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Vecchio 23-06-2009, 18.49.00   #11
arsenio
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Originalmente inviato da Gaffiere
Non capisco cosa centrino Severino e Popper in questo discorso, cerchiamo di non andare OT, rispondo comunque: so più che bene chi sia Popper, sarà anche il più noto filosofo della scienza ma lascia parecchioadesiderare quando deve giustificare i motivi che stanno alla base della fondazione di un discorso razionale. Come ho già detto Popper ignora totalmente il senso dell'elenchos, dunque ignora il motivo per cui il principio di non contraddizione su cui prende piede il progetto scientifico debba essere innegabile, e questa è una grossa svista. Senza contare la totale banalità con cui legge la teoria politica platonica alla luce delle categorie e della comprensione post-bellica contemporanea, come se si potesse rimproverare agli antichi la schiavitù senza capire tutti i motivi che stanno alle spalle e sopratutto senza la consapevolezza di giudicare a partire dall'influenza di un contesto completamente differente. In terzo luogo la falsificabilità di Popper non si avvale dei guadagni epistemologici ben più radicali del secondo neopositivismo, che sanciscono l'impossibilità di un sapere intsoggettivo condiviso, la problematicità della comunicazione, l'esistenza stessa del linguaggio, l'impossibilità di attribuire con verità proposizioni alla realtà empirica universalmente condivisibili: da questo punto di vista Carnap è ben più avanti di Popper, più vicino a certi suoi allievi che non a caso spingeranno più a fondo la sua riflessione.
Per quanto riguarda Severino leggiti l'Anello del Ritorno, propone un'esegesi dei testi nietszcheani in contrasto con quella heideggeriana, che mostra per altro come in Nietzsche non vi sia unicamente sterile prospettivismo ma pure teoria, come dimostrano gli scritti relativi alla fondazione dell'eterno ritorno, non a caso è Nietzsche stesso a dire che l'eterno ritorno è questione di necessità, e la necessità non è certo qualcosa che abbia a che fare con l'interpretazione, bensì con la visione (appunto, teoria) non negabile.
In secondo luogo, Nietzsche è attratto da Eraclito perchè attribuisce al discorso eracliteo caratteri che non possiede: innanzitutto perchè il discorso di Eraclito è preontologico, dunque non può avere la consapevolezza dell'essere e il nulla che si ha solo a partire da Parmenide (e che dunque Nietzshe ha): quando Eraclito dice che tutto diviene, scorre, non pensa che il mutare del mondo sia l'uscire dal nulla e il ritornarvi degli eventi mentre Nietzsche si, e lo scrive chiaramente. Oltretutto in Eraclito vi è il logos, la legge divina che regola il fluire della realtà, l'unità degli opposti, mentre per Nietsche tale legge non c'è e da questo punto di vista dovrebbe criticare Eraclito quanto gli altri pensatori metafisici, perchè parimenti egli pone l'eterno (la legge) a scandire il senso del reale, se non lo fa è appunto perchè non se ne accorge.
Non è certo questo lo spazio per discutere il senso dell'eterno ritorno, ma se tu intendi l'eterno ritorno come un'idea, un progetto, una decisione è Nietzsche stesso a smentirti chiaramente, a meno che tu non intenda identificare ciò che è necessario (e Nietzsche parla appunto di necessità) con il contingente, congetturale, ipotetico. La morte di Dio non è solo una metafora, come dici, ed anzi non si capirebbe in nessun modo il senso dell'eterno ritorno se la morte di Dio non fosse a sua volta una necessità: non a caso chi come Heidegger, Lowith, Jaspers, Salomè e tutti gli altri suoi critici non ha visto nella morte di Dio una teoria poi ha sempre avuto difficoltà a capire il senso dell'eterno ritorno, che è stato considerato mano a mano come una teoria estranea e difficilmente comprensibile. il discorso dello Zarathustr mostra come la presenza di Dio renda impossibile il divenire, cioè ciò che per Nietzsche è innegabile, dunque nemmeno quel Dio che è il passato può rimanere invariabile (perchè le cose, andando nel passato, non sono più disponibili alla modificazione) e dunque è necessario che si costituisca il circolo temporale e che il passato ritorni, disponibile alla volontà di potenza.
Al di sotto della solita "menata" sui desideri, sugli impulsi, l'interpretazione, la volontà, sta un discorso teoretico che difficilemnte emerge, la difficoltà sta innanzitutto nel linguaggio di Nietzsche che a parole sembra voler mandare tutto all'aria. Se non ci si eleva a questo livello non ha senso continuare il discorso e continuare a ribadire che il pensiero di Nietzsche risponda unicamente a un esigenza di libertà dal nozionismo veritativo, perchè significa prendere una parte del suo pensiero e assolutizzarla pretendendo di annullare quella restante (e ben più importante), il che è totalmente fuorviante.


