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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 21-11-2008, 11.33.19   #1
arsenio
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alienazioni

L'alienazione è l'estraneità dell'uomo alla sua più autentica essenza,con varie accezioni in ambito filosofico, letterario, sociologico, economico,ecc. Hegel ne è ancora un riferimento: “La coscienza che diventa estranea a sé si supera con un dispiegamento della vita dello spirito”.Il concetto interessò pure Rousseau, per cui l'uomo sociale tare il senso della propria vita dall'opinione altrui; Feuerbach, che privilegia un concordare in confronti di personalità soggettive; Marx che condanna il prevalere delle cose sull'uomo; Heidegger che individua l'alienazione “linguistico-esistenziale” del “si dice”, della chiacchiera e dei luoghi comuni, ecc. Tema attuale più che mai.

Vari romanzieri percepirono l'alienazione nelle apparenze,nella reificazione,nelle ideologie. La solitudine estraniante di Kafka riporta alla frattura tra individuo e realtà; si può essere se stessi solo nel proprio mondo interiore: “Incapace di vivere col prossimo, di parlare. Mi sprofondo tutto in me stesso, penso a me stesso. Torpido,svagato, ansioso. Nono ho niente da comunicare, mai a nessuno ... “ (Diari)
Bechett e Jonesco rappresentano la negatività dell'uomo contemporaneo. Oggi, in ogni ambito, non esiste più la parola come funzione di efficace strumento relazionale. Se non attraverso una sostanziale insignificanza o banalità

Il processo di alienazione che deriva dalla persuasività del potere economico e politico è riferito all'uomo massificato, così caratterizzato da Ortega Y Gasset, ancora negli anni'30:

“Banale, superficiale,vive in modo dozzinale e gregario,fugge problemi inquietanti,curioso che non approfondisce nulla,evade responsabilità,incapace di pensare in proprio,di riconoscere il carattere tragico della propria esistenza. Anonimo,conformista,acritico,p uerile,volgare, filisteo, generico che ragiona per luoghi comuni”

Per gli anni '50 accanto a Adorno-Hokeimer, autori di “Dialettica dell'illuminismo sulla mistificazione di massa, porrei C.W. Mills di “Colletti bianchi” e “La elite del potere”, uno dei più lucidi sociologi,che abbia letto, sull' alienazione del lavoro, dell'Io,delle ricreazioni stesse.
Contrappone un pubblico di pochi individui autocoscienti e capaci d'intervenire democraticamente nelle decisioni pubbliche, alla massa priva di spirito critico e manipolata dall'alto.
Marcuse (“Eros e civiltà”) reinterpreta l'”uomo freudiano” represso negli istinti ed ora inserito nella società industriale avanzata che “appaga”spersonalizzando.

Oggi si preannuncia il tramonto del mondo affettivo ed emozionale. Rischio già riconosciuto da Simmel, filosofo dell''800,che vide nel predominio dello spirito oggettivo su quello soggettivo, un'intellettualizzazione svalorizzante l' autocomprensione,le emozioni e i sentimenti.
Alienazione che ora sarebbe effetto riferibile al progresso tecnologico e alla rivoluzione informatica. Conseguente a simulazioni e artifici virtuali, al declino dello scritto riflessivo, alla negazione dell'essenza di se stessi a favore dell' esteriorità. Secondo il cognitivista Legrenzi,con il Pc/Internet si accrescono rapidamente le informazioni ma la sfera emotivo-sentimentale resta indietro scissa e sottovalutata. Il Pc rimanda la nostra immagine mentale scambiata per il nostro Io globale. Il luogo dell' universo sentimentale esiste solo off-line.
Inoltre,tra i condizionamenti maggiori, c'è il sottoporsi a immissioni intensive di idee altrui,con il rischio di non possedere più una mente ragionante personale.

