Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Tesi Magistrale: Merleau-Ponty, la fisica del XX° secolo (relatività di Einstein e meccanica quantistica) e l'antico pensiero orientale
di Giorgio Peri - Maggio 2016
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CAPITOLO TERZO:
LA RELATIVITA' DI EINSTEIN
Einstein e la relatività sono strettamente legati l'uno all'altra. Infatti questa grande legge della scienza moderna è quasi interamente opera di un uomo solo: Einstein (anche se Ludovico Geymonat afferma che Lorentz e Poincaré gli furono entrambi, in qualche modo, molto utili)(1). Sempre lo stesso Geymonat, a proposito della relatività, scrive: <<E' bene sgomberare subito il campo da un equivoco purtroppo diffuso […] secondo il quale la teoria della relatività non sarebbe che un aspetto del relativismo filosofico. Non solo la teoria della relatività non è relativismo, ma potrebbe ben a ragione venir chiamata teoria delle invarianti, ossia delle grandezze fisiche non relative ai sistemi di riferimento>>(2).
EINSTEIN E NEWTON
<<Newton, perdonami; tu hai trovato la sola via che, ai tuoi tempi, fosse possibile per un uomo di altissimo intelletto e potere creativo. I concetti che tu hai creato guidano ancora oggi il nostro pensiero nel campo della fisica anche se ora noi sappiamo che dovranno essere sostituiti con altri assai più discosti dalla sfera dell'esperienza immediata, se si vorrà raggiungere una conoscenza più profonda dei rapporti tra le cose>>(3). Einstein si è sempre rapportato con rispetto a Newton considerandolo un grande punto di riferimento. Il superamento della fisica newtoniania da parte della relatività einsteniana non ha però significato la sua sparizione perché la prima (la fisica newtoniana) risulta essere, alla fine, solo un caso limite della seconda (la fisica einsteiniana). <<Einstein aveva ammesso che alle velocità più piccole la meccanica di Newton restava sempre valida, mentre doveva venir corretta per le velocità più elevate>>(4). Da questo atteggiamento si intuisce chiaramente la volontà di Einstein di mantenere sempre un legame forte e vivo con il suo illustre predecessore.
VIAGGIARE ALLA VELOCITA' DELLA LUCE
Per mezzo della luce abbiamo un contatto diretto con il sole, con i pianeti, con le stelle e con tutte le cose. Merleau-Ponty cita, a proposito della luce, il mitico Ermete Trimegisto e quel suo "grido inarticolato che sembrava la voce della luce"(5).
L'aneddotica narra che il giovane Einstein si fosse posto la domanda: "Che cosa succederebbe se si viaggiasse a cavallo di un raggio di luce?". Oggi, grazie al suo genio, conosciamo la risposta: viaggiando alla velocità della luce accade che il tempo si azzera, lo spazio non esiste più mentre la massa (che è energia) diventa infinita. Tali affermazioni fanno vacillare la mente: come può esistere un mondo senza spazio e senza tempo? Cosa significa ciò? Per nostra fortuna però tale possibilità è solo teorica visto che, per accelerare una massa fino alla velocità della luce (300.000 km/secondo), servirebbe un'energia infinita della quale nessuno dispone.
L'ARMONIA
<<Einstein era profondamente convinto dell'armonia della natura e lo scopo che si propose con maggior impegno nel corso di tutta la sua attività scientifica fu quello di trovare una fondazione unificata della fisica>>(6). Bertrand Russell pone l'accento sulla continua ricerca da parte di Einstein, di cui era amico, di una legge unitaria e unificante per tutto l'universo senza mai riuscire nell'intento. Infatti, come vedremo più avanti, era impossibile trovarla perché la teoria della relatività e la meccanica quantistica sono in conflitto, non vanno d'accordo fra di loro.
<<L'influenza che il pensiero di Einstein ha avuto nel nostro secolo non può essere interamente afferrata se si tiene presente solo la trasformazione portata nella fisica dalle sue idee; per capirla a fondo bisogna infatti considerare anche quei dibattiti più propriamente filosofici che hanno fatto seguito alla comparsa delle sue teorie>>(7). Il pensiero di Einstein rivoluzionò anche la filosofia e il suo mondo di riferimento: aristotelico, cartesiano e newtoniano.
I CAMBIAMENTI
Le scoperte della fisica moderna rendono indispensabili cambiamenti profondi di concetti fondamentali quali spazio, tempo, materia, energia, causa-effetto, soggetto-oggetto e, siccome, questi concetti sono basilari per la nostra comprensione del mondo, ci troviamo di fronte a momenti di grande disorientamento sia negli addetti ai lavori che nei filosofi. Questi ultimi, infatti, devono prendersi la briga di guardare alle spalle degli scienziati: << Il filosofo deve vedere dietro le spalle del fisico ciò che lo stesso fisico non vede>>(8).
