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Vecchio 18-08-2006, 17.11.53   #1
antonio greco
L' Emigrato
 
Data registrazione: 26-05-2004
Messaggi: 637
Lettera Aperta Al Ministro Degli Esteri

(Scrivo da Parigi. Visto lo scopo positivo di questa, chiedo ad un volontario di passare la seguente lettera al Ministro degli Esteri, di cui possa procurarsi l’indirizzo, grazie, ma anche confermarmi)
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Onorevole D’Alema,

le scrivo da emigrato che ha fatto molte esperienze (1).

Lei ha uno dei compiti più difficili, relativo a giganteschi problemi sul tappeto: tentare di fornire alla Unione un buon contributo, condito colla sensibilità italiana (generalmente attenta ai diritti, ma poco incline ai risvolti organizzativi degli stessi).

Vorrei menzionarle, sperando che lei li consideri, alcuni fattori che presiedono ai problemi di politica internazionale. E che non mi sembrano discussi dai media.

1. Interventismo USA

Eccone alcuni aspetti che credo rilevanti:

- la politica USA, perseguita in momenti diversi con diversa chiarezza e risonanza, é la politica di un impero che si presenta con le parole false “Democrazia”. Un impero che individua pragmaticamente le regioni del mondo ove conviene intervenire e poi cerca le motivazioni di facciata per giustificarne gli interventi (ad es. Instaurare la democrazia in Xlandia).
- La politica europea non mi sembra abbia obiettivi imperiali di controllo di aree o Paesi per motivi economici. Quando li ha, essi non sono estesi a tutta la U.E..
- La politica europea non é motivata o alimentata da possenti lobbies delle armi o del petrolio, come sembra essere frequente negli USA. Ove tali lobbies finanziano le campagne dei presidenti, per averne poi un ritorno.
- Le politiche in U.E sono in generale abbastanza trasparenti da essere captate e condivise da un gran numero di cittadini. Mentre gli scopi reali, le motivazioni delle politiche imperiali americane credo siano abbastanza ignorate dai cittadini USA, perché troppo ammantate di motivazioni democratiche. Ove invece i reali motivi imperiali sono conosciuti dai presidenti, consiglieri, C.I.A. e lobbies finaziatrici. Notiamo che la CIA non fa rapporto delle sue attività sobillatrici in altri Paesi al congresso, ma solo al presidente.
- Le capacità dei cittadini europei di capire realtà e culture di Paesi di altri continenti sono anche una conseguenza dell’apertura delle culture europee. Ove invece la cultura limitata degli Americani e i loro orizzonti ristretti (sono molto efficienti in settori particolari, ma spesso incapaci di capire altri settori e culture) non permettono loro di porsi interrogativi o capire situazioni che non conoscono quando sono a contatto con altri Paesi, o vi inviano la CIA a sobbillare. Del resto basta guardare il numero dei fallimenti delle azioni CIA. Questo spiega perché gli Americani hanno avuto e avranno molti insuccessi (e suscitato molti odii) in America latina e altrove.
- Per i motivi su elencati gli Americani non hanno capito, io credo, né possono capire due cose:
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(1) circa 25 anni di lavoro un un quadro europeo e mondiale. Ho dimestichezza coi comportamenti di molti popoli.
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a) che il metodo migliore per combattere il terrorismo sarebbe smettere di imporre ad altri Paesi una politica imperiale e adottare un atteggiamento paritario, sostituendo l’arroganza della creduta superiorità con il rispetto delle altrui politiche e culture. Senza immischiarsi nella politica interna di altri Paesi. Questo atteggiamento permetterebbe di contenere (e a lungo termine di far sparire) il numero di candidati terroristi per odio agli Yankees (si dice cosi ?). Non hanno capito che per gli arabi, ogni tentativo di portare loro la democrazia viene invece sentito come l’ intrusione di culture occidentali, che sono offensive verso le culture arabe.
b) l’inserzione nei mercati di altri Paesi sarebbe facilitata da un maggior rispetto e conoscenza di altri costumi e culture. In altri termini, capire che il costo della merce non é l’unico parametro da considerare nei mercati. Capisco che cio’ non sia facile da capire per gli Americani, ma qualche sforzo dovrebbero farlo, nel loro interesse.

La domanda che ora faccio: abbiamo capito noi europei che noi abbiamo la capacità e il dovere di spiegare agli Americani questi fattori culturali, diversi dai fattori economici ? Lo abbiamo già fatto (non credo) o dobbiamo ancora cominciare, anche per evitare rischi sullo scacchiere mondiale ?

