Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Lo Spazio e il Tempo questi sconosciuti
di Claudio Messori*
- Gennaio 2022
Tutti coloro che hanno cercato qualche teoria che avesse una visione generale dei fenomeni del mondo fisico, hanno considerato lo spazio e il tempo (o solo lo spazio) come il trampolino di lancio indispensabile da cui partire per un'analisi filosofica o scientifica dei fenomeni naturali. Solo dopo aver definito il proprio particolare concetto di spazio-tempo è stato possibile avanzare una nuova teoria o un nuovo modo di intendere la realtà dell'Universo che si stava cercando di comprendere.
La relatività di Einstein (Relatività Speciale, RS, e Relatività Generale, RG), sin dalla sua comparsa, ha introdotto elementi di discussione molto forti nel dibattito epistemologico, riguardanti il ruolo dell'osservatore, lo statuto delle leggi naturali, il processo di formazione dei concetti scientifici e il loro valore.
Lo stesso si può dire per la meccanica quantistica (MQ). Per due secoli la meccanica classica era stata un grande successo nello spiegare i fenomeni; era considerata una vera teoria, un meraviglioso edificio eretto dall'intelligenza umana. Ora questa teoria si è rivelata falsa, incapace di spiegare i fenomeni ultra-macroscopici, galattici e ultra-microscopici, elettromagnetici e subatomici. Al suo posto c'erano teorie che introdussero la relatività del tempo e dello spazio, l'indeterminazione quantistica, la dualità onda-particella, l'entanglement, la sovrapposizione bosonica (superposition) e altri fenomeni "strani".
Una serie di fenomeni e condizioni che, pur essendo inosservabili e incompatibili con la visione deterministica della realtà fornita dalla fisica classica, continuano ad essere spiegati da leggi deterministiche che invece di basarsi su una logica di relazioni linearmente determinate, si basano su una logica di relazioni probabilisticamente determinate. L’uso del concetto di “probabilità” – scrive Mario Ludovico [Sintropia: definizione ed uso, 2008: http://www.sintropia.it/journal/italiano/2008-it-1-2.pdf] - nell’analisi scientifica significa proprio questo: vi sono limiti di conoscibilità del mondo che sono inerenti al soggetto conoscente, e tali limiti introducono un’inevitabile dose d’incertezza soggettiva anche in descrizioni “oggettive” della realtà. Diviene così consapevolezza comune il fatto che qualsiasi teoria scientifica del mondo è una descrizione dello stesso tarata dall’incertezza insita in una misura di soggettività, che è tanto immancabile quanto consensualmente condivisa. Pertanto, altro è il riconoscimento dell’oggettività di una teoria, altro è ritenere che una teoria descriva la realtà oggettiva del mondo.
Sebbene la relatività di Einstein abbia cambiato radicalmente il modo di concepire lo spazio e il tempo, mentre la meccanica quantistica ha cambiato radicalmente il modo di concepire la materia, RG e MQ sembrano reciprocamente incompatibili.
La teoria quantistica si occupa del molto piccolo: atomi, particelle subatomiche e le forze tra di loro. La relatività generale si occupa del grandissimo: stelle, galassie e gravità, la forza trainante del cosmo nel suo insieme. Il dilemma è che su scala microscopica la teoria di Einstein non rispetta le regole quantistiche che governano il comportamento delle particelle elementari, mentre su scala macroscopica i buchi neri stanno minacciando le fondamenta stesse della meccanica quantistica.
Il continuum spaziotemporale, chiamato anche cronotopo (M. M. Bakhtin), gioca un ruolo centrale nel corpo teorico della GR di Einstein, ma oltre a non poterne comprendere la rilevanza in presenza di masse infinitesimali o in assenza di esse (il cambiamento delle coordinate spaziali influenza la coordinata temporale e viceversa solo in presenza di masse enormi, come quelle in gioco nel campo dell'astrofisica), non risolve un dilemma mai tramontato: cos'è il tempo?