LA RELATIVITA' RISTRETTA
Una delle formule più sconvolgenti che possiamo incontrare nel mondo della relatività einsteniana è quella che descrive l'impossibilità di poter superare la velocità della luce. Si può riassumere dicendo che la velocità della luce (v) sommata alla velocità del vettore che la trasporta (x) rimane uguale alla velocità della luce. Quindi: v+x=v, formula ben strana in campo matematico, anche se proprio così si comporta la luce. Per capire meglio, poniamo che un treno viaggi velocissimo verso di noi che siamo fermi nella notte. Se dal treno parte un raggio di luce, ebbene quel fascio non supererà mai la velocità della luce perché nulla può essere più veloce di 300.000 chilometri al secondo. Einstein considerò che, se il tempo della percezione degli oggetti fosse istantaneo (T=0 ), la velocità della luce dovrebbe essere infinita, come si era ritenuto prima di lui. Si pensava: quando apriamo gli occhi ed osserviamo il mondo, vediamo quello che è effettivamente e contemporaneamente presente attorno a noi. Ma non era così. Non è così!
NON VEDIAMO IL PRESENTE MA IL PASSATO
Dalla stranezza sopra menzionata ne scaturiscono molte altre. <<La lista delle cose presenti nel mio adesso, ossia nella realtà, presenta un aspetto singolare, perché nulla di quello che vediamo adesso appartiene a tale lista, dato che la luce impiega un certo tempo a raggiungere i nostri occhi. Tutto ciò che vedete adesso è già accaduto>>(9). Succede dunque che noi guardiamo sempre e solo nel passato e più il corpo osservato è lontano e più il passato è remoto. Se osserviamo la luna stiamo guardando la luna di un solo secondo orsono. Se guardiamo il sole che sorge vediamo invece ciò che accadeva otto minuti fa. L'altra stella più vicina alla terra è Proxima Centauri che dista più di quattro anni luce: noi vediamo quindi ciò che succedeva a quella stella quattro (e rotti) anni fa. E se nel frattempo fosse esplosa? Noi non lo sapremmo ancora!
Non esiste quindi un "adesso" comune fra noi e Proxima Centauri che è, ricordiamolo, la stella più vicina dopo il sole. Immaginiamo cosa può succedere con la galassia di Andromeda distante due milioni di anni luce! <<Ci saremmo resi conto che dire "qui e adesso" ha senso ma dire "adesso" per designare fatti che "stanno accadendo ora in tutto l'universo" è qualcosa che non ha senso>>(10). In conclusione, ogni "qui" ha il suo "adesso". Consideriamo poi che più i "qui" sono lontani e più il tempo comune dell'"adesso" aumenta. Semplificando: per sapere cosa succede "adesso" nella galassia di Andromeda, devo aspettare due milioni di anni luce. Siamo di fronte a un "adesso" lunghissimo e siamo ben lontani dal tempo assoluto di Newton.
LO SPAZIO-TEMPO
<<Secondo la teoria della relatività, lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è un'entità separata. Essi sono strettamente connessi e formano un continuo quadrimensionale, lo spazio-tempo. Perciò nella teoria della relatività non si può mai parlare dello spazio senza parlare del tempo e viceversa>>(11). Lo spazio in sé e il tempo in sé decadono a mere ombre.
<<Lo spazio e il tempo diventano soltanto elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista. I concetti di spazio e di tempo sono talmente fondamentali per la descrizione dei fenomeni naturali che una loro modificazione comporta una trasformazione dell'intero schema teorico di cui ci serviamo per rappresentare la natura. La principale conseguenza di tale trasformazione è di aver capito che la massa non è altro che una forma di energia. Anche un oggetto in quiete possiede energia immagazzinata nella sua massa e la relazione tra massa ed energia è data dalla famosa equazione E=mc²>>(12).
LA BOMBA ATOMICA
<<Tutto il genere umano si era applicato a spezzare il piccolo atomo. Ora, ogni giorno, l'atomo può rendergli uguale servizio>>(13). Questo scriveva Max Born premio nobel per la fisica nel 1954. Si potrebbe forse correggere la prima parte: non tutto il genere umano si è impegnato a rompere l'atomo ma probabilmente tutto il genere umano è sotto l'incubo della guerra nucleare, consapevolmente o inconsapevolmente.
E=mc²
Questa è forse la formula più conosciuta al mondo. Molti la associano al volto di Einstein che fa le linguacce. Pochi però ne capiscono la portata rivoluzionaria. Tradotta in parole semplici significa che da pochissima massa si può ottenere moltissima energia visto che il moltiplicatore è un numero mastodontico: 9 seguito da 10 zeri.
Fu così che da un piccolo quantitativo di materiale radioattivo si costruì, prima di tutto, la bomba atomica che, ovviamente, venne subito usata contro il nemico di turno. Caino si evolve nell'armamentario ma non cambia la sua natura rancorosa e vendicativa.
