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Vecchio 10-05-2014, 04.11.12   #11
green&grey pocket
Ospite abituale
 
Data registrazione: 12-01-2013
Messaggi: 331
Riferimento: Il mito della caverna

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Non occorre una lettura sistematica di Platone, tanto è noto ed emblematico
l'episodio della caverna.

Il discorso nel nostro caso non intende dilungarsi, spesso a vuoto, su cosa è o non è la "verità" o sul bene assoluto secondo Platone o Aristotele.

Qui un testimone diretto scopre, uscendo dalla caverna, a cosa corrispondono le ombre che vedono, quelle precise ombre.
Vuole condividere la sua conoscenza con i compagni, ma questi lo uccidono perché non vogliono conoscere cosa sono quelle ombre. L'uomo preferisce restare nell'ignoranza.

Le sperimentazioni fenomenologiche ripetibili, mai definitive, riverificabili nel tempo senza limiti,senza pretesa di assolutezza, con ricerca non di conferme ma di disconferme ( cfr. Popper,filosofo della scienza) sono quanto più lontane dal dogma. Come dici, senza disambiguazione semantica il discorso si ferma qui: abbiamo concezioni troppo diverse di "dogma".

Nessuno si sente incatenato alla caverna, che tra l'altro è metaforica.
Oggi può significare arroccarsi nelle proprie ideologie, credenze, rifiutando verifiche, apporti che non siano soltanto autoreferenziali. Crogiolarsi tranquilli nella propria ignoranza, perché certe conoscenze possono inquietare.

arsenio

Ma dicendo questo praticamente stravolgi il mito della caverna, e lo fai proprio tramite quello che in teoria intendi come problema.

Se il problema è quello dell'autoreferenzialità e il non ascolto dell'altro, è quello che poi puntualmente vai a fare non volendoti confrontare con il tema della verità e del sommo bene platonico.

Io non penso che lo schiavo della caverna sia il selfie di face-book.

E' qualcosa di più radicale.

Se poi vogliamo parlare del problema dei selfie, e tiriamo in ballo baumann dobbiamo ricordare di quale sia il suo problema, e visto che ho iniziato a leggerlo, di certo non è il problema del selfie, nè dei social network che semmai sono solo una conseguenza.

Per quanto riguarda z4nz4r0 e la sua proposta di cambiare il termine disambiguazione con adattamento, non potrei che essere che più in disaccordo.

Il problema è proprio quel senso di auto-adattabilità che in realtà nella vita reale rispecchia invece un imposizione inconscia del volere ideologico.(nel senso negativo, perchè ultimamente ne parlano come se fosse una cosa positiva...)
di auto, di volontario, l'io non ha veramente nulla.

In generale se stiamo parlando del rapporto io - mondo, dove il mondo è il mondo sociale (cosa che trovo opinabile), si sta perdendo proprio il senso del termine sociale.
Nel libro di Baumann infatti si tenta di mantenere l'importanza del sociologico come tema etico (e si finisce nella solita moralità ), quando tutto il libro (bè per lo meno l'inizio ) è una impietosa analisi di trasformazione generazionale.

Noi vecchi additiamo nelle forma di socializzazione dei giovani, un problema di aderenza non critica al mondo mediatico del giovane.
Dando per scontato che i modelli a cui noi aderiamo siano quelli giusti.
Cosa che nell'analisi di Baumann che al contratio di tanti altri colleghi è più coraggioso nel dirlo, risulta essere invece il modello che genera una risposta compatta dal mondo dei giovani.
Una risposta radicale di completa indifferenza rispetto ai temi che imperano nel mondo sociale.
Può essere la caccia allo zingaro, il delitto di tal posto, l'avvenimento allo stadio...non ha importanza in quanto i fattori tengono solo a riportare un solo modello: quello dell'indifferenza.
La cosa che più fa ridere e che ci si indegna sulla risposta (l'indifferenza, la monotonia) quando sinceramente quello di cui bisognerebbe vergognarsi è proprio quello che viene proposto.