L'indice di flusso nella trasformazione degli eventi che assegna loro un passato un presente (mai presente) e un futuro? Il chronon, il tempo-durata dei genetisti che fissa il limite di tempo entro il quale una funzione può essere svolta (come il limite di tempo entro il quale un dato seme deve essere interrato per farlo germogliare)? Il tempo come sequenza di scansioni fatte di un prima e un dopo? Tempo percepito in funzione delle modalità di percezione? Il tempo assoluto in contrasto con il tempo relativo? Il tempo che si dilata e si contrae in funzione di dilatazioni e contrazioni spazio-temporali? Il tempo anterogrado di una particella elementare rispetto al tempo retrogrado della sua antiparticella?
Le equazioni relativistiche dell'elettrone di Paul Dirac (1928) offrono un buon esempio del comportamento bidirezionale del tempo. Dirac ha notato che l'equazione energia-impulso ha due soluzioni: l'elettrone con energia positiva (o potenziali ritardati, in cui le onde divergono da cause situate nel passato) e l'elettrone con energia negativa (o potenziali anticipati, in cui le onde convergono verso cause, vale a dire attrattori, situati nel futuro). L'unico modo per spiegare i potenziali anticipati era ammettere l'esistenza di particelle simmetriche: i positroni. Queste particelle sono identiche all'elettrone ma hanno un flusso temporale invertito: mentre l'elettrone si sposta dal passato al futuro, il positrone si sposta dal futuro al passato. L'esistenza del positrone fu dimostrata empiricamente due anni dopo, quando Andersen dimostrò la loro esistenza nei raggi cosmici. Ora sappiamo che in Natura ogni particella atomica ha una corrispondente antiparticella, simmetrica nel tempo e nell'energia, che fluisce dal futuro al passato. Feynman, nel 1949, arrivò ad un'importante generalizzazione che si può riassumere dicendo che tutte le particelle si muovono dal passato al futuro, mentre tutte le antiparticelle si muovono dal futuro al passato.
La prospettiva cosmologica standard interpreta lo spaziotempo come un continuum matematico costituito dall'infusione delle tre dimensioni spaziali e della dimensione temporale (che può assumere sia valori positivi o anterogradi che valori negativi o retrogradi), la cui scomposizione in parti sempre più piccole è senza soluzione di continuità, non può avere fine. Questa prospettiva porta ad interpretare il nostro Universo fisico (matematico ante rem) al tempo del Big Bang (o del Big Crash) come una singolarità, cioè un'entità fisica infinitamente piccola, cioè priva di estensione, matematicamente indefinibile.
Ma come è possibile, direte voi, che l’entità fisica Universo (di cui facciamo solo in minima parte esperienza) possa derivare da un continuum matematico (spaziotempo) generato da una singolarità (una entità fisica infinitamente piccola e matematicamente indefinibile)?
Come può un piatto di spaghetti derivare da un gioco di prestigio matematico sotto forma di una miscela infinitamente compatta di ingredienti fisicamente digeribili ma matematicamente indigesti?
Mistero.
La realtà fisica degli eventi (sistemi di processi di confinamento rarefatti e condensati) che descriviamo adottando le ordinarie coordinate di tempo e di spazio chiaramente non è la stessa a cui facciamo riferimento quando parliamo di spaziotempo. La realtà fisica dello spaziotempo risponde a coordinate diverse, rispetto alle quali svaniscono le nostre coordinate ordinarie. Tuttavia, le coordinate che usiamo per definire lo spazio (o gli spazi) e il tempo (o i tempi) sono indicatori convenzionali (così come la costante di Planck è un indicatore convenzionale della granularità quantistica) a cui facciamo ricorso per orientarci nella mappatura della realtà, ma non sono la realtà, sono parti della nostra mappa mentale/strumentale e non del territorio.
