Le Finestre dell'Anima
di Guido Brunetti indice articoli
Fenomenologia di un grande neurochirurgo:
Giulio Maira
Gennaio 2020
Avvicinarsi all’opera e alla figura dei grandi scienziati è come immergersi nelle rivelazioni e nelle grandi conquiste che hanno cambiato la civiltà, il senso della nostra esistenza e il nostro modo di concepire il mondo e la realtà.
È una riflessione maturata dopo l’interessante e attraente lettura di “Ti regalo le stelle. Storie di un neurochirurgo” (Sedizioni) e “Il cervello è più grande del cielo” (Solferino). Sono due libri scritti da uno dei maggiori neurochirurghi italiani, Giulio Maira, il quale con mano sapiente ci conduce, novello Virgilio, attraverso un meraviglioso viaggio alla scoperta dei segreti del cervello e del fascino della mente.
I due volumi si dimostrano di notevole interesse e utilità per chiunque voglia saperne di più sul contributo delle neuroscienze e della neurochirurgia alla comprensione dei processi cerebrali e mentali e quindi della condizione umana. Bellissime pagine che hanno il pregio di legare scienza alla dimensione umana e morale. Una fonte copiosa in cui rivivono gustosi aneddoti, episodi inediti, vicende, e grandi incontri, e sempre alla scoperta di nuove conoscenze. Storie di emozioni, ricordi, sentimenti, suggestioni. Ma anche eventi che sono espressione di una umanità dolente legata alla sofferenza e alla malattia.
Un racconto a cuore aperto che svela la persona di Maira nei suoi ruoli più autentici: neurochirurgo, docente, scienziato.
Giulio Maira nasce a S. Cataldo (Caltanissetta) il 16 marzo 1944. Nel 1968 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia nell’Università Cattolica di Roma e nel 1972 la specializzazione in Neurochirurgia presso l’Università di Genova.
Ha lavorato all’Hopital Notre-Dame, servizio di neurochirurgia, Università di Montreal (Canada), al Kantospital di Zurigo e all’University of Wester Ontario di Londra.
Ha insegnato neurochirurgia nell’Istituto di Neurochirurgia dell’Università Cattolica di Roma, nell’Università di Perugia e nella libera Università Campus Bio-Medico di Roma. Dal 1914 è Neurochirurgo Senior presso l’Istituto Clinico Humanitas di Milano. Dal 2001 è Presidente della Fondazione ATENA dedicata alla ricerca e allo sviluppo delle neuroscienze.
L’opera di Maira rappresenta un luminoso e fecondo percorso umano, professionale, scientifico ed etico, un’avvincente esplorazione dell’immensità dei fenomeni che accompagnano le prodigiose proprietà del cervello. La scienza nella ricerca di questo studioso si umanizza in quanto vissuta come in un fantastico e appassionante romanzo dai mille colori. Sono i colori del cervello che tesse e ritesse sempre nuove emozioni, pensieri, idee, sentimenti, simbologie, rappresentazioni mentali. Un cervello che con i suoi 100 miliardi di neuroni, pari al numero di stelle della nostra galassia, è stato definito dai neuro scienziati la struttura più straordinaria e prodigiosa dell’universo conosciuto.
Quella di Maira è una meravigliosa avventura che evoca il cammino dell’umanità a partire dai grandi scienziati e filosofi dell’antica Grecia, come Pitagora, Euclide, Archimede, Ippocrate, Platone per giungere a Thomas Willis, uno dei fondatori delle neuroscienze cliniche; a Ramòn y Cajal, definito il padre delle moderne neuroscienze, il quale formula la dottrina del neurone; a Sir Charles Sherrington, che indaga il comportamento unitario del neurone e conia il termine sinapsi per descrivere la giunzione di due neuroni; a Eric R. Kandel, premio Nobel per la medicina, le cui scoperte hanno segnato una svolta nel campo delle neuroscienze, della psichiatria e della psicoanalisi.