Einstein si dimostrò contrario alla guerra in generale e all'arsenale nucleare e, nel 1955, firmò il manifesto pacifista di Bertrand Russell che divenne in seguito Manifesto Russell-Einstein. "Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto" disse uno dei firmatari (Rotblat) alla presentazione del manifesto stesso. Da rimarcare che, anche in questo campo (oltre che in quello della meccanica quantistica da lui scoperta e poi rifiutata), Einstein non fu sempre coerente con se stesso visto che nel <<1939 aveva scritto al presidente Roosevelt caldeggiando la costruzione di un'arma atomica>>(14).
I GEMELLI E ALTRE STRANEZZE
Passiamo ora ad analizzare un aspetto meno impegnativo, anzi, quasi ameno, della relatività. Mi riferisco all'aneddoto, abbastanza noto, dei due gemelli. Facciamo l'ipotesi che uno dei gemelli resti sulla terra mentre l'altro si imbarca su una astronave che viaggia nello spazio a notevole velocità. Ebbene, quando l'astronauta tornerà sulla terra dopo il suo viaggio, sarà sicuramente più giovane del gemello rimasto a casa. Come mai? Semplice: viaggiando ad alte velocità il tempo scorre più piano. Ma non finisce qui. Non solo la velocità modifica il tempo ma anche la massa lo modifica. Ricorriamo ancora all'esempio dei due gemelli. Questa volta poniamo l'ipotesi che uno vada al mare e l'altro vada in montagna. Quando si reincontreranno, il "montanaro" sarà (seppur di pochissimo) più vecchio del "marinaio". <<Ma non è solo lo spazio a incurvarsi, è anche il tempo. Einstein predice che il tempo sulla terra passi più veloce in alto e più lento in basso. Gli esperimenti lo confermano. Oggi infatti abbiamo orologi molto precisi ed è possibile misurare questo stranissimo effetto a dislivelli di pochi centimetri>>(15).
Ascoltiamo ora il parere di Merleau-Ponty che, a proposito del tempo e dei tempi, mette in campo il suo prospettivismo. <<Il fenomeno della pluralità dei tempi è un fenomeno di prospettiva. La concezione del fisico relativista è una concezione egocentrica. […] egli raggiunge un solipsismo di molti. Pensa il mondo successivamente da tutti i punti di vista, ma mai contemporaneamente da tutti i punti di vista>>(16).
IL CAMPO: UN INSIEME DI CATEGORIE MA ANCHE LA NUOVA CATEGORIA.
Ogni tanto ricordiamoci da dove siamo partiti, da dove è iniziato il nostro discorso: dal tempo e dallo spazio assoluti di Newton, dal Kosmotheorós che osserva il mondo come fosse un dio, dal principio ineludibile di causa-effetto, etc, etc,. E ora ci troviamo di fronte a "questo stranissimo effetto del tempo che scorre diversamente se applicato a dislivelli di pochi centimetri". Ricordiamoci comunque sempre di quanto scrive al proposito il nostro filosofo di riferimento Merleau-Ponty: <<Per la fisica, il tempo è una variabile che viene isolata dal pensiero ma che, tuttavia, non può essere pensata come una realtà separata. Esiste una solidarietà fra tutte le nozioni della fisica come quelle di causalità, di luce, di spazio e di energia. E' questo insieme di nozioni che la fisica si propone di verificare. L'insieme, non i concetti presi ad uno ad uno>>(17). Il concetto di campo è la categoria nuova che coinvolge concetti fisici, matematici e filosofici.
<<La realtà prima è il campo e non il corpo>>(18) dice anche Heisenberg.
L'importanza del campo è sottolineata anche da Carlo Rovelli che scrive: <<Il mondo non è fatto di campi e particelle ma di uno stesso tipo di oggetto, il campo quantistico. Non più particelle che si muovono nello spazio al passare del tempo, ma campi quantistici in cui eventi elementari esistono nello spaziotempo. Il mondo è curioso ma semplice>>(19). Ricordiamo che per Einstein esistevano ancora sia le particelle che i campi. Con la teoria quantistica si scopre poi che pure le particelle sono campi e quindi si arriva al concetto finale della nuova fisica di campi su campi.
<<Ora, in fisica, il campo è una formulazione matematica di proprietà che sono le proprietà del tutto. Questo insieme non esiste nel senso in cui esisteva il corpuscolo classico: l'esistenza assoluta dell'elemento non può essere attribuita al campo, che non esiste come l'atomo indivisibile, ma come un collettivo>>(20). Dunque in fisica il campo è un insieme ove si fondono spazio, tempo, energia, materia, causalità, casualità, osservatore e osservato e quant'altro.
