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Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

L'utilizzo del cervello come arma di salvaguardia personale

di Alfredo Canovi   novembre 2010

Prologo

 

La nostra mente tende sempre alla ricerca del completamento dell’imperfetto, della risoluzione dell’irrisolto, non tollera il non comprendere a fondo ciò che la circonda, si sente inadeguata e quindi sofferente… e la sofferenza è una delle molle più potenti per indirizzare il comportamento umano.
Allora attinge al ricordo, come possibile creazione di punti fermi con cui orientarsi, ricorre a ciò che ha assimilato interfacciandosi col mondo esterno, tramite i mass-media oppure il contatto con altre persone, inteso come scambio di idee oppure di informazioni.
Questo processo, chiamato facilitazione, è, con tutta probabilità, la base fisica dei processi di apprendimento e memorizzazione: quando un’informazione è passata un gran numero di volte attraverso la medesima sequenza di sinapsi, le sinapsi stesse sono così "facilitate" che anche segnali o impulsi diversi, ma attinenti (per esempio il nome del fiore che ha un certo profumo) generano una trasmissione di impulsi nella stessa sequenza di sinapsi.
Quindi alcuni dati, appresi e metabolizzati - indipendentemente da dove arrivano ed a volte senza aver tenuto conto della loro veridicità - vengono utilizzati per creare il “proprio mondo” reale.
Questa tecnica… quella cioè di creare volutamente, tramite i mezzi di comunicazione di massa, punti, (che chiamerò “chimere” in quanto intangibili ed irreali) di pseudo-bisogni ed aspettare che il completamento preconfezionato conceda alla “vittima” l’illusione di esservi arrivato per proprio conto e per propria capacità, … è quella alla base della pubblicità e della propaganda.
Questo sistema, perchè sortisca il suo effetto, cioè quello di portare la “vittima”  dove si vuole, deve evidentemente aver creato un sostrato florido di humus, in questo caso mediatico, una sorta di bombardamento di pseudo-informazioni e di deviazioni comportamentali tollerabili, necessarie a creare una sorta di inadeguatezza, di “stupore allibito”, la sensazione cioè di non essere parte di questa società, così da creare nuovamente quel senso di incompletezza a cui si farà presa coi prossimi messaggi …che poi tutto ciò crei problematiche comportamentali e sociali viene ritenuto un “costo accettabile” da chi tira le redini.
Si è persa la morale, ancorché relativistica come concetto, inteso come summa di norme aspiranti alla condotta umana che influiscono sulla collettività, mentre l’etica concerne e concerta i fondamenti che permettono di distinguere i comportamenti umani buoni, da quelli cattivi, quindi in una nazione dove l’etica e la morale sono distorte, quello che è sbagliato viene inteso come giusto, ma soprattutto si è creata una massificazione dell’individuo in seno ad un contesto globale, quindi si è perso il concetto di verità oggettiva a favore di quella relazionale, direi, a questo punto “televisiva”, cioè delegando ai mass-media quella parte di informazione che prima era ottenuta con l’incontrarsi e scambiarsi le opinioni con altre persone, magari litigando ma comunque avendo un contraddittorio, una possibilità di assimilazione-scambio che da sempre è alla base delle culture superiori, badate bene, non “Società” ma “Culture”.

 

L'arte della dissimulazione...
...ovvero l'uomo e la ricerca della verità (altrui!)

 

