Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
Esoterismo e cultura proletaria in Unione Sovietica
Giugno 2015
Nei quasi dieci anni della mia gestione di questa rubrica, mi è capitato di abbordare il discorso dei rapporti tra esoterismo e comunismo da varie angolazioni. Nell’articolo Esoterismo e comunismo cercai, molto inadeguatamente, di inquadrarlo in una prospettiva generale ; in La sinistra e il ciclo di Nettuno (un articolo del 2008, che per qualche sua affermazione si sta rivelando profetico) ne parlai dal punto di vista dell’astrologia.
In articoli come Un esperimento di esoterismo marxista e Stalin sciamano? toccai l’argomento dei rapporti tra comunismo e sciamanesimo ; poi nell’agosto 2010 avvenne il mio incontro con l’organizzazione esoterica che domina il mondo - un tema che condizionò la mia ricerca da allora in poi, cambiando e approfondendo le mie opinioni su vari argomenti.
Oltre a molti articoli, ho pubblicato su questo tema due piccoli libri : Signori di Volontà e Potere e 666. Nel primo (che potete trovare riassunto in un articolo di questa rubrica, mentre il secondo è offerto anche in download gratuito ai lettori di Riflessioni) esposi a grandi linee il progetto dell’organizzazione, che mira in una fase futura ad amalgamare la consapevolezza dell’intera umanità in un unico essere.
In Signori di Volontà e Potere spesi anche qualche parola sul concetto di coscienza collettiva, che rappresenta una fase intermedia dell’amalgama, trattando delle differenze tra come è inteso dall’organizzazione e il senso marxista del termine ; ma non approfondii il discorso di come tale idea si fosse evoluta nel mondo comunista, nel timore che il ricorso a riferimenti storici troppo circostanziati potesse far assomigliare il mio libro a una delle tante e fantasiose elaborazioni complottiste nello stile di Icke.
Però, un po’ di rimpianto per non averlo fatto mi è rimasto. Infatti, alle origini del comunismo, non solo l’idea di coscienza collettiva ma anche altri importanti temi relativi al progetto erano stati raccolti e utilizzati da Marx, Engels e i loro seguaci, e oggi una loro disamina ragionata e competente potrebbe rivelarsi di grande interesse e utilità ; se non altro per mostrarci come, a quei tempi, i teorici marxisti riuscissero facilmente a trasporre in modo impeccabile i discorsi sovrastrutturali portati avanti dall’organizzazione in termini materialisti. Sarebbe forse il caso di risuscitare qualcuno di loro con un rito magico, e chiedergli di accollarsi il compito di ridurre i linguaggi della spiritualità e del materialismo odierno a un codice comune : un lavoro che parrebbe facile, ma che dopo un quarto di secolo dalla caduta del muro di Berlino è ancora in alto mare.
In questo articolo vorrei evitare di sbilanciarmi riguardo alle identità dei rivoluzionari russi che, secondo le scritture dell’organizzazione, ne avrebbero fatto parte. Non voglio dire nemmeno quanti erano, se tanti o pochi ; dico soltanto che se ne possono ritrovare in egual proporzione tra gli agitatori e tra i teorici.
Il loro primo obbiettivo era orientare l’attività del Partito lungo percorsi teorici compatibili al progetto. Non sempre ci riuscivano, anche se alcuni di loro erano collocati abbastanza in alto da affermare la linea dell’organizzazione in molte questioni importanti ; però risulta dalle scritture che collezionarono anche notevoli fiaschi, alcuni dei quali qualcuno si premurò successivamente di cancellare dai registri della storia.
Per esempio, non molti sanno che il programma originario del Partito Bolscevico (ripercorrendo in questo, pari pari, il progetto dell’organizzazione) prevedeva tra i primi punti da realizzare dopo la Rivoluzione l’abolizione del denaro. Fin dal 1918 fu dato mandato a un gruppo di economisti di studiarne la realizzazione ; di quella squadra si sa poco, ma ci è giunto un paio di cognomi, Kreve e Smit (una donna).
I loro risultati vennero discussi nel 1920 in un seminario sui problemi di un’economia non monetaria ; in seguito al quale si giunse alla conclusione che realizzare l’abolizione del denaro in un solo Paese era tecnicamente impossibile, e il Partito scelse di ripiegare lungo il tormentoso e sfortunato cammino dell’accentramento economico.
Tutti o quasi i documenti relativi a questo brutto fiasco furono in seguito distrutti, ed è un peccato, perché conoscere maggiori dettagli su questa vicenda potrebbe oggi essere utile a sbugiardare l’assurda tesi per cui capitalismo e comunismo sarebbero due facce della stessa medaglia, entrambi soggiogati dalla stessa idolatria del denaro.
