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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 05-11-2003, 18.29.11   #11
Marco_532
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Re: Il problema della verità!

Messaggio originale inviato da Marco_532
La definizione di verità assoluta, è : verità al di sopra di tutti. Da questa affermazione il concetto di verità assoluta si riferisce ad una verità indiscutibile. Ora, è giusto affermare che questa verità sia indiscutibile e come tale pre-costituita? Che cos’è la verità (quella che intendo analizzare)? È l’affermazione di un contenuto ideale accettato come basilare dal punto di vista religioso ed etico e morale. È possibile quindi l’esistenza di una verità, pre-costituita, e che come tale precede ciò a cui si riferisce e indiscutibile, dove il passare del tempo non muti la sua essenza? Rispondendo a questa domanda, l’affermazione razionale che ne risulterebbe, è : non esiste verità assoluta, cioè quella al di sopra di tutti, pre-costituita, indiscutibile. Dal momento che non esiste verità pre-costituita, quale sarebbe quella verità, quel contenuto ideale accettato come basilare dal punto di vista religioso, etico e morale? Per prima cosa, a rigor di logica, mi vien di affermare che, dal momento che non esiste e non può esister verità precostituita, bisogna considerare che in una e solo in quella situazione, la verità, cioè un’affermazione di contenuto ideale, è vera. Se così non fosse, in altra situazione, considerare quell’affermazione verità, significherebbe considerarla pre-costituita e non sarebbe quindi aderente al vero. Fette dette considerazioni, avendo trovato il necessario affinché possa aver luogo la ricerca della verità vera, saremmo in grado di determinarla. Questa determinazione del vero deve, in conseguenza a quanto detto, essere riferita solo ed esclusivamente alla realtà esaminata, così come si è rivelata ed è potuta essere studiata in quel determinato momento, inteso come realtà sociale fin lì sviluppatasi. Questo concetto afferma quindi che non è logica la ricerca della verità generale, in quanto non esistente ; esisterebbe dunque, solo la verità relativa al momento considerato. Questa verità quindi, altro non è che l’affermazione di un contenuto ideale della “circostanza”. Che cosa sarebbe questo contenuto ideale? È il giusto nella circostanza, il giusto accettato dal punto di vista religioso, etico e storico : il giusto oggettivo. Come ricercare questo giusto oggettivo considerata la relatività del giusto nel singolo? Come ricercare questo giusto oggettivo sia per la religione, sia per l’etica, sia per la morale? Condizione affinché questo possa accadere, è la totale assenza di integralismo, [cioè applicazione rigida di verità, (il giusto nella realtà esaminata), in un’altra realtà, applicazione di una realtà pre-costituita e non per questo da considerarsi vera a priori]. Come annullare questo integralismo (del singolo e dei credo), che soluzione applicare affinché questo possa scomparire e che quindi possa essere applicato il giusto oggettivo? Se non può essere applicato nella totalità, come può essere applicato in un’ipotetica minoranza e quindi quale sarebbe il mezzo affinché si possa applicare?

Ho aperto questa discussione per cercare di trovare ipotetiche soluzioni (queste dovrebbero essere soltanto un punto di inizio e un’ispirazione), non limitando il potenziale del pensiero alla semplice considerazione dei fatti o alla polemica. Invito quindi chiunque abbia qualcosa da dire riguardo questo post, a farlo ; a esprimere la propria soluzione e eventuali accorgimenti o errori da me commessi, cercando di non limitarsi a fare quello che ho cercato di evitare.

Ciao a tutti!

Ultima modifica di Marco_532 : 05-11-2003 alle ore 18.42.45.
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Vecchio 05-11-2003, 18.33.05   #12
Marco_532
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Messaggio originale inviato da VanLag
Questa determinazione del vero deve, in conseguenza a quanto detto, essere riferita solo ed esclusivamente alle realtà esaminata

Interessante, stavo cercando di fare + o – lo stesso discorso nel 3d della diligenza, solo che io non mi riferivo alla Verità ma al Valore in senso lato.
(Io scrissi: - un sistema di individuazione del valore che sia libero da schemi e da dogmi e che permetta di individuare ciò che ha Valore nel contesto di ogni situazione della vita, finanche le più piccole ed insignificanti -)

Infatti dicendo Verità, secondo mè, hai già collocato l’obbiettivo della ricerca in una sfera precisa, perché la Verità o è scientifica, o è trascendente, (cioè mistica e religiosa). Invece, ritengo il Valore un termine più universale e laico e più vuoto di quei contenuti “a priori” che, probabilmente, sono la causa del problema.