Il concetto di contraddizione appartiene alla dialettica, alla relazione platonica delle idee pure, alla dialettica aristotelica, sia quella dimostrativa e vera, derivata da premesse vere, sia quella argomentativa e discorsiva e solo probabile, entrambe sottoposte ai sillogismi della logica, con le debite differenze. Ma si tratta di argomentazioni che si fondano sulla parola, sul rigore di un concetto, sulla verosimiglianza, non su teorie dove il senso non è in questione ma la validità scientifica necessaria alle scienze della natura. Quindi la filosofia della scienza, l'epistemologia,discipline di cui Popper è il più significativo studioso del '900, la sua teoria fallibilistica da cui deriva il falsificazionismo verso la sperimentazione induttiva, non rientrano proprio nei principi di contraddizione. Se t'interessa un notissimo trattato in tale campo, che s'ispira alla retorica argomentativa aristotelica e all'arte della ragionevolezza (e non della ragione della scienza) persuasoria, consiglio a te e a chi interessato, il trattato di Perelman – Tyteca.
Lo so che facendosi alcune idee su un autore, un filosofo, è difficile abbandonarle.
Comunque la soluzione starebbe nella lettura diretta e attenta delle opere del filosofo che è oggetto in questione. A parer mio questo vale anche per Nietzsche che , lui stesso responsabile, ha dato adito a diverse interpretazioni discordanti, a certi travisamenti voluti o meno. Comunque, niente di male, anzi ti ringrazio per avermi dato l'occasione di riflettere ancora e di consolidare alcuni concetti, su certi argomenti di mio interesse come cultore, essendo il mio campo disciplinare e di formazione di altro tipo, come dicevo a Il Dubbio , a cui ti rimando con il post di oggi, per completare e chiarire meglio alcuni temi a cui avevamo anche noi dato inizio. Comunque se ti sembra che la dissonanza di ciò che dico con le tue convinzioni sia insormontabile, non importa, puoi saltarmi.
Saluti
arsenio is offline  
Vecchio 23-06-2009, 20.00.32   #12
Gaffiere
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Originalmente inviato da arsenio
Il concetto di contraddizione appartiene alla dialettica, alla relazione platonica delle idee pure, alla dialettica aristotelica, sia quella dimostrativa e vera, derivata da premesse vere, sia quella argomentativa e discorsiva e solo probabile, entrambe sottoposte ai sillogismi della logica, con le debite differenze. Ma si tratta di argomentazioni che si fondano sulla parola, sul rigore di un concetto, sulla verosimiglianza, non su teorie dove il senso non è in questione ma la validità scientifica necessaria alle scienze della natura.

A parte il fatto che è la stessa (come tu la chiami) "validità" delle scienze della natura che è avvolta dai procedimenti e dalle procedure di correttezza logiche e senza logica la scienza non muoverebbe un piede. La contraddizione risale a ben prima della dialettica platonica, visto che il principio negativo-oppositivo è portato alla luce per la prima volta da Parmenide. Una formulazione esplicita del principio è data per la prima volta da Aristotele, nel quarto libro della metafisica, Platone non lo tematizza mai invece (anche se ha ben chiaro il senso della confutazione che sta al fondamento del pdnc, così come lo aveva ben chiaro Socrate): dire che il pdnc sia qualcosa di "verosimile" fa quasi sorridere, cosa intendi per verosimile? lo utilizzi come sinonimo di negabile, approssimativo? ma tu sai il motivo per cui il pdnc può o meno essere negato?

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Quindi la filosofia della scienza, l'epistemologia,discipline di cui Popper è il più significativo studioso del '900, la sua teoria fallibilistica da cui deriva il falsificazionismo verso la sperimentazione induttiva, non rientrano proprio nei principi di contraddizione. Se t'interessa un notissimo trattato in tale campo, che s'ispira alla retorica argomentativa aristotelica e all'arte della ragionevolezza (e non della ragione della scienza) persuasoria, consiglio a te e a chi interessato, il trattato di Perelman – Tyteca.