Un secondo livello di azione riguardava l’elaborazione teorica. Riguardo a questo compito, è riportato nelle scritture che i Bolscevichi membri dell’organizzazione erano tenuti a ispirarsi alla Dottrina della Divinizzazione dell’Uomo - una teoria che in Signori di Volontà e Potere ho presentato in questi termini :
La fase che l’umanità sta vivendo ora può essere sintetizzata nella formula : Sostituire l’Uomo a Dio (…). Nella cosmogonia dell’organizzazione, come la creazione dell’Universo in cui ci troviamo ora fu opera di Dio (non necessariamente nel senso religioso della parola, bensì nel senso di una forza precedente all’Uomo), la creazione del prossimo dovrà essere opera dell’Uomo.
Possiamo pensare a uno schema nel quale, alle origini, l’unica forza creativa agente nel mondo era Dio ; poi venne l’Uomo, che - una volta acquisita la consapevolezza - manifestò in vari modi la sua riconoscenza nei confronti dell’entità che lo aveva creato. Ma al tempo stesso, il progetto dell’organizzazione agiva per spogliare l’idea di Dio dei suoi poteri, e conferire all’Uomo qualità creative a sua volta.
Volendo raffigurarci questo lunghissimo percorso in una formula lineare - che riassuma la storia del nostro pianeta dalle origini ai nostri giorni - possiamo figurarci uno schema 1-2-1 : 1 - Prima c’era Dio da solo ; 2 - Poi Dio e l’Uomo ; 3 - Infine, ci sarà l’Uomo da solo.
Della Divinizzazione dell’Uomo ci si occupò nel Partito piuttosto esplicitamente, da quando Maksim Gorkij (1868-1936) la ribattezzò Costruzione di Dio. La principale ragione per cui pochi se ne ricordano è che questa dottrina non venne mai accettata da Lenin (anche se nel 1934 - ovvero dieci anni dopo le vicende che narrerò più avanti - sarebbe stata adottata dal I° Congresso degli Scrittori Sovietici, entrando marginalmente a far parte del corpus teorico staliniano).
Il leader indiscusso dei Costruttori di Dio era Alexandr Bogdanov (1873-1928), del quale è stato detto che fosse un 5:: dell’organizzazione (Signore dell’Intuizione). Bolscevico di grande prestigio, intimo amico di Gorkij e Lunacarskij e animatore insieme a loro della Scuola di Capri, Bogdanov aveva infuso le sue ampie conoscenze filosofiche nel saggio O proletarskoj kulture (La cultura proletaria), che viene oggi ricordato in seno all’organizzazione come il più alto tentativo di trasfondere il suo progetto in termini materialisti.
Come vedremo, la caratteristica più notevole di questo libro sono le due inversioni applicate da Bogdanov a due dei cosiddetti quattro rituali maggiori del progetto, il primo e il terzo.
Tanto nel sistema presentato in O proletarskoj kulture quanto nel progetto, il percorso storico dell’umanità è diviso in quattro fasi. La prima corrisponde al periodo in cui l’organizzazione pose in atto il primo rituale maggiore, che aveva lo scopo di innestare nelle nostre menti un “algoritmo ternario” - anteriormente, la nostra percezione della realtà era diversa : in verità, non eravamo neppure ancorati al mondo della materia come siamo oggi, ovvero la nostra esistenza non si svolgeva sul piano della realtà oggettiva.
Ecco però far capolino la prima inversione bogdanoviana : questo processo (che ebbe luogo in una imprecisabile fase del Paleolitico Superiore) viene da Bogdanov presentato nei termini di ricomposizione dell’uomo, ovvero esattamente il contrario di ciò che accadde veramente - infatti si trattò piuttosto di una frammentazione, in seguito al quale l’unità originaria dell’Uomo Primordiale si ritrovò suddivisa in un gran numero di identità corporee diverse.
Secondo lui, agli albori della ricomposizione l’umanità proviene da una fase di indifferenziazione collettiva, nella quale il gruppo vive come un tutto ; e conformemente, la vita psichica ha un carattere omogeneo e non conosce ancora la personalità (in termini guenoniani, l’individualità).
Questa descrizione illustra bene la condizione precedente al primo rituale maggiore ; spogliata però dalla terminologia esoterica relativa agli stati molteplici dell’essere, e in questo modo ridotta a una sorta di nocciolo materialista adatto ad essere compreso e dibattuto dai lavoratori.