Concludiamo il paragrafo dedicato al campo citando un passo dell'antico testo orientale La Bhagavad Gita (Il canto del beato): <<Sappi innanzi tutto che per conoscere veramente il campo, ovvero il mondo naturale, non basta solo ascoltare il processo di una miriade di cose che lo compongono. Per capire la natura stessa è necessario conoscere la consapevolezza umana. Conoscere qualcosa significa essere consci di questa […] Ma anche il sistema nervoso stesso fa parte della natura; ciò che tu usi per conoscere il mondo, la natura, è anch'esso natura. Così ciò che viene conosciuto non può davvero essere separato dal suo conoscitore>>(21). Teniamo presente che questo testo risale al terzo secolo prima di Cristo. Le intuizioni umane sono quindi spesso profonde, significative e convergenti nonostante provengano da epoche e civiltà "diverse".
OLTRE LA GEOMETRIA EUCLIDEA
<<Il comportamento geometrico dei corpi e la marcia degli orologi dipendono piuttosto da campi di gravitazione i quali sono prodotti a loro volta dalla materia>>(22). A questo punto della sua storia Einstein si rende conto di andare oltre la geometria euclidea, soprattutto a proposito del quinto postulato euclideo che, per semplicità, riassumiamo con una affermazione del tipo: "per un punto passa una sola parallela a una linea retta data". Ma non è solo così. Per la geometria iperbolica esistono infinite rette parallele a una certa linea retta data e passanti per lo stesso punto. Per la geometria riemanniana, invece, non esistono proprio rette parallele: pensiamo, per semplificare ai meridiani immaginari della superficie terreste. Si incontrano tutti sia al polo nord che al polo sud. In questo contesto poi, la linea più breve tra due punti della sfera terrestre, è una linea geodetica cioè il percorso minimo tra due punti terrestri: per volare fra Milano e New York si segue una linea geodetica. Anche un raggio di luce si muove, nell'universo, secondo una linea geodetica. Alla fine se ne deduce che le linee rette euclidee sono pure idealizzazioni che non esistono in natura (forse un po’ come l'ego che potrebbe essere una pura idealizzazione). Si ricava anche che <<la metrica adatta a descrivere un certo tipo di spazio è determinata dalla materia presente in quello spazio>>(23).
LE NUOVE PROSPETTIVE
Quante prospettive nuove ci ha aperto il punto di vista della relatività di Einstein. Ora sappiamo che bisogna sempre tener presente la velocità del corpo e metterla in rapporto con quella della luce. Più la differenza, il delta fra le due velocità rimane alto e più si ragiona in termini usuali mentre più diminuisce e più la questione cambia e ci si allontana dal mondo usuale. Se pensiamo poi che le particelle subatomiche si muovono a velocità altissime, prossime a quella della luce, comprendiamo l'instabilità di quel mondo. <<Se non fossimo più grossi di un elettrone, non avremmo questa impressione di stabilità che è dovuta alla grossolanità dei sensi di cui disponiamo>>(24). Oltre a ciò Russell scrive ancora:<<La nozione di stabilità, che fa parte del nostro ordinario modo di vedere, è dovuta dunque al fatto che siamo di queste dimensioni e che viviamo su un pianeta la cui superficie non è molto calda>>(25).
Anche nelle grandi dimensioni riscontriamo fenomeni imprevedibili quali i misteriosi buchi neri che si fagocitano tutta la materia che capita loro a tiro. <<I buchi neri sono gli oggetti più semplici dell'universo: si formano quando una grande quantità di massa viene attratta dalla forza di gravità in una regione di volume sufficientemente piccolo>>(26).
ERACLITO O PARMENIDE
A prima vista, parrebbe di capire che il nostro mondo è molto più eracliteo che parmenideo: più movimento e che stabilità. Se però osservassimo meglio, ritorneremmo al punto di partenza della relatività, e tutto cambierebbe: alla velocità della luce spazio-tempo si azzerano e la massa diventa infinità. Che Essere sarebbe mai questo? Molto più parmenideo che eracliteo. Problema filosofico di non facile soluzione. Essere immutabile o Essere in divenire? Merleau-Ponty, forse, concluderebbe che Parmenide, con il suo Essere immutabile e stabile, ed, Eraclito, con il suo Essere in divenire, sono semplicemente due diverse prospettive, due orizzonti, due diversi modi di vedere la stessa realtà: lo stesso unico Essere. In parole più semplici, Eraclito e Parmenide sono più vicini filosoficamente di quanto noi si sia mai potuto pensare. Almeno secondo il prospettivismo tipico del nostro filosofo di riferimento Merleau-Ponty.