“Alienazione” è un termine chiave per comprendere il '900 e oltre, nel nostro millennio. Alcuni saggi di cinquant' anni fa sono diventati classici citabili in una società tecnico-scientifica,che non oppone decise resistenze ad omologazione ed eterodirezione. Dove non si può dire prevalgano strategie per eludere manipolazioni più o meno occulte, nè per promuovere una selettività che orienti nello squallore di un degrado intellettivo,che soccorra nella noia,presente anche nello svago e inducente talora a comportamenti autodistruttivi. Come il tragico senso di vuoto giovanile.
Manca un transgenerazionale pensiero demistificatorio e si profila un analfabetismo sentimental-emozionale,un mondo virtuale che relativizza realtà e finzione – in nessun modo alternativo alla TV – in cui è parimenti incerta la qualità e veridicità delle informazioni.
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Vecchio 23-09-2012, 08.51.49   #2
CVC
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Riferimento: alienazioni

E'da tempo che il termine "alienazione" aleggia nella mia mente come un fantasma o, meglio ancora, come un demone.
Avrei voluto aprire un topic sull'argomento nella speranza di esorcizzarlo discutendone con i pensatori del forum. Mi sono però accorto dell'esistenza di questo 3d di Arsenio sul tema che peraltro non ha avuto risposte. Cercherò allora di riproporlo a mio modo

Nella pagina dedicata di wikipedia di vede che tale termine in filosofia assume diverse connotazioni, tutte negative tranne che per un unico filosofo: Hegel.
Per Hegel l'alienazione è una fase di sviluppo dello spirito che può essere intesa in senso negativo o positivo. Quando lo spirito si proietta fuori di sè si ha l'oggettivazione dello spirito che si manifesta come natura, ed in questo senso per Hegel l'alienazione è negativa.
Quando in un secondo momento lo spirito ritorna in sè svela invece la positività del perdersi dello spirito per ritrovarsi in se stesso, in questa fase successiva l'alienazione è vista da Hegel come fatto positivo.

Ma per tutti gli altri filosofi l'alienazione è un fatto puramente negativo.

Per Rousseau essa avviene quando i cittadini alienano tutti i loro diritti a favore dello stato.

Per Feuerbach l'alienazione è data dalla religione che è vista come un qualcosa che l'uomo crea per poi venirne dominato.

Per Marx si ha l'alienazione perchè l'operaio non possiede ciò che produce.

Per Marcuse siamo alienati dai falsi bisogni.

Per la psicanalisi è data dal contrasto fra natura e civilizzazione, quando l'uomo diventa troppo civilizzato, la sua natura più intima si ribella.

Infine per quanto riguarda la letteratura c'è il celebre caso di Gregor Samsa, il personaggio creato da Franz Kafka nella metamorfosi, che vedo come simbolo e immagine di questa riflessione attorno ad un tema così morboso.
In un mondo in cui bisogna sempre correre per stare dietro agli standard che impone la società politico-economica, all'uomo, che non è un meccanismo da regolare come l'orologio di una macchina, può capitare di risvegliarsi e scoprire di essere uno scarafaggio, un corpo estraneo che viene schiacciato dai meccanismi che dovrebbero regolarlo, un corpo estraneo e inutile che nel momento stesso in cui viene schiacciato è di ostacolo al libero movimento degli ingranaggi.
Nel romanzo la soluzione è il ristabilirsi della normalità mediante l'eliminazione dell'individuo.

Alienazione è in sostanza deviazione dalla propria natura, nel caso dell'uomo deviazione dall'umanità appunto. Tranne che per Hegel, per il quale l'essenza è lo spirito, ed il divenire natura di esso è alienazione negativa che diventa poi positiva quando lo spirito ritorna in sè
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Vecchio 25-09-2012, 15.27.40   #3
gyta
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Riferimento: alienazioni

Singolare questo silenzio che si ripete, no?
Quasi a testimoniare quanto il timore più radicato
sia quello di esaminare a quale grado di alienazione apparteniamo.
D'altronde già la tua introduzione al tema rasenta l'estraneità puntando come prassi solita
il disquisire intorno a ciò che gli altri pensatori pensano, dicono o sono giunti a considerare.
Cioè nel nome non di una nostra non alienazione al pensare ma di un vaglio su idee comunque altrui.
"Sono d'accordo, sono contrario, ed ecco perché."
Questa non è già alienazione?