Un pensiero nasce da un bisogno di consapevolezza, la consapevolezza parte da una richiesta di potenza , la quale ha bisogno di un “Ostacolo”, inteso come “mezzo” tramite il quale l’uomo fa sforzo su se stesso, lotta coi propri limiti per risolverlo…
La constatazione dell’esistenza di un ostacolo porta alla richiesta di potenza (capacità di eliminare l’ostacolo), ed esso genera un” pensiero” di potenza.
Va da sé che  la valutazione di …ostacolo è ampiamente soggettiva, e detto gradino non è indispensabilmente di ordine fisico, ma esso può essere, anzi, soprattutto è, di ordine psicologico.
In questa ottica si pone il senso della “Battaglia” di Eraclito, non guerra tra uomini,  bensì  “dottrina dell’unità dei contrari”, l’aspetto più interessante e coinvolgente  del pensiero filosofico dell’efesino. La “Polemos” risiede nel rapporto di interrelazione di due concetti opposti ( salita-discesa; amore-odio bene,male… aspetto quest’ultimo ampiamente contestualizzato in tutte le dottrine teologiche e religiose…) che, in quanto tali, lottano fra di loro ma, nello stesso  tempo non possono fare a meno l’uno dell’altro poiché vivono solo l’uno in virtù dell’altro. Nello svolgimento progressivo di un evento la verità è il carico dinamico dello svolgimento dello stesso, anzi, il principio  grazie al quale lo svolgimento è in essere. Dopotutto, Galimberti insegna: “il fine corrisponde con la fine”. Questo interessante concetto bene esprime, (nato nell’ambito della filosofia storica ma applicabile a quella empirica in generale) il concetto che, se questa “tensione” finisce, in quanto è avvenuto il completamento di un ciclo, dove cioè la verità si esaurisce per cercare una nuova implementazione, si conclude la fase di “miglioramento, di evoluzione” di una data entità (che sia uno stato oppure un singolo elemento di esso), si avvia un periodo di ristagno, seguito da un’inversione della tendenza generale.
Scrive a proposito di ciò Le Bon: “Ma, dopo aver esercitato la sua azione creatrice, il tempo comincia quella opera di distruzione alla quale non sfuggono né le divinità, né gli uomini. Pervenuta a un certo livello di potenza e di complessità, la civiltà cessa di ingrandire, e non appena non ingrandisce più, essa é condannata a declinare rapidamente.
L'ora della vecchiaia ben presto suonerà. Quest'ora inevitabile é sempre segnata dall'attenuarsi dell'ideale che sosteneva l'anima della razza. Via via che questo ideale impallidisce, tutti gli edifici religiosi, politici e sociali, di cui esso era l'ispiratore, cominciano a rovinare. Col progressivo svanire di questo ideale, la razza perde ogni ora ciò che costituiva la sua coesione, la sua unità e la sua forza. L'individuo può crescere in personalità e in intelligenza, ma nello stesso tempo anche l'egoismo collettivo della razza è sostituito da un eccessivo sviluppo dell'egoismo individuale accompagnato dalla scomparsa del carattere e dallo assottigliarsi delle attitudini all'azione. Ciò che formava un popolo, un'unità, un blocco, finisce per diventare un agglomeramento di individui senza coesione e che mantengono artificialmente ancora per qualche tempo le tradizioni e le istituzioni” (Psicologia delle folle, 1895).
Ed è proprio in un contesto come questo che si applica il concetto di  un sentimento che chiamo “morale utopistica”, che si riassume in questo modo:
