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Riflessioni sulla Cultura Vedica

Riflessioni sulla Cultura Vedica

di Parabhakti dasindice articoli

 

Le tappe nel viaggio dell'anima.
I livelli relativi della Jiva

Aprile 2012

 

Chi ha realizzato o almeno inteso di non essere il corpo fisico e neppure quello psichico, accettando che la jiva (anima, corpo spirituale, energia superiore) è il vero sé, spesso si domanda se queste si suddividono in differenti categorie.

Ispirandomi a un famoso documento di Bhaktivinoda Thakur (1838 -1914) sul tema, proverò a illustrare il punto di vista della tradizione vaisnava a riguardo.

Esistono due tipi di jiva, quelle che vivono nella realtà della loro forma eterna detta in sanscrito svarupa e quelle che vivono il sogno dell’identificazione con la materia, detto upadhi.

Le scritture vediche, insegnano che la naturale occupazione della jiva, è di servire Krishna, Dio. E’ un servizio che non si esplicita  attraverso una sudditanza forzata o retribuita come saremo indotti a pensare utilizzando il parametro di questo mondo, ma con una modalità, spontanea, affettuosa ed incondizionata che genera duratura ed incomparabile felicità.

In effetti, la maggior parte delle jive risiede nel mondo spirituale, mentre solo una piccola parte decide, poco consapevole delle conseguenze, di lasciare quella dimensione, per entrare in quella della dualità dove coltiva l’illusione di una vita indipendente, ma dove subisce le dure leggi di: kala (il tempo) karma (causa-effetto) e reincarnazione che la rendono dimentica delle sue origini.

Se Krishna non impedisce alla jiva di commettere l’errore di entrare nel mondo fenomenico è perché le concede libero arbitrio, senza il quale nessuna scelta potrebbe essere considerata veramente tale.

Dall’osservazione delle azioni delle persone, si può dedurre quanto sia profondo il condizionamento materiale o viceversa quanto sia avanzata la comprensione dell’identità spirituale.

Krishna, tuttavia, per ricordarci che sono tutte situazioni temporanee, nella Bhagavad-Gita dice:

 

“Tutti in un modo o nell’altro seguono la via che porta a Me, ed è in proporzione a come si abbandonano che li ricompenso”.

 

La ricompensa è ovviamente divina e comprende realizzazioni, saggezza, gioia interiore e scambi d’amore.

Le jive sono definite nitya-badda o perpetuamente condizionate, quando sono completamente impigliate nelle dinamiche materiali, baddha-mukta quando vivono nel mondo fenomenico, ma non ne sono condizionate e nitya mukta o eternamente liberate e trascendentali alla materia.

 

I nitya-baddha jiva si dividono in tre macro categorie:

  • Con coscienza nascosta, quando l’anima abita in alberi o piante.

  • Con coscienza inibita quando abita corpi animali.

  • Con coscienza allo stato di germoglio, quando il corpo abitato è umano ma non è presente consapevolezza spirituale.

Le anime con coscienza allo stato di germoglio si distribuiscono in ulteriori sei categorie:

  • Le popolazioni che vivono in uno stato primitivo

  • Le razze civilizzate che hanno sviluppato scienza e conoscenza materiale e che pongono l’enfasi sulla produzione industrializzata di beni. Non hanno un’appropriata condotta morale, né una vera fede in Dio.

  • Gli individui che non hanno comprensione di un Dio personale, ma che hanno una grande attrazione per la natura e le sue espressioni.

  • Gli individui la cui etica comprende una filosofia e una fede riguardanti un dio non ben definito. Sono gli adoratori dei deva, o semi-dei, che considerano tutti di pari livello, senza riconoscere l’esistenza di un Essere Superiore.

  • Gli individui che accettano Dio come il Signore della creazione, ma non Gli offrono servizio in spirito di devozione.

  • Gli individui che hanno una forte attrazione per la dottrina detta impersonalista, dove è solamente considerata l’esistenza di un’energia spirituale superiore ritenuta la somma di tutte le energie individuali. Gli impersonalisti, non credono nell’esistenza di un Essere Superiore, praticano il sentiero della conoscenza, jnana, impegnandosi fondamentalmente in dibattiti, e dissertazioni intellettuali.