Accennate queste cose, devo ancora pensare che il giovane è un servo incatenato nella caverna? come se il fuori della caverna fossero di contro quelle pestilenziali ca**ate che ogni giorno ammorbano la mia etica, che non è mai morale....
sinceramente a me il giovane invece sembra tentare di spezzare quelle catene.

di fatto gli uni sono la fotocopia degli altri ed entrambi alimentano l'ideologia che di fatto è la sociologia...come dire che il discorso dalla sociologia passa alla politica.
Anche Baumann deve mangiare e fa di tutto per richiamarsi a nuove ipotetiche morali razionali....e puntualmente sono le stesse menate cattoliche che ammorbano l'occidente da sempre.

Aria fritta da queste parti...a meno che forse ci togliamo il nostro armamentario morale e cominciamo a riflettere su cosa sia la verità e cosa il sommo bene in Platone e Aristotele. (dalla disambiguazione si otterranno molti benefici, fidatevi!)

cave canem!
green&grey pocket is offline  
Vecchio 10-05-2014, 14.42.50   #12
arsenio
Ospite abituale
 
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
Riferimento: Il mito della caverna

Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
Ma dicendo questo praticamente stravolgi il mito della caverna, e lo fai proprio tramite quello che in teoria intendi come problema.

Se il problema è quello dell'autoreferenzialità e il non ascolto dell'altro, è quello che poi puntualmente vai a fare non volendoti confrontare con il tema della verità e del sommo bene platonico.

Io non penso che lo schiavo della caverna sia il selfie di face-book.

E' qualcosa di più radicale.

Se poi vogliamo parlare del problema dei selfie, e tiriamo in ballo baumann dobbiamo ricordare di quale sia il suo problema, e visto che ho iniziato a leggerlo, di certo non è il problema del selfie, nè dei social network che semmai sono solo una conseguenza.

Per quanto riguarda z4nz4r0 e la sua proposta di cambiare il termine disambiguazione con adattamento, non potrei che essere che più in disaccordo.

Il problema è proprio quel senso di auto-adattabilità che in realtà nella vita reale rispecchia invece un imposizione inconscia del volere ideologico.(nel senso negativo, perchè ultimamente ne parlano come se fosse una cosa positiva...)
di auto, di volontario, l'io non ha veramente nulla.

In generale se stiamo parlando del rapporto io - mondo, dove il mondo è il mondo sociale (cosa che trovo opinabile), si sta perdendo proprio il senso del termine sociale.
Nel libro di Baumann infatti si tenta di mantenere l'importanza del sociologico come tema etico (e si finisce nella solita moralità ), quando tutto il libro (bè per lo meno l'inizio ) è una impietosa analisi di trasformazione generazionale.

Noi vecchi additiamo nelle forma di socializzazione dei giovani, un problema di aderenza non critica al mondo mediatico del giovane.
Dando per scontato che i modelli a cui noi aderiamo siano quelli giusti.
Cosa che nell'analisi di Baumann che al contratio di tanti altri colleghi è più coraggioso nel dirlo, risulta essere invece il modello che genera una risposta compatta dal mondo dei giovani.
Una risposta radicale di completa indifferenza rispetto ai temi che imperano nel mondo sociale.
Può essere la caccia allo zingaro, il delitto di tal posto, l'avvenimento allo stadio...non ha importanza in quanto i fattori tengono solo a riportare un solo modello: quello dell'indifferenza.
La cosa che più fa ridere e che ci si indegna sulla risposta (l'indifferenza, la monotonia) quando sinceramente quello di cui bisognerebbe vergognarsi è proprio quello che viene proposto.