LA RELATIVITA' GENERALE
Fino ad ora ci siamo occupati della cosiddetta "relatività ristretta". Vediamo ora di capire, almeno per sommi capi, qualche cosa della "relatività generale". <<Einstein raccoglie dunque non uno, ma due problemi. Primo: come descrivere il campo gravitazionale(27)? Secondo: che cos'è lo spazio di Newton? Ed ecco lo straordinario colpo di genio di Einstein, uno dei più grandi colpi d'ala nel pensiero dell'umanità: se il campo gravitazionale fosse proprio lo spazio di Newton, che ci appare così misterioso? Se lo spazio di Newton non fosse altro che il campo gravitazionale? Quest'idea, semplice, bellissima, folgorante, è la teoria della relatività generale. Il mondo non è fatto di spazio + particelle + campo elettromagnetico + campo gravitazionale. Il mondo è fatto solo di particelle e campi, nient'altro, non c'è bisogno di aggiungere lo spazio come ingrediente addizionale. Lo spazio di Newton è il campo gravitazionale [.. .] Senonché, a differenza dello spazio di Newton, […] il campo gravitazionale, essendo un campo, è qualcosa che si muove e ondeggia […] E' una semplificazione impressionante del mondo. Lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia. […] Noi non siamo contenuti in un'invisibile scaffalatura rigida: siamo immersi in un gigantesco mollusco flessibile (la metafora è di Einstein)>>(28).
LO SPAZIO NON E' DIVERSO DALLA MATERIA
Vorrei sottolineare il passaggio ove si dice che "Lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia". Siamo di fronte a una grandiosa rivoluzione concettuale. L'uomo, da sempre, ha pensato che le cose stanno nello spazio: le cose però restano cose e lo spazio resta il contenitore. Il contenuto e il contenitore sono sempre stati due concetti diversi, quasi opposti. <<E a sua volta bisogna ammettere che c'è un terzo genere, quello dello spazio, che è sempre e che non è soggetto a distruzione, e che fornisce sede a tutte le cose che sono soggette a generazione>>(29). Anche Platone, il più grande dei grandi, pensa allo spazio come <<il ricettacolo di tutto ciò che si genera, come una nutrice>>(30).
<<Einstein ha poi introdotto nello spazio-tempo di Minkowsky, che era pseudo-euclideo, la nozione di curvatura tratta da Riemann, postulando che la presenza di grandi masse di materia in una regione spaziale determini la curvatura di tale regione; ciò che ne risulta non è più lo spazio newtoniano fornito di una propria esistenza astratta, ma uno spazio interagente con la materia>>(31). Ricordiamo che Einstein pensava che Cartesio non fosse lontano dal vero quando escludeva l'esistenza dello spazio vuoto. Era solo una affermazione un po’ imprecisa che andava sostituita con quella più appropriata di <<non esiste spazio vuoto di campo>>(32).
"Uno spazio interagente con la materia". Non più dualismo fra la materia (contenuto) e lo spazio (contenitore). Si va nella direzione, tanto cara anche a Merleau-Ponty, della ricomposizione degli opposti in una realtà dialettica di livello superiore: un campo, una stringa, una intelaiatura, una struttura ove contenuto e contenitore si fondono superandosi.
EINSTEIN DUBBIOSO DEI SUOI SUCCESSI
Ma Einstein non è contento, non è del tutto soddisfatto della sua scoperta e infatti scrive: <<Non si può tuttavia affermare che quelle parti della relatività generale che si possono considerare oggi come definitive, abbiano fornito alla fisica una base completa e soddisfacente. In primo luogo, il campo totale appare in essa come composto da due parti logicamente sconnesse, quella gravitazionale e quella elettromagnetica. In secondo luogo, questa teoria, come le teorie di campo precedenti, non ha fornito una spiegazione della struttura atomica della materia>>(33). L'ideale monistico, quello dell'unificazione dei vari campi resterà per tutta la vita il sogno di Einstein. Per lui non potevano e non dovevano esistere due campi: gravitazionale (relatività generale) ed elettromagnetico (relatività ristretta) indipendenti fra di loro. Si doveva lavorare per ricondurli a uno stesso campo, due diverse manifestazioni, due diverse prospettive dello stesso campo di livello superiore.
I QUANTI DI LUCE
Per quanto attiene invece la possibilità di spiegare la struttura atomica bisogna dire che Einstein vi contribuì in maniera determinante essendo fra i fondatori della meccanica quantistica che poi però abbandonò perché intrinsecamente probabilistica.
Ricordiamo però che uno dei primi lavori di Einstein, quando era ancora un giovane quasi sconosciuto (siamo nel 1905, il suo anno mirabilis), fu quello relativo ai fotoni cioè ai quanti di luce. Seguendo Max Planck che aveva ipotizzato che l'energia fosse composta da pacchetti indivisibili cioè da quanti (ipotesi tanto ardita da rasentare la follia per l'epoca), Einstein scrisse che anche la luce, che è comunque sempre una forma di energia, ha una distribuzione spaziale discontinua: atomi di luce, quanti di luce.
DIO GIOCA A DADI?
