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Riflessioni sull'Antroposofia. La Scienza dello Spirito

Riflessioni sull'Antroposofia

La Scienza dello Spirito

di Tiziano Bellucci   indice articoli

 

L'IO e la Voce della coscienza

Settembre 2014

 

“La Vita, quella da cui è provenuta ogni cosa e che tiene in esistenza ogni cosa non si può vedere, ma solo sentire, così come non si può vedere un Suono; per rendersi percepibile come manifestazione ha bisogno di una veste: la Luce.

Guardando la Luce si può scoprirne la Voce.

La Voce del Logos illumina l’anima dell’uomo; la luce è l’immagine del Logos.

Non sarebbe possibile identificare la Vita che si esprime nel Suono se non la si scorgesse tramite una forma.

La Luce è la veste del Suono.

La Luce che scade in pensiero astratto è la Vita che muore per farsi ritrovare.”

 

“L’uomo è uno scimmione evoluto, un animale pensante superiore”: dice la scienza.

Mentre lo afferma, la scienza non s’ avvede che l’umano, a differenza della bestia, entro il suo corpo animale ospita anche un “quid” invisibile, solitamente soprannominato “io”, non per questo meno avvertibile, ma ben presente e reale. E’ questo “Io” che rende unico e irripetibile ogni uomo: ogni singolo animale riunito nei suoi simili costituisce una specie, mentre l’umano come unità, è una specie a sé.

L’uomo non ha quindi solo un “anima” come l’anima-le, ma reca in sé un quid che lo differenzia da quest’ ultimo. Grazie a questo quid, il pensiero abita in lui.

Oltre che pensante, tale “Io” lo rende un Essere capace di conoscere e di capire.

E di sperare.

La volontà di autoaffermazione, la ricerca di un ideale da realizzare, la brama di conoscenza che l’uomo ha verso il mondo è originata dalla forza della sua anima subordinata alla presenza di questo Io pensante in lui.

L’animale, la pianta e il sasso non si pongono domande sulla loro esistenza, sul passato e il futuro, sulla natura dell’ universo, sull’origine e la fine della vita; essi si bastano a sé stessi così come sono, lasciando agire su di loro le cose e gli eventi del mondo in modo passivo, non interessandosi attivamente al divenire: si accontentano di ciò che da loro è vissuto nell’attimo presente. L’evoluzione cosmica agisce dal di fuori entro di loro, senza la loro partecipazione cosciente; immensa è la differenza per l’uomo, per l’essere che attua dal suo interno, l’evoluzione del genere umano e della Terra in piena consapevolezza.

L’umano è un eterno insoddisfatto; tutto ciò che lo circonda ha un interesse primario per la sua esistenza: sembra che egli, alla ricerca delle infinite risposte alle sue domande, oltre che a voler conoscere, debba conoscere.

La scienza ufficiale riconosce la presenza di forze invisibili che organizzano lafisicità: essa le misura, le calcola, le analizza e le presuppone come forze agenti nell’universo: gravità, magnetismo, elettricità, vengono ritenute da essa come enti reali, reggenti e costituenti ciò che pone in movimento e in esistenza la materia universale. Vengono intese come pure energie astratte, prive di coscienza, di memoria e di qualsiasi morale. In esse non si può ravvisare nulla che possa assomigliare a qualcosa presente nell’uomo quale intelligenza, memoria o coscienza morale individuale.

La scienza le conosce, o meglio dice di conoscerle sempre meglio con il passare del tempo: sa a cosa servono e come agiscono, come funzionano. Ma scoprendole, la scienza non crea nulla di nuovo, non aggiunge nulla ad esse: semplicemente le riproduce in termini di pensiero, portandole a manifestazione razionale.

Solo su due cose non si sofferma nell’indagarle: che cosa sono queste forze? Perchè esistono?

L’affermare che si tratti di molecole o atomi in movimento predisposti a regolare o a governare un dato campo della realtà sensibile non svela né la loro identità il motivo per cui esse attendono a ciò.

Più semplicemente, non trovandovi fuoriuscita a ciò, si asserisce allora che esse si originarono dal nulla, per un puro caso. Un ignoto impulso primordiale, generò dal nulla la materia e con essa le forze che avrebbero dovuto governarla.

E’ indubbio che una simile teoria non possa soddisfare l’uomo, perchè essa non risolve il problema di dove e come potesse esistere una condizione di “nulla”, e inoltre non spiega come da tale “nulla” (che significa nulla di materia, di spazio e di tempo) si sia aggiunto un qualcosa costituito di “nulla” che possa aver potuto scatenare dal nulla di sé e dal nulla circostante, un atomo di materia.

