò che non è presente nell’ambito originario della presenza, è nulla. Dove però, essendo la scienza un sapere realista, l’ambito originario della presenza è quello del cosiddetto “mondo esterno”.

P.p.s.
Questo post e i precedenti hanno inteso innanzitutto chiarire le buone ragioni dell’idealismo e mostrare quali sono ancora le tare che questi si porta addosso. Hanno quindi avuto prevalentemente una finalità di critica, fermo restando che una critica non può esercitarsi se non mostrando il suo fondamento e quindi qualcosa della pars construens. Ma il più di quest’ultima è rimasto sullo sfondo e si riferisce, volendo perlomeno accennarla, alla necessità che lo sparire dalla coscienza da parte dei suoi contenuti variabili, non sia il loro annullarsi, così come il comparire degli stessi contenuti alla coscienza non sia il loro provenire dal nulla. Perché che l’essere sia nulla è la suprema contraddizione.

Saluti.
il Seve is offline  
Vecchio 11-05-2012, 10.32.56   #115
il Seve
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
La scienza non ha molte carte in mano per poter dire in cosa consiste la coscienza, quindi è impossibile che dica in quale punto si ponga rispetto all'evoluzione dell'universo.

Innanzitutto faccio notare che al mio discorso non interessava con quanto successo la scienza si interessi alla coscienza. Ho solo constatato che ne parla e lo fa sempre perlomeno nei termini generici che ho descritto, e che hai mostrato di conoscere anche tu anche nella citazione che riporto di seguito. Del resto anche nella prima proposizione è chiaro che se la scienza ha poche carte per parlare della coscienza, non vuol dire che non ne ha nessuna, e quindi ne parla. In secondo luogo, dalla tua prima proposizione non segue la seconda, perché appunto la prima ammette che la scienza parla della coscienza e quindi non diventa “impossibile che dica in quale punto si ponga rispetto all'evoluzione dell'universo”. Anche perché, come anche gli scolari sanno, la scienza lo dice a chiare lettere che esseri viventi dotati di coscienza non esistono da che esiste l’universo, né sono nati oggi, ma appaiono a parte da un certo momento della lunga evoluzione del cosmo. La coscienza (e dunque, per la scienza, la vita) potrebbe essere comparsa su altri pianeti prima che sulla Terra, ma è impossibile, per la scienza, che sia nata insieme all’universo e perlomeno nel primo lungo tratto in cui materia e radiazione non erano nemmeno distinte. In terzo luogo, non ho minimamente accennato “in quale punto si ponga [la coscienza] rispetto all'evoluzione dell'universo”. Come si può correttamente leggere, ho detto che la coscienza appare solo “ad un certo punto” dell'evoluzione dell'universo.

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Parlare di "universo" e dire che la coscienza si manifesta solo se appare l'universo, mi sembra banale. Non so cosa tu voglia dire...

Esattamente la “banalità” che hai rilevato. Che però è una banalità solo se se la si astrae, come hai fatto inopinatamente, dal contesto che le era proprio. Per la cronaca, mettevo in rilievo quella “banalità” per mostrare che non è una prospettiva così ovvia, ancorché molto diffusa tra chi non ha nozioni di filosofia elementare.

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Su cosa dice la scienza sulla coscienza "stendiamo un velo pietoso".

Ma per Giove pluvio sono d’accordo anch’io! Non sto facendo altro che tentare di dimostrarlo continuamente su questo thread! Mi sembrava che invece tu fossi un amico della scienza, ma vedo invece che le mie prediche ti hanno folgorato sulla via di Atene. E' sempre una gioia un nuovo catecumeno sulla via del sole della ragione.

Citazione:
Mi interessava invece il discorso sulla "dimensionalità" della coscienza. Siccome le dimensioni stanno proprio ad indicare i "gradi di libertà" (ed è di questo che si discute in questo argomento), mi piaceva l'idea di immaginare la coscienza come una dimensione (senza indicare se essa sia intesa come spazio o tempo), ovvero un grado di libertà ulteriore rispetto alle 4 conosciute. La coscienza sarebbe perciò l'ambito ove si muovono ulteriormente le cose.

