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Sul sentiero - Parte quarta

Anonimo - novembre 2010
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Iniziazione e discepolato secondo l’insegnamento del maestro tibetano

 

La visione del Piano

 

Al nuovo discepolo non si richiede pertanto un’obbedienza al Maestro di tipo emotivo, passiva e basata sul rapporto personale, ma l’ascolto obbediente della voce dell’anima; gli è richiesta, in sostanza, l’obbedienza al Piano, praticata in piena consapevolezza e con totale abnegazione. La visione del Piano apparirà sempre più ampia e chiara con l’accrescersi dell’impegno e dell’amore del discepolo, e  l’obbedienza si manifesterà come sempre più naturale e necessaria, poiché la luce del Sé superiore sarà  più potente e si presenterà con sempre maggior evidenza il bisogno dell’umanità.

E’ pertanto soprattutto nella fase iniziale che si pone il problema dell’obbedienza, quando il contatto tra personalità ed anima non è completo e il discepolo, non ancora uscito del tutto dall’Aula dell’Ignoranza e pertanto ancora imbrigliato dai desideri egoistici e da pregiudizi individuali, teme di perdere, nell’obbedienza al Maestro, la propria “personalità”, che identifica ancora con se stesso. In realtà il Maestro non dà ordini, ma suggerimenti che sono accolti quando il discepolo, divenuto più intuitivo ed inclusivo,  avrà operato i  necessari  ampliamenti di consapevolezza.

La “visione” del Discepolo si amplia fino a percepire l’umanità una e a percepire se stesso, attraverso l’uso sempre più elevato dell’Intuizione, come anima al servizio del Piano.

Il Discepolo del Mondo sa e  fa:

  • sa per via intuitiva qual è il Piano;

  • agisce con il suo gruppo per attuarlo, subordinando ad esso ogni aspetto del sé inferiore.

Mentre all’inizio della Via il discepolo ricerca la chiarezza della visione, quando il  processo è più avanzato, divenuto Discepolo del Mondo, non rincorre più la visione, ma è totalmente impegnato nel campo di lavoro, nell’abnegazione e nella dimenticanza di sé.

Il Servitore del Mondo non è ancora del tutto purificato ma non è concentrato sulle sue manchevolezze e sul suo processo di perfezionamento: egli si dedica, con inclusività e amorevole intelligenza, a sollevare e illuminare spiritualmente l’umanità; opera in qualsiasi campo di servizio, ispirato dal suo Maestro, a sua volta “impressionato” da Esseri a Lui gerarchicamente superiori.

In questa tensione egli vive nell’innocuità e nulla trattiene per sé:

 

Allorchè voi – quali discepoli – vivrete innocuamente – in pensiero, parola e azione – senza nulla trattenere in senso materiale, emotivo o dal punto di vista del tempo, se darete sforzo fisico e ogni vostra risorsa con felicità, avrete tutto ciò che vi occorre per il lavoro; e ciò vale per tutti i gruppi di servitori. Questa è la legge. La perfezione non è ancora possibile, è superfluo dirlo, ma è possibile un impegno maggiore da parte vostra per dare e servire. (Alice A. Bailey, Il Discepolato nella Nuova Era, cap. III, 692,693)

 

Un gruppo omogeneo ha molta cura, interiormente ed esteriormente, della purezza dei veicoli nei quali fluisce dall’alto la corrente; come l’acqua più pura diventa torbida se scorre in canali infetti, così la Sapienza divina si corrompe se scorre in menti impreparate. Purificando i nostri strumenti fisici, emotivi e mentali potremo essere mezzi più perfetti in risposta alle correnti sottili dei piani superiori e aprirci all’Inclusività.