Grazie per i consigli di lettura, comunque non ho scritto questo: ho scritto semplicemente che Popper non è poi il gran filosofo che si pensa, non solo per motivi che esulano dalle sue competenze (e non sarebbe del tutto corretto dirlo, dal momento che si occupa dei fondamenti della scienza e senza logica, ripeto, il pensiero scientifico non fa nulla: i modelli scientifici sono formulati matematicamente e la matematica deve a sua volta risultare un linguaggio non contraddittorio, non a caso è lo stesso Popper a dire che alla base delle scienze esatte sta il pdnc e in particolare la fede in esso). Dunque che la riflessione sui principi della logica esuli dagli interessi (da quelli che dovrebbero essere gli interessi) di Popper è un'affermazione quantomeno azzardata. In secondo luogo si potrebbero avanzare forti dubbi sulla qualità delle sue riflessioni sulla Repubblica di Platone e sul pensiero di Platone come ostile ad una società aperta e (per quanto riguarda le sue competenze, ora) circa la radicalità della sua stessa teoria della falsificabilità, che (ripeto) non tiene in vista le problematiche relative alla comunicabilità dell'esperienza e dunque all'intersoggettività del sapere che altri autori come Schlick e Carnap (secondo neopositivismo) avevano bene in mente. Sulla base di queste considerazioni Popper non potrebbe, per esempio, negare che il marxismo sia scientifico perchè non falsificabile, cosa che ha sostenuto. D'altra parte gli approfondimenti epistemologici dei suoi allievi mostrano maggior consapevolezza in merito a questi problemi. Infine Popper perde di vista la stessa differenza tra contenuto della contraddizione ed atto del contraddirsi, accusando Marx (assieme a Kelsen) di negare valenza al pdnc nel momento in cui affermava l'esistenza della contraddizione in natura, quando Marx si è limitato a sostenere che il capitalismo non implica l'esistenza della contraddizione ma del contraddirsi: il capitalismo come prodotto della logica isolante è un grande contraddirsi che si esplica nelle strutture sociali, non certo, simpliciter, espressione della contraddizione vivente in carne ed ossa, due concetti assai differenti.

Citazione:
Lo so che facendosi alcune idee su un autore, un filosofo, è difficile abbandonarle.
Comunque la soluzione starebbe nella lettura diretta e attenta delle opere del filosofo che è oggetto in questione. A parer mio questo vale anche per Nietzsche che , lui stesso responsabile, ha dato adito a diverse interpretazioni discordanti, a certi travisamenti voluti o meno. Comunque, niente di male, anzi ti ringrazio per avermi dato l'occasione di riflettere ancora e di consolidare alcuni concetti, su certi argomenti di mio interesse come cultore, essendo il mio campo disciplinare e di formazione di altro tipo, come dicevo a Il Dubbio , a cui ti rimando con il post di oggi, per completare e chiarire meglio alcuni temi a cui avevamo anche noi dato inizio. Comunque se ti sembra che la dissonanza di ciò che dico con le tue convinzioni sia insormontabile, non importa, puoi saltarmi.
Saluti

Non ho capito se i tuoi consigli siano ironici, fraterni o a metà via fra l'ironico e il fraterno : va da sé che per discutere di un pensatore bisogna conoscere ciò di cui si parla (sarebbe il colmo stare qui a parlarne senza avelro letto, lo do per scontato), piuttosto sarebbe il caso che oltre ad essi venissero approfonditi:

1) quantomeno le opere di interpreti e critici
2) il rapporto tra le interpretazioni dei vari interpreti

Per una comprensione superiore al livello scolastico-didattico.
E riguardo a Nietzsche per profondità d'analisi ritengo che i testi di Heidegger e Severino, soprattutto in relazione ai temi dell'eterno ritorno, siano i più consigliabili per farsi un'idea.
E' comunque un piacere confrontarsi, al di là delle opinioni discordanti. D'altra parte, quando se si tratta di esegesi critica di giganti di questo calibro, le incomprensioni non possono che affiorare.

Saluti
Gaffiere is offline  
Vecchio 25-06-2009, 18.31.30   #13
arsenio
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Originalmente inviato da Gaffiere
A parte il fatto che è la stessa (come tu la chiami) "validità" delle scienze della natura che è avvolta dai procedimenti e dalle procedure di correttezza logiche e senza logica la scienza non muoverebbe un piede. La contraddizione risale a ben prima della dialettica platonica, visto che il principio negativo-oppositivo è portato alla luce per la prima volta da Parmenide. Una formulazione esplicita del principio è data per la prima volta da Aristotele, nel quarto libro della metafisica, Platone non lo tematizza mai invece (anche se ha ben chiaro il senso della confutazione che sta al fondamento del pdnc, così come lo aveva ben chiaro Socrate): dire che il pdnc sia qualcosa di "verosimile" fa quasi sorridere, cosa intendi per verosimile? lo utilizzi come sinonimo di negabile, approssimativo? ma tu sai il motivo per cui il pdnc può o meno essere negato?