Non è alienazione cioè essere estranei a se stessi ed al proprio pensiero
il dover porre mano all'altrui per giungere ad un ipotetico nostro,
viaggiante sulla carreggiata di assenso e dissenso?
Se è di certo interessante conoscere il pensiero dei filosofi
ovvero degli umani pensatori che ci hanno preceduto
è allarmante pensare che il procedere prassi ruoti interamente su questi
e che nella maggior parte dei casi il massimo del nostro ardire
sia il sostenerli o il trovare argomenti validi al contrastarli.
Come se la nostra capacità del pensare si risolvesse insomma sull'essere o meno "con".
Questo atteggiamento universalmente abbracciato mi sembra l'aderenza più prossima
a quell'alienazione dell'uomo che pur facendo di tutto per tacerlo
si ritrova come non mai estraneo a se stesso e ad un'ipotesi di comprensione del mondo
che non passi da una già elaborata concezione all'unanimità esaminata.
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Vecchio 25-09-2012, 21.32.30   #4
paul11
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Ciao CVC
Penso che il termine alienazione sia vasto nelle declinazioni che praticamente tutte le discipline umanistiche hanno cercato di definire. La stessa arte in tutti i suoi linguaggi l’ha rappresentata.
L’alienazione è un un termine che potrebbe benissimo appartenere al nichilismo , come oggettiva soggettività: il sentirsi fuori dagli schemi formali delle organizzazioni sociali. Perché in fondo l’alienazione passa per quel concetto nel post di Arsenio “ autentica essenzialità” sotto l'aspetto ontologico e il rapporto con mondo esterno creato dall’uomo, le sovrastrutture culturali che hanno organizzato e codificato le convenzioni, le organizzazioni, e plasmato le menti degli individui per esserne conformi: dalla famiglia, alla scuola, al lavoro ,che come diceva Foucault hanno la stessa architettura: la caserma militare assomiglia alla scuola che assomiglia all’ospedale che assomiglia alla casa popolare,ecc.
Quindi la nostra cultura storica ha prodotto un “mostro” , ha oggettivato le sovrastrutture che sono diventate “loro” soggetti storici con fini e teleologie con ideologie che invece di dare all’uomo la possibilità di esprimere il proprio essere lo hanno annichilito. L’alienazione è nel pensiero omologante del consumismo capitalistico, è nelle strutture in classi, è nelle specializzazione e ruolificazione degli individui, è nella divisone delle conoscenze, è nei saperi e nelle caste che impongono verità dall”alto” dei poteri che incarnano, è nella divisione funzionale di chi progetta, di chi organizza e della massa che obbedisce, è nell’impossibilità dell’individuo che si sente atomo negandogli la possibilità di poter essere in qualche modo protagonista nel cambiamento, è nell’”urlo” di Munch è nella Metamorfosi di Kafka.
All’alienazione sono associati altri termini fondamentali del nostro tempo: l’incomunicabilità e la schizofrenia ( le due personalità). L’individuo non può far tacere il suo essere per cui la personalità che vive nella mondanità costruita sui rapporti delle chiacchiere e dei convenevoli ipocriti è completamente diversa (Jeckyill e Mr.Hyde) dall’essere che ripiega in se stesso,come baluardo di difesa, annichilito dalla necessità di colmare quella cesura che l’esistenza riempie di sofferenza.: l’inautenticità .
L’essere ha necessità di creare di veicolare ed essere trasportato per le strade della conoscenza vera, senza i veli dell’ipocrisia. E ogni volta “che si i alza in volo” lo abbattono con la banalità e la superficialità: la mortificazione.