“Il motivo a causa del quale siamo in queste condizioni, la morale decadente, non è in grado di prendere decisioni forti, ci si ritiene così tanto superbamente superiori agli altri da non vedere il danno oggettivo di certe proprie scelte che, immancabilmente risultano pericolosamente sbagliate, in una certa "mollezza negli agi" si è perso il senso della aristocrazia, intesa in senso morale, cioè questo appiattimento dei ranghi sociali che non ci porta più a lottare per noi stessi, ma contro noi stessi.
L'ho chiamata morale-utopistica perchè può avverarsi solamente con la disfatta di una delle due morali che normalmente, insegna la storia, è quella meno forte, dove per "forza" si intende l’intenzionalità di  prevaricazione dell'altro per ottenere un proprio, significativo miglioramento di status, la capacità di scindere l'unità "uomo" e sacrificarlo nel contesto globale, non solo fisicamente, ovviamente, ma soprattutto umanisticamente.
Sono anni che tento di mettere in guardia da questo  aspetto veramente pericoloso della nostra società, lo stesso aspetto che, partito verso la fine dell'Ottocento, inizi 1900, ha portato l'Europa in due delle più sanguinose guerre di ogni epoca, la WW1 e la WW2, e cioè la nascita dell'ente "Folla", inteso come ente decerebrato e decerebrabile in grado di controllare un intero stato, anzi permettere a chi lo controlla di decidere le sorti di una nazione.
Con questo non voglio dire che ci sia il rischio di una terza guerra mondiale, badate bene, anche se, forse, nascosta tra le righe di un giornale o le veline di un TG, stiamo vivendo un evento simile... (la guerra tra  i continenti) ...ma molto diverso... (le armi con cui vengono combattute)...
ed anche, ma sopratutto, è che in molta gente è invisa la credenza che, essere buoni aprioristicamente, sia un sistema di crescita individuale e collettiva, ma così non è, anzi è vero esattamente il contrario, che l'eccessivo buonismo nei confronti di immigrati, politici corrotti, criminali ecc... sia la causa dell'indebolimento della morale, anche perchè si è invischiati in un sistema che arriva sempre ad una forma di giustificazione del "cattivo", del problema, senza riflettere!!
Torniamo a noi, ogni nazione deve avere un guscio, una robusta scorza cha protegga il suo tessuto molle dalle avversità dell'esterno, una sorta di amplia e forte moralità che ne impedisca il deteriorarsi, anche perchè, nel momento stesso in cui comincia l'infezione solo le parti  interne più deboli la contraggono accelerandola.
Metafore a parte, sono stufo di chi pensa che siamo nella mota molto meno di quello che dovremmo essere, di chi ragiona troppo col cuore ma poco o nulla col cervello... salvo poi piangere lacrime amare ed additare gli altri per colpe commesse da lui, abbiamo un problema di livellamento morale, troppe informazioni troppo contraffatte, non riusciamo più a vedere la differenza tra buono e cattivo, si gonfiano spropositatamente aspetti pressoché inutili, se non dannosi e non si riesce più a vedere oltre il proprio naso, perchè e quello chi i “poteri forti” politici-economici-religiosi e quant'altro, vogliono.
Per controllare meglio un gregge è bene che esso riposi, che si sopisca mentalmente, basta qualche bravo cane da pastore che controlli i recalcitranti, ed il giuoco è fatto!!!
Come commentava Carlo Cattaneo, l’eroe del Risorgimento, concependo già il problema oltre centocinquanta anni fa, la vera  prospettiva politica riformatrice diffida di utopistici salti rivoluzionari e scorciatoie egualitaristiche “le quali demolirebbero la ricchezza senza riparare alla miseria”.