Grazie per i consigli di lettura, comunque non ho scritto questo: ho scritto semplicemente che Popper non è poi il gran filosofo che si pensa, non solo per motivi che esulano dalle sue competenze (e non sarebbe del tutto corretto dirlo, dal momento che si occupa dei fondamenti della scienza e senza logica, ripeto, il pensiero scientifico non fa nulla: i modelli scientifici sono formulati matematicamente e la matematica deve a sua volta risultare un linguaggio non contraddittorio, non a caso è lo stesso Popper a dire che alla base delle scienze esatte sta il pdnc e in particolare la fede in esso). Dunque che la riflessione sui principi della logica esuli dagli interessi (da quelli che dovrebbero essere gli interessi) di Popper è un'affermazione quantomeno azzardata. In secondo luogo si potrebbero avanzare forti dubbi sulla qualità delle sue riflessioni sulla Repubblica di Platone e sul pensiero di Platone come ostile ad una società aperta e (per quanto riguarda le sue competenze, ora) circa la radicalità della sua stessa teoria della falsificabilità, che (ripeto) non tiene in vista le problematiche relative alla comunicabilità dell'esperienza e dunque all'intersoggettività del sapere che altri autori come Schlick e Carnap (secondo neopositivismo) avevano bene in mente. Sulla base di queste considerazioni Popper non potrebbe, per esempio, negare che il marxismo sia scientifico perchè non falsificabile, cosa che ha sostenuto. D'altra parte gli approfondimenti epistemologici dei suoi allievi mostrano maggior consapevolezza in merito a questi problemi. Infine Popper perde di vista la stessa differenza tra contenuto della contraddizione ed atto del contraddirsi, accusando Marx (assieme a Kelsen) di negare valenza al pdnc nel momento in cui affermava l'esistenza della contraddizione in natura, quando Marx si è limitato a sostenere che il capitalismo non implica l'esistenza della contraddizione ma del contraddirsi: il capitalismo come prodotto della logica isolante è un grande contraddirsi che si esplica nelle strutture sociali, non certo, simpliciter, espressione della contraddizione vivente in carne ed ossa, due concetti assai differenti.



Non ho capito se i tuoi consigli siano ironici, fraterni o a metà via fra l'ironico e il fraterno : va da sé che per discutere di un pensatore bisogna conoscere ciò di cui si parla (sarebbe il colmo stare qui a parlarne senza avelro letto, lo do per scontato), piuttosto sarebbe il caso che oltre ad essi venissero approfonditi:

1) quantomeno le opere di interpreti e critici
2) il rapporto tra le interpretazioni dei vari interpreti

Per una comprensione superiore al livello scolastico-didattico.
E riguardo a Nietzsche per profondità d'analisi ritengo che i testi di Heidegger e Severino, soprattutto in relazione ai temi dell'eterno ritorno, siano i più consigliabili per farsi un'idea.
E' comunque un piacere confrontarsi, al di là delle opinioni discordanti. D'altra parte, quando se si tratta di esegesi critica di giganti di questo calibro, le incomprensioni non possono che affiorare.

