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Sul sentiero - Parte seconda

Anonimo - maggio 2009
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LA NUOVA COSCIENZA

Capitolo 6 - La Libertà evolutrice

 

Il karma, individuale e di gruppo, non va inteso come una “legge del taglione”; avanzando, e quindi “prendendo in mano” con sempre maggiore libertà la nostra evoluzione, possiamo lenirne gli effetti; possiamo “compensare il karma”. La Terra è infatti una Scuola, che propone messaggi educativi progressivi, al fine di favorire gradualmente l’emersione della divinità nell’uomo; la dimostrazione di aver com-preso i propri errori, e l’attuazione di “opere di compensazione” rendono superflua la ripercussione karmica: all’Universo è stata “resa giustizia”.
Da qui il grande valore della Bene-volenza, della Buona Volontà, della Purificazione, del Per-dono, della Sincerità, della Ri-conciliazione, della Con-versione, dell’Es-piazione, della Redenzione; tutti aspetti e qualità, perseguiti anche da scuole spirituali e confessioni religiose, riconducibili alla Legge dell’Amore (o di Attrazione magnetica), la principale Legge di questo Universo, vigente in tutti i piani.
Nei primi stadi dell’evoluzione le sostanze sono trascinate ciecamente dalla forza evolutiva; allo stesso modo l’uomo, quanto più è inconsapevole, tanto più subirà passivamente un destino che gli apparirà incomprensibile e oscuro.

Le fasi potrebbero essere così schematizzate:

  • nelle prime incarnazioni il progresso è molto lento, l’uomo non è in grado di gestire né di programmare il proprio sviluppo; si può osservare questo stadio negli individui ancora preda di passioni primordiali, dotati di scarso controllo;

  • in seguito, con le successive incarnazioni, egli diventa sempre più capace di vivere responsabilmente ed eticamente; l’anima, più avanzata, inizia a progettare da sé il suo cammino, al di qua e al di là del velo. E’ lo stadio dell’ “uomo comune”, buon cittadino e serio lavoratore.

  • infine l’uomo acquista coscienza della sua divinità e del suo destino di spirito immortale e diventa artefice e programmatore del proprio e dell’altrui progresso. E’ allora che il karma si intensifica; vengono alla luce i nodi irrisolti delle precedenti incarnazioni e l’aspirante al Sentiero affronta il “Guardiano della soglia”.

I comportamenti che non generano karma sono compiuti da coloro che agiscono disinteressatamente, non aspettando “i frutti dell’azione” (Bhagavad-gita) ma  ricercando la bellezza e la perfezione dell’azione in sé, considerate “degne di essere perseguite” perché necessarie e “di servizio”.

Allora:

  • l’autore e l’azione diventano un solo elemento dell’unica Opera;

  • lo sforzo acquista una gioiosa leggerezza;

  • l’attaccamento all’azione si scioglie in sereno distacco dai risultati;

  • bramosia e competitività si tramutano in aspirazione ad agire per “il Meglio”;

  • l’ambizione muta in desiderio di diventare abili strumenti operativi del Piano;

  • la frenesia nell’azione si sublima in “azione contemplativa”;

  • il “protagonista dell’azione” si dissolve sullo scenario universale del Servizio.

Il karma è creato dai pensieri e dalle intenzioni, più o meno pure e ispirate, che si manifestano prima o poi in azioni; dunque: “Chi dona dell’oro credendo di donare una pietra, non ha alcun merito”.
La felicità del genere umano si accresce accelerando l’evoluzione, e si può intuire come la bassa coscienza della maggioranza ritardi questa evoluzione. Dolore, rabbia, frustrazione e senso di inutilità non sono condizioni inevitabili ma causate. Con un sempre maggior ampliamento di coscienza possiamo identificare i meccanismi e ricercare la causa di queste e di altre emozioni oscure; essa consiste per lo più nell’ignoranza, da cui derivano l’attaccamento, l’avidità, l’odio e l’egoismo.
Le “virtù” sono frutti naturali di un mentale purificato, cioè libero da passioni egoiste. Sul Sentiero il progresso non consiste tanto nell’“acquistare delle virtù” ma nel dissolvere con costante vigilanza ciò che impedisce il fiorire della natura divina dell’anima, così come l’artista, lavorando “per eliminazione” sul blocco di marmo fa emergere forme per-fette (“portate a compimento”):

