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Riflessioni sull'Esoterismo

di Daniele Mansuino   indice articoli

Le Tre Scimmiette in Massoneria

Luglio 2012

di Giovanni Domma

 

A tutti noi è familiare l’immagine delle Tre Scimmiette che si tappano gli occhi, le orecchie e la bocca;

non tutti però sanno che si tratta di un simbolo sacro, proveniente addirittura dall’antico Giappone.

Le Tre Scimmiette guardiane del santuario di Toshogu a Nikko. I loro nomi sono Mizaru, Kikazaru e IwazaruLe Tre Scimmiette sono le guardiane del santuario di Toshogu a Nikko. I loro nomi sono Mizaru, Kikazaru e Iwazaru, e significano rispettivamente: non vedere il male, non sentire il male e non parlare del male.

Nella vita di ogni giorno, tutti applichiamo questi buoni consigli ogni volta che - per mantenere buoni rapporti interpersonali – facciamo finta di non vedere o non sentire certe realtà spiacevoli, e non parlarne ; in casi del genere le Tre Scimmiette non ci invitano certo all’omertà, ma ci spingono a un retto comportamento.

Il concetto da esse suggerito è che l’uomo ha il potere di aprire o chiudere a piacimento tanto le porte della percezione quanto quelle dell’espressione. Non solo : per mezzo dell’autocontrollo e della disciplina può regolare la qualità e l’intensità dei flussi sensoriali, e la maestranza in quest’arte può influenzare grandemente la sua buona riuscita, tanto a livello sociale che interiore.

In questo senso, il simbolo che esprime la negazione delle percezioni sensoriali può essere inteso come un mezzo per comprendere la loro capitale importanza : la stessa cosa che, suppongo, accade a tutti noi quando incontriamo una persona che dell’udito, della vista o della parola è privata. Normalmente non facciamo caso a questi doni, tanto siamo abituati a usarli ; ma in quei momenti, ringraziamo il Grande Architetto con riconoscenza per averceli concessi.

Così, massonicamente, le Tre Scimmiette ci invitano a bene udire, bene scorgere, bene esprimere : saper udire la voce della Libertà – saper scorgere, al di là delle differenze apparenti, l’Uguaglianza – saper esprimere la Fratellanza.

Negli Antichi Doveri della Libera Muratoria, si accenna all’Amore fraterno come a la pietra di fondazione e di volta, il cemento e la gloria della nostra Istituzione.

Qui scorgiamo la capacità degli antichi scrittori massoni di trasfondere concetti astratti in elementi tecnici dell’arte : non dimentichiamo che si era ancora nella fase operativa, quindi i muratori - nel corso del lavoro - richiamavano alla mente tali concetti quando si trovavano ad operare con gli strumenti ad essi collegati, e in questo modo anche il lavoro esoterico diventava operativo.

Tra l’altro, da buon Maestro del Marchio (che è il corpo massonico nel quale il verbo della Fratellanza si coniuga veramente a 360 gradi), colpisce la mia attenzione l’equivalenza simbolica che negli Antichi Doveri è suggerita tra la pietra di fondazione (o pietra angolare) e la chiave di volta.

E’ davvero impressionante la struttura ermetica del simbolismo muratorio tradizionale, che – come nelle opere di Fulcanelli – consente di ricostruire un pezzo alla volta il quadro complessivo della Grande Opera mettendo insieme le tessere di un immenso puzzle ; nessun computer sarebbe mai in grado di compiere un tale lavoro, interamente affidato alla volontà di perfezionamento dei Fratelli. Ed è altrettanto significativo che il simbolo della Squadra e Compasso, emblema della nostra istituzione per eccellenza, a dispetto delle calunnie dei profani non risulti affatto associato a tenebrose passioni di potere, bensì all’Amore, ovvero al sentimento più puro e nobile di cui l’Uomo sia capace.

In effetti, quale altro sentimento se non l’Amore può darci la costanza di percorrere, uno dopo l’altro, tutti i difficili gradini del nostro percorso iniziatico ? Ce ne vuole veramente tanto - verso i Fratelli e l’Istituzione, ma anche verso noi stessi, la Conoscenza e la Verità – per avere la costanza di superare gli errori, le meschinità, le miserie e tutte le forme di avversità che la nostra imperfezione di uomini pone di traverso al nostro cammino. Carissimi Fratelli, non credo di essere lontano dalla realtà quando affermo che la migliore definizione del Massone è un Uomo cha ama.

Come diceva il Carissimo Fratello Antonio De Curtis (in arte Totò), signori si nasce e io lo nacqui, e questo credo valga anche per i veri Massoni : Massoni si nasce, non si può diventare.