L’alienazione è diventata anche alibi, giustificazione per non voler aprire le ali e provare ad essere.
Perché la libertà vera è come una boccata di ossigeno appena usciti da un galera:stordisce .Si preferisce allora che altri determinino nell’ampio esercizio della delega al “gatto e alla volpe”. Questa sindrome del prigioniero, questo gregge che cerca sempre un pastore, questo inchinarsi al dominio ,non fa altro che continuare a giustificare l’esistenza di una tradizione che nulla ha di profondamento umano ,solo logiche di potere fini a se stesse lo governano. E intanto si perpetua nel tempo, come a dimostrare che la creatività umana si è esplicata nell’oggettivare, nel costruire un contro-essere ( le sovrastrutture) con capacità di un Moloch , con qualità di vita propria di cui noi soli siamo artefici storicamente come umanità e ne siamo succubi e impotenti nelle regole “meccanicistiche” che triturano l’essere degli individui..
Non riusciamo a fermarlo, giustificando la nostra impotenza nei luoghi comuni del “ sempre stato così e sempre sarà”, nelle scontate banalità. Forse l’uomo ,solo questo poteva produrre? Forse si è oggettivato quelle che sono definite il Male , le contraddizioni ? Il potere, l’avidità.
E abbiamo paura di guardarci dentro e vedere l'abisso dell'essere.

Ultima modifica di paul11 : 25-09-2012 alle ore 22.09.33.
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Vecchio 25-09-2012, 22.20.09   #5
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Citazione:
Quindi la nostra cultura storica ha prodotto un “mostro”[..]

L’individuo non può far tacere il suo essere per cui la personalità che vive nella mondanità costruita sui rapporti delle chiacchiere e dei convenevoli ipocriti è completamente diversa (Jeckyill e Mr.Hyde) dall’essere che ripiega in se stesso,come baluardo di difesa, annichilito dalla necessità di colmare quella cesura che l’esistenza riempie di sofferenza.: l’inautenticità.

L’essere ha necessità di creare di veicolare ed essere trasportato per le strade della conoscenza vera, senza i veli dell’ipocrisia. E ogni volta “che si alza in volo” lo abbattono con la banalità e la superficialità: la mortificazione.* [..]

Non riusciamo a fermarlo [..]

Forse perché non esiste affatto.
Non ci sono mostri, non c'è il sistema, non c'è oggettivo..
C'è la nostra mente e la nostra individuale capacità di darci delle risposte reali
a quel fuori che accettiamo per mancanza di fiducia nell'intelligenza, in noi stessi.
Sino a che ci saranno vittime esisteranno carnefici.
Non è facile ma non è impossibile e di certo a differenti livelli e passo dopo passo è semplice.
Ma ha un prezzo.
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Vecchio 26-09-2012, 08.44.22   #6
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Citazione:
Originalmente inviato da gyta
Singolare questo silenzio che si ripete, no?
Quasi a testimoniare quanto il timore più radicato
sia quello di esaminare a quale grado di alienazione apparteniamo.
D'altronde già la tua introduzione al tema rasenta l'estraneità puntando come prassi solita
il disquisire intorno a ciò che gli altri pensatori pensano, dicono o sono giunti a considerare.
Cioè nel nome non di una nostra non alienazione al pensare ma di un vaglio su idee comunque altrui.
"Sono d'accordo, sono contrario, ed ecco perché."
Questa non è già alienazione?

Non è alienazione cioè essere estranei a se stessi ed al proprio pensiero
il dover porre mano all'altrui per giungere ad un ipotetico nostro,
viaggiante sulla carreggiata di assenso e dissenso?
Se è di certo interessante conoscere il pensiero dei filosofi
ovvero degli umani pensatori che ci hanno preceduto
è allarmante pensare che il procedere prassi ruoti interamente su questi
e che nella maggior parte dei casi il massimo del nostro ardire
sia il sostenerli o il trovare argomenti validi al contrastarli.
Come se la nostra capacità del pensare si risolvesse insomma sull'essere o meno "con".
Questo atteggiamento universalmente abbracciato mi sembra l'aderenza più prossima
a quell'alienazione dell'uomo che pur facendo di tutto per tacerlo
si ritrova come non mai estraneo a se stesso e ad un'ipotesi di comprensione del mondo
che non passi da una già elaborata concezione all'unanimità esaminata.
Il silenzio è anch'esso alienazione.