 

La vigilanza è una qualità sulla quale non si pone mai abbastanza l’accento. Bisogna tenere gli occhi aperti per potersi continuamente rendere conto di quello che avviene. Ma capitemi bene: non è tanto dei vostri occhi fisici che sto parlando, e neppure di quello che avviene esteriormente a voi; non è all’esterno che siete maggiormente esposti ai pericoli. È dentro di voi che dovete osservare per sentire le correnti, gli stati di coscienza, i sentimenti e i pensieri che vi attraversano.

Potrete acquisire l’intelligenza della vostra vita interiore e lavorare alla vostra liberazione solo se terrete gli occhi aperti. (O. M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani)

 

L’anima cosciente, sulla Via della realizzazione, intende abbattere i limiti che le impediscono il progresso; pertanto lavora per:

  • sciogliere rancori passati nel perdono;

  • es-piare le sue colpe;

  • comprendere e accogliere la lezione impartitagli dal “nemico” (persone o situazioni)  prima odiato;

  • bilanciare il karma negativo con azioni di Bene, ristabilendo la giustizia cosmica;

  • con-vertirsi.

Tutti abbiamo momenti di maggiore illuminazione e momenti di debolezza, di dubbio, di indifferenza. E’ necessario che, anche nei momenti più oscuri, non dimentichiamo la nostra origine e la nostra Meta, il cui richiamo ci sospinge a ricercare e ad aspirare al miglioramento. Ciò potrà avvenire più facilmente se terremo presente che la vita è la nostra Scuola, e che tutto ciò che ci capita - che appare così reale ma è considerato dalle filosofie orientali Maya (illusione) e da alcune visioni occidentali come “sogno” - ha in realtà l’unico scopo di migliorare i nostri strumenti fisici, emotivi e mentali.
Questa comprensione può portarci ad uno stato di distacco, necessario per non farci travolgere dai fatti, ma per dominarli e apprendere da essi le necessarie lezioni.
Attraverso il distacco e la purezza, le nostre azioni diventano al tempo stesso più “leggere” e più efficaci:

 

A mano a mano che la purezza interiore aumenta, lo sforzo nel compiere l’azione diminuisce. Si passa dallo sforzo alla delicatezza, dalla delicatezza alla sottigliezza, dalla sottigliezza al nulla. Con mente e cuore assolutamente puri, l’attività tende allo zero e l’azione tende all’infinito. (V. Bhave, Il Sé e il Supremo)

 

Il nostro livello evolutivo - al di là degli inevitabili insuccessi - dipende pertanto da quanto “teniamo il filo” con la nostra parte più alta e luminosa, spesso denominata Sé,  da cui originano la volontà di progresso, la ricerca della Verità, l’aspirazione all’Unità, l’Intuizione. Annie Besant afferma che colui che si stacca dalla folla poiché, avendo a lungo ricercato, non ne condivide più i valori, è pronto per tale percorso interiore; esso è raffigurabile come una salita a spirale sul monte dell’Iniziazione, sul quale, ad ogni voluta del sentiero in ascesa, la visione si amplia e si purifica. (1)
Su tale Sentiero sempre più ci appare evidente che in ogni circostanza, anche apparentemente incomprensibile e “casuale”, è il nostro libero arbitrio a determinare il karma conseguente e, quindi, indirettamente, anche le modalità della reincarnazione. E’ questo il diritto (e la responsabilità!) che l’uomo si è guadagnato in millenni di evoluzione: “La libertà dovrebbe affermarsi nell’uomo a seguito dell’elevarsi della coscienza” (Cuore, 1932).
Irresponsabilità e gregarismo acritico non potranno appartenere all’anima matura:

 

Un crimine non cessa dall’essere un crimine perché commesso da molti. Il Karma non tiene in alcun conto la consuetudine. (J. Krishnamurti, Ai piedi del Maestro)

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NOTE

1) A. Besant, Il Tempio interiore


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