A parte il fatto che il tuo discorso liquida tutto ciò che ho scritto sulla contraddittorietà della libertà semplicemente non tenendone conto (e quindi quod gratis adfirmatur gratis negatur, cioè come gratuitamente non tieni conto del mio discorso, gratuitamente dovrei negare la tua implicita obiezione), la prospettiva dalla quale mi sembra tu muova è quella scientifica, e quindi un ambito ristretto che certamente mal si presta a intendere il problema della libertà in tutta la sua portata, perlomeno (ed è un "perlomeno" che indica veramente il minimo del minimo sindacale della ragione) perchè è un problema che già al nascere della scienza possedeva una veneranda tradizione di cui la scienza non ha mai tenuto conto. Ma del resto il tuo atteggiamento collima perfettamente con quello della scienza, che guarda caso è nata separando e isolando inopinatamente anche e innanzitutto il proprio oggetto di indagine (il tutto dalla parte che cade sotto la specie della natura), e quindi semplicemente non tenendo conto di tutto ciò che rimane.

Eppure nelle tue proposte mi sembra di leggere più di qualcosa che invece la scienza la oltrepassa parecchio. Ad esempio, ipotizzi che la coscienza possa avere dimensioni (nel senso di dimensioni spazio-temporali se ho capito) “ulteriori” a quelle dello spazio-tempo fisico, e quindi “la coscienza sarebbe perciò l'ambito ove si muovono ulteriormente le cose”. E’ vero che in questo modo confermi, come fa la scienza, una precedenza dello spazio-tempo fisico su ogni altro ambito, e quindi rendi la coscienza una parte dell’universo, ma è vero anche che la rendi una parte in qualche modo eterogenea, cioè la coscienza è una sorta di mondo a parte che funziona diversamente, perlomeno per quello che deriva dall’avere dimensioni ulteriori. E’ un po’ come quando il senso comune (ma anche buona parte della filosofia persino attuale) pensa che la coscienza “reduplichi” le cose e costruisca delle loro immagini, cioè delle rappresentazioni che, in quanto rimandano alle cose stesse, hanno certamente dei tratti in comune con loro, ma che non essendo esse, ne sono una pallida ombra. Ma se è così, come ho cercato di spiegare nei post precedenti riguardo alle filosofie che non ritengono che l’essere sia trasparente al pensiero, allora possiamo conoscere appunto solo delle “ombre” e non si vede perché dalle “ombre” si possa risalire alla vera realtà dal momento che questo risalire sarebbe necessariamente una costruzione di “ombre” e quindi un’”ombra” esso stesso.

Citazione:
Siccome poi le dimensioni non le abbiamo scelte noi, ce li hanno imposte all'inizio, quando crearono l'universo, e per di più non sembra nascano dal nulla, o scompiano nel nulla, parlare di una coscienza derivata (intesa come dimensione) è come parlare di un carrello che si muove su un binario derivato dal carrello.

Qui invece mi sembra che affermi l’originarietà delle dimensioni (spazio-temporali) della coscienza (la non derivazione delle stesse dalle quattro dimensioni dell’universo), nonostante la coscienza sia per te una parte dell’interezza dell’universo. Se è proprio così, le cose non tornano perché mi sembra che, come la scienza, anche tu creda che la dimensione originaria delle cose sia quella dell’universo fuori della coscienza, e quindi la coscienza diventa un ambito di second’ordine, con tutta l’ipoteca di relatività che così le cade addosso.

Saluti.
il Seve is offline  
Vecchio 12-05-2012, 00.30.29   #116
Il_Dubbio
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Citazione:
Originalmente inviato da il Seve
Ad esempio, ipotizzi che la coscienza possa avere dimensioni

Non partiamo in quarta. Mettiamo le cose in chiaro!
Il concetto di dimensione me lo hai fornito tu, solo che tu intendevi il termine in senso "generale", io invece solo in senso fisico, cioè, rimanendo in quelli noti: spazio e tempo.
A me l'idea è piaciuta e forse non ci avevo mai pensato. Tutto qui! A me piacciono le nuove idee, anche quando fossero casuali
.

Poi non ho detto che la coscienza possa avere delle dimensioni, ma che la coscienza sia una dimensione.

Forse non è stato chiaro il mio esempio sul carrello e il binario?
Il binario è un'immagine, un'astrazione. Come è un'astrazione il polo sud e il polo nord, oppure la destra e la sinistra. Su e giu, avanti o indietro.
Se ci pensi un attimo, gli uomini (attraverso la geometria nata nella mente degli uomini) tracciano delle coordinate in un sistema cartesiano. Quel che sarebbe reale sono i punti (gli oggetti) che si muovono all'interno del sistema. Il sistema (per esempio quello cartesiano)invece è il prerequisito per vedere muoversi gli oggetti.
Kant direbbe infatti (secondo me, ma potrei aver capito male) che quel sistema (spazio e tempo) è interno alla nostra mente (che infatti l'ha partorito) mentre le cose in se sono gli oggetti che all'interno si muovono.

