FILOSOFIA QUANTISTICA e Spiritualità
La chiave per accedere ai segreti e all’essenza dell’essere. Di Ulrich Warnke
Traduzione a cura di Corrado S. Magro
In esclusiva assoluta per l'Italia, per gentile concessione dell’autore e dell’editrice Scorpio la traduzione del libro di Ulrich Warnke: Quantenphilosophie und Spiritualität.
Capitolo 5 - Febbraio 2015
Realtà e Informazione: Cosa sono per noi?
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5.2 Il mondo delle esperienze mentali
Rappresentarsi qualcosa e estenderne la rappresentazione al mondo mentale è un esercizio che dominiamo tutti con maestria. Immaginando il “qualcosa” creiamo così un mondo possibile. La raffigurazione di queste immagini ci permette quasi tutto a condizione di conoscere i componenti per l’immagine, altrimenti detto, a condizione di avere già vissuto una siffatta esperienza. Noi siamo in grado di vagliare il decorso dell’azione, la sua espressione linguistica, sogniamo ad occhi aperti, fantastichiamo, viviamo in un mondo desiderato. Tutto questo è provare un qualcosa in modo indolore e senza alcun pericolo.
Il mondo dei sogni si distingue nettamente da quello dell’esperienza mentale perché nel primo noi siamo alla mercé dei sogni. Essi vengono e vanno secondo norme che quasi sempre non siamo in grado di gestire. Diverso è invece per il mondo delle esperienze mentali: vi accediamo volutamente e sappiamo quasi sempre che stiamo solo pensando. (Bloch 1994)
I bambini non riescono alla loro età a separare chiaramente il mondo reale da quello immaginato. Non si accorgono se hanno percepito realmente qualcosa, se solo e unicamente rappresentata o se si tratta di un ricordo. Addirittura anche tra molti individui in età matura questa separazione è assente. Essa premette molta esperienza, è quindi accoppiata a un vissuto ricco di eventi e non può svilupparsi se si rimane tutto il giorno seduti sul divano.
Un aspetto interessante è la possibile sovrapposizione delle immagini rappresentate alle immagini percepite realmente. Con un certo allenamento è possibile proiettare rappresentazioni sull’ambiente reale. L’attenzione è il raggio pilota della mia consapevolezza che può trovarsi nel mondo delle esperienze mentali e dopo, o nello stesso tempo, nel mondo reale che mi circonda. Io posso fantasticare mentre taglio il pane, lo spalmo e lo mordo.
«Anche al cervello adulto non sono disponibili in assoluto distinzioni fidate tra da un lato l’effettivo e dall’altro lato l’immaginato o il frutto di allucinazioni». (Emrich 1992)
Sono delle precise sostanze prodotte dal nostro cervello, contrassegnate come droghe proprio dell’organismo, che In ultima analisi sono responsabili di tutte le immagini di cui è costituita la nostra verità. Sia la quantità delle droghe distribuite e sia anche l’incisività delle istanze di controllo, determinano come il vissuto viene assemblato. Cocktail trasmettitori ben precisi, possono essere assegnati a stati d’animo ben precisi, e anche droghe assimilate dall’esterno influenzano stati d’animo e sensazioni. È possibile così ricostruire il modo come vengono modulate le sensazioni dopo il loro sorgere.
Quello che noi designiamo volentieri con oggettivazione è un puro prodotto di apprendimento. Il cervello attribuisce ai diversi stimoli attributi e contrassegni. Quando questi si presentano ripetutamente in luoghi e tempi ben precisi, le associazioni a cui appartengono si rafforzano sempre più. L’anatomia del cervello subisce una trasformazione: la reazione agli stimoli avviene ora senza indugio. D’istinto apprendiamo e reagiamo da una memoria.
In tutte queste attività diventa chiaro che chi decide se una percezione potenziale debba diventare realtà o meno è soltanto il cervello. Dal conteggio di informazioni diverse sorge l’impressione soggettiva degli oggetti reali e con ciò la certezza di trovarsi nella realtà come d’abitudine.
Noi siamo contemporaneamente proiettori e spettatori e le due attività sono collegate attraverso un accoppiamento reattivo: 1) noi creiamo la realtà su cui indirizziamo la nostra percezione, 2) noi percepiamo la realtà che noi creiamo e 3) la nostra realtà esiste solo nella nostra percezione.
