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Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

Rorty e l'ironia liberale

di Massimo Fontana - Dicembre 2014

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Autodescrizioni

 

In Heidegger against the Pragmatism, un saggio alla fine mai pubblicato che doveva fare parte di un libro su Heidegger, Rorty si esprime ancora sul realismo residuo di Heidegger: Essere autentici vuol dire comprendere che la relazione tra Dasein ed Essere, tra l’uomo e ciò a cui egli cerca di riferirsi quando crea parole simili [“la verità”], non è quella che va dal particolare al generale, o dal temporale all’archetipo eterno, ma una relazione con se stesso.

Rorty usa dividere tre ambiti conoscitivi. Percezione (emozioni, sentimenti e stimolazioni cerebrali in genere), inferenza (rapporto causa - effetto nell'ambito del ragionamento),  metafora (autocreazione).

Utile considerare le relazioni tra l’approccio di Rorty e quello di David Hume.

Hume circoscrive l'ambito conoscitivo alle percezioni. Percezioni come impressioni (es, dolore per una scottatura) e idee come conseguenza delle impressioni (idea nella memoria del dolore provocato dalla scottatura). Nessuna idea è possibile senza l'impressione.

La conoscenza per Hume è un fatto puramente psicologico e ingiustificabile. Porsi la questione di dimostrare l'esistenza di entità esterne a noi è un'operazione impossibile, così come credere nell'esistenza di idee astratte o riferirsi a un triangolo che non sia isoscele o scaleno, ma triangolo in sé.

Vi è piuttosto il principio dell'abitudine secondo cui usando stabilire un nesso di somiglianza tra due fatti, un triangolo isoscele e uno scaleno, decidiamo di fissare una definizione unica: triangolo.

Ciò avviene attraverso il conio di un segno. Ogni conoscenza è una credenza dovuta al ripetersi di impressioni che successivamente, attraverso il segno, definiamo uguali.

Le conseguenze delle considerazioni di Hume sull'arte sono dunque quelle di una divisione più sfumata tra ragione (scienza) e arte (sentimento) e, a livello interpretativo, l’impossibilità di un criterio unico e definitivo per definire “la bellezza”.

Se per Hume i concetti e le realtà oggettive sono un mito generato dall'abitudine, per Rorty anche la reificazione del linguaggio compiuta dall'ultimo Heidegger, e in parte da Derrida, porta a santificare parole (e si è compreso che Rorty tende a vedere nei ricercatori di redemptive truth un particolare tipo di individui, incapaci di fare a meno delle certezze rituali e concettuali).

Senza sbocchi verso l’esterno, tutto ciò che conta è la capacità di autodescrizione e in questo senso Freud è un altro intellettuale che riesce a legittimare il lavoro individuale di persone impegnate a ridescrivere se stesse, attraverso un personale linguaggio.

Freud, nella lettura rortiana, consegna all’individuo il proprio linguaggio, laddove conscio e inconscio non sono nemici giurati ma concorrono a delineare il profilo del soggetto.

Il fatto che ognuno di noi senta l'esigenza di ripercorrere e riadattare al presente gli eventi vissuti diventa importante. Ognuno di noi ridescrive se stesso ed è un poeta, un ironico manipolatore delle proprie vicende esistenziali. La possibilità di ridescrivere la storia della nostra vita rende contingente la nostra identità.

Per Rorty Freud si occupa della ricerca individuale della perfezione, almeno sino al momento in cui questa resta un fatto privato ed è anche un antifondazionalista che nega l'esistenza di un'identità intesa come nucleo incorruttibile, semplice e originario.

L'idea dell'io freudiano apre la strada al soggetto rortiano di credenze e desideri, un individuo bisognoso di relazionarsi e ridescriversi continuamente. Il linguaggio è l'unico fattore a nostra disposizione per l'autoaffermazione, ma anche un modo per cogliere il proprio io contingente in tutta la sua complessità.

L'individuo freudiano vive la contingenza del mondo e di sé, l'unico suo potere è quello di ridescrivere il proprio passato. In Freud, come nei romanzi, contano gli infiniti dettagli che vanno a formare un io che è una trama di contingenze e non un sistema di facoltà ben ordinato.

La forma di linguaggio che Rorty auspica si avvicina a quella della narrazione piuttosto che a quella dell'argomentazione o dell'evocazione e anche la figura di Freud in Contingency, Irony and Solidarity gli serve per ribadire che tutto ciò che abbiamo è linguaggio, non disponendo di un accesso non linguistico all'essere.

 

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