2. Problema palestinese

Come per l’ interventismo degli Americani, anche nei rapporti fra Palestinesi ed Israeliani, sembra esserci un fattore che puo’ avere una grande influenza sui rapporti fra Palestina ed Israele.
Da un paio di rapporti che ho letto sulla situazione sociale a Gaza e Cisgiordania, sembrerebbe (ma lei ha modo di verificare) che il modo di trattare i Palestinesi da parte degli Israeliani sia il più adatto a generare, continuamente, odio contro Israele. L’ arroganza e le misure mostrate dagli Israeliani verso i Palestinesi (forse basate su un senso di superiorità per le migliori capacità costruttive) sono forse di lunga data. Sapendo poi a che punto gli Arabi sono generalmente suscettibili, penso che l’accoppiamento fra arroganza da una parte e suscettibilità dall’ altra sia uno dei motivi scatenanti dei deludenti risultati del processo di pace, che fu avviato molti anni fa per la Palestina.

3. L’ Approccio per la Pace

Una delle novità delle recenti evoluzioni tecniche é la sempre pîù perfezionata potenza di armi offensive e trasportabili (in Irak, in Afganistan, in Palestina, in Libano).

L’ antica possibilità degli eserciti di molti Paesi di combattere le rivolte partigiane, non é più attuale. Il pantano melmoso in cui si trovano USA e U.K. in Irak (sembra anche in Afganistan ?) é, mi sembra, una prova della mia asserzione.

Oggi i movimenti di opposizione hanno un’ accresciuta facilità di procurarsi armi potenti e trasportabili, che permettono loro di dare scacco agli eserciti più moderni (l’avrà capito quel tonto di Bush ?). Eserciti che, per reazione e non potendo fare altro, bombardano in tutte le direzioni (per mostrare la loro potenza ?; vedi il caso di Israele).

Ecco perché, io credo, si potrà ambire alla pace, solo considerando un nuovo approccio alla convivenza fra potenze armate. Il quale consiste:

a) nello spiegare agli Israeliani che, per costruire la pace, é necessario eliminare l’ odio verso di loro. Quell’odio che favorisce il reclutamento di migliaia di giovani che s’immolano (martiri, essi dicono) con una bomba nella borsa. Chi s’ immolerebbe se non ci fosse odio ?

Raggiungere tale obiettivo sembra possibile, ma con un lavaggio del cervello agli Israeliani, i quali, per conquistare la pace, potrebbero gettar via il senso di superiorità e l’ arroganza...

b) nello spiegare agli Americani (non li ritengo capaci di capirlo da soli):

1) che l’arroganza non paga più nel XXI secolo; 2) che l’intervento preventivo della politica di Bush (suggerito dalla lobby delle armi ?) alimenta giorno dopo giorno l’ odio contro gli Americani. Mubarak disse lo scorso anno “Non ho mai visto, come adesso, tanto odio nei Paesi arabi contro gli Americani”.

Pertanto, onorevole D’ Alema, dopo attenta verifica dei fattori che le menziono, l’ Italia potrebbe probabilmente considerare l’iniziativa di proporre agli europei questo approccio:

- chiedere pubblicamente agli USA, nelle sedi opportune, di rinunziare alla politica di interventismo preventivo (giustificato da false motivazioni) nei Paesi in via di sviluppo (ove spesso si manifestano appetiti di compagnie di armi e petrolio americane, use a pagare le campagne dei presidenti...). Motivando tale richiesta cogli argomenti appropriati, ma non trascurando i fattori che ho menzionato. Se invece, per complesso di inferiorità verso gli USA, non volessimo considerare tale approccio, la cosa potrebbe andare in futuro a scapito anche degli europei....

Mi sembra anche appropriato esprimere un’ opinione sul commercio degli armamenti. Esiste un patto di limitazione e controllo delle armi nucleari. Vista l’ accrescuta precisione di armi leggere e potenti che il commercio diffuso rende disponibili a qualsiasi opposizione armata, é da considerare la possibilità di un controllo o limitazione delle armi non nucleari ?
Controllo o limitazione che potrebbe all’ inizio prender la forma di un patto volontario fra un gruppo di Paesi (non credo che si possa contare sull’ impero americano, ma probabilmente la U.E. ?)
Se poi, visto che alcuni Paesi europei sono produttori di armi, la cosa non possa discutersi in U.E., allora rassegnamoci alla necessità frequente di discutere all’ O.N.U. quali eserciti inviare ogni volta che si accende un focolaio di lanciarazzi in una qualsiasi parte del mondo.....

La saluto distintamente e le confesso che non vorrei mai avere una poltrona come la sua, in un mondo di pazzi..... (orientali e occidentali)...

Voglia cortesemente farmi avere una sua reazione.

Antonio Greco
angrema@wanadoo.fr
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