E’ ovvio che ciò è una teoria: infatti su nessun tavolo di laboratorio è esistito uno scienziato capace di far apparire dentro ad una provetta svuotata d’aria o di materia, un solo atomo di materia.

 

L’idea: il pensiero creante

Non vi è oggetto costruito dall’uomo che non si sia originato dal pensiero, ossia da qualcuno che pensandolo, lo ha poi realizzato. Qualunque oggetto rimanda ad un tempo in cui esso non esisteva sulla terra, ma era soltanto pensiero dentro la testa di uomo. L’invisibile è divenuto visibile.
Non vi è produzione o creazione umana che non sia stata originata dall’idea; pensare che una bussola si sia fatta da sè sarebbe da pazzi. Tutto proviene dall’idea: se ciò vale per le produzioni umane, deve valere anche per le produzioni della natura. Vi deve essere stato un tempo in cui queste, prima di essere fisiche devono essere state concepite da una mente non umana.
Ciononostante affermare che il mondo è stato pensato da un Entità superiore, potrebbe apparire a molti scienziati “poco scientifico”.

Se si vede un frullatore non si pensa che si è fatto da sé: si risale ad un momento in cui il frullatore non esisteva e si trovavo solo come idea nella coscienza di un uomo.
Se si guarda una mela, un sasso o una stella, perchè allora si pensa che si sono fatti da sé?
A rigor di logica si deve affermare che vi fu un tempo in cui essi furono nella mente di qualcuno.

E’ accaduto che popoli primitivi, vedendo oggetti o macchine moderne credessero che essi fossero creazioni della Natura o di Dio; non pensavano che tali oggetti si fossero fatti da sé.

Il primitivo inconsciamente sa che tutto ciò che esiste, deve essere stato creato (pensato) da qualcuno di umano o di extraumano per potere esistere: non crede che le cose si possano generare da se stesse, senza cause. Il razionalista moderno invece lo crede: si comporta in modo più ingenuo del primitivo ignorante.

Dopo aver appurato che esistono quindi delle forze, delle leggi e delle energie nell’universo, si tratta ora di proporsi di capire se esse siano pure forze astratte impersonali prive di coscienza, che adempiono passivamente per pura inerzia ad una stretta logica predeterminata in loro stesse, o invece se si tratti di energie provviste di un certo grado di coscienza, capaci di presiedere consapevolmente il loro agire.

Per l’uomo la manifestazione del mondo si articola in due condizioni: in una vede leggi astratte, ossia le leggi naturali, agire nella natura prive di senso morale, in un’altra sente sorgere in sé un mondo morale, contrapposto alle leggi naturali.

In realtà anche nella natura esiste la moralità: solo che si tratta di una moralità ben diversa da quella umana, una moralità priva di convenienze sentimentali o tornaconti personali. Nella natura esiste la giustizia e la verità: appare però in un modo di esplicarsi molto crudo e a volte spietato.

Nella natura tutto ci compie da una prospettiva più alta: ogni singolo e particolare fatto brutto o bello, cattivo o buono che accade sulla terra non significa nulla se analizzato in sé stesso; conta solo il risultato che si realizza tramite esso nel contesto della totalità del mondo.

Vale a dire: ciò che per l’uomo è moralità è per il cosmo legge evolutiva.

Mentre per l’uomo ogni cosa è buona solo se non va a ledere la propria o l’altrui vita, per la Natura è buono solo ciò che al di là di ogni bene o male umano, produce forze capaci di perfezionare o innalzare a gradini più alti il presente stato della realtà.

 

La Legge Universale

La legge cosmica evolutiva delle specie che agisce nei processi e nelle creature del mondo conducendolo verso una sempre maggiore perfezione, la si potrebbe chiamare Legge morale dell’universo.

Questa, nell’antico passato, agiva nell’uomo modificando nel tempo la sua forma e i suoi organi: evolvendolo fisicamente lo ha portato ad un livello di perfezione fisiologica ottimale.

Oggigiorno nel tempo moderno, essa ha ultimato la sua azione evolvente verso l’involucro fisico, per rivolgersi all’interno, ossia nella coscienza umana: da forza progrediente della forma esteriore, è divenuta forza agente per un’evoluzione interiore, l’evoluzione dell’anima dell’uomo.

E’ divenuta la forza capace di fare scaturire una luce nella coscienza: il pensiero.

La legge morale diviene una forza pensante soggettiva che l’uomo può utilizzare per trasformare sempre di più verso la perfezione la sua interiorità, nobilitandola.