Sono i “rivoluzionari” della conoscenza.
L’attività clinica e scientifica del nostro autore coincide con gli splendidi progressi delle nuove neuroscienze e della neurochirurgia.
Le neuroscienze nascono verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso e costituiscono uno dei campi più progrediti del mondo. Le aree di ricerca riguardano lo studio del sistema nervoso, ovvero il cervello, la mente, il pensiero, i sentimenti le emozioni, la coscienza. Esse studiano cioè come funziona il cervello, in che modo la struttura e le attività cerebrali influenzino il comportamento e in che modo il cervello dia origine alla mente, ai pensieri e alle idee.
A sua volta, la neurochirurgia è inclusa tra le neuroscienze e comprende l’indagine e la terapia di patologie neurologiche suscettibili di trattamento chirurgico. La neurochirurgia si afferma definitivamente nel 1970 ed è caratterizzata dai recenti progressi scientifici e tecnologici che hanno perfezionato e realizzato un incredibile sviluppo dei mezzi diagnostici e terapeutici.
Sono un campo di ricerca emerso in ragione dell’invenzione di nuovi metodi e dello sviluppo di nuove strumentazioni. Le tecniche di brain imaging hanno dato un impulso fondamentale alla ricerca sul cervello e sulle sue patologie. Le nostre conoscenze sullo sviluppo del cervello, sulla genesi del comportamento, sull’ereditarietà, sulla regolazione genica e sulla cellula si sono ampliate vistosamente con i progressi compiuti dalla neurobiologia.
L’aumento vertiginoso di nuove scoperte sta determinando una “rivoluzione scientifica” e un nuovo Rinascimento destinati a sconvolgere non solo i metodi di diagnosi e cura in medicina, neurochirurgia e psichiatria, ma la nostra visione dell’uomo e del mondo e le nostre millenarie concezioni, a partire dai sistemi filosofici.
La questione centrale della ricerca neuro scientifica, la sfida più complessa, difficile e prodigiosa dei neuro scienziati, è il rapporto - spiega Maira - tra il cervello e la mente. Per secoli, i due termini hanno indicato concetti differenti, generando due scuole di pensiero: il dualismo e il monismo.
I dualisti, che sono presenti già nel mondo greco, separano nettamente la mente dal cervello. Platone, l’inventore dell’anima spirituale e immortale e padre della filosofia occidentale, ha teorizzato un mondo delle idee (iperuranio) distinto dal mondo dei corpi e ha descritto il corpo umano come una prigione in cui l’anima è incarcerata.
Da parte sua, Cartesio ha sostenuto l’esistenza di una res cogitans (mente, spirito, anima) e di una res extensa (materia). Il cristianesimo ha operato una divisione ancora più netta: l’iperuranio diventa il luogo delle anime quando si separano dal corpo. Un grande neuroscienziato contemporaneo, John Eccles, ha parlato di “parallelismo” tra due realtà completamente divise.
I monisti, a partire da Democrito per giungere ai neuroscienziati di oggi, come Paul D. MacLean, hanno affermato invece che cervello e mente sono due entità che indicano la stessa “cosa”. La mente è considerata un’espressione del cervello. Secondo il monismo, ogni stato mentale è uno stato cerebrale. Cervello e mente sono “identici”.
Il monismo è una concezione che è stata definita come riduzionismo materialistico. Tutto è ridotto a materia. Qualsiasi cosa al di fuori di essa è considerata una “illusione”, dunque un “errore”. Il materialismo ha generato di conseguenza l’ateismo, che significa “senza Dio”.
Sta di fatto che il concetto di mente e di anima risulta “sfuggente” e “inafferrabile”. Alcuni autori hanno sostenuto che la mente, sostanzialmente immateriale, non può essere sottoposta a indagine scientifica, in quanto “abisso insondabile”, il “grande profundum” di Sant’Agostino. Altri scienziati invece hanno dichiarato che forse un domani si possa arrivare a comprendere l’origine della mente e della coscienza.