 

Verità

 

Secondo Nietzsche "è solo l'obbligo di mentire secondo una convenzione stabilita, di mentire al modo del branco in uno stile vincolante per tutti".
Non posso che accodarmi a questa descrizione, mai come oggi vera, e vorrei spiegarla a modo mio integrandola con aggiornamenti per renderla totalmente attuale, anzi, senza vincoli di tempo.
Ognuno di noi, nel prendere quotidianamente coscienza dell'atto di "dover vivere", si crea un proprio mondo basato sulla soggettiva interpretazione degli eventi, crea un sostrato di "menzogne" per rendere il suo modo di raffrontarsi ad esso più vivibile.
Quando però la nostra "menzogna quotidiana" si scontra con quella degli altri si crea un effetto conciliativo tra le due, al fine di creare quella che si chiama "menzogna condivisa", la funzione stessa di questa finzione è quella di rendere compatibili le due versioni posticce al fine di garantirne la praticabilità nel mondo.
Diventano così "verità" quelle finzioni che sembrano funzionare meglio nella collettività,diventa così "la morale" uno stratificarsi di quelle letture della realtà che si sono rivelate vincenti.
Nietzsche afferma che questi sono "quel genere di errori senza i quali sarebbe impossibile volere, divenire, vivere"; egli ha evidenziato il carattere effimero, falso della verità, col fine di diventare volontà di potenza di chi vuole soprattutto esercitare la sua forza su tutti gli altri.
Una nozione assoluta di verità però non esiste; verità e menzogna non sono altro che costruzioni linguistiche e l’essenza del linguaggio è il suo strutturarsi in metafore. Una stessa metafora può dare origine a concetti opposti.
A questo punto dell'interrelazione fra "verità" personali, entra in ballo un assioma, è cioè che l'uomo, finanche quello altamente istruito ed evoluto di oggi, è e rimane un animale, con gli istinti primari dello stesso, si crea quelli che sono i prodromi dell'"effetto massa", tanto odiato dagli intelletti superiori fin dal tempo dei sette savi greci.
Verrebbe da dire che si regredisce ad una sorta di "coscienza collettiva" che, malgrado tutto, è ancora in grado di governare istinti arcaici.
Nell'uomo, in questo particolare momento di scontro, come in tutti gli animali sociali, si crea una gerarchia, un corollario delle varie "importanze" che ognuno di noi ha, in seno alla collettività, (o che gli è stato attribuito), al che, per sbloccare l'empasse solitamente cede una parte della propria "menzogna" colui il quale "si sente" di stazionare su di un gradino più basso di tale gerarchia, lo fa istintivamente come altrettanto istintivamente pretende di esercitare lo stesso diritto verso coloro che ritiene a se stesso inferiori.
Viene subito alla mente Thomas Hobbes, che ne “Il leviatano” scrive ”Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ciò, la moltitudine così unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa è la generazione di quel grande Leviatano o piuttosto - per parlare con più riverenza - di quel Dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa...”
Il percorso mentale è lo stesso, si scambia quel poco di libertà che serve per accodarsi alla comune  consapevolezza del grado di potere, per riuscire a trarre beneficio del mostrarsi succube al potere di turno, che assimilerà di buon grado la piaggeria dimostratagli, in virtù di quello che è un aforisma che scrissi parecchio tempo fa, esso recita così “ Il potere è unicamente il numero di persone coinvolte dalle proprie scelte”, ed è evidente che, una persona che cede spontaneamente la propria autonomia mentale alle scelte del signorotto di turno, ne aumenta il potere.
Proprio in base a quanto scritto precedentemente, a  questo punto delle interrelazioni umane il potere diventa importante, con questi presupposti chi detiene una più alta posizione sociale è in grado di trasformare la "sua menzogna giornaliera" in quella di tutti quelli che se ne sentono, in qualche modo attratti.
Sono caratteri predominanti, ad esempio, il potere, la ricchezza, la bellezza, l'intelligenza, una particolare sicurezza esteriore, una loquacità particolare, insomma tutto quello che è un carattere al di sopra del "valore medio percepito" dalle masse.
A proposito di questo...
Una convinzione personale, che potrebbe essere opinabile secondo il vostro pensiero...
Il mostrare su tutti i media, giornalmente, persone particolarmente ricche, persone particolarmente attraenti o quant'altro fa si che, nei fruitori si crei una particolare "dissonanza cognitiva", cioè che si percepisca una realtà distorta, che porta a pensare che il livello medio della massa sia più vicino a quello mostrato dai media, e che quindi ci si senta inadeguati, ergo si diventa i più volentieri prede della "menzogna totale" di chi ha voluto e creato questi standard, per così dire, "fuori scala" anche se, personalmente credo che, differenze di visioni della realtà troppo diverse cozzino fra loro, quindi ci si sente più attratti da una determina qualità allorché si pensi che essa possa essere, o già che questa sia, più o meno, alla propria portata.
Questo aspetto, che permea la nostra civiltà in ogni poro nasce dal bisogno "indotto", uno pseudo-bisogno che attiene non più alla sfera fisica dell'uomo ma a quella psichica, cioè non gli serve per i bisogni primari, che diventano "obsoleti" (…vivaddio!!) ma per soddisfare il proprio ego, la propria autostima, ma soprattutto per vedere lievitare la propria considerazione all'interno del branco, così da avere maggior potere.

 

"Divide et impera"

 