E’ bene ricordarsi sempre che l’edificazione dello spirito di Fratellanza è veramente il primo dei nostri doveri ; pietra angolare e chiave di volta di un Tempio fondato sull’armonia e sull’unione. A questo lavoro dovremmo esercitarci come si fa per una prova sportiva, non trascurando i suoi aspetti tecnici : ovvero la verifica costante del grado di coesione raggiunto dalle nostra Officine mediante iniziative comuni e lavori collettivi, che spingano ogni Fratello a mettersi costantemente alla prova senza mai lasciare spazio alle debolezze, al vizio e all’ozio.

Né bisogna pensare che l’interezza del lavoro di Fratellanza si svolga nel sociale : la sua radice è nei nostri cuori, quindi la prima verifica dobbiamo farla con noi stessi, seguendo quella sorta di metodo yoga massonico che gli Antichi Doveri delineano perfettamente. Ci impongono di evitare ogni disputa e questione ; tutte le maldicenze e le calunnie ; di non consentire ad alcuno di diffamare un onesto Fratello ; di essere sempre a disposizione di tutti.

Questo atteggiamento, sia chiaro (sebbene tale considerazione possa risultare impopolare), deve essere applicato anche nei confronti dei vertici della nostra Istituzione. Sentiamo spesso condannarli ; ma quanti di coloro che criticano sanno davvero di cosa stanno parlando ? Non sarà forse una generica forma di pregiudizio verso chi comanda, che ci spinge ad autoesimerci dal conoscere prima di giudicare, dal valutare prima di condannare ?

Questo certo non accadrebbe se applicassimo quelle regole che un buon Maestro Massone dovrebbe avere acquisito : cioè saper governare se stesso prima di governare gli altri, e imparare a ubbidire prima che a comandare.

Fratelli, pilotare un Ordine massonico tra gli abissi e le secche degli oceani profani è impresa estremamente difficile. Io sottoscritto, che sono stato elevato non per mio merito ma per l’indulgenza dei Fratelli verso la mia ignoranza, sento di potervi dire che spesso mi smarrisco a fronte dei problemi che giorno per giorno si abbattono su di noi come uragani inattesi ; per la risoluzione dei quali non sono necessarie soltanto una ferma conoscenza delle sfumature della teoria massonica in tutti i suoi bizantinismi, non solo l’evangelica astuzia del serpente e la semplicità dell’agnello, non solo la saggezza e la diplomazia che ci vengono dalla maestranza, ma anche e soprattutto… una quantità di pelo sullo stomaco di cui anche le nostre Scimmiette sarebbero invidiose.

Fratelli, non sto dicendovi di non criticare e non condannare. Criticate i nostri vertici, ma non fatelo con la sterilità di chi ha perduto la fiducia nei suoi timonieri. Criticate con cognizione di causa, arricchite il dibattito, portate soluzioni. Soprattutto : non  criticate con cattiveria. Non criticate con invidia e con malevolenza, NON CRITICATE CON IGNORANZA.

Certamente, anche se criticherete a casaccio potrà andarvi bene, perché chi parla ha sempre il gioco più facile di colui che fa. Ma se i Fratelli dovessero darvi retta e spingervi in alto, voi li ingannerete : perché, pur sostituendovi al comando a coloro che vi hanno preceduto, non vi rivelereste all’altezza di portare reali istanze di rinnovamento.

E d’altra parte, dobbiamo anche liberarci da quell’assurdo complesso del quale sono vittima tanti degni Fratelli, i quali si astengono dal portare proposte costruttive perché suppongono di non essere all’altezza di farlo. Se pensiamo che il governo dell’Ordine debba essere appannaggio di una ristretta cerchia di luminari, allora ci meritiamo anche di essere sudditi gabbati e ingannati, perché non faremo altro che concedere un immeritato spazio a tanti piccoli esseri che vogliono sentirsi grandi.

Non deve essere così : il governo dell’Ordine siamo tutti noi – il Gran Maestro non è altro che l’espressione di tutti noi Maestri, nient’altro che un Fratello con cui trattare da pari a pari. Egli vuole ascoltarci, parlarci ; a nient’altro aspira che di essere l’espressione della nostra volontà. Solo le nostre insicurezze hanno il potere di relegarci in basso, e di escluderci da quell’autogoverno che la Massoneria – più che qualsiasi istituzione profana – ha tutti gli strumenti per poter veramente realizzare.

Carissimi Fratelli, se un vecchio Massone può infondervi una briciola della sua esperienza di lungo corso, ascoltate questo : non solo negli alti gradi della gerarchia iniziatica, ma anche in quelli amministrativi è possibile trovare grandi guide spirituali, che sono le colonne tanto della Massoneria speculativa quanto di quella operativa ; non piccoli personaggi che vogliono sentirsi e apparire grandi.