A quale tipo di realtà fisica ci riferiamo quando parliamo di spaziotempo? E a maggior ragione potremmo chiederci: a quale realtà fisica ci riferiamo quando parliamo di mente (ma questo sarà oggetto di un prossimo lavoro)? Spazio e tempo possono essere visti come due domini correlati, spuri, inconsistenti, che assumono correlazioni e sembianze diverse su diversi piani di realtà (ultra-microscopico, microscopico, mesoscopico, macroscopico, ultra-macroscopico). Sono correlati, contingenti, dell’energia, riflessi di un piano fisico fondamentale soggiacente, composto di sola tensione agitata dentro da un impulso di moto (non può esservi energia al di fuori di una distribuzione dinamica di relazioni potenziali tra punti caldi e punti freddi). Ad energie ultra-compattificate (masse enormi) si dispongono a formare un unico dominio, quello dello spaziotempo appunto, dove spazio e tempo sono in-fusi l’uno nell’altro, senza soluzione di continuità, a formare l’ordito (landscape) che con-fonde il divenire della trama degli eventi, delle morti e delle rinascite.
Tratteremo lo spazio e il tempo separatamente, con la consapevolezza che non sono separabili, se non nell’ordine delle nostre categorie mentali.
Lo Spazio
Filosofi e matematici contemporanei parlano spesso di un modello speciale di spazio che prendono come necessario per acquisire una comprensione più completa del mondo. Mentre alcuni lo chiamano spazio vuoto, altri lo chiamano spazio matematico.
I matematici lo considerano una pura invenzione dell'intelletto, un prodotto dell’umana rappresentazione interna della realtà esterna privo di una realtà intrinseca, per i filosofi è un volume privo di materia e di campi, cioè privo di stati condensati (dotati di massa) e rarefatti (radiativi), ma perfettamente identificabile grazie alle sue particolarità che lo rendono unico. Ha una consistenza definita, costituendo il substrato e il completamento delle percezioni umane sull'universo.
Senza di esso, dicono i filosofi, mancherebbero le basi di ogni speculazione sulla materia e sull'assenza di materia. Con esso si postula l'esistenza del non-essere in antitesi all'esistenza dell'essere; la necessità di un contenitore poiché è stata accertata la consistenza di un contenuto.
Se volessimo fornire una identità al contenitore spazio vuoto, che per sua stessa natura si presenta in modo piuttosto evanescente, dovremmo delimitarlo entro coordinate semantiche significative, declinarlo, cioè circoscriverlo, in un insieme di proprietà che lo qualifichino, così da renderlo meno nebuloso, apprezzabile. Una operazione motivata dalla necessità di mappare il territorio, che assegna allo spazio un valore di realtà totalmente arbitrario, dal momento che il territorio non contempla né uno spazio né un tempo.
Le uniche proprietà che possono essere attribuite allo spazio vuoto non esistono in nessun altro ambiente conosciuto. Il non-spazio può essere solo continuo, isotropo, omogeneo, imperturbato. In questo non-spazio nessuna regione è diversa dalle altre, nessuna regione è privilegiata sulle altre, nessun punto è localizzabile o comunque distinguibile dagli altri, ovvero, lo spazio vuoto è privo sia di regioni che di punti. Per esprimere la natura del complesso caratterizzato da queste "non" qualità, si può dire che: lo spazio vuoto è completamente privo di struttura.
Un medium (contenitore) senza struttura che, tuttavia, deve contemplare la possibilità di essere auto-perturbante (nessuna perturbazione può essere "applicata", nessuna perturbazione è ammessa se non l'auto-perturbazione). Perché ciò possa affermarsi, la sua natura deve avere almeno una “proprietà” agente, deve essere intrinsecamente dinamica. Questa proprietà si estrinseca sotto forma di impulso di moto, la dynamis di aristotelica memoria, la potenza correlata all'azione (energheia), causa efficiente connessa al moto e ai suoi effetti quantitativi e qualitativi, la potenza inerente o intrinseca possibilità di un corpo di tradursi in un'azione, realizzabile o meno, valore di realtà possibile solo rispetto all'azione reale realizzata (entelecheia). Lo spazio vuoto deve essere esposto alla possibilità del cambiamento, esposto alla variazione (discontinuità) e alla polarizzazione (anisotropia).