Ciò premesso mi sembra interessante sottolineare che parliamo di un qualche cosa (Verità/Valore), che deve essere assolutamente contestuale, legato cioè ad un evento preciso ed a tutte le variabili di quell’evento.
La cosa bella e nuova è dunque l’ammissione della contestualità, perché se ci pensiamo bene, più o meno tutti noi giriamo con le nostre tabelline di Verità/Valori scritte a priori ed ammettere viceversa che, Verità/Valore, si “realizzano” nel contesto è già una piccola rivoluzione.

Dunque, se la discussione prende piede e se si può togliere l’attributo religioso, che secondo me, limita l’universalità del concetto solo al mondo dei credenti, io ci sono.

Citazione:
"Che cos'è la verità (quella che intendo analizzare)?....è il giusto nella circostanza...

Capisco il tuo uso dei termini...... Credo che tu usi il termine giusto perché in esso sono implicitamente inclusi i valori etici e morali, mentre il termine “Valore” effettivamente potrebbe essere scambiato per il semplice valore materiale, (d’uso o di scambio) e come tale non essere così centrale per il problema dell’uomo.

Solo per precisione spiego che il mio uso del termine includeva altrettanto implicitamente le valenze emozionali, affettive, etiche e morali dell’uomo. (Molto banalmente una carezza ricevuta in un momento nero è un valore affettivo ed emozionale. Una carezza fatta ad una persona che soffre ha un valore affettivo, emozionale e morale).

La precisazione nella circostanza è certamente la novità ed auspico anche io apporti fattivi per la discussione.

Ciao.


Ultima modifica di Marco_532 : 05-11-2003 alle ore 18.44.16.
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Vecchio 05-11-2003, 21.09.38   #13
VanLag
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V/V Verità/Valore

Ammettere che il binomio V/V (Verità/Valore), è contestuale e quindi da ricercarsi, non a priori, bensì all’interno di ogni accadimento, fin il più piccolo, è un passo veramente da gigante.
Significa in pratica ricercare in ogni situazione il “giusto” e lo “sbagliato” lasciandosi alle spalle gli archetipi che da sempre guidano le nostre vite.

Un pensiero comune può suonare + o – così: - io vado sicuro in mezzo alla gente perché so cosa è bene e cosa e male, cosa è giusto e cosa sbagliato, cosa è buono e cosa cattivo. Se prendo atto che quelle nozioni rigide vanno riformulate a fronti di ogni situazione la mia potente armatura è vanificata.

Solo un realismo che mi obblighi ad arrendermi all’evidenza può farmi accettare queste affermazioni, ma occorre molto meno per prendere, quantomeno, in esame l’ipotesi che V/V non siano a priori ma sempre soggetto al contesto, perché il contesto è parte costituente di un evento.

Comunque questo a mio avviso spiega la mancanza di apporti ad un 3d che invece porta un pensiero fortemente innovativo.

Ciao
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Vecchio 06-11-2003, 11.45.08   #14
Marco_532
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Re: V/V Verità/Valore

Citazione:
Messaggio originale inviato da VanLag
...Solo un realismo che mi obblighi ad arrendermi all’evidenza può farmi accettare queste affermazioni, ma occorre molto meno per prendere, quantomeno, in esame l’ipotesi che V/V non siano a priori ma sempre soggetto al contesto, perché il contesto è parte costituente di un evento.

Ciao Van, vedi, credo che il problema di fondo sia riuscire ad essere quantomeno autentico con se stessi, privi di contraddizioni, sia nelle azioni sia nell'accettazione di ciò che si ritiene giusto.
Ad esempio, la frase di riferimento, implica la contraddizione tra due idee personali.
Nell'accettazione dell'ipotesi che V/V non siano a priori ma sempre soggetto la contesto, non si può affermare allo stesso tempo di essere sicuri "del proprio scudo" : le due idee sarebbero in opposizione.

P.S. Sto elaborando qualcosa che favorisca un aiuto riguardo l'accettazione del crollo dell'armatura e spero di inserirla al più presto in discussione.
Ciao .
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Vecchio 07-11-2003, 13.18.11   #15
VanLag
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Direi che la presa di coscienza, che il binomio V/V è subordinato al contesto sia l’inizio di una trasformazione alchemica dell’individuo in quanto produce una metamorfosi nelle scale di valori che sono a fondamento della nostra identità.

