Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
I veri capi dell'Ordine della Massoneria
Dicembre 2009
di Giovanni Domma
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Nel proporre ai lettori questo articolo del mio amico, maestro e collaboratore - il Rispettabilissimo Fratello Giovanni Domma - vorrei innanzitutto celebrare con loro il fatto che, a partite dai primi mesi di quest’anno, sempre più numerose persone mi offrono di partecipare con i loro contributi: è questa una fortuna che non capita a tutti i miei colleghi redattori di “Riflessioni”, riconducibile forse al fatto che la mia rubrica – per quanto qualitativamente modeste possano essere le idee che in essa esprimo – è stata tuttavia caratterizzata fin dall’inizio da uno spirito di sincera apertura mentale e di dialogo che ha catturato i cuori anche di coloro che, su tante cose, la pensano diversamente da me. Sono fiero di questo fenomeno più che di ogni altra soddisfazione che possa averne ricevuto, e invito e invoglio i miei amici lettori a continuare a propormi i loro contributi tramite e-mail, con l’impegno che saranno accolti con la dovuta considerazione.
Detto questo, vorrei spendere due parole sull'amico Giovanni Domma, cercando di spiegare agli altri una cosa difficile da capire: ovvero come sia potuto accadere che, in una Massoneria nota ai più come realtà crudele e spietata, ricettacolo di golpisti e di tutte le forme più torbide di potere, un uomo semplice e di media cultura, un pensionato senza particolari raccomandazioni né coperture politiche sia potuto assurgere ai livelli più elevati dell’Ordine non solamente a livello nazionale, bensì europeo.
Ovvero, conoscendo Giovanni la cosa mi appare chiarissima, e si riassume in queste parole: è un uomo buono, e un vero “uomo di conoscenza”. Quando lo conobbi più di vent’anni fa, membri entrambi di una piccola e sconosciuta Officina di indirizzo guenoniano, le sue fortune erano ben lontane dai livelli di oggi: emigrato calabrese, sradicato dal territorio, i Fratelli più in vista lo guardavano con diffidenza e si guardavano bene dal proporlo per qualsiasi incarico al di là dei Diaconi. Ma ecco: lui, umile e concentrato, lavorava in silenzio, senza mai lamentarsi di nulla e sempre grato per quel poco che riceveva. Non so se fu intuizione, affinità elettiva o cos’altro, ma l’impatto che ne ricevetti fu enorme.
Cominciai a frequentarlo nel privato, e scoprii poco a poco qualcosa che mai avrei pensato di incontrare in questa vita e in questa epoca: non solo una persona di enorme intelligenza (ce ne sono tante) bensì fuori dal tempo, che esteriormente e apparentemente era simile agli altri, ma la cui vita interiore splendeva di una Luce abbagliante al punto di essere quasi insostenibile, capace di mettere in crisi tutti i convincimenti di cui la mia vita si era nutrita fino ad allora; una Luce del tutto immune dalle suggestioni sociali e mediatiche, indistinguibile e inestinguibile come è soltanto ciò che proviene dalla Tradizione Primordiale.
Per esempio: se lo incontravi in un caffè poteva accadere che, in virtù del suo carattere estroverso, assecondasse gli altri clienti nelle loro chiacchiere, sparlando con loro dei clandestini che vengono in Italia portando fenomeni di inciviltà, vivendo in condizioni inaccettabili eccetera. La mia anima di sinistra taceva, e si ribellava in silenzio; ma poi uscivamo per la strada, e quando qualcuno di questi disperati gli chiedeva una monetina Giovanni si fermava e cominciava a parlare con lui. Poteva anche accadere che dimenticasse completamente i propri impegni ed interessi personali, continuando a occuparsi di lui fino a quando non ne risolveva i problemi, magari con un lavoro e una casa; e anche dopo che lo aveva sistemato continuava a interessarsi e a seguirlo - così, diceva, si può integrare chi viene in Italia a lavorare.
Giovanni, in definitiva, è quanto di più vicino possa esistere alla mia immagine ideale del santo laico, che ben fa il paio con il Don Carmelo di cui ho trattato nell’articolo omonimo; anzi ancora meglio, perché non porta con sé illusioni né zavorre ideologiche. Non mi ha quindi affatto stupito che la Massoneria – quella vera – si sia ben presto accorta di lui, e l’abbia onorato come merita: io lo sapevo già da prima, e godo di ogni sua vittoria come se fosse mia – anzi, E’ mia.