Saluti



Popper esamina marginalmente le contraddizioni. Non hanno validità ma non sono da evitare perchè stimolano la acritica . Quindi le situa nel suo proprio ambito disciplinare.
Le non -contraddizioni, ecc. sono precipue della logica per sua natura deduttiva, mentre il bersaglio privilegiato di studio di Popper è la sperimentazione scientifica induttiva.
Non ho parlato di verosimiglianza e di ragionevolezza su temi specifici, ma di un concetto di credibilità accettabile qualora l'oggetto in questione sfugga al rigore della ragione scientifica: ammesso dall'ultimo stesso Popper. Non mi azzardo a dire se fu un buon o cattivo filosofo, senz'altro è tra i più significativi del '900 per la teoria dell'indimostrabilità scientifica e di conseguenza inconfutabile perchè ciò che non può essere dimostrato non può nemmeno essere falsificato. Invalidò la non scientificità del marxismo, pur ammettendone un valore sul piano umano avendo edotte le masse alla loro condizione alienata. Così per la psicoanalisi, disse, finora inverificabile. Chissà? Un giorno con le neuroscienze che esplorano l'attività delle zone cerebrali qualcosa in un futuro potrebbe cambiare
Inoltre in altro campo Godel dice che la verità non coincide con la dimostrabilità logica nel senso che è impossibile dimostrare la non -contraddizione di un sistema logico matematico mediante il linguaggio stesso medesimo, e ce ne dà esempi. Quindi per indagare il mondo si dovrebbe uscire dalla stessa logica matematica. Dimostrò pure che Dio esiste, in senso ontologico come entità e non teologico e cristiano.
Nietzsche non fu solo filosofo, fu ben di più e aggiungerei i saggi di Magris e di Deleuze.
saluti
arsenio is offline  
Vecchio 25-06-2009, 21.12.51   #14
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Gran parte dei concetti che esponi meriterebbero come replica un intero thread, comunque andiamo con calma:

Citazione:
Originalmente inviato da arsenio
Popper esamina marginalmente le contraddizioni. Non hanno validità ma non sono da evitare perchè stimolano la acritica . Quindi le situa nel suo proprio ambito disciplinare.

Cosa significa che le contraddizioni non hanno validità?? lasciamo da parte la contraddizione hegeliana e prendiamo in considerazione quella classica (analitica-aristotelica). Vuoi forse sostenere la possibilità che dello stesso si possano predicare gli opposti? che lo stesso sia e non sia sè stesso? Ovviamente una domanda simile sorge se si perde di vista (come fa Popper, ma è in buona compagnia, anche tra pensatori contemporanei) il senso dell'elenchos, cioè della negazione che si abbatte su chi intende negare la validità del principio, dal momento che ogni sua negazione è costretta a riaffermarlo se vuole avere un senso, cioè a presupporlo, a fondarsi su di esso e dunque non può costituirsi.

Citazione:
Le non -contraddizioni, ecc. sono precipue della logica per sua natura deduttiva, mentre il bersaglio privilegiato di studio di Popper è la sperimentazione scientifica induttiva.

Non sto parlando di sillogismi, sto parlando della validità del principio di non contraddizione.

Citazione:
Non ho parlato di verosimiglianza e di ragionevolezza su temi specifici, ma di un concetto di credibilità accettabile qualora l'oggetto in questione sfugga al rigore della ragione scientifica: ammesso dall'ultimo stesso Popper.

Cioè, fammi capire: dici che la razionalità scientifica è rigorosa e ciò che esula da essa ha una credibilità più o meno plausibile.
Ora, dico io: il pdnc non è qualcosa che esuli dalla razionalità scientifica, ma è, essenzialmente, il principio su cui si fonda Tutto, l'Intero sapere scientifico in ultima analisi (nel caso contrario, nella più banale delle ipotesi non potresti distinguere una legge dall'altra, non potresti dire che il metodo sperimentale abbia senso o meno etc.). Ti rendi cioè conto che, se il pdnc viene ad esse qualcosa di più o meno plausibile è inevitabile che la stessa rigorosità della ragione scientifica venga meno?

Citazione:
Non mi azzardo a dire se fu un buon o cattivo filosofo, senz'altro è tra i più significativi del '900 per la teoria dell'indimostrabilità scientifica e di conseguenza inconfutabile perchè ciò che non può essere dimostrato non può nemmeno essere falsificato.