Possiamo quindi assumere che: lo spazio vuoto, caratterizzato dall'esistenza delle sue proprietà specifiche, è il mezzo in cui agisce la sua auto-perturbazione. Quando si considerano le perturbazioni di un mezzo, tutte le sue qualità e proprietà sono esaminate in blocco, così che, con un parallelo termodinamico, si può presumere che esse costituiscano lo stato del mezzo considerato. Tale stato può essere perturbato quando una qualsiasi delle sue proprietà viene meno, o quando tutte subiscono variazioni.
Che forma può assumere una perturbazione del contenitore spazio vuoto? Poiché quest'ultimo, caratterizzato per definizione dalle sue proprietà, è privo di struttura, possiamo stabilire che alcune delle proprietà che ne rendono possibile l'esistenza divengano carenti nel punto o nella regione perturbata, e che, di conseguenza, una sorta di struttura (in potenza e non in atto) debba stabilirsi in quella regione-punto, anzi, proprio l'instaurazione di una regione-punto è l’effetto dell’avvenuta auto-perturbazione del mezzo-ambiente spazio(vuoto).
Se auto-perturbato (rottura di simmetria di riflessione; Mirror Symmetry Breaking), lo stato del mezzo spazio vuoto viene ad essere interessato dalla presenza di regioni e/o di punti, o più precisamente, dalla presenza di gradienti di perturbazione o variazione di stato del mezzo spazio vuoto, anch’essi dinamici come lo è lo spazio vuoto. Dinamici significa anche che potrebbero agire in diverse regioni o punti del mezzo spazio vuoto, senza tuttavia potersi spostare da una regione o da un punto all'altro. Lo spazio vuoto, infatti, non ha ancora una struttura (in atto) che possa supportare il movimento. Un gradiente di perturbazione/variazione di stato che destabilizzi una o più proprietà dello spazio vuoto non può spostarsi da qui a là, tutto ciò che può fare è apparire qua e là (la spooky action at a distance di einsteniana memoria).
L'unica condizione che ammette una apparizione senza spostamento (in analogia con l’entanglement, una misura del grado di correlazione non locale tra oggetti quantistici) è quella che assimila il mezzo-ambiente a uno stato di tensione (quasi continuo-isotropo-omogeneo) al limite di fase tra regime non-eccitato e regime eccitato. L'unica auto-perturbazione possibile e ammissibile dello spazio vuoto è, allora, una perturbazione tensiva (variazione dello stato di tensione del mezzo-ambiente). Ovvero, parlando di spazio vuoto perturbato facciamo riferimento a una distribuzione di gradienti di tensione (indeterministici, cioè non misurabili) che agiscono ma che non sono ancora in grado di “eccitare” lo stato di tensione del mezzo-ambiente (spazio vuoto): non sono in grado di innescare la transizione di fase che consente il passaggio dal regime non-eccitato al regime eccitato del (mezzo-ambiente) spazio vuoto.
La transizione da regime non-eccitato a regime eccitato ha luogo quando il potenziale associato alla distribuzione di gradienti di tensione supera una certa soglia. Quando ciò accade, la distribuzione di gradienti di tensione viene a descrivere una estensione di tensioni fatta di punti e regioni in parte deterministici (volumi misurabili) e in parte indeterministici (volumi non-misurabili): viene cioè ad essereinteressata da una struttura in atto. Ed eccolo, finalmente, il volume discontinuo e/o anisotropo di tensione che chiamiamo Spazio (perturbato), il contenitore spaziale caratterizzato da una componente deterministica e da una componente indeterministica, che troviamo in stato di infusione nello spaziotempo.
Il Tempo
La qualità intrinsecamente dinamica (impulso di moto, dynamis) dello spazio vuoto è condivisa anche dal contenitore tempo, il cui contenuto ha una valenza apparentemente diversa. Se da un lato assumiamo lo spazio vuoto come lo stato privo di struttura da cui prende forma (transizione di fase) il contenitore spaziale dotato di struttura (una delle due facce del Giano bifronte spaziotempo), allo stesso modo possiamo assumere il tempo vuoto come lo stato privo di struttura (continuo, isotropo, omogeneo, imperturbato) da cui prende forma il contenitore temporale dotato di struttura, l’altra faccia del Giano bifronte spaziotempo.