E’ mio anche questo articolo da lui scritto, che pubblico qui di seguito, perché al di là delle concezioni espresse – che possono essere condivise o meno – sono pienamente consapevole che il cuore e la mente che le hanno dettate erano mosse da un solo, nobilissimo scopo: il bene dell’Ordine massonico e di tutta l’umanità.
Daniele Mansuino
I veri capi dell'Ordine della Massoneria di Giovanni Domma
Come il Fratello Daniele Mansuino non ha mancato di rilevare nel suo articolo Il fantasma del Venerabile (cui anch’io ho collaborato), la stessa Carta Costituzionale del Grande Oriente d’Italia parla a lungo del Maestro Venerabile e delle sue funzioni; le quali - se rilette con la dovuta attenzione – anche nell’ambito del miserevole depauperamento della figura del Maestro Venerabile che ha avuto luogo in seno alle Massonerie latine, purtuttavia costituirebbero già di per sé un quarto grado (e questo ovviamente vale per tutti i principali Ordini massonici del mondo); eppure nessuno ha ancora preso in considerazione lo spinoso argomento di conferirgli un riconoscimento adeguato alle sue prerogative.
Sebbene nella Massoneria britannica le prerogative riconosciute al Maestro Venerabile siano assai più ampie, paradossalmente il principale ostacolo al suo riconoscimento come grado viene proprio dall’Inghilterra: è la Union, l’accordo tra Antients e Moderns del 1813, di cui Daniele ha già trattato più volte. Non è quindi il caso di ritornarci, se non per osservare che – a distanza di due secoli e in un contesto completamente diverso – un dogma non tradizionale, bensì frutto di un compromesso politico, e costantemente disatteso nella realtà potrebbe ben essere cambiato; una convinzione che è propria anche di numerosi Fratelli britannici, e che riaffiora talvolta sottopelle – ovvero espressa in modo implicito – perfino nelle più autorevoli esposizioni della teoria massonica esistenti al mondo, i documenti prodotti dalla Loggia di ricerca londinese Quatuor Coronati.
A proposito, mi è capitato recentemente di ascoltare qualcosa che non sapevo: un Fratello inglese mi ha citato l’opinione di Nicola de Lyre - poeta del XV secolo – riguardo ai quattro significati della Sacra Scrittura
1- Il senso letterale insegna i fatti;
2- L’allegoria quello che bisogna credere;
3- La morale quello che bisogna fare;
4- L’anagogia (elevarsi a cose sublimi) quello verso il quale bisogna tendere;
e mi ha spiegato come non sia mancato, nella storia della nostra Istituzione, chi ha posto in relazione i quattro sensi di de Lyre con i Santi protettori della Massoneria Universale (i Quatuor Coronati, appunto), facendo notare cha ad ognuno dei quattro sensi e dei quattro Santi dovrebbe corrispondere il simbolismo di un analogo grado.
Vorrei continuare citando una graziosa leggenda massonica che senz’altro conoscete. In essa si narra che un giorno un Maestro di Loggia chiese a tre Operai del suo cantiere intenti al lavoro cosa stessero facendo, ricevendone le seguenti risposte:
Il primo: sto guadagnandomi da vivere.
Il secondo: sto tagliando la pietra.
Il terzo: sto costruendo una Cattedrale.
Al di là dell’incongruenza storica (non c’erano tre gradi nella Muratoria Operativa), la leggenda illustra trasparentemente il simbolismo della Massoneria in quattro gradi. Il primo Operaio lavorava per la propria sopravvivenza, e non si interessava più di tanto al mondo dei simboli; il secondo era un buon tecnico che non si interrogava sul senso delle proprie azioni; il terzo, pur lavorando alla pietra singola, portava in sé l’intuizione dell’Opera compiuta che si innalza verso il cielo.
Di conseguenza, il terzo operaio è senza dubbio un Maestro, perché egli comprende bene come il suo semplice lavoro sia finalizzato a realizzare un tutto armonico pregno di significato simbolico.
Quest'ultimo si distingue dagli altri due in quando dimostra di saper lavorare materialmente, intellettualmente e interiormente; di conseguenza, è destinato alla funzione di dirigere i lavori in un cantiere (in Massoneria, dirigere i lavori di una Loggia).