Non osiamo e non possiamo nemmeno ignorare che il riconoscimento della realtà abituale è il risultato di un processo di apprendimento sostenuto dalla genetica, che inizia già nel lattante. (Roth 1987, 1995)
Se siamo noi stessi a creare il nostro mondo attraverso i nostri pensieri e le nostre sensazioni, così come suona il contenuto della tesi, il concetto di mondo passivo dei sogni e di quello attivo per le nostre esperienze mentali, calza a perfezione. Ma come la mettiamo con il mondo reale giornaliero dove noi dobbiamo esistere e che prestabilisce le situazioni alle quali reagiamo? Noi “crediamo” sapere distinguere quando sogniamo solamente e c’immergiamo nei nostri pensieri, e quando viviamo il mondo reale consapevolmente. Esistono differenze fisiologiche inequivocabili tra da un lato la modalità mentale e del sogno e quella dell’evento reale d’altro lato?
Sì, perché il “vero mondo” alberga nel nostro cervello in due settori separati. Noi percepiamo a) un ambiente e b) un mondo fisico.
Ognuna di queste due percezioni ha la sua caratterizzazione nel cervello. L’energia dell’ambiente viene assorbita da un sensorio specializzato: occhi, orecchi, mucosa nasale, sistema sensorio meccanico, ed è elaborata nei rispettivi reticoli nervosi cerebrali. Il corpo con gli altri organi sensori: recettori muscolari, delle articolazioni, recettori dell’equilibrio, recettori di contatto, del dolore, del caldo e del freddo, è caratterizzato in altri centri cerebrali. La differenza più evidente in effetti è che il corpo è rappresentato sia sotto l’aspetto sensoriale e sia sotto quello motorio, cosa questa assente nel mondo degli stimoli ambientali. Ne conseguenze un’indicazione chiara che ci dice : adesso tu sei nel mondo reale. Ed è sempre nel momento quando noi trasmettiamo un comando motorio con la nostra volontà, per esempio di volere andare in qualche posto, che entra in azione un controllo che esamina se noi abbiamo eseguito l’ordine. Attraverso un accoppiamento reattivo sensorio-somatico persistente, noi quindi sappiamo sempre quello che in questo istante il nostro corpo esegue.
«Per il cervello questo significa che tutto quello che è accoppiamento reattivo senso-motorio, è corpo, quello però che in assenza di accoppiamento reattivo conduce ad un’eccitazione nei centri del sensorio, è ambiente». (Roth 1987)
Nel caso in cui gli eventi si ripresentano in luoghi o in momenti precisi, nell’intreccio alla base del reticolo nervoso del cervello, le sequenze si rafforzano. Noi c’impossessiamo del principio e lo memorizziamo. È così che viene costruita una memoria. Questo possiede il vantaggio che eventi futuri saranno aggiunti e paragonati, e quindi computati, con i contenuti della memoria. Tutto quello che noi rileviamo viene stabilito assieme alla nostra percezione antecedente. (Roth 1987 e 1992)
Dopo che l’individuo ha classificato sensatamente nelle sue esperienze le impressioni sorte così, può consolidarsi la realtà del quotidiano. Essa si stabilisce momentaneamente quale forza efficace, quale conseguenza. Sulla base di sempre nuove esperienze questa realtà, soggetta a un cambiamento continuo, corrisponde ad un’esperienza che viene costruita con l’aiuto dell’ambiente.
«Questo ambiente comunicativo è generato e conservato (saggiamente) dagli individui attraverso percezione, motorio dei sensi, cognizione, memoria ed emozioni, agire comunicativo e non…». (Schmidt 1994)
Le persone si costruiscono la propria realtà che resta sempre in ogni caso una realtà fenomenica. La costruzione della realtà giornaliera in maggior parte non è pianificata bensì più o meno arbitraria perché l’individuo deve confrontarsi con influssi ambientali imprevedibili. Ciò accade nella più gran parte dei casi inconsapevolmente. Già il semplice avviarsi al mattino al posto di lavoro è per molti individui un vero stress causato da rumori, gas di scarico, sporcizia, confusione e tempo che viene a mancare. Una tale situazione può essere modificata consapevolmente dirigendo la propria percezione e i propri pensieri verso qualcosa di diverso.
Se la costruzione della realtà non deve essere solo un fenomeno che s’impadronisce automaticamente dell’individuo bensì uno da assimilare e da modificare secondo la propria volontà, l’individuo deve adottare misure particolari che verranno descritte più avanti verso la fine dell’ottavo capitolo.
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