La storia dell'uomo è costellata di episodi attinenti questo motto latino, ma, ai giorni nostri ha assunto toni parossistici.
Colpevole la velocità alla quale le notizie viaggiano tra di noi, a mezzo Internet, televisione, stampa... si formano e si disfano in tempo reale correnti di pensiero, ideologie in netto contrasto le une colle altre.
L'approccio epistemologico a questo argomento è complesso e controverso, la moralità ha acquistato una propria "autonomia etica" che la pone al riparo dagli attacchi esterni, processo normalmente utile per garantire una necessaria autonomia di pensiero ed azione slegata dai cori ultrapopolari e populistici, ma che, per funzionare davvero richiede uomini di particolare onestà e spessore morale, altrimenti diventa ciò che è in molti paesi, la protezione per una casta di intoccabili, un movimento trasversale, uguale nella sostanza ma diverso solo nel colore.
Nietzsche, in "Al di la del bene e del male" riflette proprio questo concetto, asserisce che l'elevazione di un popolo ha fede nella necessità di una profonda differenziazione del valore da uomo a uomo, dove il più forte nelle sue certezze mai accetterà contaminazioni psicologiche da chi lui sa e ritiene  inferiori.
Bisogna prendere atto del concetto di “Aristocrazia”, che non è oggi, come non è mai stato ieri, nei suoi scritti, il tentativo di legittimare una razza prevaricando qualunque altra, ma piuttosto a trarre consapevolezza che l’eccessiva debolezza morale di un popolo è causata dalla debolezza dei suoi governanti, dei suoi sacerdoti e dei suoi stessi cittadini, e che un appiattimento di questo genere è un fenomeno irreversibile quando raggiunge il punto di “Non ritorno”, quello che abbiano oggi, se non con una lotta intestina senza pari.
Certo, il passaggio alla morale-utopistica, di cui ho già parlato, poi è stato graduale, dolce, verrebbe da dire veloce nella sua lentezza (festina lente), ma costante, delegittimando con parole come "uguaglianza, compassione, equità" i valori basilari delle società, consessi umani che, da che tempo è tempo, la sopravvivenza del più forte, la morale della nazione, la ricerca dell'appagamento nella crescita ideologica, tutto va a perdersi nella commistione con identità più sanguigne della nostra, resa esanime di decenni di opulenza”.
Dover spiegare bene, per non cadere in fraintendimenti questo mio scritto altro non è che la conferma della situazione in cui ci troviamo, ma cercherò di farlo ugualmente…
Così come la bellezza è negli occhi di chi guarda, così la “deviazione”, l’ipocrisia, è nella testa di chi legge, di chi vede cose nascoste inesistenti…le chimere di cui sopra… punti fermi voluti da chi non desidera si vada a leggere oltre, l’addomesticato si fermerà ai pali ad aspettare il segnale del padrone, il “selvatico” guarderà oltre, poiché egli è l’unico n grado di farlo, la sua mente è obnubilata molto meno, la conversione ai dogmi correnti del potere più ostica.
Quindi quanto scritto sopra si leggerà sì, in entrambi i casi che “non è possibile che il gregge conduca se stesso, esso deve essere condotto da un buon pastore”, perché in effetti è l’unica soluzione possibile, ma, dato che le cose si possono leggere in diverse chiavi, il dormiente, il malizioso o il colpevolmente ossequioso nei riguardi della masse e conseguenzialmente del potente che la controlla, diranno che questa è “una brutta cosa” in quanto ci sono i prodromi del becero razzismo verso i più deboli, e che è giusto che le cose, per quanto male possano andare devono restare invariate… e questo è estremamente pericoloso…
La lettura più attenta dimostra invece che la capacità dell’ente folla è maggiore nel distruggere che nel creare, anzi ella ne è totalmente incapace, e che siano governi, ideologie, ideali ecc... questi sono destinati a finir schiacciati dalla massa in movimento costante, per cui la guida di un “buon pastore” di concezioni ed idee illuminate è necessaria ed è da  irresponsabile negarla.

 

Come uscirne…

 