Di tale non-tempo diciamo che nessuna scansione temporale è diversa dalle altre, nessuna scansione è privilegiata sulle altre, nessun istante è localizzabile o comunque distinguibile dagli altri, ovvero, il tempo vuoto è privo sia di scansioni che di istanti temporali. Per esprimere la natura del complesso caratterizzato da queste "non" qualità, si può dire che: il tempo vuoto è completamente privo di struttura.
Come abbiamo detto per lo spazio vuoto, lo stato privo di struttura del non-tempo può dirsi perturbato quando una qualsiasi delle sue proprietà viene meno, o quando tutte subiscono variazioni. Quale forma può assumere l'auto-perturbazione del mezzo tempo vuoto? Anche qui valgono le stesse considerazioni che abbiamo fatto riguardo allo spazio-vuoto. Una auto-perturbazione del tempo vuoto insorge come conseguenza dell'instaurarsi di una sorta di struttura (in potenza e non in atto) in quella scansione-istante temporale, anzi, proprio l'instaurazione di una scansione-istantetemporale è l’effetto dell’avvenuta auto-perturbazione del mezzo-ambiente tempo (vuoto).
Anche qui, se auto-perturbato, lo stato del mezzo tempo vuoto viene ad essere interessato dalla presenza di gradienti di perturbazione o variazione di stato del mezzo tempo vuoto, anch’essi dinamici come lo è il tempo vuoto. Dinamici significa anche che potrebbero agire in diverse scansioni o istanti temporali del mezzo tempo vuoto, senza tuttavia poter diffondere da una scansione o da un istante all'altro. Nel tempo vuoto, infatti, non vi è ancora una struttura (in atto) che possa supportare la diffusione. Un gradiente di perturbazione/variazione di stato che destabilizzi una o più proprietà del tempo vuoto non può scorrere da qui a là, tutto ciò che può fare, anche qui, è apparire qua e là.
L'unica condizione che ammette una apparizione senza diffusione è la stessa vista per il dominio dello spazio, è cioè quella che assimila il mezzo-ambiente a uno stato di tensione (quasi continuo-isotropo-omogeneo) al limite di fase tra regime non-eccitato e regime eccitato. L'unica auto-perturbazione possibile e ammissibile del tempo vuoto è, ancora, una perturbazione tensiva (variazione dello stato di tensione del mezzo-ambiente). Ovvero, parlando di tempo vuoto perturbato facciamo riferimento a una distribuzione di gradienti di tensione (indeterministici, cioè non misurabili) che agiscono ma che non sono ancora in grado di “eccitare” lo stato di tensione del mezzo-ambiente (tempo vuoto): non sono in grado di innescare la transizione di fase che consente il passaggio dal regime non-eccitato al regime eccitato del (mezzo-ambiente) tempo vuoto.
La transizione da regime non-eccitato a regime eccitato ha luogo quando il potenziale associato alla distribuzione di gradienti di tensione supera una certa soglia. Quando ciò accade, la distribuzione di gradienti di tensione viene a descrivere una estensione di tensioni fatte di istanti e scansioni in parte deterministici (tempi) e in parte indeterministici (inter-tempi): viene cioè ad essereinteressata da una struttura in atto. Ed eccolo, finalmente, il periodo discontinuo e/o anisotropo di tensione che chiamiamo Tempo (perturbato), il contenitore temporale caratterizzato da una componente deterministica e da una componente indeterministica, che troviamo in stato di infusione nello spaziotempo.
Claudio Messori
NOTE
* Claudio Messori – Ricercatore indipendente
Indirizzo: Str. Villaggio Prinzera 1, Fraz. Boschi di Bardone, Terenzo 43040, Italia.
Cell.: +393282876077, e-mail: messori.claudio@gmail.com - Profilo
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