
Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Blaise Pascal - L'altra faccia della ragione
di Michele Paolini Paoletti
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E ALTRI MOTIVI DI APOLOGETICA.
Dio, tuttavia, spesso rimane nascosto all'uomo
(Deus absconditus): o perché, secondo
Pascal, l'uomo è così nel peccato da non
poterlo vedere (un peccato che, comunque, egli
deve imputare esclusivamente a se stesso), o
per umiliare (nel senso positivo del termine)
l'intelletto umano che, se scoprisse Dio, si
inorgoglirebbe.
Le prove storiche dei Vangeli e delle Sacre
Scritture in generale offrono, però, validi
indizi per il percorso umano verso la fede: le
profezie, che da Cristo sono state realizzate
("Le profezie erano equivoche: non lo sono
più"), e, soprattutto, i miracoli. "Non
ci sarebbe stato peccato a non credere in Gesù
Cristo, senza i miracoli" (811). Poiché i
miracoli sono addotti come esempio di
veridicità da tutte le religioni, e non dal
solo Cristianesimo, è necessario dimostrare,
tuttavia, innanzitutto che siano realmente
avvenuti, e che non siano semplici leggende;
in seguito, che quelli cristiani siano gli
unici a poter valere come prove fondate. Al
primo dubbio, Pascal risponde con un
interessante rovesciamento dal contro al pro:
se tutte le religioni affermano l'esistenza
dei miracoli, ciò non significa che i miracoli
siano tutti falsi ma che, al contrario, almeno
alcuni di essi siano veri. "Dopo aver
considerato la ragione per cui ci sono tanti
falsi miracoli, tante false rivelazioni,
sortilegi, ecc., m'è parso che la vera causa
sia l'esistenza dei veri miracoli" (818).
Ma come è possibile capire se i veri miracoli
siano proprio quelli cristiani? Abbinando la
veridicità del miracolo alla veridicità della
dottrina. Col miracolo, infatti, Dio non
contraddice, ma rivela una legge verità di
carità e di amore, perciò il miracolo e la
dottrina si autenticano a vicenda.
Questa tesi, evidentemente, si ricollega ad un
particolare episodio della vita di Pascal: il
24 Marzo 1656, difatti, la nipote, Marguerite
Périer, nel corso della messa del terzo
Venerdì di Quaresima, toccando a Port Royal
una spina della corona di Cristo, viene
guarita da una fistola lacrimale giudicata
incurabile. Il miracolo viene interpretato
pertanto dal filosofo come una sorta di
approvazione divina alle lotte gianseniste
contro la Chiesa ufficiale ed i gesuiti
proprio negli anni in cui viene condannato da
Roma l'Augustinus. Tant'è che i gesuiti
criticano ben presto la fondatezza
dell'episodio.
LE PROVINCIALI: QUALE BASE PER LA
MORALE?
Ma la disputa tra Pascal ed i gesuiti non si
ferma alla sola constatazione della veridicità
o meno di un miracolo. Essa investe anche il
campo teologico e, soprattutto, quello morale,
nel momento in cui il filosofo di Clermont -
Ferrand, tra il 1656 ed il 1657, scrive le
Provinciali, diciotto lettere che hanno il
duplice obiettivo di difendere il giansenista
Arnauld e di attaccare la Compagnia di Gesù,
acerrima nemica di Port Royal.
Le Provinciali, ovviamente, rientrano
nel contesto della condanna, da parte della
Chiesa Romana, di cinque proposizioni dell'Augustinus
di Giansenio. Senza addentrarci nella diatriba
teologica, ricordiamo alcuni particolari della
teologia e della morale che distinguono
nettamente gesuitismo e giansenismo, allo
scopo di comprendere anche le pesanti accuse
che Pascal rivolge al primo movimento. I
gesuiti, a partire da Molina (per come vengono
descritti da Blaise, che esagera un poco i
termini del confronto), si sono abbandonati al
lassismo e al giuridismo: a loro parere,
l'uomo, col peccato originale, non ha perso la
facoltà di conoscere da sé il bene e di
praticarlo, anche perché Dio gli ha donato una
grazia sufficiente atta a rendere,
potenzialmente, le sue azioni buone. Pure
coloro che, dunque, non partecipano
strettamente alla vita della Chiesa,
pentendosi semplicemente dei propri gesti per
timore dell'inferno, possono salvarsi.
Inoltre, secondo i gesuiti, se le norme
scritte devono essere interpretate alla
lettera (giuridismo), i criteri ed i principi
morali, quando ve ne siano due o più
contrastanti, ma probabili allo stesso modo
(dottrina della probabilità), possono detenere
un eguale grado di liceità. Proprio l'esatto
contrario di quanto difeso dai giansenisti,
che intravedono, nel gesuitismo, una nuova
forma di pelagianesimo, contro la quale
proprio loro, novelli agostiniani, devono
combattere, con la forza degli insegnamenti
della Chiesa, delle Scritture e di quell'amore,
di quella legge carità che lega l'uomo a Dio e
che è superiore alla stessa ragione.
L'EREDITA' DI PASCAL.
Come ha scritto Nicola Abbagnano, che di
Pascal offre una lettura chiaramente
esistenzialista, l'influenza di Pascal sulla
cultura moderna è stata vastissima. In
Foscolo,
Leopardi,
Kant (che ammira il "cielo
stellato" sopra di sé, cioè l'infinito, così
come la "legge morale" dentro di sé, cioè il
pensiero, che nobilita l'uomo), troviamo forti
risonanze del filosofare pascaliano. Gli
stessi avversari settecenteschi di Pascal
(Voltaire e Condorcet), che lo hanno definito
un "sublime misantropo", hanno avuto comunque
la necessità di confrontarsi con questo
gigante della filosofia francese per poter
affermare il loro pensiero. Dopo il sostegno
offertogli dal
Romanticismo ottocentesco (che,
non a caso, intende imporre le "ragioni del
cuore") e dall'Esistenzialismo del Novecento,
moltissimi studiosi di storia della filosofia
continuano a concordare nel considerare Pascal
un "pensatore tragico" (Goldmann), un filosofo
cosciente e, allo stesso tempo, scosso dal
paradosso dell'esistenza umana, oscillante di
continuo tra il tutto ed il nulla, in una
posizione di mezzo non serena, non pacificata,
angosciosa, ma aperta alla possibilità della
vera conversione.
Michele Paolini Paoletti
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PER SAPERNE DI PIU'
- Blaise Pascal, I Pensieri,
Mondadori, 2003
(E' l'edizione utilizzata in questo testo
espositivo nel riferirci alle traduzioni ed al
numero dei pensieri)
- Blaise Pascal, Le Provinciali,
Studio Tesi, 1991
- Adriano Bausola, Introduzione a
Pascal, Laterza,
2003
Nell'Enciclopedia del sito:
Principio di Pascal,
Teorema di Pascal,
Botte di Pascal
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