Per significativi intendi "affermati", "noti", "conosciuti"? Se è per questo anche Levinas e Derrida vanno molto di moda, volendo anche Sartre, ciò non toglie che la sostanza e la consistenza del loro discorso sia poco rilevante. Insomma non confonderei la "moda" filosofica con la concretezza speculativa, l'acume teoretico. Personalità come Bontadini, Spirito, Calogero, Gentile ne possedevano a valanga di qualità, eppure hanno (e hanno avuto) ben poca affermazione mediatica rispetto a filosofi del linguaggio la cui preparazione filosofica è a dir poco discutibile.
Le vesti non fanno il monaco tanto quanto la fama non esprime la finezza della mente di un pensatore.
Ma se per significativo intendi "poderoso", "brillante" allora ribadisco (ancora una volta) che gli allievi di Popper hanno tratto conclusioni più brillanti delle sue: per esempio, se Popper rileva che la falsificazione subentra nel momento in cui si fanno avanti eventi che smentiscano quelli precedenti tuttavia ritiene che la falsificazione abbia la capacità di constatare quali essi siano e che ciò sia intersoggettivamente comunicabile. Lakatos si rende conto che se ogni contenuto dell'esperienza non è mai assunto come dato, ma come interpretazione del dato (cioè non si ha mai un'esperienza che prescinda dall'interpretazione del contenuto, esperire è già interpretare il contenuto come dato (quel certo dato) che dunque non si da mai nella sua datità) allora anche la falsificabilità diventa un'ipotesi, una congettura, perchè non potrà mai sostenere che necessariamente un dato dell'esperienza differisca rispetto a ciò che l'esperienza aveva precedentemente mostrato. Nemmeno l'accertamente dell'errore ha valore assoluto, i fatti empirici non posson confermare alcunchè. Per questo Khun e Feyeraband possono dire, rispettivamente, che alla base della scelta di una teoria del dato piuttosto che un'altra stanno motivi, in ultima analisi, psicologici, sociali, storici, economici, politici e che lo stesso metodo sperimentale per l'indagine non sia univocamente determinabile. A Queste conclusioni (impossibilità di vincolare infallibilmente l'esperienza a proposizioni di senso certe) è ben chiara al secondo neopositivismo.

Citazione:
Invalidò la non scientificità del marxismo, pur ammettendone un valore sul piano umano avendo edotte le masse alla loro condizione alienata. Così per la psicoanalisi, disse, finora inverificabile. Chissà? Un giorno con le neuroscienze che esplorano l'attività delle zone cerebrali qualcosa in un futuro potrebbe cambiare

Coerentemente a quanto (ho) scritto sopra, Popper non ha mostrato la non-scientificità di un bel nulla: per affermare la non-scientificità del marxismo avrebbe dovuto rilevare che le leggi dei marxisti non siano mai state operate concretamente, solo in tal modo avrebbero poi pututo essere falsificate. Ma che l'esperienza non abbia mai mostrato la conformità a tali leggi è una decisione, volontà, fede di Popper dal momento che

1) l'esperienza è interpretazione del mondo

2) il sapere non è comunicabile perchè:

3) che esista un linguaggio condiviso è a sua volta una decisione

Citazione:
Inoltre in altro campo Godel dice che la verità non coincide con la dimostrabilità logica nel senso che è impossibile dimostrare la non -contraddizione di un sistema logico matematico mediante il linguaggio stesso medesimo, e ce ne dà esempi. Quindi per indagare il mondo si dovrebbe uscire dalla stessa logica matematica. Dimostrò pure che Dio esiste, in senso ontologico come entità e non teologico e cristiano.

A proposito della dimostrazione di Godel (il teorema d'incompletezza) ti invito alla lettura di Oltrepassare, di Emanuele Severino, dove si mostra il motivo per cui tale dimostrazione è contraddittoria (anche se presuppone altre letture di altri suoi libri, quantomeno di essenza del nichilismo e Destino della necessità).
Ho già visto quella dimostrazione (di Dio) ed è perfettamente discutibile.

Citazione:
Nietzsche non fu solo filosofo, fu ben di più e aggiungerei i saggi di Magris e di Deleuze.
saluti

Un artista, un poeta, un pensatore inattuale certamente, molto altro volendo, ma arricchire i punti di vista su un discorso spesso fa perdere di vista l'essenza del discorso, cioè il principio unitario che li tiene uniti e li dota di senso, come quando con Leopardi (che la critica moderna ha ampiamente rivalutato e su cui si sprecano, e giustamente, fiumi di inchiostro) ci si impunta per analizzarlo sotto ogni profilo e ricondurlo ad ogni movimento storico, artistico, letterario, culturale possibile, ma se ne perde di vista l'incisività filosofica. Alla base di entrambi sta un discorso non smentibile, che da senso a tutto il resto, il problema è casomai non perder di vista il senso di fondo ed evitare di avere gli occhi solo per l'accidentale. Questo non significa che lo stile, la storia, la personalità, il carattere, il carisma, le debolezze, l'astio e il linguaggio di Nietzsche siano accidentali, lo sono non in quanto si discute di quel pensatore ma di quel pensatore in relazione al senso del pensiero occidentale. Nietzsche dimostra, fonda il senso della morte di Dio, nelle sue pagine questa dimostrazione è presente, come pure nelle pagine di Leopardi, quest'essenza profonda vale la pena salvare quando ci si chiederà l'importanza di un pensatore in prospettiva, cioè in un contesto più ampio anche temporalmente parlando.
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