Accennate queste cose, devo ancora pensare che il giovane è un servo incatenato nella caverna? come se il fuori della caverna fossero di contro quelle pestilenziali ca**ate che ogni giorno ammorbano la mia etica, che non è mai morale....
sinceramente a me il giovane invece sembra tentare di spezzare quelle catene.

di fatto gli uni sono la fotocopia degli altri ed entrambi alimentano l'ideologia che di fatto è la sociologia...come dire che il discorso dalla sociologia passa alla politica.
Anche Baumann deve mangiare e fa di tutto per richiamarsi a nuove ipotetiche morali razionali....e puntualmente sono le stesse menate cattoliche che ammorbano l'occidente da sempre.

Aria fritta da queste parti...a meno che forse ci togliamo il nostro armamentario morale e cominciamo a riflettere su cosa sia la verità e cosa il sommo bene in Platone e Aristotele. (dalla disambiguazione si otterranno molti benefici, fidatevi!)

cave canem!


Il contesto in cui inseriamo il mito della caverna è diverso dal tuo, entrambi legittimi.

Io mi riferisco al senso che può assumere nella società moderna e dei media: l'opinione pubblica, le suggestioni mediatiche,i desideri etero-indotti, la pubblicità, le promesse della politica, le facciate etiche, ecc.
Ci sono alcuni film come Matrix, Truman Show,per quanto riguarda anche il mondo virtuale.

Conosco il senso originario platonico, l'agathon, il bene supremo come logos che concorda l'Ente-realtà,ecc. ma non intendevo continuare questo percorso. Se stai leggendo Bauman puoi capire dove ora stanno i miei interessi, le mie letture.

Il "Bene" è il tema del presente salone del libro a Torino; leggendo le presenze di studiosi e filosofi piuttosto noti, credo che il tema sarà affrontato da diversi punti di vista.



arsenio
arsenio is offline  
Vecchio 20-07-2014, 16.27.33   #13
Tornelius83
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Data registrazione: 06-03-2013
Messaggi: 7
Riferimento: Il mito della caverna

Platone è considerato il maggiore filosofo della storia della filosofia, per l'influenza che ebbe su di essa, maggiore rispetto a quella degli altri filosofi. La sua perla fu la teoria delle idee. Quest'ultima vede gli umani in una caverna, con del fuoco, che proietta l'ombra degli oggetti. Gli umani si limitano a cogliere la realtà in questo modo. Ma il filosofo ha una diversa visione della realtà, poiché esce dalla caverna e vede gli oggetti nella loro essenza. Alcuni filosofi sono anche custodi, cioè dei filosofi che tornano nella caverna per aiutare gli umani ad uscire dalla caverna, cogliendo la realtà nella sua essenza.
Il filosofo destinato a diventar custode deve, secondo Platone, tornare nella caverna, e vivere tra coloro che non hanno mai visto il sole della verità. Sembrerebbe che Dio stesso, se vuole migliorare la sua creazione, debba fare altrettanto; un cristiano seguace di Platone dovrebbe interpretare così l'Incarnazione. Ma rimane completamente impossibile spiegare perché Dio non si sia accontentato del mondo delle idee. Il filosofo conosce la caverna già esistente, ed è spinto dalla sua bontà d'animo a ritornarvi; ma se il Creatore ha veramente creato tutto, si può osservare che avrebbe potuto addirittura evitare le caverne.
Invece le ha create perché ha deciso di dare all'uomo il libero arbitrio, cioè la possibilità di vivere disobbedendogli. Il prezzo da pagare è una cecità mentale che ci permette di vedere solo ombre. Mettendoci alla sua scuola, invece, usciremo dalla caverna, conosceremo la realtà e approcceremo il mondo come Dio vuole che venga approcciato.
Se siamo filosofi e filosofi custodi, dobbiamo fare delle conquiste, nell'approccio alla vita, da destinare poi a chi vive nella caverna, per renderli partecipi delle nostre conquiste. Ognuno di noi, così facendo, contribuirà all'edificazione di un mondo migliore.
Tornelius83 is offline  
Vecchio 21-07-2014, 11.28.48   #14
baylham
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Messaggi: 89
Riferimento: Il mito della caverna