<<Heisenberg ha dimostrato in modo convincente, da un punto di vista empirico, che ogni decisione, per quanto riguarda una struttura rigorosamente deterministica della natura, è definitivamente scartata, a causa della struttura atomica del nostro apparato sperimentale. Così è probabilmente fuori questione il fatto che ogni futura conoscenza possa costringere la fisica ad abbandonare di nuovo i nostri attuali fondamenti teorici statistici in favore di altri, deterministici, che si riferiscano direttamente alla realtà della fisica. […] Alcuni fisici, tra i quali io, non riescono a credere che si debba abbandonare, subito e per sempre, l'idea di una rappresentazione diretta della realtà fisica nello spazio e nel tempo; oppure che si debba accettare il punto di vista secondo cui gli eventi naturali sono come un gioco del caso>>(34). Chi parla è Einstein e, Einstein, non vuole accettare il caso: "Dio non gioca ai dadi".
Ma chi è il dio di cui parla Einstein? Non è certo il Dio personale (Einstein rifiutava ogni forma di antropomorfismo) dell'Ebraismo e, di conseguenza, del Cristianesimo. <<Io non credo in un Dio personale e non ho mai negato questo fatto, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare>>(35). Alla luce, però, delle più recenti scoperte scientifiche questo grande ordine nella struttura del mondo che la scienza ci ha potuto rivelare è molto dubbio. E poi il caos è forse meno apprezzabile del cosmos?
Einstein, da giovane, non condivideva la veridicità della mitologia biblica pur essendo stato allevato in un ambiente ebraico-cristiano. Però, negli ultimi anni della sua vita fece riferimento a un suo sentimento religioso cosmico: le famose armonie cosmiche di pitagorica memoria. Come tutte le grandi menti, Einstein non rientra nelle categorie in cui i polemisti tradizionali cercano di impacchettarlo. E' chiaro che egli provava rispetto per i valori religiosi contenuti nelle tradizioni giudaica e cristiana, ma ciò che lui intendeva per religione era qualcosa di molto più sottile di quanto comunemente si intende. Dio non era, per Einstein, quanto di mitico ci raccontano le scritture. Pur tuttavia Dio non poteva giocare a dadi: anche per un genio come Einstein, a tutto c'è un limite. Tale limite fu poi superato, visto che il caso è fondamentale nella nuova scienza della meccanica quantistica.
LA SCIENZA E' SELVAGGIAMENTE SPECULATIVA?
<<Einstein non nasconde che questa certezza di una adequazione fra l'operazione di scienza e l'Essere è in lui anteriore alla sua fisica. Egli sottolinea anzi con humor il contrasto fra la sua scienza "selvaggiamente speculativa" e la sua rivendicazione, per essa, di una verità in sè>>(36).
Einstein ha creduto nelle sue certezze fino alla fine: è stato un grande, anzi un grandissimo scienziato che però non ha saputo andare oltre le sue prime meravigliose intuizioni: le due teorie sulla relatività. La quantistica probabilistica non era il suo mondo pur essendo stato un prodotto anche della sua mente. Probabilmente soffrì parecchio del dualismo (relatività e quantistica) senza mai riuscire a superarlo. Forse era ancora troppo pitagorico per capire in pieno il nuovo mondo evanescente che lui aveva contribuito a creare. <<Come abbiamo visto, nella meccanica quantistica la realtà è ibrida, confusa, incerta, composta da più alternative, di cui solo una si realizza, trasformandosi in una entità chiara e familiare quando si effettua un'adeguata misurazione>>(37).
SFERA INCLUSA CHE INCLUDE
Uno degli apici toccati dall'intelligenza di Einstein è stato quello di andare oltre la famosa diatriba a proposito dell'universo: lo spazio è infinito (con tutte le assurdità conseguenti: la stessa persona esisterebbe, contemporaneamente, infinite volte) oppure ha un bordo ("cosa succederebbe se io mettessi una mano oltre il bordo?" si chiede il filosofo pitagorico Archita).
<<Ora, ragiona Einstein, in realtà possiamo salvare capra e cavoli: l'Universo può essere finito e nello stesso tempo fare a meno del bordo, così come la superficie della Terra non è infinita, è finita, ma non c'è un bordo dove finisce. Questo può succedere, naturalmente, se c'è qualcosa di curvo (la superficie della Terra è curva), e lo spazio della teoria della relatività generale è appunto curvo. Dunque, forse il nostro universo può essere finito, ma senza bordo>>(38). Uno spazio tridimensionale finito ma senza bordi è chiamato "tre-sfera". Vediamo di capire cos'è una "tre-sfera".
Una tecnica abbastanza semplice per disegnare la terra è quella di fare un carta geografica (ovviamente piatta, piana) dell'emisfero nord (con al centro, il polo nord e con il bordo all'equatore) e una carta geografica dell'emisfero sud (sempre con il polo sud al centro e l'equatore come bordo). Incolliamo poi le due carte geografiche, i due dischi. Ciascun emisfero ha come bordo l'equatore e, pertanto, allo stesso tempo, circonda ed è circondato dall'altro.