Se io parlo di alienazione è implicito che io l'avverta in un modo particolare legato alle circostanze della mia vita.

Mi sembra doveroso nell'introdurre un tema fare una breve sintesi di menti più illustri della mia che vi si sono imbattute prima di me.
Potrei fare qui dell'autobiografia, ma non so a quanti altri potrebbe interessare a parte me.

Essere estranei a se stessi mi pare derivi dall'agire diversamente da come si pensa, come diceva Socrate, tanto per fare un'altra citazione

Tu mi pare stia criticando l'espressione che passa per le linee tracciate da altri pensatori, ma io credo che prima dell'espressione vi sia qualcosa: la comprensione.
Se io ora esprimo qualcosa è perchè prima ho compreso qualcosa, e se ho compreso qualcosa è proprio grazie a quelle mente illustri che hanno elaborato concetti prima di me.
Perchè la foce del fiume dovrebbe nascondere la sua sorgente?
Cicerone, fatti forza è l'ultima citazione che ti propongo, diceva che è sintomo di ottusità andar dietro ai rigagnoli senza indicare la fonte da cui tutto proviene.

Forse ti faccio l'impressione di un mero ripetitore di concetti altrui, in realtà non potrei esprimere una sola parola senza aver prima riflettuto in solitudine, anzi credo molto nell'intuizione.
L'intuizione è ciò che inventa, la ragione organizza e spiega ciò che sembra sorgere dal nulla.
Le idee più interessanti sono quelle che sorgono all'improvviso, personalmente mi prendo la briga di catturarle quando affiorano nell'intuizione e di riorganizzarle poi secondo ragione in un secondo tempo.
Questo è il modo in cui cerco di far procedere il mio pensiero

Forse è proprio questa l'alienazione: non avere orecchie per ciò che ci suggerisce la nostra intuizione.
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Vecchio 26-09-2012, 08.47.15   #7
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Originalmente inviato da paul11
Ciao CVC
Penso che il termine alienazione sia vasto nelle declinazioni che praticamente tutte le discipline umanistiche hanno cercato di definire. La stessa arte in tutti i suoi linguaggi l’ha rappresentata.
L’alienazione è un un termine che potrebbe benissimo appartenere al nichilismo , come oggettiva soggettività: il sentirsi fuori dagli schemi formali delle organizzazioni sociali. Perché in fondo l’alienazione passa per quel concetto nel post di Arsenio “ autentica essenzialità” sotto l'aspetto ontologico e il rapporto con mondo esterno creato dall’uomo, le sovrastrutture culturali che hanno organizzato e codificato le convenzioni, le organizzazioni, e plasmato le menti degli individui per esserne conformi: dalla famiglia, alla scuola, al lavoro ,che come diceva Foucault hanno la stessa architettura: la caserma militare assomiglia alla scuola che assomiglia all’ospedale che assomiglia alla casa popolare,ecc.
Quindi la nostra cultura storica ha prodotto un “mostro” , ha oggettivato le sovrastrutture che sono diventate “loro” soggetti storici con fini e teleologie con ideologie che invece di dare all’uomo la possibilità di esprimere il proprio essere lo hanno annichilito. L’alienazione è nel pensiero omologante del consumismo capitalistico, è nelle strutture in classi, è nelle specializzazione e ruolificazione degli individui, è nella divisone delle conoscenze, è nei saperi e nelle caste che impongono verità dall”alto” dei poteri che incarnano, è nella divisione funzionale di chi progetta, di chi organizza e della massa che obbedisce, è nell’impossibilità dell’individuo che si sente atomo negandogli la possibilità di poter essere in qualche modo protagonista nel cambiamento, è nell’”urlo” di Munch è nella Metamorfosi di Kafka.
All’alienazione sono associati altri termini fondamentali del nostro tempo: l’incomunicabilità e la schizofrenia ( le due personalità). L’individuo non può far tacere il suo essere per cui la personalità che vive nella mondanità costruita sui rapporti delle chiacchiere e dei convenevoli ipocriti è completamente diversa (Jeckyill e Mr.Hyde) dall’essere che ripiega in se stesso,come baluardo di difesa, annichilito dalla necessità di colmare quella cesura che l’esistenza riempie di sofferenza.: l’inautenticità .
L’essere ha necessità di creare di veicolare ed essere trasportato per le strade della conoscenza vera, senza i veli dell’ipocrisia. E ogni volta “che si i alza in volo” lo abbattono con la banalità e la superficialità: la mortificazione.

