Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Kant, il sesso e l'amore
di Paolo Montrasio - Gennaio 2023
Da un punto di vista conoscitivo c’è un certo consenso su questa evidenza: che la differenza fondamentale tra un essere umano e un animale evoluto non riguarda tanto le disposizioni naturali e affettive, che anzi rivelano un gran numero di affinità, ma quelle intellettuali e più specificatamente razionali. Secondo il modello classificatorio proposto da Linneo, la peculiarità decisiva per definire la nostra specie come sapiens sapiens è la facoltà dell’autocoscienza, una disposizione naturale che ci permette di accrescere e affinare indefinitamente il nostro sapere e la nostra esperienza. Kant, con una terminologia più tecnica, ha chiamato l’autocoscienza “appercezione trascendentale”, identificandola con l’istanza che rappresenta il punto più alto dell’attività conoscitiva dell’anima. Essa coincide formalmente con l’io penso, ovvero con la coscienza di essere coscienti (1). Ora, il fatto che io possa sbagliarmi su ogni cosa ma non sul fatto di sapere che sono io il soggetto che si può sbagliare, dimostra che l’autocoscienza è quella funzione originaria e spontanea dell’intelletto che assicura l’unità sintetica del mio sapere empirico e logico, essa è il principio che fonda e garantisce la mia identità epistemica. Solo grazie a questa facoltà siamo in grado di giudicare, e cioè ordinare discorsivamente l’esperienza come la nostra esperienza personale. E solo grazie al giudizio, la cui struttura veritativa bivalente documenta in modo costitutivo la possibilità della conoscenza, siamo in grado di produrre e accumulare un sapere a cui può universalmente attingere ogni individuo dotato dei nostri stessi presupposti. La possibilità, dunque, che io sempre possiedo, di affermare che, “io so che sono io a sapere questo e quello”, comporta fondamentalmente anche la possibilità di distinguere, all’interno dell’io penso, colui che pensa da ciò che egli pensa, colui che sente da ciò che egli sente. L’uomo prende insomma coscienza di sé oggettivando la sua vita intellettuale e affettiva. Paradossalmente, egli si appropria di sé stesso distanziandosi da sé. Ciò che in questo senso lo differenzia dall’animale non sono quindi tanto gli istinti primari, ma il modo in cui la coscienza, relazionandosi ad essi, ne trasforma razionalmente il senso e l’espressione.
Nella “Congettura sull’inizio della storia dell’uomo”, uno studio che Kant equipara a “un viaggio di piacere”, il filosofo di Königsberg cerca di ricostruire, sulla base del principio dirimente della coscienza razionale a cui abbiamo accennato sopra, alcuni aspetti evolutivi della civilizzazione umana. Kant afferma che l’istinto sessuale, assieme all’istinto della nutrizione, è la più eccellente e importante delle nostre tendenze innate perché garantisce il mantenimento della specie (2). Ma mentre negli animali esso è un mero impulso provvisorio e periodico che non ammette eccezioni, nell’uomo lo stimolo sessuale si trasforma in una disposizione indipendente dalla contingenza temporale. Quando si relaziona ad esso, la ragione ne modifica in modo decisivo le forme della manifestazione. La coscienza è infatti in grado di trasformare lo stimolo sessuale in un atto che può essere variato, prolungato e aumentato a piacere. Grazie all’uso dell’immaginazione, facoltà che adegua il libero gioco della fantasia alle regole dell’intelletto, il desiderio sessuale opera nell’homo sapiens sapiens con una misura estetica e psicologica (in genere) infinitamente più raffinata e duratura che nell’animale. Ciò accade in misura tanto maggiore, quanto più l’oggetto del desiderio può essere sottratto all’immediatezza dei sensi, vale a dire alla noia per la soddisfazione di una brama solo materiale. Non a caso è stata la foglia di fico, secondo Kant, l’invenzione erotico-sessuale verosimilmente più importante nella storia del ζώον λόγον έχον, dell’animale capace di ragionare. Fare di un’inclinazione - allontanando l’oggetto dell’inclinazione - un gioco infinito e complesso di desideri e di aspettative, è la dimostrazione di avere coscienza del proprio dominio sugli istinti. Ribellandosi alla soddisfazione automatica degli impulsi, la razionalità scopre di potersi prefiggere la realizzazione di scopi qualitativamente e temporalmente diversi, il godimento dei quali oltrepassa la ristrettezza dell’attimo presente. La rinuncia e la dilazione, afferma Kant, sono stati i trucchi essenziali che hanno permesso all’uomo di passare da uno stimolo solo sensuale a uno ideale, dalla brama animale all’anelito amoroso, dal sentimento per il piacevole al gusto del bello.
Paolo Montrasio
Paolo Montrasio è nato a Milano e vive a Heidelberg, dove si è laureato in filosofia e germanistica. Collabora con diverse riviste online attinenti alla letteratura e alla filosofia e ha pubblicato alcuni libri di poesia.
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NOTE
1) I. Kant, Critica della ragion pura (Kritik der reinen Vernunft), B 131 ss.
2) I. Kant, Congettura sull’inizio della storia dell’uomo (Muthmaßlicher Anfang der Menschengeschichte), AA VIII,112 ss.
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