Sono persone che operano nascostamente, spesso dietro la maschera di una funzione apparentemente poco esoterica, ma portano avanti grandi progetti per il bene dell’istituzione e dell’umanità. Si mettono personalmente in gioco con la propria persona e la propria faccia, non guardano ai meschini che fanno di tutto per ostacolarli : credono nel proprio progetto, credono nel proprio lavoro.

Li possiamo trovare ovunque si discutano i grandi temi della Massoneria - Gran Logge, convegni - ma anche in semplici Officine : talvolta all’Oriente, talvolta tra le colonne, talvolta è addirittura nelle Agapi che la loro influenza si manifesta in modo ottimale.

Ben poche speranze abbiamo di identificarli, perché la vera spiritualità è in grado di velarsi completamente all’esterno, e spesso ama mascherarsi scherzosamente dietro a comportamenti che ad essa sembrano opposti (quanti Fratelli potrebbero raccontare esperienze vissute che avallano e confermano questa sorprendente realtà ?).

Ho conosciuto personalmente alcuni Fratelli la cui azione consapevole sta all’origine di molti importanti cambiamenti della nostra Istituzione nel mondo contemporaneo : per esempio, sono loro (tema che richiederebbe non uno, ma molti articoli) a guidare da molti anni il dialogo della Massoneria con la Chiesa, nella storica prospettiva di riallacciare i rapporti tra exoterismo e esoterismo.

Questi veri grandi iniziati non biasimano affatto l’attuale malcontento dei Massoni nei confronti dei loro vertici, anzi spesso lo condividono ; però sono preoccupati nel vedere come, similmente a ciò che avviene nel mondo profano, esso tenda ad assumere forme irrazionali che sconfinano nel rifiuto della gerarchia e dell’autorità. Al di là dell’assurdità e dello scarso spirito massonico di tali atteggiamenti, è già accaduto che abbiano danneggiato o rallentato il loro lavoro.

Pazienza per i danni apportati alla Massoneria dai profani, ma è paradossale che cose simili debbano avvenire per colpa dei Massoni. Uno, dieci, cento dirigenti indegni o presunti tali (come credo sia nella maggioranza dei casi) non autorizzano nessuno a dimenticare che dietro all’opera globale della nostra Istituzione si cela il piano del Grande Architetto dell’Universo, e che ai nostri vertici ci sono anche nobili persone che hanno consacrato la vita al bene dell’umanità.

Andiamoci dunque piano con la ribellione e l’iconoclastia. Cerchiamo sempre di farci guidare dal discernimento. Non spariamo nel mucchio. Se qualcosa ci sembra non vada bene, cerchiamo di circoscrivere esattamente cos’è, e lavoriamo positivamente per cambiarla con il dialogo ed il verbo ; ma non abbandoniamoci MAI a atti di insofferenza o di sabotaggio che non solo sarebbero indegni di un Massone, ma anche di un profano. Soprattutto, ricordiamoci sempre che il dissenso generalizzato e sterile rischia di pregiudicare lavori massonici di elevatissimo livello spirituale e morale ; dei quali forse a livello personale non abbiamo idea, ma che – credetemi – esistono veramente.

Così, evitiamo che i pettegolezzi, le maldicenze e le gelosie sulle vicende interne di questo o quell’Ordine vadano a compromettere i difficili rapporti di sinergia tra le Massonerie regolari, che - al di là della deprimente commedia dei riconoscimenti – qualcuno da molti anni sta lavorando per rinforzare ; così non mettiamoci di traverso a chi lavora per integrare la Massoneria (e in particolare il suo simbolismo) con le molte nuove istanze che si manifestano nel mondo di oggi, preparando un nuovo Risorgimento della ragione e della Fratellanza del quale, a tempo debito, tutti avremo modo di trarre profitto.

La virtù della Fratellanza è la corona del Massone onesto, ed è per lui come le ali per l’Aquila : lo eleva al di sopra del livello profano, lasciandosi alle spalle – incatenati alla materia dal loro vizio – coloro che vivono nell'ambiguità, nella invidia, nell'ignoranza, nella disonestà morale e civile.

Non sempre, però, le Scimmiette forniscono pretesto a tali riflessioni : il senso comunemente attribuito al nostro simbolo, infatti, è diverso. Viene inteso come un’esortazione a non impicciarsi negli affari altrui : la regola del non sento, non parlo, non vedo affonda le sue radici in tutte le culture popolari (nu vidi, nu saggiu, nu c’eru e se c’eru dormivu…), espressa anche in proverbi come chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni.

