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Scrittura e vita, simbiosi perfetta

Scrittura e vita, simbiosi perfetta di Matilde Perriera

di Matilde Perriera

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L'incredibile storia di Don Turiddu u gazzusaru

Una vigorosa impronta indelebile
Recensione del romanzo L’incredibile storia di don Turiddu u gazzusaru: Il maestro Nuccio Daidone racconta la straordinaria vita di suo padre

Dicembre 2018

 

L’incredibile storia di don Turiddu u gazzusaru12 € ben spesi per L’INCREDIBILE STORIA DI DON TURIDDU U GAZZUSARU che, letta tutta d’un fiato, consente di introiettare messaggi di ampio spessore. Nelle coinvolgenti 112 pagine arricchite da continui feed-back e frequenti entrelecement, Salvatore Farina, con geniale acutezza e il supporto di Nuccio, ha dato vita, a un interessante laboratorio culturale che, per le molteplici sfaccettature, risulta difficilmente collocabile all’interno di uno specifico genere letterario. Vi si intrecciano, infatti, varie sfumature strutturali che vanno dalla biografia, con il tormentato paradigma esistenziale di Salvatore Daidone, alla cronaca, con episodi verificatisi realmente nell’entroterra siciliano negli anni caldi del secolo scorso, all’apparente memoriale autobiografico, valorizzato da ricordi e conoscenze personali del protagonista, al saggio storico, con la rivisitazione fedele del clima minato dagli eventi occorsi, al romanzo psicologico, con la  ricostruzione dei meccanismi emotivi di fronte alle trasformazioni epocali. Il racconto,  rivolto a tutte le età, è anche una prova stilistica trascinante rinvigorita da quel fenomeno definito dal Contini “accostamento eretico”(1) tra il registro colto del narratore e le espressioni dei parlanti che, in ipotiposi, ne esprimono il mondo interiore; si rileva, inoltre, l’efficacia dell’abile gioco tra discorso diretto, indiretto e indiretto libero. Le strategie inaugurate consentono all’autore di generare un immediato cortocircuito con il lettore e di farlo riflettere sull’improrogabilità – per usare un polisindeto in climax caro a Sciascia - di “star svegli e scrutare e capire e giudicare”(2).

Sin dall’incipit, nello scorrere dei dieci capitoli, la macrostoria - con la drammatica incidenza del terremoto di Messina  nel 1908 e la difficile ricostruzione, le due Guerre mondiali con le drastiche conseguenze sofferte dall’opinione pubblica, il Fascismo che “compiaceva quel pazzo di Hitler”, l’avventura coloniale italiana in Africa, l’emigrazione in Libia, l’invasione delle armate britanniche - entra nella microstoria che si snoda tra le provincie di Messina, Bengasi, Catania, Catenanuova, Centuripe, Caltanissetta. Attraverso gli aspetti più prettamente descrittivi, il Professore di Storia e Filosofia al “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, con lo stesso slancio con cui infervora i suoi studenti, stigmatizza la volontà politica di mettere il bavaglio alle intelligenze facendo risaltare, contrastivamente, fortissimi imperativi morali e civili. Tali prerogative costituiscono specchio rinfrangente innanzitutto per i giovani, i quali, con la successione delle scene apparentemente lineari, fortemente sintetiche, dense di informazioni, stimolano la propria vivacità percettiva e riescono a far luce sui nodi oscuri correlati all’epoca rappresentata.