Ma la semplicità e l’elementarità della vita non significano ancora la sua armonia, essendo quest’ultima una conciliazione di contraddizioni e non una mera loro assenza ; un’unificazione del molteplice, e non una mera uniformità.
La prima inversione bogdanoviana può essere considerata ortodossa dal punto di vista dell’organizzazione, perché è evidente che la frammentazione può anche essere intesa come inizio del processo di ricomposizione dell’umanità che è ancora attualmente in opera ; al termine del quale, con l’amalgama, l’unità primordiale si troverà ricostituita a un’ottava superiore.
Possiamo accreditare la scelta di enfatizzare questo aspetto anziché il suo opposto alla volontà di delineare il percorso dell’umanità (e della cultura proletaria) in termini positivi e ottimisti, in armonia con le magnifiche sorti e progressive. In questo senso, Bogdanov si sbilanciò fino al punto di far propria una affermazione di Nietzsche : L’Uomo è un ponte verso il Superuomo.
Segue poi il secondo rituale maggiore, quello che introdusse nell’umanità l’oscillazione : così è definito, nel progetto, il costante passaggio dell’attenzione individuale dalla vita interiore al piano della realtà oggettiva e viceversa.
In Signori di Volontà e Potere ho trattato di questo processo nella sua qualità di precondizione dell’espansione mentale, ovvero secondo la funzione che l’organizzazione gli riconosce. Invece Bogdanov salta senz’altro questo significato, e - adempiendo con meravigliosa abilità a quel trasferimento delle dinamiche interne del cervello al sociale che ogni rituale maggiore adombra - ridefinisce l’oscillazione come la prima differenziazione tra un organizzatore della vita del gruppo e la massa degli esecutori.
In questo modo la identifica con la genesi del potere politico, e non solo : tutta la storia umana da questo momento (…) è la storia di una separazione della “testa” e delle “mani” del corpo sociale in forme infinite e varie, che però non attenuano la base di tale frammentazione : in modo esplicito o vago, l’esperienza di un uomo è ritenuta sostanzialmente diseguale rispetto all’esperienza di un altro, la dipendenza di un uomo dall’altro diventa unilaterale, la volontà attiva si separa dalla volontà passiva (…). E tutta la natura, come mondo di azioni, diventa anch’essa duplice : in ogni fenomeno, la volontà attiva viene assunta come il determinante e la forza passiva come il determinato : lo “spirito” e il “corpo”. Lo stesso avviene per l’uomo…
Andando avanti, nell’interpretazione bogdanoviana del terzo rituale maggiore troviamo la seconda inversione, che nel dibattito interno all’organizzazione è molto più famosa della prima perché da molti considerata eterodossa (e in quanto tale, viene spesso rinfacciata dai tradizionalisti ai modernisti nelle loro polemiche).
In Signori di Volontà e Potere ho scritto : il terzo rituale maggiore (l’ultimo che si svolse nella preistoria) era destinato a tramutare l’oscillazione in espansione. In seguito a vari fattori di ordine sia biologico che sociale, i livelli superiori della neocorteccia cerebrale cominciarono a saturarsi di concetti astratti, la cui condivisione dette origine alla coscienza collettiva…
Ancora una volta, Bogdanov sceglie di concentrarsi su una conseguenza del processo : precisamente su quella che dal punto di vista del marxismo può essere considerata la più importante, ovvero la nascita della specializzazione nel lavoro.
In seguito alla sua comparsa, si viene a creare nelle attività umane una nuova struttura dell’“io”, che si fa centro autonomo di interessi e aspirazioni. Non abbiamo più l’“io” correlativo del mondo autoritario, che non può immaginare sé stesso senza un “tu” esecutivo : abbiamo un “io” assoluto (…) privo della coscienza del proprio legame organico con gli altri “io” e con il mondo…
Nella lotta contro l’autoritarismo, questo individualismo assumerà un valore positivo e liberatorio, anche se (da solo) non potrà mai trionfare su di esso ; ma intanto, nel modo di produzione capitalista, in seguito alla specializzazione la crescente esperienza collettiva dei singoli individui (…) si restringe.
L’inversione consiste nel fatto che Bogdanov prende in considerazione il terzo rituale maggiore dal punto di vista del rafforzamento che apporta all’io (ovvero del suo aspetto meno espansivo e più limitante), tacendo sul fatto che il rituale, concepito per creare espansione, costituisce un passo avanti nel processo di trasformazione degli io in vista dell’amalgama.