L’alienazione è diventata anche alibi, giustificazione per non voler aprire le ali e provare ad essere.
Perché la libertà vera è come una boccata di ossigeno appena usciti da un galera:stordisce .Si preferisce allora che altri determinino nell’ampio esercizio della delega al “gatto e alla volpe”. Questa sindrome del prigioniero, questo gregge che cerca sempre un pastore, questo inchinarsi al dominio ,non fa altro che continuare a giustificare l’esistenza di una tradizione che nulla ha di profondamento umano ,solo logiche di potere fini a se stesse lo governano. E intanto si perpetua nel tempo, come a dimostrare che la creatività umana si è esplicata nell’oggettivare, nel costruire un contro-essere ( le sovrastrutture) con capacità di un Moloch , con qualità di vita propria di cui noi soli siamo artefici storicamente come umanità e ne siamo succubi e impotenti nelle regole “meccanicistiche” che triturano l’essere degli individui..
Non riusciamo a fermarlo, giustificando la nostra impotenza nei luoghi comuni del “ sempre stato così e sempre sarà”, nelle scontate banalità. Forse l’uomo ,solo questo poteva produrre? Forse si è oggettivato quelle che sono definite il Male , le contraddizioni ? Il potere, l’avidità.
E abbiamo paura di guardarci dentro e vedere l'abisso dell'essere.
Io credo che alla base del concetto di alienazione vi sia la coscienza della manipolazione, del sentirsi manipolati.
Adam Smith parlava di una mano invisibile che regola l'andamento del mondo, si riferiva all'egoismo del singolo (il capitalista si potrebbe dire) che pur agendo esclusivamente per il proprio interesse, alla fine, previo intervento di una presunta e fantomatica mano invisibile, riesce a far sì che il proprio egoismo si riveli indirettamente un bene per l'intera società.

Vale a dire che il capitalista ossessionato dal plusvalore meccanicizza l'intera società, la quale sarebbe in qualche modo debitrice dello sforzo egoistico del proprio "benefattore", in quanto si riflette in una maggiore quantità di beni prodotti, maggiore offerte d'impiego, ecc.

Il problema è che ciò può funzionare o in una società in cui il grado di istruzione è scarso, e quindi la vittima del meccanismo sente di non poter fare altrimenti; oppure in una società in cui domina un tipo di istruzione specializzata, rivolta principalmente alla formazione del lavoratore.
Quel che accade nella nostra società è che viene impartita un'istruzione di tipo generale, nelle scuole dell'obbligo si insegna Socrate, Dante o Manzoni indipendentemente dal concreto orientamento professionale della persona.
Un individuo dotato di una buona cultura generale che si affaccia al mondo del lavoro diventa o un pigro o un ribelle. Ciò perchè data la sua istruzione percepisce di poter far di più di ciò che gli viene offerto, quindi o si adagia, come nel caso di alcuni statali che cercano di ottenere il massimo risultato col minimo sforzo, o si ribella al sistema che lo limita.

Forse l'alienazione, intesa come percezione della manipolazione, è una conseguenza dell'allargamento dell'istruzione, ora sempre più grazie alla diffusione dei media, anche a classi sociali cui una volta era preclusa.