L’INCREDIBILE STORIA DI DON TURIDDU U GAZZUSARU, facente parte della raccolta “La storia siamo noi”(3) e prospettata del figlio del protagonista come atto d’amore per commemorare il centenario della nascita del padre”(4), è la cronaca retrospettiva dell’esperienza vissuta da Salvatore Daidone, novello Adriano Meis “fuggito da un romanzo pirandelliano”, nato a Messina il primo maggio del 1915 ma registrato all’anagrafe solo all’età di quattordici anni. I gangli fondamentali della narrazione ruotano intorno a vari nuclei tematici strettamente connessi al viaggio di formazione dell’intraprendente e indimenticato “gazzusaru” che, “dalle più umili condizioni immaginabili di un’infanzia lacerante, raggiunge successo e felicità pura”(5). Mortigli tragicamente i genitori - il padre schiacciato da un carro trainato dai buoi e la madre di crepacuore dopo sei mesi - e rimasto orfano all’età di due anni, cresce avvolto dalle sollecite cure degli zii Francesca e Filippo. Il destino, però, lo insegue, incalzandolo con la morte dello zio e il secondo matrimonio di Francesca con “un vecchio burbero, scontroso, rozzo, manesco, vendicativo”. Privo di affetti, “singhiozzante e sconvolto dal dolore”, a dieci anni si trova per strada a far parte di una “baby banda” con ragazzini problematici che, capeggiati da Gennariello, lo espongono alle insidie di attività illecite, furti, raggiri, “elemosina e tabaccu, puttrina, arrobba arrobba, quacina”. Una luce vivida scende su di lui apportandogli il sostegno di padre Annibale Maria di Francia, uomo dalla rara bontà e capacità introspettiva, che, “sorretto dalle ali del suo cavallo bianco”, lo solleva dal baratro e gli dà le chiavi “per risalire la scala di marmo che lo condurrà al tempio della gioiosa serenità”(6). Avvia con successo, intanto, la gratificante carriera tuffandosi in attività frenetiche, tempra il suo carattere, si riscatta dalla veemenza impietosa della fortuna adversa, progredisce, si fidanza, si sposa con Alfia, diventa padre di Nuccio, Giovanni, Anna Maria, Silvana e …. E, poi, Maria … e Giovanna …

L’arco vitale di questo “eroe della quotidianità”(7) spinge a soffermarsi sul ruolo assunto da Sant’Annibale Maria di Francia, che, animato da un’illimitata carità verso il prossimo, fin da giovane, aveva considerato mezzo efficacissimo per la salvezza di tutti gli uomini l’invito a “rogare”, pregare, per affrancarsi dal “male di vivere”(8) di montaliana memoria. Istanza superegoica sempre pronta a schiudere il paesaggio interiore di chi si trova in difficoltà”(9), il padre dei poveri e degli orfani aveva già accolto, “sub umbra alarum suarum”(10), sotto la sua protezione, tanti preadolescenti smarriti nel gran mare dell’essere facendoli ricoverare negli Orfanotrofi Antoniani da lui istituiti per “e-ducere, portarli verso una maggiore consapevolezza”(11). Figura di insuperabile leader di levatura mondiale, del quale molti ignoravano l’esistenza, il “San Francesco siciliano”(12), con gli appassionanti discorsi, è stato sempre vicino a Salvatore Daidone anche insegnandogli formule apotropaiche dedicate a Sant’Antonio per tenergli lontane le invisibili potenze negative e alleviarlo dalle quotidiane afflizioni ... “Il mare si calma, le catene si spezzano; ritrovano le cose perdute i giovani e i vecchi” … “L’eccelsa meteora”(13), persino dopo morto, ha continuato a ispirarlo “con le parenesi di grande respiro inculcategli e lo ha spinto ancora, in una drammatica sfida al destino,  ad abbattere le pareti”(14). Uno spazio significativo del racconto è riservato al potere taumaturgico di “Sant’Antonio di Padova”(15), stella sempre accesa sul firmamento terreno di Salvatore con il suo magnetismo di amore e gli inaspettati miracoli di fronte a strani impedimenti - la crisi di pianto di Nuccio, il crollo di nervi di Alfia, l’incidente con la moto, il ritardo al porto, lo scampato pericolo dello schianto, la pallottola che gli trapassa l’elmetto e il più importante, forse, quello  con “la straordinaria prova d’amore” di Alfia che “ha superato la legge di gravità vigente nel recinto del matrimonio tradizionale” … Eventi inspiegabili ma proletticamente assicurati dal bel bambino allegro che la figura mistica circonda con le sue braccia benedette mentre ne contempla il volto con amorevole dedizione. Il Santo è tratteggiato come forza compensatrice tanto impetuosa da neutralizzare lo squilibrio che l’adolescente diventato uomo conserva nel cuore per tetri ricordi, concausa di questioni interiori irrisolte nella propria martoriata infanzia ... “Il mare si calma, le catene si spezzano; ritrovano le cose perdute i giovani e i vecchi” … Da tali input rigeneranti, don Turiddu trova la carica di dinamite necessaria per districarsi nei labirinti dell’hic et nunc, rinsaldare le proprie risorse interiori, “far della propria vita un capolavoro, lo stesso capolavoro che Salvatore Farina, con una prosa impeccabile e coinvolgente, è riuscito a eternare attraverso la magia della parola scritta”(16).