P.S. mi rendo conto della densità del concetto ma si può esplorare....
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Vecchio 07-11-2003, 15.40.48   #16
Marco_532
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Citazione:
Messaggio originale inviato da VanLag
....metamorfosi nelle scale di valori che sono a fondamento della nostra identità....
Giustissimo.
Quello che non riesco a capire è il perchè non si sia disposti a questa metamorfosi. Io ho già preso coscienza di quanto detto e non mi sembra difficile accetare tal cosa, credo sia una conseguenza logico/razionale dell'accettazione che quanto detto sia vero........

....ma se si pensa che non sia corretto allora perchè questa mancanza di apporti al 3d?....non è logica dal momento che si controbatte sempre una considerazione sentita non "vera".....

....ma forse è troppo difficle accettarlo e ci si limita a non affrontare l'argomento, a non studiarlo...questa potrebbe essere un'altra spiegazione della carenza di apporti al 3d.......

....ma questa non accettazione che limita che cos'è paura?
....paura di cosa, del possibile crollo di alcune certezze (infondate)?....
....ma il crollo delle certezze infondate non è un "bene"?....

....proprio non capisco....e questa mia incapacità di comprendere l'altro mi delude..........vi prego fatevi comprendere...
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Vecchio 07-11-2003, 20.42.55   #17
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Un problema affascinante

Io credo che siamo vittime della logica del: - mi serve, non mi serve – Se invece di scrivere dove scavare per disseppellire verità e valori avessimo scritto una lista di V/V ci sarebbe stato chi avrebbe manifestato il proprio accordo, o chi lo avrebbe contestato per imporre la propria idea di verità e valori.
Definire un diverso modo di intendere i due sostantivi non rientra nel codice binario della cultura dominante e non viene neppure elaborato… ed ecco il perché della mancanza di apporti.

Ciao.
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Vecchio 07-11-2003, 21.04.19   #18
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Questo lo credo anch'io, ma credo anche che nel confutare un V/V proposto, avrebbero utilizzato altri metodi meno imparziali, non conoscendo quello proposto, e alla fine avremmo dovuto ugualmente affrontare l'argomento trattato per far comprendere l'origine di tale "tesi".
Credo che per prima cosa deva essere impostato un metodo di ricerca, a seconda del campo di ricerca e delle persone che coinvolge , solo poi potremmo avere maggior certezza dell'effettiva maggior imparzialità dei V/V.
In mancanza di quest'impostazione, si avrebbero delle discussioni infinite e prive di V/V oggettive/imparziali.

La prima cosa che andrebbe studiata è il metodo di ricerca e non direttamente l'affermazione generata da non si sà quale metodo.




Marco_532 is offline  
Vecchio 07-11-2003, 21.19.20   #19
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Marco, secondo me, se si ammette la dinamicità e a contestualità non si può più proporre dei valori o delle verità, perché se le proponessimo sarebbero comunque “a priori”, cioè statiche.

Quello su cui si ci sarebbe da discutere è se è vero che Valore e Verità sono contestuali e se sì vedere se è possibile indicare delle linee guida di riconoscimento.
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Vecchio 07-11-2003, 21.39.15   #20
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Citazione:
È possibile quindi l’esistenza di una verità, pre-costituita, e che come tale precede ciò a cui si riferisce e indiscutibile, dove il passare del tempo non muti la sua essenza? Rispondendo a questa domanda, l’affermazione razionale che ne risulterebbe, è : non esiste verità assoluta, cioè quella al di sopra di tutti, pre-costituita, indiscutibile. Dal momento che non esiste verità pre-costituita, quale sarebbe quella verità, quel contenuto ideale accettato come basilare dal punto di vista religioso, etico e morale?