Dall’insieme di quello che finora abbiamo detto, ci troviamo di fronte a un cervello illimitato e perciò capace di suscitare negli scienziati un senso di meraviglia, soggezione e sgomento. Ma il cervello è anche una combinazione di bene e male, eros e thanatos, egoismo e altruismo, miseria e nobiltà, creatività e arte, odio, invidia, distruzione e autodistruzione.
Il cervello ha un fascino ambiguo per il fatto che questa massa gelatinosa può produrre il Requiem di Mozart, la cappella Sistina, ma anche le tante tragedie che da sempre caratterizzano la nostra vita quotidiana, a partire dalla comparsa dell’uomo sulla terra. Tante tragedie, ma anche sofferenza, dolore, malattie. Una condizione che accompagna l’umanità.
Di fronte a questi fenomeni, solo il medico è capace di trasfigurare la malattia e la sofferenza, restituendo la guarigione, il benessere, la serenità d’animo perduta.
Cercando di conoscere la persona e analizzando la sua vita e le sue opere, emerge in Maira tanto, tantissimo amore per la sua professione e per i suoi pazienti. Un numero infinito di pazienti curati. Tantissimi casi, talora drammatici, disperati. Tutta una umanità dolente. Che la perizia del suo cervello e delle sue mani riesce ad afferrare e trasformare. Restituendo a molti un sorriso dimenticato da tanta sofferenza, frustrazione, solitudine, disperazione.
È il trionfo sulla sofferenza e sulla malattia. La riscoperta della vita, il bene supremo dell’esistenza.
Lavorare sul cervello e sulle sue patologie appare un’impresa disperata, che suscita turbamento e sgomento. Sono interventi da far tremare le vene ai polsi. Non basta la scienza, ci vuole l’anima. Scienza e tecnica, ma anche “saper essere”.
Giulio Maira possiede il prezioso dono del talento e della versatilità. Qualità che non si apprendono sui libri di medicina. Sono capacità innate, neurobiologiche. La sua è una medicina umana e umanizzante. La sua è una figura che incorpora un triplice modello di medico: medicus amicus, medicus gratiosus, medicus philosophus. Queste sue eccezionali doti mostrano come Giulio Maira possieda un sistema di neuroni specchio e di empatia non comuni.
Che significa?
Significa che neuroni specchio ed empatia, come dimostrano le scoperte neuro scientifiche, attivano le medesime aree cerebrali e i medesimi sistemi neurali sia nel paziente che nel medico. Siamo già entrati in una fase curativa. Sono qualità che assumono una valenza cruciale soprattutto in un’epoca contrassegnata dalla crisi della medicina, dalla crisi del medico, che appare frustrato, ansioso, aggressivo, algido, alla crisi della formazione universitaria. Si è verificata una svolta antropologica di una professione che sembra rinunciare alla propria, nobile vocazione “umanologica”.
Oggi, la medicina moderna ha acquistato in tecnologia quel che ha perduto in umanità. Una condizione lontana dalla originaria téchne ippocratica ispirata alla maieutica socratica. L’approccio terapeutico esclude la comprensione degli stati soggettivi, interiori, profondi, antropologici del paziente, oscurando quelle qualità che sono invece fondamentali per la cura e la guarigione, come empatia, serenità, conforto, affabilità, soccorso, tensione morale e una intensa coscienza affettiva.
Avendo perduto il senso autentico di umanità, la “grande malata” è la medicina.
La terapia? L’avvento in medicina, come concorda il premio Nobel per la medicina, Eric Kandel, di un “nuovo umanesimo”, che riesca a realizzare un mondo in cui la figura del medico già con la sua sola presenza possa rappresentare un elemento di cura e di benessere fisico e mentale. Sull’esempio di tanti medici, come Giulio Maira, autentici monaci coraggiosi.
Guido Brunetti
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