L’incredibile storia di don Turiddu u gazzusaruL’INCREDIBILE STORIA DI DON TURIDDU U GAZZUSARU ha un intreccio compatto in cui la distinzione tra nuclei e satelliti, con la netta separazione tra personaggi principali e secondari o sequenze più o meno rappresentative, è impossibile. In questo variegato panorama, pertanto, nessuno – e non solo “Alfia con il suo dolce e schietto sorriso” o Maria con la “guerra senza rifugi antiaerei”, o Nuccio, Giovanni, Anna Maria, Silvana, Giovanna - passa inosservato perché ogni altro attante - Gennariello, il “napulitanu”, il signor Russo, Alfonso Budae, Mario Massimino - e persino uno sguardo, “quello dello zio Filippo” personificato dal “pover’uomo derubato”, svolgono un ruolo essenziale senza il quale la trama seguirebbe percorsi diversi. Questo microcosmo, per di più, si dilata anche per l’immagine di Copertina, che dipinge, su progetto grafico di Lorenzo Granata, uno scorcio di Catenanuova degli anni Cinquanta fasciato da un delicato sfondo graduato dal giallo al senape e intessuto dalle foto con i componenti della singolare famiglia allargata. Dal “clima di affettuosa unione” registrato nell’espressione di ciascuno, si nota chiaramente come tutti, proprio tutti,  siano protoni e neutroni di una grande molecola che, attraverso lo scandaglio di “contenuti manifesti e contenuti latenti”(17), hanno tirato fuori dal tunnel il cagnolino senza collare troppo presto abbandonato a sé stesso.

Salvatore Farina, giornalista, collaboratore della rivista "Pasticceria Internazionale,” nonché Presidente della Duciezio,, nel romanzo, appare come NARRATORE AUTODIEGETICO, che focalizza in prima persona le parole, le riflessioni, le scelte e il comportamento del capostipite di una delle più note famiglie di maestri pasticceri siciliani e ne trasmette le esperienze più minuziose. Penetrando con più attenzione nella tessitura capillare della narrazione, però, egli assume il doppio ruolo di NARRATORE OMODIEGETICO, interprete delle vicende che, come si arguisce dal sottotitolo, egli ricostruisce facendo tesoro delle indicazioni di Nuccio e del ricco repertorio fotografico tratto dall’archivio della famiglia, e di NARRATORE ETERODIEGETICO onnisciente, capace di scintigrafare le emozioni di Salvatore Daidone mentre, lentamente, vince la rabbia impotente e capisce che "anche una piuma, se è spinta dalla decisa volontà di salvarsi dalle prigioni interiori, può smussare un diamante”(18).

L’INCREDIBILE STORIA DI DON TURIDDU U GAZZUSARU, pubblicata dalla Lussografica nel luglio 2015, ha già avuto fertile risonanza. Ci si augura, perciò, che il libro venga divorato da un regista ingegnoso per un film di grande successo. La realizzazione di questo progetto sarebbe auspicabile per la grandissima valenza che riveste il linguaggio cinematografico certamente congeniale agli stili cognitivi delle nuove generazioni. L’effetto “a specchio”, appunto, potrebbe amplificare la risonanza delle tematiche graffianti che intessono il romanzo e dar spessore, per esempio,  non solo a figure salvifiche come quelle di Sant’Annibale Maria di Francia o di Sant’Antonio da Padova, ma anche al triste fenomeno della violenza come mentalità e come pratica di vita di cui il piccolo "Oliver Twist siciliano"(19) è stato vittima. L’accostamento della macchina da presa alla pagina scritta farebbe “sentire” in maniera ancora più incisiva “la veemenza di insulti carichi di disprezzo e odio”(20), o sconfiggere “l’idea del sempiterno assioma plautino secondo cui lupus est homo homini”(21) per l'istinto congenito di sopraffare il proprio simile. “Nessun discorso sdottoreggiante potrebbe incidere più efficacemente del profilarsi sullo schermo di tali abusi e rendere più accorato il grido di chi, offeso da attacchi verbali, gelosie, invidie, pettegolezzi, cerca le parole giuste per lenire il proprio tormento, convivere con le proprie cicatrici, assaporare la gioia della condivisione”(22), nel tentativo di mettere in discussione chi  “ha paura del chiasso intelligente e invitarlo ad auscultare il fragore di anime in tempesta”(23).