<<Una tre-sfera si può rappresentare in modo simile, ma tutto con una dimensione in più: due palle incollate per i bordi. Quando si esce da una palla si entra nell'altra (così come quando si esce da uno dei due dischi della rappresentazione del mappamondo si entra nell'altro), per cui ciascuno delle due palle "circonda" ed insieme è circondata dall'altra palla>>(39). Così Rovelli ci descrive, con semplicità, cos'è una tre-sfera.
<<Non altrimenti il trionfo, che lude/Sempre dintorno al punto che mi vinse,/Parendo inchiuso da quel ch'egl'inchiude>>(40). Anche il sommo Dante arriva, con circa sei secoli di anticipo al concetto di cui stiamo dibattendo: un qualcosa che, pur essendo incluso, a sua volta include. <<Le rappresentazioni usuali dell'Universo dantesco, comuni nei libri di scuola, piazzano le sfere angeliche separate dalle sfere dei cieli. Ma Dante dice che le due palle "circondano e sono circondate" l'una dall'altra. In altre parole Dante ha una chiara intuizione geometrica di una tre-sfera>>(41).
Per rendere più accessibile e comprensibile questo concetto del circondato che circonda, dell'avvolto che avvolge, pensiamo al Pantheon: il foro, il buco verso il cielo è circondato dalla struttura della volta ma, a sua volta, questa apertura avvolge la volta illuminandola con la sua luce. Oppure, per rendere ancor più chiaro questo non istintivo principio dell'avvolgente che è avvolto, propongo un piccolo esperimento: prendiamo due fazzoletti, due tovaglioli di colore diverso (scegliamone, ad esempio, uno rosso e l'altro verde), poniamoli uno sopra l'altro e poi arrotoliamoli. Alla fine dell'arrotolamento si vedrà che, così come il verde avvolge il rosso, allo stesso modo, il rosso avvolge il verde. Esperimento semplice che rende, comunque, l'idea dell'avvolto che avvolge.
<<Ciò che io sono in complesso oltrepassa ciò che io sono per me stesso, la mia universalità di nulla non è altro che presunzione da parte mia, e, poiché essa è operante solo attraverso la mia situazione, uno sguardo esteriore che avvolgesse sarebbe, reciprocamente, avvolto da essa>>(42). Anche Merleau-Ponty parla del principio dell'avvolgente avvolto. Ad esempio affermando che noi ne siamo della natura, del mondo così come loro (il mondo e la natura) ne sono di noi. Noi siamo avvolti dal mondo ma, a nostra volta, lo avvolgiamo.
Dante (sommo poeta), Einstein (sommo scienziato) e Merleau-Ponty (grande filosofo). Tre genialità arrivate alla stessa meta: l'avvolto-avvolgente. Da ciò consegue una certezza: <<La grande Scienza e la grande Poesia sono entrambe similmente visionarie, e talvolta possono arrivare alle stesse intuizioni. La nostra cultura, che tiene Scienza e Poesia separate, è sciocca, perché si rende miope alla complessità e alla bellezza del mondo rivelata da entrambe>>(43). Il prospettivismo ritorna sempre. Tre diverse prospettive sia temporali che modali, arrivano alla stessa verità temporale, locale, parziale ma pur sempre comunque "verità".
I CONTRASTI CON I QUANTISTI
<<I punti salienti della discussione fra Einstein ed i quantisti si possono rintracciare negli articoli di Pauli e di Bohr che, fin dal 1926, si trovano in opposizione con i principi di Einstein. Questa opposizione si trasformò con l'andare del tempo in una radicale differenza di idee sui metodi e sugli scopi della fisica>>(44). Ricordiamo sempre che Einstein diede un contributo fondamentale alla formazione della quantistica con il suo articolo del 1905 sui quanti di luce. Fino al 1917 Einstein non nutriva dubbi sul valore e sulla credibilità della maccanica quantistica. Poi incominciò a osservare una presenza, per lui, sempre più inquietante del "caso" nel mondo di questa nuova teoria. <<Secondo Niels Bohr l'atteggiamento di Einstein era dettato dal desiderio di non staccarsi completamente dagli ideali di continuità e di causalità>>(45). Non sapeva staccarsi dai concetti classici di causa-effetto e di continuità del mondo fisico. Era ancora immerso nel determinismo: Dio non gioca a dadi. Einstein resta fedele al concetto di realtà materiale del mondo classico. Non riesce a fare il grande salto nel nuovo universo.
IL NUOVO UNIVERSO
<<Era la prima volta che gli scienziati apprendevano quanto cauti si dovesse essere nell'applicare i concetti della vita quotidiana all'esperienza raffinata della moderna scienza sperimentale >>(46). Nella nuova fisica del ventesimo secolo si è giunti a un punto così avanzato che le stesse menti degli scienziati vacillano sotto i colpi delle grandiose novità: loro stessi non capiscono bene cosa significano le formule e i concetti trovati se espressi nel linguaggio ordinario.