Ed ecco allora arrivare - balzando beffardamente di ramo in ramo - le sorelle… nere delle Tre Scimmiette. Vorrei tanto potervi dire che di loro, nella nostra Istituzione, non c’è traccia, ma purtroppo sappiamo che non è così : non vedere, non sentire e non parlare sono infatti i tre comandamenti di quella diplomazia - al confine con la vigliaccheria - che spesso si manifesta in una forma di connivenza verso i Fratelli che tessono trame per danneggiarne altri.

Forse non pensiamo abbastanza spesso come la tolleranza verso persone di questo genere sia sbagliata, perché apre le porte ai mali più grandi della società profana.

La falsità degli uomini nasconde la loro viltà ; parlare apertamente senza timori referenziali procura spesso inimicizie, soprattutto da chi è abituato sentirsi adulare. Chi parla con tono cordiale e gentile con altri quando gli sono di fronte, e poi una volta andati via li apostrofa negativamente in tua presenza, rivela la sua doppia faccia – puoi star sicuro che farà la stessa cosa con te.

Non bisogna mai dimenticare che in Massoneria i Fratelli ce li siamo scelti noi e nessuno ce li ha imposti ; pertanto, se un Fratello per qualsiasi motivo ci sembra derogare dai veri principi massonici, bisogna intervenire con i metodi e mezzi che la nostra Istituzione ha in suo possesso, isolandolo in modo che possa riflettere e crescere interiormente, correggendosi. Anche questo provvedimento, però, va sempre temperato mediante la Fratellanza, la Solidarietà e l’Umiltà.

Quella stessa Umiltà che, d’altra parte, deve spingerci a chiederci : perché il nostro Fratello ha sbagliato ? Non potrebbe essere anche un po’ colpa nostra ? Con il nostro comportamento, con quel modo di pensare e di parlare …da farabutti cui tutti, talvolta, più o meno scherzosamente indulgiamo ?

E poi, non dimentichiamo : quante volte si è scoperto che chi pretendeva di essere ligio al dovere e di osservare le regole – e magari, si mostrava intransigente con tutti - era proprio lui il più grande dei malfattori ?

Pertanto stiamo attenti ad ergerci a giudici, a emettere sentenze, a comportarci come Ponzio Pilato : non è impossibile che domani, senza esserci macchiati di nessuna colpa, si capiti anche noi nel mirino. Sarà allora nostro diritto pretendere dagli altri rettitudine e obbiettività di giudizio ; quindi è importante che si impari a saperle esercitare.

Dobbiamo fare tutto il possibile per tornare ai valori della Fratellanza : se non sapremo farlo, saremo sempre prigionieri del male. Per mezzo della Fratellanza, i Massoni che hanno ben compreso l’arte amano imparare (mentre quelli malati di protagonismo amano… insegnare).

Nelle parole di una guida spirituale di mia conoscenza (che forse molti Fratelli esperti di esoterismo riconosceranno - domando scusa per l’incertezza della mia traduzione) :

 

…quando un Fratello viene assalito e ferito da certi dispiaceri, deve cominciare a meditare al chiarore di una debole Luce : questo gli darà la forza di resistere ad ogni attacco. Il vero Maestro Massone sopporta in silenzio il dolore, le ingiustizie e il male ; egli medita senza collera, aspettando con serenità l’Aumento di Salario dall’Officina i cui lavori non si fermano mai.

Questo Massone, che applica i due principi di silenzio e meditazione, dimostra in tal modo di essere stato privilegiato dalla sua iniziazione massonica, ed è in grado di trasmettere per mezzo del suo comportamento tutti i suoi simboli.

Egli è grande in fiducia, in lealtà, in tolleranza e in fratellanza ; egli conosce anche la precisione del Compasso, che - avendo tracciato per noi i limiti del bene e del male – ci preserva da ogni vizio, trattenendoci dal fare agli altri quello che non vorremmo che gli altri facessero a noi.

Egli segue le regole della Massoneria nei suoi atti quotidiani, per sconfiggere il male profano che acceca e indirizza gli uomini deboli verso il profitto, l'avidità di potere, la ribellione e la divisione.

Egli percorre la via della pazienza che è propria del muratore ; egli pratica la calma che disarma e il silenzio che preserva.

La coniugazione dei due insieme, non disgiunta da una fede incrollabile, gli permetterà un giorno di lasciare la penombra dei saggi per rinascere alla Luce.

 

Il Massone puro aspira alla Luce abbagliante della verità ; i suoi occhi a contemplarla. E le sue mani non comprimono le orecchie : vogliono udire. E la sua bocca non è suggellata : vuole parlare, vuole sentirsi libera di esprimere a gran voce il verbo fraterno. Questo è la forza del nostro credo. Questi sono i veri Massoni, che danno lustro alla Massoneria di cui io vado fiero.

 

   Giovanni Domma

 

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