Fino a che non si ricreerà un dualismo, una dicotomia tra due aspetti diversissimi, (io ho chiamato questi aspetti Kaos ed Ordine). Tutto ciò che è Kaos si trasformerà col tempo e con le leggi universali in Ordine, poi questo di nuovo in Kaos quando questi avrà accumulato tanta "Energia" da  determinare una prevaricazione sull’altro… è lo stesso motivo per cui una pallottola (Kaos) penetra il tuo corpo (Ordine), essa ha una energia superiore e quindi prevale ...ma questo è solo un banale esempio. Mi spiego, ormai la scienza ha dimostrato che l'universo è in espansione dopo il fatidico Big Bang, ma se la mia teoria è esatta, fra breve (diciamo qualche miliardo di anni…) L’Ordine tornerà a prevalere e tutto ritornerà come era all'inizio... (cosa peraltro già ipotizzata da alcuni astronomi che stanno constatando che l'universo è in rallentamento. Quindi, la verità non esiste sul piano relazionare umano, già lo scrissi, quanto tanto meno quella assoluta, inconfutabile, universale, la verità perché sia assoluta deve, a mio avviso, avere due caratteristiche salienti, l'universalità ed il dinamismo. Specifico meglio, la verità assoluta non si può quantificare e catalogare unicamente in un dato momento ma è la somma di positivo-negativo (…il concetto di “divenire” di Eraclito ben sposa questa tesi…) che è in grado di traslare un dogma in un'altro, quindi essa non è che un percorso che "deve" avvenire poiché l'universo e l'universalità abbiano un senso compiuto. Questo ampio prolegomeno che riguarda una branca a me cara, della filosofia, e cioè l’ermeneutica, serve come pietra di paragone anche  per ciò che riguarda il discorso politico, serve cioè come linea guida per poter giudicare l’operato di un determinato “ente” non solo contestualizzandolo in un dato momento ma osservando quello che è stato il suo “percorso  verso la verità”, reale o spacciata per tale.
Risulta quindi, in questo contesto che il comportamento di tutte le forza politiche hanno seguito un costante andamento a scendere, a peggiorarsi, a disumanizzarsi divenendo non enti per il raggiungimento di un fine utile alla vita della nazione quanto un ricettacolo di infidi faccendieri che lavorano ormai per la ricchezza personale non badando minimamente a quello che potrà capitare ai cittadini: il loro operato si può riassumere in una semplice frase… “Parlare molto delle cose che sarebbe utile fare per il popolo e non farle mai; tacere delle cose che sarebbe dannoso fare per il popolo e farle sempre”. Questa frase ha ragione di essere solo se  poniamo all’interno dell’equazione inseriamo un dato, e cioè la “Casta” colei che riceve danno dalle cose legali ed utile da quelle illegali. Cosa è, quali figure compongono questa entità demoniaca, causa di danni e doloro per tutti noi? Ognuno di noi conosce la risposta, è un concetto tautologico che ormai sentiamo da anni, e non ci sarebbe bisogno di leggere: “La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili” è un libro-inchiesta uscito nel 2007  e curato da Stella Rizzo due giornalisti del Corriere della Sera, anche se un ripasso di quell’interessante dossier certo non guasta.
Esiste una soluzione a questo problema incredibilmente serio, e cioè la de-moralizzazione di una intera classe politica e dirigente?

 

La Sapienza è figlia dell’esperienza.

 

Questo aforisma rispecchia il profondo grado di “demenza, intesa come allontanamento dalla mente” nel quale i mass-media ci hanno precipitato.
Non siamo più in grado di trattenere una notizia, un’informazione il tempo sufficiente per metabolizzarle e farla divenire esperienza, e con questo tipo di esperienza, insieme a tutte le altre che possiamo ricavare dalla lettura, dall’ascolto radiofonico, dal contatto con altre persone, ecc...,   farle divenire la nostra sapienza.
E’ questo il senso finale del bombardamento di notizie tendenziose, se non deliranti, che arrivano alle nostre menti da qualsiasi parte.
M sono sempre domandato come è possibile che, davanti a certi avvenimenti, a certe personalità del governo, palesemente corrotte, una notevole parte della popolazione arrivi ad una loro giustificazione, a quella dei loro comportamenti indegni.
Ci troviamo a seguire un talk show in televisione e ci propinano come esperti sempre le stesse persone, anche se disquisiscono in argomenti  di volta in volta diametralmente opposti, ce li spacciano come detentori della “Divina conoscenza del tutto”, salvo poi ascoltarli e capire che sono li, anche loro, come sistema di rimbecillimento totale… se questi sono le massime espressioni della sapienza italica allora si capisce perché il livello di “Sapienza” da noi sia così basso e destinato a calare ulteriormente.
Usando la tecnica della "gente semplice" (o dell'uomo comune), i relatori tentano di convincere l'audience che essi e le loro idee sono "del popolo". Il meccanismo è usato sia nelle pubblicità che dai politici.
Tutti i recenti presidenti d'America sono stati milionari ma si sono impegnati a lungo per comparire al popolo come cittadini normali. Bill Clinton mangiò in un McDonald's e confessò un debole per i racconti di spionaggio. George Bush Sr. odiava i broccoli ed amava pescare. Ronald Reagan fu spesso fotografato mentre tagliava la legna e Jimmy Carter si presentò come un umile contadino di arachidi della Georgia.
Noi tutti siamo familiari con i candidati che conducono campagne elettorali presentandosi come "forestieri della politica", promettendo di ripulire tutto il marcio e di mettere ordine a Washington. Il paesaggio politico è pieno di politici che sfidano una mitica "elite culturale", presumibilmente schierandosi con gli "americani normali". Con l'avvicinarsi dei baby boomer (coloro che nacquero durante il boom di nascite dovuto alla prosperità economica che seguì il termine della seconda guerra mondiale, ndt) al loro sesto decennio, non siamo più shockati nel vedere politici in jeans che ascoltano il rock 'n roll.
In tutti questi esempi il meccanismo della "gente semplice" o "gente normale" è al lavoro.
L'Istituto per l'Analisi della Propaganda dice che, quando ci troviamo di fronte a questo meccanismo, dovremmo sospendere ogni forma di giudizio e porci prima le seguenti domande:

