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Aletheia di Emanuela Trotta

Aletheia

di Emanuela Trotta - indice articoli


Locus ameno

Giugno 2023


In una società dominata dalla contingenza, che muta rapidamente, senza orientamenti, senza identità, l’uomo è destabilizzato da regole in continua evoluzione, è indotto a un isolamento, che è espressione di un disagio culturale, sociale e relazionale e conduce alla totale chiusura in sé stessi, fino al disinteresse per il mondo vitale dell’altro.
La nostra dimensione sociale è inaridita, cerchiamo la folla per fuggire dalla solitudine, ed esorcizzare l’angoscia, ma la folla del mondo contemporaneo non rafforza il proprio senso di appartenenza, la propria identità, è impersonale e distante, è la negazione della comunicazione autentica e del relazionarsi.
Non è una comunità in cui l’uomo si rapporta agli altri, ma è spersonalizzata, dove ognuno si rifugia per mimetizzarsi, omologarsi e annullarsi.
Anche la fretta, peculiarità dell’età moderna, è una fuga dal contatto autentico con noi stessi. Il nostro stile di vita è improntato dalla frenesia spasmodica, dalla velocità, nell’illusione di risparmiare tempo, senza accorgerci che nell’esasperata accelerazione del tempo, la vita ci sfugge. Vittime della frenesia non abbiamo il tempo di guardarci dentro, Nietzsche lo riassume così” la fretta è universale perché tutti fuggono da sé stessi”.
Oggi più che mai il silenzio spaventa, eppure la solitudine è costitutiva dell’essere umano, è una sua peculiarità positiva, è la possibilità in un mondo saturo di informazioni, di ritrovare il silenzio dentro la propria anima, e in questo silenzio, si può scoprire la nostra condizione esistenziale, che oscilla tra la finitudine e il desiderio d’infinito.
La solitudine si nutre di silenzio, garantisce all’uomo di liberarsi dal soffocamento che la società impone, senza paure e ansie di conferme.
Solo ripristinando un dialogo autentico e profondo con noi stessi, possiamo ristabilire un dialogo con gli altri, riscoprendo una nuova strada che conduce alla scoperta di aspetti della propria interiorità, rimasti inesplorati.
Solo a seguito di un dialogo tollerante rispetto ai nostri errori e alle nostre carenze possiamo aprirci al confronto con gli altri in maniera costruttiva, prendendo coscienza della propria fragilità e imperfezione, è questa consapevolezza di noi stessi, che ci consente di ri-trovarci.
La solitudine pone l’individuo in una condizione di completa nudità di fronte a sé stessi e alla propria esistenza.
È in questo senso che la solitudine viene considerata una risorsa.
Si intravede nella solitudine, così intesa, l’unica possibilità di cui disponga l’uomo moderno, per riappropriarsi e custodire la propria individualità.
La premessa necessaria per il viaggio volto a conoscere sé stessi è il silenzio, che rende possibile scorgere quanto di più intimo l’uomo custodisce, un silenzio scelto consapevolmente, che lo induca a fermarsi. Secondo Heidegger, il silenzio è propedeutico alla comprensione, non ci può essere reciprocità senza silenzio.
Il silenzio come orizzonte di senso, dentro cui accogliere la realtà, il silenzio naturale che rifiuta la banalità, che allontana dal rumore, lesivo della nostra appartenenza al tutto, rumore inteso, come superficialità, come limite allo spazio altrui. Il silenzio esprime la capacità dell’uomo di cogliere il fondamento della realtà, di andare oltre.
Il silenzio così percepito, non è vuoto, ma pienezza, perché apre l’uomo all’incontro.
Solo chi è sceso in profondità, nella propria solitudine è veramente capace di comunione con gli uomini, senza discriminazioni.
Questo è l’uomo che abita il silenzio e che si lascia abitare dal silenzio. Abitare contiene in sé l’idea di una consuetudine, di una frequentazione, indica l’umanità più intima. Se non si arriva a conoscere e accettare la propria solitudine esistenziale, non si può avere una comunione con gli altri, ma una fuga da sé stessi. In una società, che Pascal definiva intrisa di superficialità, si propone una riscoperta del valore del silenzio, non solo come strumento per richiamare l’uomo contemporaneo a sé stesso, ma come modalità comunicativa.

Emanuela Trotta


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