L’intenso percorso umano e spirituale “dell’uomo di famiglia incoronato dagli affetti più profondi” si è interrotto a quasi 93 anni, nel febbraio del 2008, per un ictus devastante. Se ne è andato “abbracciato al suo cavallo bianco spronato al galoppo verso la via del cielo”. DON TURIDDU, però, continua a vivere nella maestria del “lattante portato dall’Africa” e, proprio il pluripremiato maestro pasticciere, “proiettato verso un futuro migliore di quello del padre”, “offre numerosi spunti di riflessione sull'importanza di un'arte nella quale creatività, passione e competenza sono alla base di un successo che ripaga dei sacrifici richiesti”(24). Dell’ex-orfano, connotato dalla pregnante accezione semantica del rimanere “privato della luce”, così, resterà l’eco che, icasticamente, esprime la necessità di lottare per “vindicare se sibi(25)”, nutrire il delicato battere del suo cuore, “liberarsi dalla trappola del qualunquismo, conservare l’istintiva avversione verso ogni forma di sopraffazione”(26), impossessarsi di un efficace “punteruolo”(27), mettersi alla prova, sempre e comunque, per abbattere i muri di acciaio e segnare l’impronta indelebile della fervente sete di giustizia che l’aveva sempre contraddistinto.


      Matilde Perriera

 

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NOTE

1) Gianfranco Contini, Il linguaggio del Novecento, da Pascoli in poi, 1974

2) Sciascia, Porte aperte, 1987

3) Salvatore Farina, Intervista, TFN, 18/9/2015

4) Salvatore Farina, Intervista, Il fatto nisseno, 05/6/2017

5) Salvatore Farina, Intervista, TFN, 18/9/2015

6) Zenta Maurina Randive, Poesie, 1965

7) Claudia Casa, Intervista, Teleacras Tube, 07/4/2016

8) Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato, 1923

9) Matilde Perriera, Pinocchio Sulle ali di un deltaplano, Riflessioni.it, 05/02/2015

10) Richiamo al Salmo 17,8

11) Alessandra Improta, Arteterapia: l’arte che cura, Psicolab, 19/6/2005

12) Salvatore Farina, Intervista, www.vivienna.it, 29/10/2015

13) Matilde Perriera, La titanica scintilla, su Riflessioni.it, 28-10-2015 e sul Volume “Il carro delle muse - Collezione Libri delle Muse”, 17/9/2015

14) Matilde Perriera, La titanica scintilla, Ibidem

15) Fernando Martins de Bulhões, Lisbona 15/8/1195 / Padova 13/6/1231. Le sue spoglie sono conservate nell’omonima Basilica di Padova

16) Franca Adelaide Amico, L’incredibile storia di don Turiddu u gazzusaru, www.culturalfemminile.com, 15/01//2017

17) Francesca Lecce, Sigmund Freud e la Psicologia del Profondo, Psicolab, 24/11/2006

18) Matilde Perriera, La titanica scintilla, su Riflessioni.it, 28-10-2015 e sul Volume “Il carro delle muse 2015- Collezione Libri delle Muse”, 17/9/2015

19) Salvatore Farina, Intervista, TFN, 18/9/2015

20) Chiara Maria Barbera, III A Indirizzo linguistico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, 2018, Come una rosa in un giardino, Memorial Nuccia Grosso, 2018, VI edizione, Premio al giornalismo e alla cultura - Città di Caltanissetta, su Riflessioni.it, 22-4-2018

21) Macaluso Giada Rita, IV B, Indirizzo classico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, 2018, Il riscatto di un’anima pura, Memorial Nuccia Grosso, 2018, VI edizione, Premio al giornalismo e alla cultura - Città di Caltanissetta, su Riflessioni.it, 22-4-2018

22) Giulia Maria Antonella Bruno e Annalisa Maria D’Alessandro, IV B, Indirizzo classico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, 2018, Misteriose metamorfosi, Memorial Nuccia Grosso, 2018, VI edizione, Premio al giornalismo e alla cultura - Città di Caltanissetta, su Riflessioni.it, 22-4-2018

23) Francesca Maria Costanza, V A, indirizzo linguistico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, 2018, Fragore di anime in tempesta, Memorial Nuccia Grosso, 2018, VI edizione, Premio al giornalismo e alla cultura - Città di Caltanissetta, su riflessioni.it, 22-4-2018

24) IPSSEOA Giovanni Falcone, Giarre,  La radice del portale, www.ipssarfalconegiarre.it, 28/11/2018

25) Seneca, Ep. ad Luc. I, 1-2)

26) Matilde Perriera, L’esempio come fonte di crescita interiore: La vite rigetterà, Psicolab, gennaio 2011

27) Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia, 1941


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