E’ questo uno stravolgimento del progetto ben più radicale dell’inversione precedente, e dal punto di vista dell’organizzazione lo può giustificare soltanto chi guardi con benevolenza alla motivazione di Bogdanov : cercare di trasformare il senso del processo storico - che nella versione ortodossa del progetto risulta fatale e non modificabile - in qualcosa che dipende invece dalla volontà umana (o per essere più precisi, dalla volontà del proletariato).
E’ chiara da queste premesse l’intenzione di Bogdanov di associare il quarto rituale maggiore (che fu realizzato nella seconda metà del Seicento) non tanto al sorgere del capitalismo, quanto piuttosto alla coscienza di classe ; infatti nell’epoca della progressiva frammentazione dell’uomo, il lavoro armonico-unificatore della filosofia era un lavoro di Sisifo, una vera e propria tragedia intellettuale per chi cercava l’unità di un tessuto (sociale) radicalmente lacerato.
L’età contemporanea (…) nasce al punto in cui la frammentazione (…) è giunta, con l’operaio industriale, al suo limite ; e al punto in cui la produzione capitalistica, componendo in una grande unità gli uomini, crea le condizioni oltre che l’esigenza (…) (di una) ricomposizione che nell’autocoscienza della classe trova la forma più tipica…
Già nella società capitalistica si formano dunque gli embrioni del futuro uomo unificato. La condizione prima è che si dia vita a un nuovo tipo di rapporti tra gli uomini (…), radicalmente ostile a tutte le barriere tra gli uomini, a ogni sottomissione, impoverimento, frammentazione dell’uomo…
Così, se per uomo intendiamo un essere sviluppato e non embrionale, totale e non frazionato, allora la nostra conclusione sarà questa : l’uomo non vi è ancora giunto, ma è vicino, e il suo profilo si disegna chiaramente all’orizzonte. Il compito della cultura proletaria, possiamo aggiungere, è proprio quello di favorire l’avvento di quest’uomo, o, se si vuole, dell’Uomo (o del Superuomo), e di anticiparne la formazione già nel presente.
Il disegno di Bogdanov era che il suo saggio fosse davvero adottato come testo base della cultura proletaria ; e per parecchi anni le sue possibilità di raggiungere questo obbiettivo rimasero alte, perché l’organo del Partito che si era addossato il compito di trasformare il marxismo in cultura popolare - il Proletkult - era nato dietro sua ispirazione, e lo sosteneva massicciamente.
Però doveva fare i conti con la tenace opposizione dei leninisti. La principale ragione per cui lo contrastavano va ricercata nell’intransigenza della loro visione teorica, strettamente incentrata (almeno a parole) sul prassi-teoria-prassi e insofferente verso qualsiasi forma di volo pindarico.
Per questo, i Costruttori di Dio erano ai loro occhi dei sognatori pericolosi ; e quando, nei primi anni dell’Unione Sovietica, venne il tempo di porre mano alla formulazione di una cultura proletaria sulla cui base impostare i futuri programmi scolastici, la rivalità tra i due gruppi sfociò in un aperto conflitto.
Questo scontro sarebbe andato avanti più o meno dal 1918 al 1925, e la sua durata può stupire chi immagina che il prestigio accumulato da Lenin prima e durante la Rivoluzione ne avesse fatto un leader le cui opinioni erano legge. Questo può essere relativamente vero se limitiamo l’analisi al livello politico ; ma al livello teorico e culturale, in quegli anni il dibattito era ancora aperto.
Come spiega Vittorio Strada, Lenin sopravvisse abbastanza alla rivoluzione bolscevica per determinare, direttamente e indirettamente, i primi passi della politica culturale sovietica ; ma la presenza del suo pensiero sistematico (o sistematizzante) in tale campo (…) (sarebbe cominciata) in modo massiccio soltanto negli anni trenta.
Diversamente dallo scontro sull’abolizione del denaro, in quello sulla cultura proletaria l’organizzazione si trovava schierata da ambo le parti, riproducendo (come spesso è accaduto) nella vita profana la sua principale dinamica interna : modernisti contro tradizionalisti.
Se da una parte i modernisti sostenevano i Costruttori di Dio, dall’altra alcuni importanti leninisti erano membri della Cerchia dei Signori : ovvero della più prestigiosa e potente lobby tradizionalista, che tende a ridurre il più possibile il ruolo attivo dell’umanità nel progetto.
Nel caso specifico, il loro disegno era impedire che l’esplicitazione delle linee-guida del progetto nella cultura proletaria fosse portato troppo avanti, e la loro polemica nei confronti di Bogdanov era incentrata sulla critica della seconda inversione.