  • Quanto vale l'idea del propagandista se viene separata dalla sua persona?

  • Cosa potrebbe star cercando di nascondere tramite l'approccio di mostrarsi una persona semplice?

  • Quali sono i fatti?”

Tratto da “Guerra, manipolazione, propaganda” di Jerry Fletcher & Alice Sutton

 

Insomma, dati falsi, notizie tendenziose ed opportunistiche, bombardamento mediatico, assopimento personale, manovrabilità, transfer, sono tutti aspetti stranoti della propaganda, ma distinguerli e combatterli, o almeno non farsi sottomettere non è così semplice, io stesso a volte faccio fatica a distinguere ciò che spiego, soprattutto nel momento in cui mi viene proposto in un modo nuovo, adottando varianti alla strategia di manipolazione che ne rendono più complicata l’immediata scoperta e contromisura.
Comunque, si può arrivare a dire che, una misurata fiducia nella propria capacità di comprensione del mondo esterno si può avere ascoltando sempre due o più campane, senza preconcetti o pregiudizi, valutando con la propria testa, avendo l’accuratezza di valutare che la propria convinzione sia così… propria senza condizionamenti esterni.
Anche così non è detto che la convinzione che vi siete formati sia giusta e tanto meno universale, quantomeno sarà vostra, epurata dai veleni della propaganda.
Un’ultima annotazione. Non tutta la propaganda è “cattiva”, lo è quella che ha come scopo un beneficio personale o economico per qualcuno di potente, però esiste anche un tipo di “Campagna sociale” che previene o cerca li limitare comportamenti sbagliati e socialmente dannosi, come quelle contro la guida in stato di ebbrezza, quelle contro la droga oppure il fumo, contro l’abbandono degli animali ecc…
Si riconoscono dalle altre perché di solito sono controproducente  per i grandi gruppi di potere, però possono diventare esse stesse forme di propaganda quando cercano di transitare la massa dal consumi di un prodotto ad un altro.
Meditate gente, meditate… sempre!

 

Ed ora il sunto…

 

Scrive Lucio Scognamiglio, nel suo saggio del 2009: “La gestione del punto di vista. Spunti per un'ermeneutica del cambiamento in Epitteto” un pezzo davvero importante per la nostra reale comprensione del mondo esterno, accesso ad una comprensione più completa di noi stessi estroiettata verso l’indipendenza dalle irragionevoli ragioni del mondo esterno:

 

“Le dinamiche cognitive e relazionali risultano spesso sempre meno stabili e sembrano assumere un’accelerazione crescente,  fino a determinare contesti che sfuggono alla comprensione “e ancora” Gli oggetti della nostra conoscenza, così come le diverse realtà che circondano i nostri ruoli, si modificano, cambiano, mutano molto più velocemente della percezione personale, rendendo inadeguate le chiavi di lettura di cui disponiamo. Quando il presente si guasta, quando cioè non riscontriamo più coerenza tra essere, agire e vissuto, in altri termini quando, in tutto o in parte, il panorama della nostra esistenza perde senso, quando cioè non siamo più in sintonia col presente, rischiamo di diventare preda dello sgomento, non sapendo come intervenire, dove andare, disorientati da una  condizione non più comprensibile, chiusa o che sfugge dalle nostre redini. Quando ciò accade, siamo dinanzi a una situazione di “non leggibilità” del contesto in cui siamo calati.”