E’ proprio questo il perfezionamento del grado di Maestro che qualifica, nomina e installa il Fratello alla carica di Maestro Venerabile: ecco il quarto grado dell'Ordine.
Difatti il quarto personaggio della leggenda - colui che interroga – comprende tutti e tre nella propria visione. Non a caso, l’antica figura del Maestro di Loggia corrisponde all’attuale Maestro Venerabile Installato: infatti, fin dai primissimi anni della Massoneria speculativa era invalsa l’usanza di consacrare ritualmente il ruolo di Capo della Loggia mediante la somministrazione di un antient degree (antico grado).
La natura di questo grado poteva variare da un’Officina all’altra, ed è anche per rimediare a tale disordine che venne introdotto pochi anni dopo il terzo grado nella forma attuale; ma l’usanza è comunque documentata in un numero talmente grande di casi da consentirci di affermare che, con la Unione l’adozione della forma attuale di Installazione, la Gran Loggia Unita d’Inghilterra non fece altro che mettere in pratica un “ritorno all’antico”.
E’ questo un punto molto importante, perché ci consente di affermare che anche le Costituzioni di Anderson si esprimono in favore della nostra tesi: a condizione appunto di comprendere che, laddove si parla di Maestro di Loggia, questa espressione va intesa nel senso di Maestro Venerabile Installato.
Articolo IV delle Costituzioni di Anderson : Dei Maestri, Sorveglianti, Compagni e Apprendisti.
Tutte le preferenze fra i Muratori sono fondate soltanto sul valore reale e sul merito personale, così che i committenti siano serviti bene, che i Fratelli non debbano vergognarsi né che l'Arte Reale venga disprezzata. Perciò nessun Maestro o Sorvegliante sia scelto per anzianità ma per il suo merito.
È impossibile descrivere tali cose per iscritto, e ogni Fratello deve stare al suo posto e addestrarsi in una via peculiare a questa Fraternità : i Candidati possono sapere soltanto che nessun Maestro può assumere un Apprendista se non ha bastevole occupazione per lui, se non è un giovane perfetto, non avente nel suo corpo mutilazioni o difetti che lo possano rendere incapace di apprendere l'Arte, di servire il committente del Maestro e di essere creato Fratello e poi a tempo debito Compagno d'Arte, quando egli abbia servito un termine di anni quale comporta il costume del Paese ; e che egli discenda da genitori onesti; che così, se altrimenti qualificato, egli possa accedere all'onore di essere il Sorvegliante e poi il Maestro della Loggia (Maestro Venerabile Installato), il Gran Sorvegliante ed anche il Gran Maestro di tutte le Logge, secondo il suo merito.
Nessun Fratello può essere Sorvegliante se non ha svolto il ruolo di Compagno d'Arte, né Maestro se non ha funzionato da Sorvegliante, né Grande Sorvegliante (e quindi tantomeno Gran Maestro) se non è stato Maestro di una Loggia (cioè Maestro Venerabile Installato)né Gran Maestro se non è stato Compagno d'Arte prima della sua elezione, essendo anche di nobile nascita o gentiluomo delle più elevate maniere, o eminente studioso od originale Architetto o altro artista, discendente da genitori onesti e che sia di merito singolarmente grande nella opinione delle Logge.
E per il migliore, più agevole e più onorevole adempimento di tale ufficio, il Gran Maestro ha il potere di scegliere il suo proprio Deputato Gran Maestro che deve essere, o essere stato precedentemente il Maestro di una Loggia (Maestro Venerabile Installato) particolare, ed ha il privilegio di agire come può agire il Gran Maestro, suo principale, a meno che il detto principale sia presente o interponga la sua autorità con una lettera. Questi Ordinatori o Governatori, supremi e subordinati, dell'antica Loggia, devono essere obbediti nei loro rispettivi ambiti da tutti i Fratelli, secondo gli antichi doveri e regolamenti, con tutta umiltà, reverenza, amore e alacrità…
La sublime bellezza di queste antiche parole, se compresa e meditata (e non criticata superficialmente come con Anderson si fa spesso e volentieri), ci richiama alla responsabilità di creare le condizioni affinché le Logge, in omaggio alla loro prerogativa più inderogabile, vengano poste in condizione di scegliere tra i Fratelli il proprio Maestro Venerabile nel rispetto delle norme tradizionali dei Liberi Muratori, rivestendola delle prerogative necessarie perché le possa rappresentare nel modo più autorevole, con il giusto valore e considerazione.
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