E’ il caso di ammettere che, nell’ottica tradizionalista, i legami fissati da Bogdanov tra terzo rituale maggiore, specializzazione del lavoro e rafforzamento dell’io (per quanto egli avesse cercato di attenuarlo con l’ammissione che anche l’esperienza collettiva dei singoli individui è crescente) rappresentano qualcosa di inaccettabile, fuorviante e provocatorio ; e c’è dunque chi sostiene che, in seguito alle lagnanze dei Signori, l’organizzazione abbia castigato i Costruttori di Dio ritirandogli il suo appoggio (come sarebbe dimostrato dalla loro successiva sconfitta).
Questa ipotesi non è impossibile, ma personalmente non la considero probabile : a mio avviso, è più legittimo supporre che a un 5:: impegnato in un compito importante come quello di Bogdanov fossero stati concessi poteri maggiori di quelli normalmente connaturati al suo grado, inclusa la possibilità di non rendere conto dell’ortodossia dei suoi scritti. Non dimentichiamo che se l’organizzazione fosse riuscita ad assumere il controllo della cultura proletaria il suo controllo sulla storia futura dell’umanità sarebbe enormemente aumentato ; e certo nessuno (nemmeno i Signori) pensava fosse il caso di mettere in forse una simile possibilità per questioni di forma.
E c’è anche da tener conto delle gravi difficoltà del compito che gli era stato affidato. Quando scrisse O proletarskoj kulture, Bogdanov era tenuto a interpretare il concetto di coscienza collettiva nella sua accezione marxista, e non in quella - più estesa - in uso nell’organizzazione : un intralcio che rendeva la sua posizione particolarmente vulnerabile sul piano teorico. Per esempio, non poteva permettersi di arrischiare quella analisi della coscienza collettiva dalla preistoria ad oggi che gli sarebbe stata necessaria per delineare compiutamente il concetto di espansione : se mai ci avesse provato, troppi sarebbero stati i possibili inconvenienti, come entrare in contrasto coi marxisti che avevano trattato della coscienza collettiva prima di lui, o come delineare il passaggio concettuale dall’oscillazione all’espansione sovrapponendo troppo strettamente il processo storico dell’umanità a quello del capitalismo.
Una cosa era certa : se Bogdanov avesse commesso scivoloni di questo genere i leninisti non glie li avrebbero perdonati, e la spietata critica delle posizioni dei Costruttori di Dio che ne sarebbe seguita avrebbe rischiato di coinvolgere non solo le posizioni dei modernisti, ma il progetto in toto : insomma, si sarebbe delineato il pericolo di una waterloo totale dell’organizzazione, le cui possibili conseguenze facevano paura anche ai Signori.
Non era certo quindi col rinfacciargli di non aver tenuto in debito conto l’espansione che i tradizionalisti avrebbero fatto il proprio interesse ; al contrario, la loro convenienza era che Bogdanov potesse esprimersi in libertà. Infatti, se egli avesse dato la massima visibilità alle sue idee moderniste la critica dei leninisti si sarebbe concentrata solo su quelle, senza danni per il progetto e per le sue possibili letture tradizionaliste.
La più grande sfortuna di Bogdanov fu che a un certo punto lo scontro sulla cultura proletaria fu assorbito da un altro di ben maggiore portata : quello tra Stalin e Trotskij. Allora la maggior parte dei Costruttori di Dio si schierò a fianco del meno leninista dei due contendenti, cioè di Trotskij, e come sia andata a finire il lettore se lo può immaginare.
Nel 1925, Bogdanov comprese che l’epoca del libero dibattito era al tramonto : si affermava ora il tempo di una linea del Partito a cui tutti, volenti o nolenti, si dovevano conformare.
Nell’abbandonare la battaglia, chiese il permesso di pubblicare O proletarskoj kulture, perché potessero leggerlo anche i Russi che non erano membri del Partito ; e Stalin, che nutriva verso di lui un grande rispetto, lo accontentò.
La possibilità di divulgare le sue idee gli addolcì la pillola amara della sconfitta, e i consensi non mancarono : trattando del modo per cui l’espansione della coscienza collettiva fa danni (in termini di restrizioni individuali, sfruttamento economico, eccetera), la sua seconda inversione veniva a colmare un vuoto importante della teoria marxista, e portò un importante contributo agli studi sul concetto marxiano di alienazione.
Il fallimento dell’organizzazione nella presa di controllo culturale dell’Unione Sovietica avrebbe avuto pesanti ripercussioni sulla storia del ventesimo secolo. Se ne accenna nei quattro volumi di Banshei ; ma è un tema che in questo articolo non voglio affrontare.
Daniele Mansuino
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