Veramente non comprendo bene quale sia la necessità di replicare pari pari i post precedenti; resto nella mia ignoranza e non indago oltre, mi limito a provare a fornire le mie considerazioni in merito ai quesiti espressi nel periodo che ho voluto evidenziare.
In campo religioso esisterebbe una verità pre-costituita, anzi la Verità, le cui caratteristiche più significative sarebbero di essere: univoca, immodificabile, esistente di per sé, non contestualizzabile, oggettiva, assoluta e conseguibile (non necessariamente nel corso dell'esistenza terrena). Questa Verità riposerebbe fra le braccia del Dio, inteso sia come Creatore e/o come essere trascendente che tutto sa e tutto vede.
Viceversa, la dimensione umana non comprende, a parer mio, alcuna verità pre-costituita e la ricerca del giusto, del bene e dell'oggettività potrebbe esplicarsi solo tramite un'analisi compiuta nell'ambito del contesto che ha determinato i fatti posti sotto esame. Non può essere pre-costituita perché si renderebbe concreta solo in conseguenze o in concomitanza con gli eventi che la determinano; non sarebbe univoca perché sottoposta all'esame di più individui limitati e quindi soggetta, di per sé, a diverse decodifiche; non sarebbe immodificabile perché essendo dipendente dal contesto in cui si genera, potrebbe subire delle modificazioni se inserita o generata da un contesto diverso; non dovrebbe esistere di per sé perché strettamente connessa alla situazione che la determina; sarebbe contestualizzabile perché le sue caratteristiche peculiari si esaltano solo nel contesto in cui essa stessa viene a crearsi; non sarebbe oggettiva in quanto dipenderebbe dall'analisi dei vari soggetti che la osservano, e ciascuno di questi enucleerebbe, dagli eventi che la generano, variegate sfumature non riconducibili ad un unico punto fisso, per cui non potrebbe contenere la caratteristica di essere anche assoluta, e sarebbe conseguibile per effetto di una somma delle differenti soggettività di quanti la sottopongono ad esame, niente di diverso, per esempio, della verità che scaturisce da un'aula di tribunale.

Citazione:
Questa verità quindi, altro non è che l’affermazione di un contenuto ideale della “circostanza”. Che cosa sarebbe questo contenuto ideale? È il giusto nella circostanza, il giusto accettato dal punto di vista religioso, etico e storico: il giusto oggettivo.
Come ricercare questo giusto oggettivo considerata la relatività del giusto nel singolo? Come ricercare questo giusto oggettivo sia per la religione, sia per l’etica, sia per la morale?
Ma le cose non starebbero proprio così: dal punto di vista religioso, per le cose che riguardano la teologia e il rapporto dell'uomo con Dio, e le relazioni fra uomini che coinvolgono principi morali di cui la religione si fa portatrice, non esiste il 'giusto della circostanza', che fra l'altro sarebbe sempre soggettivo e relativo, ma esisterebbe solo il Giusto in sé… i piani di discussione, avrai modo di constatare, sono ben differenti. Nell'uno si argomenta in relazione ad una dimensione umana (soggettività, relatività, 'giusto della circostanza'), nell'altro, invece, si sviluppano le deduzioni in un ambito di assoluta certezza immodificabile, intangibile, oggettiva, assoluta etc… le relatività andrebbero a formarsi e costituirsi intorno ad un nucleo di oggettività.
Il giusto oggettivo della circostanza non dovrebbe discostarsi troppo da un'ipotetica sommatoria delle frazioni di giusto reperite nell'accadimento posto sotto esame, dai diversi soggetti chiamati ad osservare. Converrai che non potrebbe trattarsi di un giusto statico, esso andrebbe a modificarsi in dipendenza di un'ipotetica modificazione, per esempio, del numero degli osservatori, poi, forse, il giudizio di sintesi non andrebbe a modificarsi. Ciò che si modificherebbe potrebbe essere la caratterizzazione di ciascuno dei singoli elementi che hanno concorso alla determinazione del giudizio di sintesi. In poche altre parole, io vedrei il giusto della circostanza come un qualcosa composto da tanti piccoli singoli elementi di giudizio ciascuno connesso ad ogni singolo micro-evento compreso nell'evento posto sotto esame. Ciascuno di questi mattoni elementari è soggetto a mille e più modificazioni in base al contesto in cui si colloca; queste modificazioni si riverberebbero sul giudizio di sintesi finale. Se io giudico un fatto bene o male, avrò, presumibilmente, dovuto operare tanti piccoli esami, tanti quanti sarebbero i micro-eventi che lo compongono. L'aver impedito la morte ad un individuo determina, di solito, un giudizio di sintesi positivo (se l'individuo fosse Bossi o Berlusconi, di segno contrario), tale giudizio si è composto, per ciascun soggetto giudicante, attraverso l'espressione di tanti micro giudizi: si sarà valutata l'universale valore attribuito alla vita umana, il fatto che era padre e/o marito giudizioso, etc… Ecco, io riterrei che ben difficilmente il giudizio di sintesi potrebbe modificarsi da positivo a negativo, mentre, invece, è possibile che i mattoni elementari che lo compongono possano, volta per volta, anche essere diversi per ciascun soggetto osservante o in relazione ai differenti casi posti sotto osservazione.
Chissà che casino ho combinato… speriamo che almeno voi riusciate a capirci qualcosa.
Ciao
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