E' vero che salto fra la scienza e la non scienza. Ma, per dire la verità, credo che non tutto quel che è "venduto" al pubblico come scientifico è scientifico. Sono per la scienza, ma non tutto quel che la scienza produce è sintomo di scientifico. Quindi non mi faccio abbindolare da tutto quel che viene pubblicato come scientifico. Gli scienziati non sono filosofi, quindi per loro è facile non considerare le basi del loro lavoro, che sono filosofiche.

Consideriamo invece la "banalità" che le cose si muovano su e giu o a destra e a sinistra in quanto esiste l'universo.
Tu dici che sembrano banali solo perchè non si conoscono le nozioni di filosofia elementare. Questo me lo devi spiegare
Non è detto che l'universo infatti dovesse essere proprio questo. Quindi non è banale che sia proprio questo. Ma se è questo quel che appare, è banale dire che la coscienza si manifesta solo se appare questo universo. Sempre che non si tenti di individuare il meccanismo che fa apparire questo e non quello.

La coscienza come dimensione mi piace (ripeto) in quanto in questo modo sarebbe svincolata dagli oggetti (la scienza infatti continua a supporre che sia l'oggetto stesso, il cervello o i neuroni ecc.). Svincolarsi significa essere liberi, non determinati.

In effetti io concepisco la coscienza in unione con la conoscenza. Gli uomini (non tutti, e con la stessa intensità) hanno aperto davanti a loro questa nuova dimensione fatta di conoscenza. E' una strada (come il binario) sul quale poter muoversi. Ci si muove nello spazio, ma anche nel tempo, tra passato, futuro e presente. Anche se fossimo determinati alla dimensione della coscienza, sarebbe come essere determinati ad essere la destra o la sinistra. E' questo universo che ci ha scelti come coscienti mentre a qualcos'altro ha dato il potere di essere il Nord. Che meraviglia sarebbe mai questa?
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 12-05-2012, 10.11.08   #117
Aggressor
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Caro Il Seve, il nostro dialogo dovrà continuare, granzie ancora per le risposte.

Tu dici:
Invece tu, perfettamente in linea con l’idealismo, ritieni che ciò che è nascosto sia nulla. Riprendendo una celebre metafora di Severino che usa il cielo visibile come simbolo della coscienza, quando il sole esce dal cielo visibile, non è più possibile dire che fine faccia guardando il cielo. Invece tu concludi che, dato che non lo vediamo, è andato nel nulla. Certamente concludi così non solo sulla base del percepito, ma innanzitutto sulla base del principio che ciò che può essere affermato, lo è sulla base di ciò che è percepito. Ma questo non basta a produrre la conclusione che ciò che non è percepito sia inesistente.

Ed ecco l’equivoco. Questo principio, anche se dice certamente che ciò che non è affermato sulla base del percepito non esiste, non dice ancora che ciò che non è percepito non esiste (cioè non dice ancora “esse est percipi”).


Da una parte dici il vero, ma non esattamente ciò che intendo, allora chiarisco, anche se avevo precisato questo punto prima: non è vero che secondo me se nessuno vede il sole il sole non esiste, poiché è stato già detto che qualcuno ha visto il sole esso è con ciò già un essente e in quanto tale il sole sarà formato da entità che si percepiscono, cioè, per me, che sono in relazione tra loro. Il fatto che io non veda più il sole non vuol dire che non lo "vedano" più gli enti di cui è formato e con ciò esso continuerà ad esistere.


Lo so che stò presentando una ontologia della percezione, ma accostandola all'universale di relazione, estendo comunque l'esistenza agli enti che non sono percepiti da qualcuno in particolare, perché ci sarà qualcos'altro che li percepisce (per esempio, appunto, gli elementi stessi che formano un corpo).


Ora, scusa se sono in un certo senso ostinato ma mi preme di capirci, nella tua ontologia io continuo a non vedere la necessità dell'esistenza della percezione. Tu dici che confondo ciò che è reale con ciò che è posto in una percezione, ma non è che confondo le due cose, è che mi interessa capire se ha senso identificarle nello stesso concetto.
Se un ente è ente anche di fuori della coscienza, io mi chiedo che necessità avesse l'universo di generare la coscienza, avendo "dapprima generato" gli enti, e a questo non mi sembra che tu abbia risposto. Mentre questo punto è esattamente il fondamentale per ciò che stò iniziando a credere.
Inoltre vorrei far notare che, come hai detto, la percezione non è che una sintesi tra soggetto e oggetto, che è lo stesso fondamentale della relazione.