L’allegoria della caverna è un vecchio arnese, superato da una concezione moderna ed attuale della scienza e della filosofia. Ormai dovrebbe essere chiara la relatività della conoscenza, la sua dipendenza da un contesto, da una relazione. Chi esce dalla caverna non scopre la Realtà, scopre un nuovo ambiente da perlustrare, da conoscere, con la riproposizione di nuovi limiti conoscitivi, diversi per alcuni aspetti esteriori (la luce rispetto all’ombra) ma strutturalmente simili a quelli sperimentati dagli abitanti della caverna. Platone comprende la relatività della conoscenza ma si illude di oltrepassarla, di superarla. In questo senso trovo più moderne le problematiche poste dai sofisti rispetto all’inganno di Platone sulla Verità.
baylham is offline  
Vecchio 21-07-2014, 12.00.32   #15
CVC
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Messaggi: 747
Riferimento: Il mito della caverna

Citazione:
Originalmente inviato da Tornelius83
Platone è considerato il maggiore filosofo della storia della filosofia, per l'influenza che ebbe su di essa, maggiore rispetto a quella degli altri filosofi. La sua perla fu la teoria delle idee. Quest'ultima vede gli umani in una caverna, con del fuoco, che proietta l'ombra degli oggetti. Gli umani si limitano a cogliere la realtà in questo modo. Ma il filosofo ha una diversa visione della realtà, poiché esce dalla caverna e vede gli oggetti nella loro essenza. Alcuni filosofi sono anche custodi, cioè dei filosofi che tornano nella caverna per aiutare gli umani ad uscire dalla caverna, cogliendo la realtà nella sua essenza.
Il filosofo destinato a diventar custode deve, secondo Platone, tornare nella caverna, e vivere tra coloro che non hanno mai visto il sole della verità. Sembrerebbe che Dio stesso, se vuole migliorare la sua creazione, debba fare altrettanto; un cristiano seguace di Platone dovrebbe interpretare così l'Incarnazione. Ma rimane completamente impossibile spiegare perché Dio non si sia accontentato del mondo delle idee. Il filosofo conosce la caverna già esistente, ed è spinto dalla sua bontà d'animo a ritornarvi; ma se il Creatore ha veramente creato tutto, si può osservare che avrebbe potuto addirittura evitare le caverne.
Invece le ha create perché ha deciso di dare all'uomo il libero arbitrio, cioè la possibilità di vivere disobbedendogli. Il prezzo da pagare è una cecità mentale che ci permette di vedere solo ombre. Mettendoci alla sua scuola, invece, usciremo dalla caverna, conosceremo la realtà e approcceremo il mondo come Dio vuole che venga approcciato.
Se siamo filosofi e filosofi custodi, dobbiamo fare delle conquiste, nell'approccio alla vita, da destinare poi a chi vive nella caverna, per renderli partecipi delle nostre conquiste. Ognuno di noi, così facendo, contribuirà all'edificazione di un mondo migliore.
Il mito della caverna ha una doppia valenza metafisica e politica. Dal punto di vista metafisico rappresenta il filosofo come colui che riconosce la realtà del mondo delle idee di cui il mondo sensibile non è che l'ombra.
Politicamente indica il filosofo come colui che deve ritornare nella caverna per rendere anche I non filosofi edotti della verità del mondo delle idee, e quindi essere il reggente della repubblica ideale.
L'attualità del mito della caverna è data dal fatto che viviamo in un mondo materialistico ed edonista, dove l'uomo è oramai interessato unicamente dalle ombre - ossia dall'esteriorità delle cose, dal piacere estemporaneo, dalle superficialità, dal possesso e dal denaro – ed è totalmente distolto dagli aspetti morali.
CVC is offline  

 



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