Home Page Riflessioni.it
Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

Sul Getsemani

di Roberto Taioli - Maggio 2025

 

Il Getsemani è cifra di una disperazione estrema, ove tutto pare perduto e la mente del Cristo è affollata di angosciosi interrogativi nella drammatica sequenza della Passione culminante con la morte sul Calvario.
Ma tutto il tempo quaresimale va letto in questa luce fosca, costellata dalle tentazioni di Satana e dalla resistenza agonica di Gesù ad opporvisi. I Quaranta giorni nel deserto hanno sì fiaccato Gesù ma non al punto di cedere al Demonio e neppure le atre prove cui è sottoposto per spezzare la sua resistenza.
Il tempo quaresimale è tempo di avvento, come lo è stato quello del Natale, allorché il piccolo bambino e i suoi genitori Giuseppe e Maria, non trovarono accoglienza e Gesù nacque in una stalla, segno questo premonitore del suo destino di escluso. Ma il tempo glorioso della nascita, seppur in condizioni così misere, si intrecciava con la speranza della salvezza universale, con l’avvento di un Messia salvifico che avrebbe salvato il destino del mondo. Tuttavia il rifiuto iniziale dell’accoglienza del bambino si ripercuote e si reitera in tutta la breve vita di Gesù, fino ad incunearsi nel nucleo più intimo dell’esperienza terrena del Cristo, nel gruppo dei discepoli, con tradimento di Giuda e quello (poi rientrato) di Pietro.
Su questi temi scrive Massimo Recalcati nel suo La notte del Getsemani(1), individuando alcuni momenti focali di quell’episodio, talora trascurato, ma invece cruciale.
Nell’orto del Getsemani Gesù sperimenta la solitudine, abbandonato dai discepoli che si addormentano ed anche dal Padre percepito assente, lontano. La sua fede trema. Gesù scopre per la prima volta la fragilità della condizione umana, la debolezza della carne e la paura della morte.
Il confronto con Socrate, ricostruito da Platone nell’Apologia di Socrate, è in realtà profondamente diverso. Socrate davanti ai suoi accusatori, non palesa segni di turbamento di fronte alla possibilità di ricevere la morte in nome della verità da lui proclamata(2). Cristo invece vacilla, la su anima “è triste fino alla morte”, come tutti gli esseri (Mt 26- 38).
Getsemani disegna uno scenario tragico, denso di tensione e di disperazione. Il silenzio del Padre lo sconvolge. Gesù piange lacrime di sangue, avvertendo per un attimo la fine del suo disegno di salvezza.
Nella solitudine immensa di questo paesaggio, va in frantumi tutta la grandezza dell’Ultima Cena e la fondazione del rito eucaristico, si spezza il legame profondo di amicizia con i discepoli smarriti e impauriti, Gesù sente l’assenza, il silenzio del Padre come l’avesse abbandonato.
Ciò compare nei due tempi della drammatica preghiera che Cristo quasi balbetta verso Dio: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice” (Lc, 22- 41).
Gesù chiede al Padre di sospendere gli effetti della Legge che prevede la sua morte in nome della Legge della vita che sente pulsare entro di sé, come ogni uomo.
Se seguiamo questo stato agonico del Signore nelle varie sfaccettature della sofferenza, la notte del Getsemani ci restituisce l’essenzialità di un Cristo uomo fragile, impaurito, abbandonato e tradito, schiacciato sul piano da una compagine di umani eventi che paiono sovrastarlo.
Cristo implora che venga fatta una eccezione su ciò che era scritto nella Legge, di interrompere l’azione del Logos veterotestamentario. La sua mente è affollata di angosciosi interrogativi, se stia venendo meno alla sua vocazione di redimere l’umanità affidatagli dal Padre. Ma poi avviene una torsione, un mutamento di scena radicale nel cuore di Gesù, una metanoia che, nel secondo tempo della preghiera al Padre, rientra in sé stesso e ritrova tutta la sua consistenza di Figlio prediletto: “Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc,22 -42).
Questo mutamento profondo di scena prelude all’arresto di Gesù e determina lo smascheramento totale del tradimento di Giuda e del suo bacio ingannatore.
Gesù già da tempo sospettava di Giuda che nell’Ultima Cena aveva messo il dito nello stesso piatto, ma che covava un progetto malefico. Aveva scambiato Gesù come un capopopolo che avrebbe liberato la sua gente, prendendo gradualmente le distanze dalla predicazione e fraintendendo i suoi segni.
I Vangeli ce ne danno testimonianza, come raccontato nell’episodio dell’unzione di Betania: “Maria prese allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: ‘Perché quest’olio profumato non si è venduto per trenta denari per darlo ai poveri?’ “Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: “Lasciatela fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.  I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv, 12.8).
Giuda infatti da tempo ordiva una congiura verso il Signore per consegnarlo ai Sacerdoti del Tempio, prefigurando una sua ascesa politica.  Recalcati acutamente sottolinea la diversa natura del tradimento di Giuda rispetto a quello di Pietro. Il primo è mosso da una logica tutta mondana, da un calcolo economico e politico, invece Pietro non rinnega mai la fede in Cristo, non è mai attraversato da alcun dubbio e tentennamento, il triplice tradimento di Pietro è governato solo dalla paura, tutta umana, di essere riconosciuto ed arrestato. Pietro, interrogato se conoscesse Gesù, per tre volte nega, ma poi il suo animo viene radicalmente sconvolto e pianse amaramente. Non era infatti possibile, che il discepolo prediletto (Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam) abbandonasse il Maestro nell’ora estrema.  Il tracollo di Pietro è tutto interiore, preso dalla umana debolezza e dal timore di essersi caricato di un compito così grande.
Una distanza abissale separa il comportamento dei due discepoli, di cui, uno solo, Giuda, è indegno verso Gesù. Pietro porterà invece in fondo la sua missione morendo a Roma crocefisso a testa in giù.
La notte del Getsemani è quindi rivelatrice anche di questo sfaldarsi e ricomporsi della personalità dei due discepoli, ma anteriormente mette in luce la battaglia di Cristo in sé stesso per accettare la volontà del Padre, che avrà un’eco anche sul Calvario nella disperata invocazione “Padre perché mi hai abbandonato?”. Si tratta di un urlo estremo ed ultimo, subito riassorbito dall’ultima azione di Cristo che interpellato dal buon padrone anch’egli crocifisso con lui e che si pente del male fatto, riceve da Gesù la promessa del Regno. Il buon ladrone diventa il primo Santo non canonizzato del Cristianesimo.