Comunque anche io non identifico ciò che la scienza o il senso comune ammette come un nulla come il nulla, anche per motivi diversi da quelli che hai esposto, ma in un senso molto simile
.

Ciao!
Aggressor is offline  
Vecchio 12-05-2012, 20.45.39   #118
ulysse
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
-
Scusate se m'intrometto, ma...sogno o son desto?
O è solo un esercizio di logica?
Citazione:
.....Certamente concludi così non solo sulla base del percepito, ma innanzitutto sulla base del principio che ciò che può essere affermato, lo è sulla base di ciò che è percepito. Ma questo non basta a produrre la conclusione che ciò che non è percepito sia inesistente.
Ma neppure che sia tal quale percepito.
Il fatto è che come al solito non capisco che senso abbiano questi discorsi.
Oramai abbiamo appreso che molto di ciò che percepiamo è controntuitivo...cioè percepiamo spesso qualcosa che non è come lo percepiamo, ma in qualche modo esiste ed accade.
Oppure non percepiamo direttamente coi nostri sensi qualcosa che invece possiamo percepire con apposita strumentazione: è un fenomeno sempre piu' frequente!
Questo significa anche che, per esistere, una entità non ha bisogno di essere percepita?...Oppure che, per esistere, c'è bisogno di strumentazione?
Che poi ci si può chiedere: ma percepita da chi?
Ma limitiamoci alla percezione umana.
La coscienza umana ha cominciato ad esistere, a rendersi conto di percepire, presumibilmente alcuni milioni di anni fa: prima nessuno aveva coscienza di percepire.
Significa che prima l'universo non esisteva?
Mi pare uno strano discorso!
Citazione:
Ed ecco l’equivoco. Questo principio, anche se dice certamente che ciò che non è affermato sulla base del percepito non esiste, non dice ancora che ciò che non è percepito non esiste (cioè non dice ancora “esse est percipi”).
Ecco! è un equivoco!
In effetti, nemmeno capisco come sia possibile concepire un tale equivoco!
Citazione:
Da una parte dici il vero, ma non esattamente ciò che intendo, allora chiarisco, anche se avevo precisato questo punto prima: non è vero che secondo me se nessuno vede il sole il sole non esiste, poiché è stato già detto che qualcuno ha visto il sole esso è con ciò già un essente e in quanto tale il sole sarà formato da entità che si percepiscono, cioè, per me, che sono in relazione tra loro.
Quindi la spiegazione sarebbe che il sole esiste (non oso dire che è "essente"), perchè, comunque, qualcuno lo aveva già visto prima!?
...Che non è poi vero, poichè prima che apparisse la vita nessuno aveva mai visto il sole eppure c'era e con esso tante altre stelle....almeno da 10 miliardi di anni
Nemmeno capisco cosa significhi che il sole sia formato da entità che si percepiscono, che sono in relazione fra loro e per questo esisteva anche prima.
Ma dubito che qualcosa percepisca qualcosa se non c'è coscienza...e la coscienza esiste solo nel vivente...se esiste.
Per lo meno userei un altro verbo...per es.: toccare!
Citazione:
Il fatto che io non veda più il sole non vuol dire che non lo "vedano" più gli enti di cui è formato e con ciò esso continuerà ad esistere.
Gli enti di cui è formato vedono il sole!?
Citazione:
Lo so che stò presentando una ontologia della percezione, ma accostandola all'universale di relazione, estendo comunque l'esistenza agli enti che non sono percepiti da qualcuno in particolare, perché ci sarà qualcos'altro che li percepisce (per esempio, appunto, gli elementi stessi che formano un corpo).
Estendere l'esistenza agli enti che non sono percepiti!!!
Ma non credo che ce ne sia bisogno: gli oggetti concreti esistono comunque.
Le astrazioni, i pensieri, le idee possono non esistere se nessuno le pensa....ma è talmente ovvio!
Citazione:
Ora, scusa se sono in un certo senso ostinato, ma mi preme di capirci, nella tua ontologia io continuo a non vedere la necessità dell'esistenza della percezione. Tu dici che confondo ciò che è reale con ciò che è posto in una percezione, ma non è che confondo le due cose, è che mi interessa capire se ha senso identificarle nello stesso concetto.
Infatti non ha senso!
Ciò che è percepito esiste...se non è illusione o miraggio, ma l'esistere non ha alcuna necessità della percezione: l'universo è fatto di atomi , la gran parte dei quali non sono pecepiti ...anzi nemmeno toccati da altri atomi!...eppure ci sono! Della materia oscura, poi, abbiamo solo sentito parlare eppure costituisce la gran parte della materia dell'universo!
Ma ancora mi pare assurdo e talmente ovvio un discorso di questo genere che sospetto ci sia qualcosa sotto.
Citazione:
Se un ente è ente anche di fuori della coscienza, io mi chiedo che necessità avesse l'universo di generare la coscienza, avendo "dapprima generato" gli enti, e a questo non mi sembra che tu abbia risposto.