<<L'universo della relatività è un universo tanto reale, tanto indipendente dalla nostra mente e assolutamente esistente quanto quello di Newton e della gente comune: tuttavia, mentre per la gente comune e anche per Newton questo universo è un insieme di cose (anche se la fisica si limita a studiare alcune relazioni tra tali cose), l'universo di Einstein non è altro che un insieme di relazioni>>(47). Così si esprime Bergson, citato da Merleau-Ponty, per farci capire che, per restituire una forma al mondo, bisogna sempre porsi da un certo punto di vista, da una data prospettiva. Infatti, se l'universo non avesse forma non esisterebbero più né le cose, né il tempo e neppure lo spazio. Il prospettivismo osserva le forme su uno sfondo. Senza forme non vi sarebbe sfondo. Senza sfondo non ci sarebbero forme.
A questo punto del percorso scientifico-filosofico, la nostra mente deve superare il materialismo, come ben ci insegna anche Maria Zambrano. <<Resiste ancora la vecchia immagine della "materialità" delle cose e del tempo piatto popolato di fatti della vita storica. E' dal "materialismo" che ci dobbiamo liberare noi occidentali>>(48).
NOTE
1) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume quinto, p. 875.
2) Ivi, p. 876.
3) AA.VV., Filosofia della scienza, cit., p. 150.
4) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume quinto, p. 878.
5) Maurice Merleau-Ponty, L'occhio e lo spirito, trad. it. di Anna Sordini, SE srl, Milano 1989, p. 50.
6) B. Russell, L'ABC della relatività, cit., p. 73.
7) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume sesto p. 439.
8) M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 126.
9) Brian Greene, La trama del cosmo, trad. it. di Luigi Civalleri e Adria Tissoni, Einaudi, Torino 2004, p. 158.
10) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 68.
11) Fritjof Capra, Il Tao della fisica, trad. it. di Giovanni Salio, Adelphi, Milano 1989, p. 74.
12) Ibidem
13) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume sesto, p. 459.
14) AA.VV., Filosofia della scienza, a cura di Corrado Sinigaglia, Cortina Editore, Milano 2002, p. 150.
15) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 76.
16) M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 161.
17) Ivi, p. 157.
18) W. Heisenberg, Fisica e filosofia, cit., p. 117.
19) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 114.
20) M. Merleau-Ponty, La natura, cit., p. 224.
21) La Bhagavad Gita, cit., p. 114.
22) Enciclopedia Garzanti della filosofia, cit., pp. 944-945.
23) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume sesto, p. 449.
24) B. Russell, L'ABC della relatività, cit., p. 8.
25) Ivi, p. 9.
26) D. Borrow, Teorie del tutto, cit., p. 279.
27) In fisica il campo gravitazionale è un campo ove si descrive la deformazione dello spazio-tempo originata dalla presenza di corpi dotati di massa che, ricordiamolo sempre, è energia. Si tratta del campo associato alla gravitazione . Detto in modo elementare, si riscontra che un corpo dotato di massa incurva lo spazio-tempo intorno a se, lo deforma, lo cambia interagendo. Le masse cambiano il circostante paesaggio spazio-temporale che non è più un "contenitore" asettico. L'intera struttura dello spazio-tempo dipende dalla distribuzione della materia nell'universo. Il sole piega lo spazio intorno a sé e la terra gli gira intorno non perché attirata da una forza ma perché costretta dalla curvatura prodotta dal sole (pensiamo a un imbuto o una pallina della roulette). Ovviamente in tale contesto di curvatura dello spazio, la geometria euclidea è superata a favore di quella riemanniana.
28) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., pp. 72-73.
29) Platone, Timeo, cit., 52 B.
30) Ivi, 49 A.
31) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume quinto, p. 869.
32) Ibidem.
33) Albert Einstein, I fondamenti della fisica teorica, in Opere scelte, a cura di E. Bellone, trad. It. di L. Bianchi, , Bollati Boringhieri, Torino 1988, pp. 564-576.
34) AA.VV., Filosofia della scienza, cit., p. 160.
35) Enrico Franceschini, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/05/14/ecco-la-lettera-che-nega-dio-einstein.html
36) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 44.
37) B. Greene, La trama del cosmo, cit., p 229.
38) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., pp. 83-84.
39) Ivi, p. 85.
40) Dante Alighieri, La divina commedia, Paradiso, Canto trentesimo, 10-13, Sonzogno, Milano 1880, p. 655.
41) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 87.
42) M. Merleau-Ponty, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 84.
43) C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, cit., p. 92.
44) L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, cit., volume sesto, p. 455.
45) Ivi, p. 456.
46) W. Heisenberg, Fisica e Filosofia, cit., p. 151.
47) M. Merleau-Ponty, La Natura, cit., pp. 153-154.
48) Maria Zambrano, Persona e democrazia, trad. it. di Claudia Marseguerra, Bruno Mondadori, Milano 2000, p. 195.
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