 

Cosa significa tutto ciò, citando nuovamente quanto scritto prima, “La nostra mente tende al completamento dell’imperfetto, all’evidenza nel non evidente, alla germogliazione del seme, nell’allegoria del singolo pensiero, e per farlo usa quello che ha, quello che autonomamente riesce a collegare, quindi esperienze, ricordi, il vissuto. Creare un disagio psicologico, creare nell’ambiente alcuni punti di riferimento, essi verranno presi autonomamente e ricollegati dalla mente del soggetto, per creare la “forma perfetta”, la soddisfazione dei bisogni! La consapevolezza del “come” qualcosa avviene, infatti, conduce più facilmente alla possibilità di compiere un cambiamento genuino e responsabile”.
Apriamo, in tutto questo, una parvenza di risultato finale, la teoria del dubbio, un sapere antico che oggi abbiamo del tutto perso, causa il “bombardamento di informazioni contrastanti e devianti” e lo  “istupidimento” mentale fatto dai mass-media.
Mio padre, notissimo antiquario e commerciante di vecchia generazione soleva dirmi… “Quando una persona ti parla, la prima cosa che devi chiederti, prima ancora di capire dove vuole arrivare, è “Mi sta raccontando delle “balle”??”.
E’ questo il senso del dubbio, cercare di filtrare col proprio “libero arbitrio” tutte le informazioni che ci raggiungono e chiedersi :”Ma mi stanno dicendo la verità o una bugia??”
La cultura del “Dubbio”, l’arma preferita da chi non vuole possedere  armi oltre alla propria ragione in un  momento davvero irragionevole.
Dato che, proprio all’inizio ho scritto che la verità nel campo relazionale è quasi impossibile, allora diventa probabile che, chi mi sta di fronte non dica il vero…in campo politico, poi…
E ciò fa si che io non abbassi le mie difese mentali accorpando con eccessiva ingenuità concetti che poi diventeranno dannosi, che io non percepisca chi mi parla come portatore assoluto della verità,  che mi porti a credere ad un qualsivoglia partito, ormai diventati unicamente dei potentati.
Insomma, a non indulgere in ingenuità, anche perché ormai pensare, ci hanno fatto credere, sia uno sforzo inutile, dato che c’è qualcuno che lo fa per te …e noi obbediamo, bombardati quotidianamente da messaggi che dicono tutto ed il suo contrario, portando chi ascolta, vuoi per pigrizia mentale vuoi per incapacità a non riuscire più a discernere il vero dal falso.
Torniamo alla perdita di morale, nel quale contesto diventa interessante questo famoso aforisma di Einstein “E’ più facile spezzare un atomo che il pregiudizio” è stata l’interpretazione umanisticamente eccessiva del concetto stesso, adeguandolo di volta in volta a qualunque forma di emarginazione sociale… …A mio avviso la lettura di questo aforisma detto va fatta in maniera più profonda. una visione che lega questi due opposti, che io leggo come la Scienza a confronto con la Filosofia. E’ fantastica la semplicità colla quale egli distingue le due discipline;  La rottura dell’atomo è un processo di conoscenza, una volta aperta la strada essa proseguirà da sola nello stesso modo per sempre, indipendentemente dalla capacità di chi la opererà; il rompere un pregiudizio è invece un processo lungo, complicato, non sempre possibile e diverso per ogni singola persona, che comprende un cambiamento di coscienza, non di conoscenza come invece richiede la sapienza scientifica. L’uno è fisico, l’altro metafisico, e le sue leggi sono opinabili, facilmente rimovibili e contestabili, del tutto relativisticheStat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus… per cui il cambiamento deve essere interiore, voluto, non predeterminato da leggi cosmiche, come invece la fissione dell’atomo è. Dimostra anche che l’essenza umana, nella sua splendida incontrollabilità, ha leggi più ferree di quella di tutte le altre cose.

 

Alfredo Canovi

Sempre di Alfredo Canovi consigliamo: I punti del pensiero razionale

 

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