Ma non credo ci sia relazione fra enti e coscienza.
L'universo, poi, non ha alcuna necessità e non ha coscienza...e niente lascia supporre che ci siano progetti: tutto accade ed esiste semplicemente perchè accade ed esiste...o non esiste.
Anche se ci sono consequenzialità o causalità, esse non sono biunivoche e leganti: poteva liberamente andare diversamente se un atomo imboccava la fessura a destra anzichè quella a sinistra...(indeterminazione!) ...diventava tutta un'altra storia, un altro universo.
Niente e nessuno impedisce o comanda all'universo di essere deficitario o ridondante...magari di essere esploso in varie bolle di universi.
Citazione:
Mentre questo punto è esattamente il fondamentale per ciò che stò iniziando a credere.

Citazione:
Inoltre vorrei far notare che, come hai detto, la percezione non è che una sintesi tra soggetto e oggetto, che è lo stesso fondamentale della relazione.
E probabile! Ma ha importanza?
Veramente a me pare che chi percepisce cambia e si arricchisce, il percepito resta tal quale...se l'atto del percepire non è invasivo.
Citazione:
Comunque anche io non identifico ciò che la scienza o il senso comune ammette come un nulla come il nulla, ecc...
....
Ma il concetto di libertà che c'entra? non mi pare che appaia in nessun modo..se non che l'universo è libero e non ha esigenze, se non di rispettare le leggi dell'universo...per quanto è possibile!
...ulysse.
ulysse is offline  
Vecchio 13-05-2012, 11.25.33   #119
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Ulysse, non è un caso se me la sono presa direttamente con Il Seve per discutere su certe questioni, come hai scritto altrove le tue conoscenze in materia sono un po' troppo limitate alla sfera liceale e con ciò puoi trovare una certa difficoltà nel comprendere certe questioni, come anche nel comprenderne il valore.


Tu sei così sicuro nell'additare la coscienza a certi oggetti e non ad altri, ma questa sicurezza è fatta solo di lettere su uno schermo perché, come tutti gli altri, tu non hai idea di come si possa essere formata, se non vagamente, non hai idea di cosa sia (si vede pure che non hai letto libri in merito, e invece si da il caso che io abbia studiato i testi dei neuroscienziati e sia in linea con le loro teorie, tanto per farti vedere che amo la scienza come amo la filosofia e non sei tu quello che la mette sullo scientifico, ma sono io stavolta) e non la sai di certo legare la sua necessità a quella delle altre cose naturali formando una buona ontologia che tenga insieme i pezzi di conoscenza che abbiamo sulle cose.

La tua ipotesi è quella di senso comune (che non è in linea con ipotesi molto più serie ma che stanno prendendo forma negli ultimi anni): "la coscienza appare in certi esseri viventi complessi". Si da il caso che uno può anche tentare di superare certe credenze, o criticarle per vedere se hanno senso, oggi neanche le leggi di Newton sono prese per buone, pensa un po' se non posso criticare la più banale teoria sulla coscienza.

Un saluto
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Vecchio 13-05-2012, 11.39.24   #120
Aggressor
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Riferimento: Definire il concetto di libertà

Per quanto riguarda il sole quello che volevo dire è questo, che una volta che lo hai visto non potrai dire per il solo fatto che non lo vedi più "non esiste più", se credi che ciò che è reale è ciò che è percepito perché, se lo hai percepito, a meno che non sia un buco nero (che è la cosa più simile ad una singolarità che possa esistere), potrai ben ammettere che sia composto da più entità in relazione tra loro, e se (come stò ipotizzando) la relazione è la vera base della percezione, allora il sole continuerà ad essere percepito dalle cose da cui è formato.

Posso ammettere che sia una teoria molto difficile da accettare ma, ripeto, se si guarda alle teorie dei neuroscienziati non sarebbe neanche così in controtendenza con la conoscenza a nostra disposizione oggi; anche nella meccanica quantistica si stà dando grande valore alla percezione e alla coscienza per ciò che riguarda certi fenomeni, almeno secondo alcune interpretazioni.
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