Un secolo fa, quando i braccianti o i minatori lavoravano 15 ore al giorno in condizioni miserevoli, essi non erano in grado di esprimere la propria condizione e tantomeno di comunicarla alla massa.
Oggi il malcontento per la propria condizione è sempre più visibile, le tv a volte fanno a gara per piazzare il microfono in mano al malcontento di turno.
Il mal di vivere non è più prerogativa degli uomini di cultura, la quale prerogativa è frutto di una riflessione profonda. Il malcontento è oramai giunto in superficie, è sotto gl'occhi di tutti.
Ciò che una volta poteva essere etichettato come il male di chi pensava troppo, adesso è reale, alla portata di tutti.
Purtroppo non si riesce più a trovare una consolazione al malcontento, perchè non si crede più che possa esistere qualcosa di spirituale, qualcosa che abbia un senso indipendentemente dal denaro.
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Vecchio 27-09-2012, 14.05.01   #8
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Citazione:
[..]Il problema è che ciò può funzionare o in una società in cui il grado di istruzione è scarso, e quindi la vittima del meccanismo sente di non poter fare altrimenti; oppure in una società in cui domina un tipo di istruzione specializzata, rivolta principalmente alla formazione del lavoratore.

Forse l'alienazione, intesa come percezione della manipolazione, è una conseguenza dell'allargamento dell'istruzione, ora sempre più grazie alla diffusione dei media, anche a classi sociali cui una volta era preclusa.

Un secolo fa, quando i braccianti o i minatori lavoravano 15 ore al giorno in condizioni miserevoli, essi non erano in grado di esprimere la propria condizione e tantomeno di comunicarla alla massa.

Mi sembra abbastanza ovvio che se sono stanco morto il mio primo pensiero sia quello di riposare,
non ho la forza fisica di organizzare una rivolta; anche se poi le rivolte spinte dall'esasperazione non
si fanno attendere a lungo. Ma non è stata l'istruzione scolastica a donare la forza mentale di combattere
ma la solidarietà raccolta attorno a persone che vivevano la medesima condizione di sopruso (o meglio, violenza).
L'istruzione entra ad un certo punto a far maturare una coscienza del diritto che di certo diventa impossibile
risultare come frutto di emulazione (essendo il riconoscimento sociale -delle persone accanto a noi-
la spinta più forte al farci procedere in una determinata direzione) essendo tale coscienza ancora al suo nascere.
Prima della coscienza politica del diritto nasce la coscienza del diritto e prima di questa la necessità di appartenenza,
primo vagito di ciò che solo molto più tardi si svilupperà come coscienza della capacità di amare.

Citazione:
Tu mi pare stia criticando l'espressione che passa per le linee tracciate da altri pensatori, ma io credo che prima dell'espressione vi sia qualcosa: la comprensione

Vuoi dire che ancora manca una comprensione cosciente del nostro sentire?
Che ancora ci necessita l'analisi a specchio dei pensieri che hanno fatto la storia del pensiero?

E' possibile.
Ma nulla ci vieta che quell'analisi a specchio proceda dalla nostra diretta esperienza
e non tanto che sia lecito che questa appaia troppo spesso in coda.

Citazione:
Mi sembra doveroso nell'introdurre un tema fare una breve sintesi di menti più illustri della mia che vi si sono imbattute prima di me.
Perché?
Citazione:
Potrei fare qui dell'autobiografia, ma non so a quanti altri potrebbe interessare a parte me.

Amiamo il pensiero ed il potere del pensiero
o il potere di ciò che rappresenta per noi quel determinato pensatore?

Citazione:
Il silenzio è anch'esso alienazione

Sì, lo è.
Citazione:
Se io parlo di alienazione è implicito che io l'avverta in un modo particolare legato alle circostanze della mia vita
Così dovrebbe.
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Vecchio 30-09-2012, 09.31.22   #9
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Riferimento: alienazioni