La presenza del pensiero nell’uomo attiva di conseguenza una necessità: il bisogno di capire, di conoscere. Nasce quindi spontaneamente l’aspirazione a pensare: “Io sento che vi è un “qualcosa” di superiore che opera nell’universo, un Essere, una Forza, una Causa trascendente. Dietro le manifestazioni fisiche vi deve essere un qualcosa che non è percepibile ai miei sensi: un Intelligenza impersonale o astratta, che trascende e organizza la fisicità. La sento entro la Natura, nelle leggi organiche vegetali e animali, nei ritmi delle stagioni, nelle orbite degli astri, entro la mia vita: io non la vedo, ma sento nell’anima che senza di essa tutto ciò che mi attornia, me compreso, non avrebbe né esistenza, né senso.”

Tuttavia, al contrario, molti uomini che non sperimentano tale anelito, pur non potendo negare l’esistenza entro la loro testa del loro pensiero che non vedono ma che sperimentano, trovano però necessario negare l’esistenza di un Pensiero esterno che organizza e opera nella Natura, nel cosmo, che pur allo stesso modo, non vedono ma sperimentano. Entrambe le cose sono avvertite e insieme non vedute, ma hanno valore di esistenza e di realtà solo in merito alla loro personale intelligenza di uomini. Per questi, l’Intelligenza Universale è astrazione o caso.

In realtà anche il più ferreo materialista nutre in sé la necessità di voler conoscere. Anche se rifugge qualsiasi tema, discussione o opinione trascendente o spirituale, o non s’involi per immaginazioni fantastiche o mistiche, ciò non significa che non senta l’impulso a conoscere il mondo e le sue leggi, le sue manifestazioni fisiche. Egli studierà o s’interesserà di fatti e materie sensibili, ma in tal modo egli vuole conoscere pur qualcosa.

La Conoscenza non è solo un rivolgersi a cause trascendenti, ma un Sapere totale, che anzi è bene se parte dalla materia, dalla base: non è un fatto personale, ma un affare universale. Si deve smettere di credere che essa sia solo un’acquisizione di nozioni: si tratta di una conquista.

Ogni umano che sia tale e quindi sano, davanti ad un cielo stellato, ad un tramonto, ad un fiore, ad una bella forma, sospira, prova meraviglia e stupore; in questo suo sospirare, è occultamente incantato il segreto della sua origine umana. In quell’ aria che esce dal suo essere la sua anima espelle il suo anelito per il non conosciuto, il mistero: una sottile nostalgia pervade il suo cuore. La nostalgia per un qualcosa che non ne ha però il ricordo.

La necessità umana di voler conoscere, insieme al suo anelito per il trascendente, posa su una ben precisa verità nascosta:  là fuori nel mondo c’è dell’altro; l’uomo però non lo vede: ma lo pre-sente. E per questo egli è pieno di domande e di dubbi. Tali domande e dubbi sono Forze, Pensieri Viventi entro il mondo che attendono di venire conosciuti, sono lì per essere riconosciuti.  Enti invisibili sono di continuo attorno e di fronte a lui, e si fanno sentire da lui, pur restandogli invisibili.

L’uomo vede e percepisce, solo una parte del mondo; egli sente, o meglio pre-sente anche dell’altro, ma crede solo a ciò che vede, a ciò che i suoi sensi gli consegnano. La sua conoscenza e i suoi giudizi sul mondo, sono vincolati dalla sua percezione sensoria, che a sua volta attiva l’elaborazione pensante.

Egli vede un fiore, che gli impone una forma, un colore, un profumo; non è l’uomo a formarsi l’immagine e la sensazione corrispondente: tutto ciò gli viene dato prescindendo dalla sua volontà, come coercizione ciò si forma in lui, in virtù della sua organizzazione fisica che lo limita e gli ordina di vedere gli enti esterni in questo o in quel modo.

Il fiore non dice nulla di sè; resta muto. Deve essere l’uomo a scoprirlo.

Ma la correlativa nozione del fiore che appare nel pensiero dell’uomo, non è il vero Fiore, l’essere di vita del fiore: è una parte dell’intera Legge che si manifesta poi nel seme, nelle foglie e nel frutto.

Il fiore in realtà gli dà tutto il suo essere, ma l’uomo potendo raccogliere solo ciò che i suoi sensi gli possono comunicare, ossia le qualità fisico sensibili, tutto ciò che riguarda l’essere, la vita della pianta restando così a lui invisibili.

 

Dal “Suono della luce” di Tiziano Bellucci

 

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