Ogni aspetto della Manifestazione, ogni elemento e ogni qualità, anche se apparentemente confusi e contraddittori,  saranno allora ricondotti alla Causa prima:

 

La ragion pura, la conoscenza, la non-confusione, la pazienza, la veracità, la padronanza di sé, la calma interiore,il piacere-dolore, la nascita-morte,il timore, il coraggio, la non-violenza, l’equanimità, la soddisfazione, l’austerità, la generosità, la fama e la non fama sono le diverse qualificazioni degli esseri e questi provengono da Me. (Baghavad Gita)

 

Oggi i Maestri istruiscono discepoli che abbiano un senso ampio ed inclusivo dell’umanità, che ne riconoscano le necessità e vogliano soccorrerla. Essi  non sono vaghi idealisti ma individui concreti, che, pur  pensando in termini universali, possono anche occuparsi di realtà locali, più o meno ampie. (“Pensa globalmente, agisci localmente”).

E’ necessario, per far progredire rapidamente il Lavoro, non soffermarsi sul proprio piccolo sé né sulle personalità dei componenti del gruppo né sulle dinamiche relazionali e i rapporti all’interno del gruppo; l’attenzione focalizzata al Proposito di gruppo, il lavoro da compiere e l’amore per l’umanità, che sostiene il Compito, siano i principali costanti riferimenti.

 

Nella pratica, bisogna che il discepolo:

  • allontani ogni tentazione di critica;

  • miri all’alto obiettivo essenziale e non tenga in gran conto  particolari secondari;

  • lasci lavorare i compagni ciascuno secondo i propri personali metodi di lavoro, anche se non li considera ottimali;

  • non sia focalizzato sui “frutti del lavoro”, ma sia concentrato sul percorso e sulla purezza delle motivazioni;

  • elimini ogni ansia o aspettativa, poiché richiamano al sé personale e  tolgono energie.

I discepoli dovrebbero lavorare sempre al livello dell’anima, dove possono ritrovare l’unità del gruppo nel servizio; potranno così operare per la nascita dei  tempi nuovi per i quali lavora la Gerarchia:

 

Verrà dunque certamente il tempo in cui…Sarete, e non lotterete tanto duramente per essere; darete, senza più combattere la tendenza a non dare; dimenticherete i vostri corpi fisici e non presterete loro soverchia attenzione (e avrete salute migliore); penserete non  più immersi nel mondo dei sentimenti: porrete saggiamente al primo posto e come normale procedura il lavoro del Maestro.

Qual è questo lavoro? Provvedere un gruppo di servitori operante, intelligente e consacrato mediante cui eseguire i piani gerarchici e manifestare sul piano fisico un punto focale di energia spirituale, che la Gerarchia userà per aiutare l’umanità, specie in questa crisi. (Alice A. Bailey, Il Discepolato nella Nuova Era, cap. III,  693)

 

Nei primi passi sul Sentiero accade spesso che i discepoli siano più interessati al loro rapporto con il Maestro e al loro avanzamento personale che al servizio e alla cooperazione con l’opera del Maestro; tale atteggiamento individualistico ritarda il progresso, poiché sono la dedizione al lavoro e la completa abnegazione che fanno procedere nella via iniziatica.

E’ necessario che il discepolo stabilisca con i suoi compagni di lavoro e di evoluzione un rapporto basato sull’anima e  deponga ogni aspetto del Sé inferiore: sentimenti e bisogni individuali, motivazioni personali e aspirazioni terrene, ogni cosa sarà subordinata al servizio; tutti eleveranno quanto più possibile la loro vibrazione per favorire il lavoro all’unisono. I discepoli più avanzati, concentrati nel lavoro, se anche rilevano che qualche membro non è completamente attivo, possono soffrirne nella personalità, ma la loro efficienza non ne è inficiata.

Il Maestro tende a costituire un gruppo in cui tutti i membri siano invasi da Fuoco d’Amore poiché sa che quando i membri vivono come anime servendo con abnegazione, svaniscono i problemi personali, l’energia dell’Ashram si eleva, si producono avanzamenti dinamici e materializzazione della visione, si scopre il senso della “libertà nel Servizio”:

 

Non dobbiamo indugiare. Possiamo iniziare subito. Possiamo assistere, canalizzando l’energia spirituale nell’umanità come una pulsazione di luce che porta la luce, l’amore e il potere spirituale a tutti gli uomini ovunque nel mondo. Allora i nostri insignificanti problemi personali spariscono, e sappiamo finalmente cosa sia la vera libertà. (Foster Bailey, Riflessioni)

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