   Roberto Taioli


Roberto Taioli nato a Milano nel 1949 ha studiato filosofia con Enzo Paci. Membro della SIE- Società Italiana di Estetica, è cultore di Estetica presso l'Università Cattolica di Milano. Il suo campo di ricerca si situa all'interno dell'orizzonte fenomenologico. Ha pubblicato saggi su Merleau-Ponty, Husserl, Kant, Paci e altri autori significativi del '900.

Negli ultimi tempi ha orientato la sua ricerca verso la fenomenologia del sacro e del religioso e dell'estetica. Risalgono a questo versante i saggi su Raimon Panikkar e Cristina Campo.

 

NOTE

1) Recalcati, M. La notte del Getsemani, Einaudi, Torino 2020.

2) Cit, p. 35.

 

Altre Riflessioni Filosofiche


I contenuti pubblicati su www.riflessioni.it sono soggetti a "Riproduzione Riservata", per maggiori informazioni NOTE LEGALI

Riflessioni.it - ideato, realizzato e gestito da Ivo Nardi - copyright©2000-2025

Privacy e Cookies - Informazioni sito e Contatti - Feed - Rss
RIFLESSIONI.IT - Dove il Web Riflette! - Per Comprendere quell'Universo che avvolge ogni Essere che contiene un Universo