I baddha- mukta sono di due tipi:

  • le jiva con la coscienza in fiore come i praticanti sul sentiero della sadhana- bhakti il percorso scandito da precise regole che porta a sviluppare progressivamente l’amore per Dio.

  • le jiva con coscienza completamente fiorita propria di chi sta già gustando l’amore estatico derivante dal servizio di devozione.

Le nitya-mukta situate nella svarupa, la posizione naturale, relazionano con Krishna attraverso cinque modalità dette rasa:

  • Santa rasa; che non comporta una stretta relazione personale.

  • Dasya rasa; la relazione in un sentimento di servizio.

  • Sakhya rasa; la relazione sprovvista di ogni tipo di reverenza che diventa rapporto confidenziale e amichevole.

  • Vatsalya rasa; la relazione parentale ove nel traboccante sentimento d’amore, sneha, la jiva si prende cura di Dio come figlio.

  • Madurya rasa; la relazione più intima, quella di amante di Krishna.

Le anime che vivono nel mondo materiale possono raggiungere quello spirituale, solo ritrovando il puro sentimento d’amore incondizionato, prema, proprio di quella dimensione e non perché appartenenti a una data tradizione religiosa come superficialmente troppo spesso viene concluso.

Nel percorso che va da sraddha (fede) a prema (puro amore)si devono evitare vikarma, le attività indecenti e akarma, l’inattività, come si deve anche evitare di essere confusi dal karma, dalla pratica dell’arida rinuncia e dalla conoscenza fine a se stessa. E’ inoltre fondamentale mantenere un atteggiamento rispettoso e non offensivo verso tutte le entità viventi.

Vikarma: Invidia – Crudeltà – Durezza di cuore – Violenza verso qualsiasi entità vivente – Desideri lussuriosi – Ira – Avidità – Egocentrismo – Imbroglio – Mancanza di rispetto – Orgoglio – Illusione mentale – Sporcizia – Danneggiare gli altri.

Akarma: Ateismo – Ingratitudine e disinteresse verso le anime realizzate.

Karma: In questo caso si riferisce alle conseguenze positive generate dalle attività pie compiute per  dovere come; Aiutare gli altri – Servire i superiori – Carità – Sviluppo economico – Veridicità – Pulizia – Semplicità – Perdono – Misericordia – Occupazione in accordo alle proprie qualità – Appropriata rinuncia – Imparzialità.

Le conseguenze benefiche derivanti dalla pratica di queste attività pie, possono attivare uno stato di compiacimento e rilassatezza che distoglie la jiva  dal percorso della realizzazione spirituale confondendola sul fine della vita umana.

Per arida rinuncia s’intendono tutte quelle pratiche e azioni compiute con grande sforzo e tenacia, al solo fine di ottenere benefici materiali, siano essi grossolani come i beni di consumo o sottili come il controllo delle energie interne o di quelle cosmiche.

Nella letteratura puranica, troviamo molte storie che a titolo di ammonimento raccontano di yogi potentissimi, grandi rinunciati ma non ancora del tutto distaccati che sono caduti dalla loro posizione quando si sono ritrovati a interagire con le dinamiche materiali.

L’arida conoscenza è quella via che porta ad accumulare nozioni ed elaborarle all’infinito, jnana.

Con la speculazione filosofica è possibile situarsi nel livello Brahman, nel quale si realizza l’onnipervadenza dell’energia spirituale, quindi la differenza tra quest’ultima e la materia, ma non che l’energia origina da una Persona, con forma (spirituale) e attributi (divini).

Il jnani è affascinato e si compiace della propria intelligenza, arrivando quasi ad adorarla ed è con la logica che vorrebbe comprendere Dio, ma l’intelligenza, per quanto preziosa e raffinata, rimane sempre un’energia materiale, insufficiente, quando sola, per raggiungere lo scopo supremo.

L’unico modo possibile per comprendere la verità assoluta nella sua forma personale è attraverso la bhakti, lo yoga dell’amore; Krishna nella Bhagavad-Gita afferma:

 

“A chi Mi serve con amore e devozione, do l’intelligenza con la quale potrà raggiungermi”

 

Parabhakti das

 

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