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
Mi sembra abbastanza ovvio che se sono stanco morto il mio primo pensiero sia quello di riposare,
non ho la forza fisica di organizzare una rivolta; anche se poi le rivolte spinte dall'esasperazione non
si fanno attendere a lungo. Ma non è stata l'istruzione scolastica a donare la forza mentale di combattere
ma la solidarietà raccolta attorno a persone che vivevano la medesima condizione di sopruso (o meglio, violenza).
L'istruzione entra ad un certo punto a far maturare una coscienza del diritto che di certo diventa impossibile
risultare come frutto di emulazione (essendo il riconoscimento sociale -delle persone accanto a noi-
la spinta più forte al farci procedere in una determinata direzione) essendo tale coscienza ancora al suo nascere.
Prima della coscienza politica del diritto nasce la coscienza del diritto e prima di questa la necessità di appartenenza,
primo vagito di ciò che solo molto più tardi si svilupperà come coscienza della capacità di amare.



Vuoi dire che ancora manca una comprensione cosciente del nostro sentire?
Che ancora ci necessita l'analisi a specchio dei pensieri che hanno fatto la storia del pensiero?

E' possibile.
Ma nulla ci vieta che quell'analisi a specchio proceda dalla nostra diretta esperienza
e non tanto che sia lecito che questa appaia troppo spesso in coda.


Perché?

Amiamo il pensiero ed il potere del pensiero
o il potere di ciò che rappresenta per noi quel determinato pensatore?


Sì, lo è.

Così dovrebbe.
La necessità di appartenenza è di certo un bisogno, e l'alienazione conduce in direzione opposta al soddisfacimento dei bisogni naturali. Un laureato che è costretto a lavorare in un call center si sentirà pure un tantino alienato.
Ma il lavoro ormai è diventato mercato del lavoro. Lo sviluppo della tecnologia produce un cambiamento continuo delle figure professionali, diventa difficile vedere la professione come un punto fermo, un solido valore cui appoggiarsi.
Si lotta per sopravvivere e questo va bene, è la natura. Ma la sovraproduzione dei beni di consumo spinge la pubblicità a dipingergi come abitatori di un mondo virtualmente esclusivo, dove massaggiatori del nostro ego si prendono cura di noi soddisfando tutti i nostri falsi bisogni da loro stessi creati. E che pretendono in cambio? Soltanto quel vil denaro per gaudagnare il quale occupiamo tutta la nostra giornata.
Il risultato è che l'appagamento dei nostri falsi bisogni ci lascia in uno stato di continua precarietà, perchè avremo sempre nuovi falsi bisogni da soddisfare è perchè viviamo sempre al limite della nostra soglia di sussistenza.

Non è una novità la scoperta dell'inconscio, le malattie psicosomatiche o le semplici psicopatologie della vita quotidiana dimostrano quanto l'uomo sia inconsapevole del proprio sentire, del resto il 90% dell'attività mentale è inconscia

L'esperienza diretta non è altro che soggettivismo, per l'oggettività il pensiero ha bisogno di passare dal ragionamento.

Perchè se amiamo il pensiero non dobbiamo amare anche i pensatori?
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Vecchio 05-10-2012, 08.19.00   #10
lunatika
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Post Riferimento: alienazioni

L'alienazione avviene anche quando ci si guarda per troppo tempo allo specchio e ci si identifica con l'immagine riflessa (e appare diversa da come si è)...o quando un lavoratore che fà un mestiere manuale abituale(operaio )si "aliena" e proietta la sua identità sulle macchine...il pensiero è li o altrove...questa è anche Alienazione.A volte positiva a volte negativa.E' comunque un distacco dalla realtà che compromette l'attenzione sul presente e può portare ad un certo grado di "pazzia" se protratta nel tempo.... L'alienazione non è come il meditare perchè questa porta quasi ad non avere pensieri...quindi ad essere vulnerabili psicologicamente che fisicamente(vedi operaio che se "alienato" può benissimo non accorgersi di un pericolo imminente).Chi si guarda troppo allo specchio ne può uscire sconvolto e ci vuole grande forza per tornare in sè...anche perchè questo atto ti porta di solito ad avere tante domande sul chi sei...sul chi era nello specchio...e se non si è prontamente forti da uscire da questo vortice ti pare quasi di impazzire(provato personalmente).
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